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Autore: GreedFan    20/11/2012    5 recensioni
La prima volta che si è vestita da donna aveva quindici anni.
Ricorda la scena come se fosse ieri: lo specchio alto, luccicante sull'anta dell'armadio, le scarpe rosse di sua madre e un vestitino nero estremamente corto e stretto. Il carminio denso del rossetto e la matita attorno agli occhi, il mascara nero sulle ciglia.
Ricorda anche le botte di suo padre, il pianto di sua madre e le loro urla, un fiume di rabbia irragionevole.

"C'è così tanto odio nel mondo". Ha pensato.
[...]
«Qual è il tuo vero nome?» Le ha chiesto Colin una volta.
«Rayon». Ha risposto lei, perché non c'è nient'altro che voglia essere.

{ColinxRayon!Jared} {Ispirata al footage del set di "The Dallas Buyers Club"}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate
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So che scrivere una storia basandosi su un personaggio di un film che deve ancora uscire è da malati mentali, ma davvero non ho potuto evitarlo in nessun modo. Quindi, ecco l'ennesimo polpettone angstoso made in Greedfan, pieno di seghe mentali inappropriate e frasi nonsense.

Per chi non lo sapesse, Rayon è un travestito malato di AIDS che il nostro caro Giared interpreta nel nuovo film che sta girando, "The Dallas Buyers Club". Per chi necessitasse di riferimenti fotografici, visitate questa pagina Facebook: scorrendo un po' le note troverete fior di fotografie una più bella dell'altra e capirete come mai ho deciso di mettere mano alla tastiera.

Ah, gli attacchi di ispirazione compulsiva.

La canzone citata all'inizio e alla fine del testo è Teardrop dei Massive Attack. Ne consiglio la lettura per una resa migliore a livello emotivo.

Spero vi piaccia ;)

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Smooth Like Rayon


Love, love is a verb

Love is a doing word

Fearless on my breath

Gentle impulsion

Shakes me, makes me lighter

Fearless on my breath


La luce tremolante della lampada al neon disegna pallide geometrie grigiastre sulle costole, e Rayon conta.

Uno, due, tre.

Fa scivolare le dita dalle unghie smaltate di fresco sulla pelle ricoperta di sfoghi rossastri, e ogni osso che accarezza è un nuovo numero, uno step importante sulla strada dell'autocoscienza. Ogni mese riesce a contare una costola in più, e oggi vuole scoprire se riuscirà ad arrivare al fatidico numero ventiquattro.

Quattro, cinque, sei.

Non importa quanto o cosa mangia. Non importa se si strafoga nei fast food a basso costo e la faccia le si riempie di brufoli che è costretta a coprire con litri di fondotinta, non importa se cerca di fare meno moto possibile. Dimagrisce sempre di più, ad un ritmo spaventoso e inarrestabile, e più la pelle tira sul cranio e più i clienti protestano perché la trovano meno femminile.

Non Colin, lui no. Lui non potrebbe mai essere crudele con lei.

È un cretino, un cretino adorabile e autolesionista che dorme tutte le notti con un puttana, con un travestito; dice che non gli importa, ma Rayon non può fare a meno di notare − con quello che lei definisce sesto senso tipicamente femminile − i sui occhi pieni di angoscia ogni volta che esce per vedere un cliente.

Colin, che l'ha conosciuta quando era già moralmente morta e la vede morire fisicamente ogni giorno di più, un pezzetto alla volta.

Adorabile e disperatamente sciocco.

Sette, otto, nove.

Il cicaleccio della televisione le ricorda che lui è nell'altra stanza, a guardare la tv seduto in poltrona. C'è qualcosa di quotidiano nel modo in cui si presenta a casa sua senza nemmeno avvertire, nel modo in cui le sposta i trucchi dal tavolino in salotto per fare spazio alle bottiglie di birra e beve indifferentemente dai suoi bicchieri usati − come se fosse normale trattare con tanta familiarità una puttana malata di AIDS. Rayon sa che potrebbe venir contagiato per il minimo passo falso, ma non è riuscita a dissuaderlo dal farle visita così spesso.

Lui le dice che la ama, che lei si salverà, che c'è ancora un minuscolo brandello di speranza in quest'Universo troppo buio. E Rayon piange e spera, piange e prega, perché in fondo − sotto le ciglia finte e le parrucche e i mille strati di makeup − nemmeno una deviata come lei vuole morire.

Forse è troppo debole per rifiutare il calore dell'ultima persona che le è rimasta.

Dieci, undici, dodici.

La sinistra è finita.

