Ciao a tutti. Questa è la
prima fanfiction che ho scritto circa un anno fa. Oggi in totale sono quattro,
riguardano tutte il telefilm Agente speciale Sue Thomas (trasmesso nell'estate
del 2006 da Canale5) e sono l'una il seguito dell'altra. Per chi non lo
conoscesse dico che è basato sulla vita reale, chiaramente in parte romanzata,
di una donna sorda, Sue Thomas appunto, che è capace di parlare e leggere
le labbra e che per questa sua dote, insieme al suo inseparabile cane guida
Levi, entra a far parte di una squadra dell'F.B.I. che si occupa spesso di
sorveglianza.
La mia storia inizia da dove era
finito il telefilm, Sue ha rifiutato il lavoro a New York per rimanere con la
sua squadra a Washingthon, c'è stata la "quasi dichiarazione" del suo collega e
amico Jack, frenato come sempre dalla sua timidezza e dal regolamento che
vieta relazioni tra agenti che lavorano insieme, e quindi tutto procede
come al solito...ma una nuova indagine si profila all'orizzonte...quattro
uomini uccisi con lo stesso brutale metodo, quattro uomini apparentemente senza
un legame tra loro, un caso difficile che fa salire la tensione nel gruppo
finchè Jack decide che è arrivato il momento di cambiare vita...Come la prenderà
Sue? Riusciranno a risolvere ugualmente il caso e a fare chiarezza nei loro
sentimenti?
Spero vi piaccia, buona lettura!
IL IX COMANDAMENTO
Capitolo
1
Jack
entrò nell’ufficio sventolando un fascicolo.
«Ragazzi ne hanno ucciso un altro. Stesso metodo,
stessa arma, stessa tipologia di vittima. Maschio, intorno ai quaranta, ucciso
nell’ingresso di casa con due colpi, uno per ogni occhio.»
«Allora ci troviamo
davvero di fronte ad un serial killer, con questa fanno quattro vittime in meno
di un mese,» Bobby prese il fascicolo dalle mani di Jack «e non è certo un bel
vedere.»
«D’accordo non perdiamo
altro tempo, Sue, tu ed io andremo ad interrogare la moglie dell’ultima vittima.
Bobby, tu e De andate a parlare con
suoi colleghi di lavoro. Tara, Myles voi controllate a fondo il suo
passato e vedete se è possibile trovare dei collegamenti con le altre
vittime.»
In
macchina Sue controllava con attenzione le foto delle scene dei delitti
«Credi veramente che si tratti
di un serial killer? Dopo il caso di Simon speravo di non dovermene più
occupare.»
Jack la guardò
con dolcezza. «Lo so che il pensiero di quel caso ancora ti perseguita, ma sei
un agente dell'FBI e non puoi tirarti indietro davanti al tuo dovere. Ce la farai,
hai dimostrato d’essere forte, in più di un’occasione.» Le sorrise e tornò a
concentrarsi sulla strada.
Lei sapeva
che era vero, un agente FBI deve mettere in conto la
possibilità di essere preso di mira da qualche psicopatico e rischiare la vita, e per
questo parlando con Lucy aveva mentito dicendo d’averla superata. In realtà
erano ancora molte le notti in cui stentava a addormentarsi pensando
all’aggressione subita. Forse se non fosse successa in casa sua sarebbe stato
diverso, forse.
Una mano posata delicatamente sul braccio attirò la sua
attenzione. «Siamo arrivati, questa è la casa di Stevens, andiamo a vedere cosa
possiamo scoprire.»
La donna si asciugò gli
occhi arrossati dal pianto «non posso ancora dirvelo con certezza ma credo che
non manchi nulla. I gioielli, i soldi, mi sembra tutto al suo
posto.»
Jack guardò Sue con un’occhiata d’intesa prima di continuare
con le domande.«Quando ha visto suo
marito per l’ultima volta?»
«Questa mattina a
colazione, verso le sette e trenta, poi io sono andata a lavoro mentre lui è
andato a correre nel parco.»
«Era
una cosa che faceva abitualmente?»
«Lo faceva quasi tutti
i giovedì mattina perché era libero dal lavoro ma non so se posso
definirla proprio una abitudine.» Guardò Sue terrorizzata «lei crede che qualcuno
spiasse mio marito e abbia aspettato proprio questo momento per ucciderlo? Ma chi
può essere stato? mio marito era ragioniere in una ditta di materiale edile, non
aveva nemici, non ha mai neanche litigato con nessuno.»
Sue consultò il
suo taccuino «ci risulta che eravate sposati solo da tre anni, è sicura che nel
passato di suo marito non ci sia nulla che possa far pensare ad una
vendetta?»
La donna ricominciò a
piangere e scosse energicamente la testa «non so quasi nulla del suo passato,
Adam non amava parlare di se. Diceva sempre che la sua vita era iniziata nel
momento in cui mi aveva incontrato.»
A quel punto Jack la
ringraziò e si alzò seguito da Sue. Era inutile insistere, per il momento da
quella donna non avrebbero saputo nulla di più.
Tornati in ufficio
trovarono tutti gli altri già pronti per fare il punto della
situazione.
Myles, diligente come al
solito, aveva appeso al tabellone le foto delle vittime scrivendoci accanto una
breve descrizione. «Allora, vittima numero uno, Harry Jones, istruttore in una
palestra, scapolo, viveva da solo, ucciso nell’ingresso di casa nel modo, molto
originale devo dire, che tutti sappiamo. Stava tornando dal bar dove era andato
a comprare delle ciambelle glassate. Un cibo non molto adatto ad un preparatore
atletico, ma tanto ormai non dovrà più stare attento alla
linea.»
