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Autore: mar_79    08/06/2007    3 recensioni
La mia storia inizia da dove era finito il telefilm, Sue ha rifiutato il lavoro a New York per rimanere con la sua squadra a Washingthon, c'è stata la "quasi dichiarazione" del suo collega e amico Jack, frenato come sempre dalla sua timidezza e dal regolamento che vieta relazioni tra agenti che lavorano insieme, e quindi tutto procede come al solito... ma una nuova indagine si profila all'orizzonte... quattro uomini uccisi con lo stesso brutale metodo, quattro uomini apparentemente senza un legame tra loro, un caso difficile che fa salire la tensione nel gruppo finchè Jack decide che è arrivato il momento di cambiare vita... Come la prenderà Sue? Riusciranno a risolvere ugualmente il caso e a fare chiarezza nei loro sentimenti?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 1

Ciao a tutti. Questa è la prima fanfiction che ho scritto circa un anno fa. Oggi in totale sono quattro, riguardano tutte il telefilm Agente speciale Sue Thomas (trasmesso nell'estate del 2006 da Canale5) e sono l'una il seguito dell'altra. Per chi non lo conoscesse dico che è basato sulla vita reale, chiaramente in parte romanzata, di una donna sorda, Sue Thomas appunto, che è capace di parlare e leggere le labbra e che per questa sua dote, insieme al suo inseparabile cane guida Levi, entra a far parte di una squadra dell'F.B.I. che si occupa spesso di sorveglianza.
La mia storia inizia da dove era finito il telefilm, Sue ha rifiutato il lavoro a New York per rimanere con la sua squadra a Washingthon, c'è stata la "quasi dichiarazione" del suo collega e amico Jack, frenato come sempre dalla sua timidezza e dal regolamento che vieta relazioni tra agenti che lavorano insieme, e quindi tutto procede come al solito...ma una nuova indagine si profila all'orizzonte...quattro uomini uccisi con lo stesso brutale metodo, quattro uomini apparentemente senza un legame tra loro, un caso difficile che fa salire la tensione nel gruppo finchè Jack decide che è arrivato il momento di cambiare vita...Come la prenderà Sue? Riusciranno a risolvere ugualmente il caso e a fare chiarezza nei loro sentimenti?
Spero vi piaccia, buona lettura!

IL IX COMANDAMENTO

Capitolo 1

Jack entrò nell’ufficio sventolando un fascicolo. «Ragazzi ne hanno ucciso un altro. Stesso metodo, stessa arma, stessa tipologia di vittima. Maschio, intorno ai quaranta, ucciso nell’ingresso di casa con due colpi, uno per ogni occhio.»

«Allora ci troviamo davvero di fronte ad un serial killer, con questa fanno quattro vittime in meno di un mese,» Bobby prese il fascicolo dalle mani di Jack «e non è certo un bel vedere.»

«D’accordo non perdiamo altro tempo, Sue, tu ed io andremo ad interrogare la moglie dell’ultima vittima. Bobby, tu e De andate a parlare con suoi colleghi di lavoro. Tara, Myles voi controllate a fondo il suo passato e vedete se è possibile trovare dei collegamenti con le altre vittime.»

In macchina Sue controllava con attenzione le foto delle scene dei delitti «Credi veramente che si tratti di un serial killer? Dopo il caso di Simon speravo di non dovermene più occupare.»

Jack la guardò con dolcezza. «Lo so che il pensiero di quel caso ancora ti perseguita, ma sei un agente dell'FBI e non puoi tirarti indietro davanti al tuo dovere. Ce la farai, hai dimostrato d’essere forte, in più di un’occasione.» Le sorrise e tornò a concentrarsi sulla strada.

Lei sapeva che era vero, un agente FBI deve mettere in conto la possibilità di essere preso di mira da qualche psicopatico e rischiare la vita, e per questo parlando con Lucy aveva mentito dicendo d’averla superata. In realtà erano ancora molte le notti in cui stentava a addormentarsi pensando all’aggressione subita. Forse se non fosse successa in casa sua sarebbe stato diverso, forse.

Una mano posata delicatamente sul braccio attirò la sua attenzione. «Siamo arrivati, questa è la casa di Stevens, andiamo a vedere cosa possiamo scoprire.»

