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Autore: Mizar    20/11/2012    4 recensioni
Bellatrix sospirò pesantemente, gettando un’occhiata preoccupata alla sala da pranzo, dove Lord Voldemort cincischiava con la forchetta nel piatto ancora pieno.
“Anche oggi non ha mangiato quasi nulla” disse mesta scuotendo il capo, “e pensare che gli avevo cucinato il suo piatto preferito..."
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mangiamorte, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.



La depressione del capo

Storia dedicata a Meissa_s


Scriverò una canzone solo per te e poi la canterò per farti sorridere
e cercherò parole bellissime che non saranno mai belle come te.
(Gemelli Diversi)



Bellatrix sospirò pesantemente, gettando un’occhiata preoccupata alla sala da pranzo, dove Lord Voldemort cincischiava con la forchetta nel piatto ancora pieno.
“Anche oggi non ha mangiato quasi nulla”, disse mesta scuotendo il capo, “e pensare che gli avevo cucinato il suo piatto preferito: cotenne di maiale con i fagioli.
“E ti sono venute benissimo” le fece eco Codaliscia, che armato di cucchiaio di legno stava ripulendo con solerzia il pentolone.
“Sarà la preoccupazione di dover cambiare casa”, ipotizzò Piton, ricordando ai Mangiamorte che presto avrebbero dovuto abbandonare il castello.
“Cosa dici Severino, il capo dovrebbe essere solo felice di apportare migliorie a questa topaia piena di spifferi”, lo rimbeccò Lucius, che se ne stava appollaiato vicino alla stufa avvolto in una sciarpa di lana fatta a mano.
“Ha ragione Lucius”, s’intromise Regulus, asciugandosi il naso congelato con un fazzolettone.
“Sarà solo una cosa temporanea e poi mammina ha promesso di ospitarci a Grimmauld Place, è lì almeno i riscaldamenti funzionano!”
“Sappiamo tutti in quale stato miserando versi il nostro covo, ma la propria casa è sempre il posto più confortevole”, si dolse Bellatrix, guardando ancora con apprensione Tom, che rinunciando a fingere di mangiare si era trascinato sulla sedia a dondolo accanto al caminetto.
“Qualsiasi sia la causa in effetti è un bel po’ depresso”, constatò Piton, notando il colorito del mago, ancora più cadaverico del solito.
“Anche i suoi occhi sono meno scarlatti del normale” aggiunse meditabondo Regulus.
“Forse dovremmo chiamare il dottor Esculapio” bofonchiò a bocca piena Codaliscia.
“Macchè dottore! Se il capo ha un problema dovremo essere noi ad aiutarlo”, insorse Bella alzando il mestolo con aria battagliera.
“Propongo di estrargli i pensieri questa notte quando dorme, per cercare di capire cosa lo angustia”.
“Cara, prevedo qualche problema nell’attuazione del tuo piano” s’intromise Lestrange.
“Sono settimane che il Lord non chiude occhio”.
“Stasera lo chiuderà”, affermò decisa la Mangiamorte, “soprattutto dopo la mia camomilla rinforzata al sonnifero!!!”.
Così, quella notte…
“Fai piano Severino, non devi schiantarlo ma solo estrargli i ricordi”, sibilò Lucius notando con quanta solerzia l’amico bacchettasse la pelata del Lord.
“Non capisco, sembra che tra i pensieri che più lo tormentano ce ne siano alcuni criptati; non è mica facile sciogliere questa magia, ma io ce la farò, per il suo bene!” esclamò caparbio Piton, assentando un nuovo colpo al candido cranio.
Varie bacchettate dopo un filo argenteo molto contorto e bitorzoluto cominciò a staccarsi dalla bacchetta di Severus.
Lucius, svelto, lo imprigionò subito in un flacone vuoto di balsamo per capelli e lo sigillò con cura.
Più tardi tutti i Mangiamorte stavano seduti intorno al pensatoio, mentre Piton con un incantesimo gettava il ricordo al suo interno.
Un fumo azzurro li avvolse e si ritrovarono in una tetra strada di Londra, illuminata da lampade a gas.
Davanti a loro camminava una strana coppia, formata da un bambino e un ragazzo fantasiosamente vestiti.
“Professor Silente, ma come diavolo s’è conciato stamattina” esordì il bambinello, guardando con disgusto i calzoni attillati di pelle rossa del suo compagno e la maglietta technicolor con alucce da angelo in peluche sulle spalle.
“Mi dispiace Tom, ma la festa di ieri s’è protratta più del previsto e non ho fatto a tempo a passare da casa a cambiarmi” rispose gentilmente il ragazzo.