Rayon si accarezza il busto a partire dalla clavicola, dall'alto verso il basso, pelle di donna sull'ossatura spigolosa di un uomo. È una carta spezzata a metà e ricomposta con poca cura nel gioco delle parti, il frammento bivalente del vetro di un caleidoscopio, ma questo corpo misero e tremante ama ed è amato con tutta la disperata forza dei tarocchi integri, delle lenti intatte.

«Qual è il tuo vero nome?» Le ha chiesto Colin una volta.

«Rayon». Ha risposto lei, perché non c'è nient'altro che voglia essere.

Forse una volta era Jared, ma non è un'identità che le appartiene davvero − come, del resto, non appartiene ad un bambino il travestimento indossato ad Halloween per deliziare e intimidire i suoi coetanei. Adesso che è se stessa, anche con la malattia che le rode lentamente la carne, ha la presunzione di pensare che in fondo, pur con il poco che ha, è felice.

Tredici, quattordici, quindici.

Quando ha conosciuto Colin lui era un mezzo drogato con non pochi problemi di autostima e lei una puttanella isterica ed egocentrica, sana e forse persino bellissima. Lui si è preso una bella sbandata per i suoi occhi azzurri ‒ e Rayon sorride con aria sarcastica al pensiero dei suoi goffi complimenti − e l'ha perseguitata così a lungo che lei ha deciso di tenerselo vicino, in attesa di tempi migliori e di un biglietto aereo per l'Europa.

Ma i tempi migliori non sono mai arrivati, così come il biglietto.

È arrivata la malattia, quella sì, strisciante e fredda e spietata come le lettere nere su carta bianca del responso delle analisi. E Rayon è stata felice, ha sorriso e ringraziato, perché sarebbe bastato che cedesse una volta sola ai capricci di Colin e alle lusinghe del sesso non protetto per uccidere anche lui.

Sedici, diciassette, diciotto.

La prima volta che si è vestita da donna aveva quindici anni.

Ricorda la scena come se fosse ieri: lo specchio alto, luccicante sull'anta dell'armadio, le scarpe rosse di sua madre e un vestitino nero estremamente corto e stretto. Il carminio denso del rossetto e la matita attorno agli occhi, il mascara nero sulle ciglia.

Ricorda anche le botte di suo padre, il pianto di sua madre e le loro urla, un fiume di rabbia irragionevole.

"C'è così tanto odio nel mondo". Ha pensato.

Diciannove, venti, ventuno.

E quando è arrivata a Dallas, scappando da una famiglia che l'aveva trasformata nell'ombra di sé stessa, e il suo ragazzo − Wilbur, si chiamava ‒ le ha regalato un'orrenda sciarpa di rayon rosa shocking. Non aveva abbastanza soldi per permettersi la seta, quello era un buon compromesso.

Il rayon è un tessuto liscio e morbido, lucido abbastanza per una bella donna, ma non sarà mai prezioso. Un bel surrogato, tutt'al più, quel genere di tessuto che la madre di una famiglia numerosa potrebbe usare per cucire il vestito del ballo alla figlia più grande nel tentativo di risparmiare denaro.

C'era qualcosa di vagamente squallido in quel regalo, Rayon lo pensa tutt'ora ‒ ma la sciarpa è al sicuro, avvolta dal cellophane sul fondo di un cassetto.

Ventidue, ventitré, ventiquattro.

Sorride.

Il suo corpo è talmente brutto che le viene da sorridere.

Si chiede quanto le resta da vivere, quanto a lungo dovrà tenere Colin per mano mentre camminano al limite del baratro. Si augura di non trascinarlo con é nella caduta, perché non potrebbe mai sopportarlo.

Poi la porta del bagno si apre con un cigolio − sciocca, non si è accorta che la televisione ha smesso di cicalare ‒ e lui entra, guardingo, forse timoroso di infastidirla. Ha i capelli spettinati e l'aria preoccupata, ma cerca comunque di mettere su un sorriso rassicurante.

Povero, adorabile Colin.

«Che fai?»

«Niente».

Le circonda il corpo con le braccia, stringendola in un abbraccio che la fa sentire ancora più debole e fragile. E sicura, anche se questo non può permettersi nemmeno di pensarlo.

Gli occhi di Colin sono scuri come il carbone e bruciano tutto quello che toccano, da quelli di Rayon sembra irradiarsi gelo. È un contrasto quasi scontato, infantile, eppure lei ne gioisce.

E si chiede, in un grido muto che le fa tremare le labbra, per quanto ancora potrà farlo.

Per quanto ancora.


Nine night of matter

Black flowers blossom

Fearless on my breath

Teardrop on the fire

Fearless on my breath


   
 
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