La Signora Stevens era una donna giovane e minuta che dal momento della scoperta del corpo del marito non aveva mai smesso di piangere. Sue cercò di confortarla tenendole la mano mentre Levi le poggiava il muso sulle ginocchia. «Mi dispiace doverle fare queste domande proprio ora» iniziò Jack, «ma abbiamo bisogno di sapere se manca qualcosa in casa, nell’ipotesi che si sia trattato di una rapina.»

La donna si asciugò gli occhi arrossati dal pianto «non posso ancora dirvelo con certezza ma credo che non manchi nulla. I gioielli, i soldi, mi sembra tutto al suo posto.»

Jack guardò Sue con un’occhiata d’intesa prima di continuare con le domande.«Quando ha visto suo marito per l’ultima volta?»

«Questa mattina a colazione, verso le sette e trenta, poi io sono andata a lavoro mentre lui è andato a correre nel parco.»

«Era una cosa che faceva abitualmente?»

«Lo faceva quasi tutti i giovedì mattina perché era libero dal lavoro ma non so se posso definirla proprio una abitudine.» Guardò Sue terrorizzata «lei crede che qualcuno spiasse mio marito e abbia aspettato proprio questo momento per ucciderlo? Ma chi può essere stato? mio marito era ragioniere in una ditta di materiale edile, non aveva nemici, non ha mai neanche litigato con nessuno.»

Sue consultò il suo taccuino «ci risulta che eravate sposati solo da tre anni, è sicura che nel passato di suo marito non ci sia nulla che possa far pensare ad una vendetta?»

La donna ricominciò a piangere e scosse energicamente la testa «non so quasi nulla del suo passato, Adam non amava parlare di se. Diceva sempre che la sua vita era iniziata nel momento in cui mi aveva incontrato.»

A quel punto Jack la ringraziò e si alzò seguito da Sue. Era inutile insistere, per il momento da quella donna non avrebbero saputo nulla di più.

Tornati in ufficio trovarono tutti gli altri già pronti per fare il punto della situazione.

Myles, diligente come al solito, aveva appeso al tabellone le foto delle vittime scrivendoci accanto una breve descrizione. «Allora, vittima numero uno, Harry Jones, istruttore in una palestra, scapolo, viveva da solo, ucciso nell’ingresso di casa nel modo, molto originale devo dire, che tutti sappiamo. Stava tornando dal bar dove era andato a comprare delle ciambelle glassate. Un cibo non molto adatto ad un preparatore atletico, ma tanto ormai non dovrà più stare attento alla linea.»

«Myles smettila con questo stupido umorismo» lo rimproverò Lucy «e concentrati sul caso.»

«Va bene, va bene, pensavo che alleggerire un po’ la tensione avrebbe giovato ma come al solito sono un genio incompreso. Il nostro atleta aveva un precedente per una rissa in un locale di due anni fa, nulla di serio, comunque stiamo cercando la persona con cui litigò. Vittima numero due, Paul Jackson, scriveva per una rivista sportiva, sposato con due figli, nessun precedente. Stava rientrando da un viaggio quando gli hanno sparato, per fortuna la famiglia non c’era.»

Guardò in basso e vide Levi che dormiva, colpì col dito la foto successiva e sorrise vedendo il cane svegliarsi. «Mai dormire in ufficio Levi, potresti perderti qualche particolare interessante.» Sorrise poi riprese con il solito tono petulante «Vittima numero tre, Manuel Hernandez, di origini messicane, cuoco in un ristorante in centro, anche lui scapolo, anche lui senza precedenti. A differenza degli altri però lui non stava rientrando ma stava uscendo per andare a lavoro. E infine, vittima numero quattro, Adam Stevens, ragioniere, sposato senza figli, con una denuncia per molestie che però risale a quasi vent’anni fa e venne ritirata. Non è emerso nessun legame tra loro fino ad ora ma il nostro genio del computer» indicò Tara con la mano «ci sta ancora lavorando.»

Lei sorrise «Grazie Myles. In effetti non c’è niente che li metta in relazione ma sono ancora all’inizio, vedrete che qualcosa troverò.»

Bobby le si avvicinò e le scompiglio i capelli «Già, non si può mai sapere cosa accadrà quando ti metti in azione.»

«Certamente qualcosa di meglio di quando lo fai tu!» ribattè pronto Myles.

«Ma sentitelo il grande agente speciale, è finalmente riuscito a fare una battuta! Dammi il cinque.»

Risero tutti e Jack fece segno a Sue che erano dei pazzi e lei rispose con i segni “pazzi si, ma adorabili.”