“Insomma!!! Dopo undici anni finalmente entro nel Mondo Magico e ci devo arrivare con un accompagnatore conciato così…Non è giusto!!!” insorse il bambino, sferrando un calcio ad un bidone dell’immondizia, che si rovesciò con frastuono.
“Calma Tommasino bello, nel nostro mondo nessuno baderà a queste quisquiglie; un mago non lo si misura dai vestiti che indossa, ma dalle magie che sa fare. E comunque ieri c’era il primo Gay Pride del Mondo Magico e, come presidente dell’Arcigay di Londra, mica potevo perderlo!!!”
Il piccolo lo guardò con disprezzo, ma s’astenne dal commentare.
A dire il vero se Silente era un tantino vistoso anche Tom non passava certo inosservato.
Come tutti gli orfani del suo brefotrofio indossava solo abiti donati dalla Caritas, ma poiché erano le ragazze quelle più generose il poveretto si ritrovava con un simpatico prendisole a fiorami indossato su calzoni tirolesi.
Completavano il look un berretto da alpino e due luccicanti ballerine di paillettes.
I due proseguirono ciabattando per l’acciottolato umido e finalmente sbucarono in una piazza piuttosto grande e quasi vuota.
“La stazione di King Cross” commentarono ad una voce i Mangiamorte, riconoscendo il grosso edificio d’innanzi al quale i due s’erano fermati.
Tom e Silente eseguirono in silenzio la procedura che li avrebbe portati al binario 9 e ¾ e presto si ritrovarono immersi nell’allegra confusione del primo giorno di scuola.
Il bambino guardava meravigliato questo nuovo mondo colorato e vociante, intimamente felice di farne parte.
Silente, sorridendo, gli mostrava alcune delle famiglie più in vista dell’intero Mondo Magico i cui eredi presto sarebbero diventati i suoi compagni di classe.
Tom guardava bramoso i biondissimi e azzimati Malfoy, i crudeli ed eleganti Lestrange, i nordici e alteri Sherton, sognando di diventare amico intimo di quei ragazzini vestiti di pregiato velluto e non perdeva una sillaba del loro albero genealogico, sapientemente snocciolato dal suo tutor.
Ad un tratto uno squillo di trombe ammutolì la stazione.
Preceduti da uno stuolo di elfi domestici sventolanti fiori e palme stava uscendo da un camino una portantina dorata volante, con a bordo la famiglia Adams.
“Morticia” sussurrò Riddle, indicando con l’indice la matrona nerovestita che se ne stava adagiata sui cuscini.
“Cosa dici”, lo rimproverò Silente colpendogli il dito “quelli sono i Black, i purosangue più importanti dell’intero Mondo Magico”.
“No, li riconosco benissimo! Guarda ci sono anche Gomez, Zio Fester, Venerdì e la bellissima Mercoledì” insistette il ragazzino.
“Quelli che tu indichi sono Alphard Black, sua sorella Walburga con il loro papà, mentre il vecchio pelato con la lampadina è Phineas Nigellus, ex preside della nostra scuola e riverita autorità della magi-cultura londinese ”.
Intanto la portantina s’era fermata a pochi passi dai due e la strana famiglia era scesa.
Venerdì si guardava intorno curioso e, approfittando di un momento di distrazione dei genitori impegnati a far baciare l’anello ai presenti, s’era appressato al ragazzino.
“Ciao io mi chiamo Alphard e sono in prima. Tu chi sei?” disse d’un fiato porgendo la mano.
“Io mi chiamo Tom, piacere” sussurrò timido Riddle stringendo il palmo del compagno.
“Tom? Allora sei un maschio! Ti credevo una bambina”, commentò perplesso il giovane lord indicando l’abito.
“Immagino che anche tu sia vittima dei tuoi genitori” osservò poi comprensivo, individuando l’alato Silente inchinato davanti a sua madre.
“Non sapevo che Albus e Grindelwald avessero adottato un figlio, mi fa molto piacere conoscerti".
Notando il rossore sulle guance dell’altro ragazzo subito si scusò.
“Guarda che io non ho preconcetti sulle famiglie gay”.
“Lui non è mio padre, mi sta solo accompagnando” mormorò Tom orripilato dall’equivoco, ma non riuscì ad aggiungere altro perché il presunto Gomez Adams si precipitò come un falco su di loro e, senza tante cerimonie, acchiappò il figlio e lo strattonò lontano da Riddle.
“Alphard Pollux Black, ti ho forse insegnato a dare confidenza ai Sangue Sporco?” ululò isterico mentre gli elfi si affrettavano a spruzzarlo di disinfettante e spazzolargli gli abiti.
Il ricordo si dissolse e i Mangiamorte, impietriti, si ritrovarono al castello.
“Povero caro, come ha potuto la tua famiglia trattarlo così?” insorse Bellatrix additando Regulus.
“A parte che la mia famiglia è anche la tua, perché quelli erano indubbiamente i nostri nonni, non capisco come questo ricordo possa turbare così tanto zio Voldy. E’ tutta gente morta da anni, e poi sai com’erano rigidi una volta i costumi…”
“Attenzione, sta comparendo qualcos’altro” disse Piton notando che dal pensatoio usciva altro fumo.
In un attimo le pareti del castello si dissolsero e il gruppo si ritrovò in una stanza a loro nota: la Sala Grande di Hogwarts.
Il piccolo Tom, svolazzante nel suo abitino fiorato, stava dirigendosi con uno smagliante sorriso verso il tavolo dei Serpeverde.
Alphard, altrettanto felice, subito s’era spostato per fargli spazio, ma sua sorella Walburga era insorta asserendo con veemenza che quel posto era già occupato e per essere ben certa che non ci si sedesse Tom ci aveva gettato sopra un maleficio.
Poi, con livore, s’era girata verso il fratellino e, prendendolo per un orecchio gli aveva imposto la sua personale visione del mondo.
“Che cosa ti passa per la testa, Alphard? Hai sentito come l'ha chiamato Dumbledore? Non esiste un cognome simile nel libro delle famiglie magiche ed io non voglio feccia al mio tavolo!” e ad ogni sottolineatura della voce scattava il classico calcio nel sedere.
I ricordi a questo punto cominciarono a vorticare in brevi flash :
Lumacorno, molto turbato dalla scenata di Walburga, imponeva ai ragazzini più blasonati di prendersi cura di quelli meno agiati.
Naturalmente Tom finiva in coppia con la Black.
Riddle a dodici anni tutto annerito dall’esplosione del calderone in cui Walburga aveva gettato per errore della pirite, invece che dell’argento.
Ancora il povero ragazzo appeso per le mutande alle corna dell’alce imbalsamata nell’aula di Difesa contro le arti oscure, dopo che la pestifera Black lo aveva schiantato in un duello di magia.
L’adolescente Walburga, elegante e ingioiellata, che insegnava a ballare all’imbranato Tom.
Ad ogni pestata di piedi lei gli pestava la pochette firmata sulla testa.
Il Basilisco e il ragazzo che cercavano di sfuggire a Wallina con la scopa, dopo essere stati sorpresi a sporcare il bagno delle signore.
Tutta la casata Serpeverde costretta a camminare con le pattine per non danneggiare la cera dei pavimenti che la Black faceva stendere ogni santo giorno dai suoi elfi e da Tom.
Il povero ragazzo costretto in un’uniforme da cadetto troppo stretta e puzzolente di naftalina, presa a noleggio impegnando tutti i suo i magri risparmi, mentre aspettava la Black al ballo delle debuttanti, stringendo tra le mani un mazzo di fiori rubato nel vicino cimitero.
(Orion s’era dato malato e lei l’aveva costretto con l’Imperius a sostituirlo).
La cara ragazza che riordinava la sala di Serpeverde e inceneriva la tesina d’esame di Tom (ben1324 pagine scritte a mano) credendola cartaccia, la sera prima dell’interrogazione finale dei MAGO.
Un terrificante ululato fece trasalire i Mangiamorte, che a occhi sgranati stavano rimirando il pensatoio.
Il lord, in babbucce e palandrana da notte, s’appressò al catino d’argento e con un colpo di bacchetta fece ritornare i ricordi nella sua mente, mentre i ragazzi, imbarazzati cercavano di spiegargli le loro buone intenzioni.
“Ci dispiace molto”, sussurrò Bellatrix contrita, “pensavamo avessi la depressione e volevamo curarti”.
“L’unica cura è rimanere al castello.
Meglio gli spifferi che quell’arpia”, s’intromise Piton nell’approvazione generale.
“Non posso ragazzi” sospirò il povero mago, sfasciandosi su una poltrona.
“il restyling del castello è il regalo di compleanno che mi ha fatto Walburga Black!”

Fine

Note: questa storia è ispirata, in chiave comica, al capitolo 108 di That Love Is All There Is, la bellissima storia di Meissa_S, di cui ho tratto qualche dialogo. L'autrice sa di questa mia licenza.

   
 
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