Arrivata l'ora di tornare a casa Jack offrì a Sue di accompagnarla. Voleva verificare che non fosse troppo turbata da quella storia, si disse, in realtà cercava solo una scusa per stare da solo con lei qualche minuto.

«Allora, ti senti più tranquilla adesso? Lo sai vero che di qualsiasi cosa tu voglia parlare io sono qui, sempre.»

«Lo so, sei un caro amico, ma ormai è passato, Simon è una storia chiusa. Sono stata un’irresponsabile quella volta e mi sono messa in pericolo ma non accadrà più.»

Jack la guardò dritta negli occhi con espressione seria «me lo auguro perché quella volta mi hai fatto proprio spaventare e non credo che potrei sopportarlo di nuovo perchè…»

Proprio in quel momento a Sue arrivò un messaggio sul palmare, si scusò con lui ed iniziò a leggere mentre lui malediva mentalmente chiunque avesse avuto quel tempismo. Guardò dritto davanti a se sbuffando e vide un ciclista che molto velocemente andava verso di loro. Sue era ancora intenta a leggere e non si era accorta di nulla allora lui istintivamente per evitare che venisse urtata l’attirò verso di se prendendola per un braccio.

Lei lo guardò sorpresa.

I loro volti erano così vicini. Jack deglutì a fatica poi cercò di spiegarsi «scusami ma c’era quel ciclista…ecco lui stava per…andava così veloce…» Non riusciva ad articolare una frase di senso compiuto, la sua vicinanza lo turbava troppo. Si accorse che la stava tenendo ancora per il braccio e la lasciò andare subito. «Sarà meglio affrettarci, si è fatto tardi» riprese speditamente a camminare.

Sue lo seguì dandosi della stupida. Aveva risposto a quel messaggio proprio quando sembrava che Jack stesse per dirle qualcosa di importante. Ma allo stesso tempo era delusa perché lui avrebbe comunque potuto continuare mentre ancora una volta si era lasciato vincere dalla timidezza.

Quando Jack entrò in ufficio il mattino seguente, Sue stava controllando dei documenti alla sua scrivania e non si accorse del suo arrivo. Questo gli diede l’occasione di osservarla per un po’. Subito gli tornò in mente quello che aveva provato tenendola vicina la sera precedente. Chiuse gli occhi e sospirò non accorgendosi di Bobby che, arrivandogli vicino, gli diede una pacca facendolo balzare in avanti di mezzo metro. «Cosa fai Sparky, dormi in piedi? Così impari a fare le ore piccole.»

Jack lo fulminò con lo sguardo prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a Sue. Il cuore gli fece un balzo nel petto perché lei adesso lo stava guardando e non poteva certo restare fermo lì a fissarla perciò si avvicinò.

«Come stai? Volevo scusarmi per ieri sera, è stato un gesto istintivo.»

«Ma non ti devi scusare, anzi sono io che devo ringraziarti per lo scampato pericolo.»

Lucy, che sin dall’ingresso di Jack li aveva osservati di nascosto, decise di avvicinarsi. «Quale pericolo?»

«Niente di serio, uno scontro con un ciclista che Jack mi ha evitato ieri sera. Ero così intenta a leggere il tuo messaggio che non ho visto che mi veniva addosso.»

«Ah» Jack lanciò a Lucy uno sguardo assassino «così era tuo quel messaggio.»

«Si lo era. Si stava facendo tardi ed ero preoccupata per la mia coinquilina.» Lanciò ad entrambi uno sguardo malizioso «per caso ho interrotto qualcosa?»

«Assolutamente no!» risposero all’unisono.

Tara arrivò in quel momento «signori e signore ancora una volta ho vinto io. Venite, devo aggiornarvi sulle nostre vittime.»

Sue si avviò alla scrivania di Tara ma Lucy attirò la sua attenzione e le disse con i segni “devi dirmi tutto di ieri sera”.

Sempre con i segni le rispose “ma non c’è nulla da raccontare”.

L’amica rise. “Sei proprio una bugiarda!”

Sue si finse offesa e andò via.

«Ho trovato il collegamento tra le vittime» stava dicendo Tara. Premette un tasto e sul video apparve la vittima numero uno «ricordate il litigio al bar di due anni fa? Il nostro atleta aveva importunato pesantemente una ragazza i cui amici intervennero per difenderla. Prima di andarsene il nostro uomo ha minacciata la ragazza di rintracciarla e fargliela pagare.»

«Ehi, Myles» si intromise Bobby ridendo «questo è il litigio che tu avevi definito “da nulla.” Complimenti!»

Myles stava per rispondere ma Tara fu più veloce. «Vittima numero due, non ha precedenti ma ho scoperto che cinque anni fa aveva fornito l’alibi ad un suo amico accusato di aver aggredito una donna. L’amico grazie alla sua testimonianza è stato scagionato solo che l’hanno dopo ha fatto il salto di qualità, non più aggressione ma omicidio, di una ragazza di vent’anni. Vittima numero tre, qui da noi è pulito ma ho parlato con la polizia messicana ed è venuto fuori che prima di trasferirsi aveva più volte picchiato selvaggiamente la ex moglie. Infine la vittima numero quattro che come sapevamo già anni fa fu denunciato per molestie da una vicina che però poi ritirò le accuse.» Li scrutò ad uno ad uno «allora lo vedete il nesso?»

«Erano tutti coinvolti in reati contro le donne» rispose De.

Tara gli puntò contro l’indice «esatto!»

«Quindi» disse Jack «voi pensate a qualcuno che volesse vendicare queste donne dato che i loro aggressori l’avevano fatta franca.»

«Mettiamo che sia la direzione giusta, la domanda è chi può essere venuto a conoscenza di queste informazioni se già per noi è stato difficile trovarle?»

«Ehi, non guardate me» si difese Tara «non posso fare tutto io!»

Sue era concentrata, cercava di afferrare un particolare che però continuava a sfuggirle. Ad un tratto fece schioccare le dita attirando l’attenzione di tutti gli altri «forse ho io qualcosa da dirvi». Corse alla sua scrivania e prese le foto degli omicidi. «L’ho sempre avuto davanti agli occhi ma non ci avevo fatto caso. Guardate qui» indico la foto del primo omicidio «e qui» la foto del secondo omicidio «ancora qui» la foto del terzo omicidio «e infine qui» colpì con il dito un particolare della foto dell’ultimo omicidio. «Avevano tutti lo stesso sistema di allarme montato dalla ditta Powell. Forse un operaio o un dipendente della ditta può essere legato agli omicidi.»

«Non possiamo essere sicuri ma potrebbe essere una buona pista. Tara trova tutto quello che puoi su questa ditta.»

«Subito Jack.»

Jack guardò Sue e con i segni le disse “ottimo lavoro”.

Lei ricambiò il sorriso “grazie”.

Mezz’ora più tardi sapevano che la ditta era di proprietà di Michael Powell, un ex agente FBI andato in pensione quattro anni prima anche se ancora giovane. Dal suo fascicolo avevano scoperto che era stato quasi costretto ad andarsene. Sua moglie era stata aggredita e uccisa da un balordo dentro la loro casa e lui era caduto in una profonda depressione accompagnata da scoppi di rabbia che ben presto gli avevano reso difficile lavorare, così lo avevano fatto scegliere: il licenziamento o la pensione. L’anno successivo al pensionamento aveva aperto questa ditta di allarmi che si era fatta un buon nome in tutta la città.

«Il profilo sembra perfetto, un ex agente FBI ben addestrato che è arrabbiato con il mondo intero perché l’assassino di sua moglie è libero e le persone che dovrebbero aiutarlo a trovarlo, i suoi colleghi, lo scaricano» Myles fece una smorfia «non deve essere stato un bel periodo per lui, chissà se gli è passata.»

De guardò l’ora «ormai è tardi per parlargli oggi, convochiamolo per domattina.»

Giunto a casa Jack prese una birra dal frigo e si mise comodo sul divano. Si passò una mano sugli occhi e cercò di immaginare la scena: un marito che torna a casa e trova la moglie in un lago di sangue.

Cerca di aiutarla ma ormai non c’è più nulla da fare. La donna che ami e con cui volevi passare il resto della tua vita non c’è più per colpa di un balordo qualsiasi e tu che sei un uomo di legge non riesci neanche a catturarlo. Doveva essere una sofferenza insopportabile.

Ne sapeva qualcosa per averla provata di recente quando Sue era stata rapita. Per loro era finito tutto bene ma lui aveva comunque sofferto come un cane in quelle poche ore passate senza sapere se era ancora viva.

Un pensiero cattivo, difficile da accettare per uno come lui, fece breccia nella sua testa: forse chiunque avesse ucciso quei quattro uomini non aveva completamente torto.

Fissò il vuoto davanti a sé per qualche minuto, poi si alzò.

Adesso sapeva cosa doveva fare.

  
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