«Myles smettila con questo
stupido umorismo» lo rimproverò Lucy «e concentrati sul
caso.»
«Va bene, va bene, pensavo che alleggerire un po’ la tensione avrebbe giovato ma come al solito sono un genio incompreso. Il nostro atleta aveva un precedente per una rissa in un locale di due anni fa, nulla di serio, comunque stiamo cercando la persona con cui litigò. Vittima numero due, Paul Jackson, scriveva per una rivista sportiva, sposato con due figli, nessun precedente. Stava rientrando da un viaggio quando gli hanno sparato, per fortuna la famiglia non c’era.»
Guardò in basso e vide
Levi che dormiva, colpì col dito la foto successiva e sorrise vedendo il cane
svegliarsi. «Mai dormire in ufficio Levi, potresti perderti qualche particolare
interessante.» Sorrise poi riprese con il solito tono petulante «Vittima numero
tre, Manuel Hernandez, di origini messicane, cuoco in un ristorante in centro,
anche lui scapolo, anche lui senza precedenti. A differenza degli altri però lui
non stava rientrando ma stava uscendo per andare a lavoro. E infine, vittima
numero quattro, Adam Stevens, ragioniere, sposato senza figli, con una denuncia
per molestie che però risale a quasi vent’anni fa e venne ritirata. Non è emerso
nessun legame tra loro fino ad ora ma il nostro genio del computer» indicò Tara
con la mano «ci sta ancora lavorando.»
Lei sorrise «Grazie Myles.
In effetti non c’è niente che li metta in relazione ma sono ancora all’inizio,
vedrete che qualcosa troverò.»
Bobby le si avvicinò e le
scompiglio i capelli «Già, non si può mai sapere cosa accadrà quando ti metti in
azione.»
«Certamente qualcosa di
meglio di quando lo fai tu!» ribattè pronto Myles.
«Ma sentitelo il grande
agente speciale, è finalmente riuscito a fare una battuta! Dammi il cinque.»
Risero tutti e Jack fece
segno a Sue che erano dei pazzi e lei rispose con i segni “pazzi si, ma
adorabili.”
Arrivata l'ora di tornare a
casa Jack offrì a Sue di accompagnarla. Voleva verificare che non fosse troppo
turbata da quella storia, si disse, in realtà cercava solo una scusa per stare
da solo con lei qualche minuto.
«Allora, ti senti più
tranquilla adesso? Lo sai vero che di qualsiasi cosa tu voglia parlare io sono
qui, sempre.»
«Lo so, sei un caro amico,
ma ormai è passato, Simon è una storia chiusa. Sono stata un’irresponsabile
quella volta e mi sono messa in pericolo ma non accadrà
più.»
Jack la guardò dritta
negli occhi con espressione seria «me lo auguro perché quella volta mi hai fatto
proprio spaventare e non credo che potrei sopportarlo di nuovo
perchè…»
Proprio in quel momento a Sue arrivò un messaggio sul palmare, si scusò con lui ed iniziò a leggere mentre lui malediva mentalmente chiunque avesse avuto quel tempismo. Guardò dritto davanti a se sbuffando e vide un ciclista che molto velocemente andava verso di loro. Sue era ancora intenta a leggere e non si era accorta di nulla allora lui istintivamente per evitare che venisse urtata l’attirò verso di se prendendola per un braccio.
Lei lo guardò sorpresa.
I loro volti erano così vicini. Jack deglutì a fatica
poi cercò di spiegarsi «scusami ma c’era quel ciclista…ecco lui
stava per…andava così veloce…» Non riusciva ad articolare una frase di senso
compiuto, la sua vicinanza lo turbava troppo. Si accorse che la stava tenendo
ancora per il braccio e la lasciò andare subito. «Sarà meglio affrettarci, si
è fatto tardi» riprese speditamente a camminare.
Sue lo seguì dandosi della
stupida. Aveva risposto a quel messaggio proprio quando sembrava che Jack stesse
per dirle qualcosa di importante. Ma allo stesso tempo era delusa perché lui
avrebbe comunque potuto continuare mentre ancora una volta si era lasciato
vincere dalla timidezza.
Quando
Jack entrò in ufficio
il mattino seguente, Sue stava controllando dei documenti alla sua scrivania
e non si accorse del suo arrivo. Questo gli diede l’occasione di osservarla
per un po’. Subito gli tornò in mente quello che aveva provato tenendola
vicina la sera precedente. Chiuse gli occhi e sospirò non accorgendosi di
Bobby che, arrivandogli vicino, gli diede una pacca facendolo balzare in avanti di mezzo
metro. «Cosa fai Sparky, dormi in piedi? Così impari a fare le ore
piccole.»
Jack lo fulminò con lo sguardo prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a Sue. Il cuore gli fece un balzo nel petto perché lei adesso lo stava guardando e non poteva certo restare fermo lì a fissarla perciò si avvicinò.
«Come stai? Volevo scusarmi per
ieri sera, è stato un gesto istintivo.»
«Ma non ti devi scusare,
anzi sono io che devo ringraziarti per lo scampato
pericolo.»
Lucy, che sin dall’ingresso di Jack li aveva osservati di nascosto, decise di avvicinarsi. «Quale pericolo?»
«Niente di serio, uno
scontro con un ciclista che Jack mi ha evitato ieri sera. Ero così intenta a
leggere il tuo messaggio che non ho visto che mi veniva
addosso.»
«Ah» Jack lanciò a Lucy
uno sguardo assassino «così era tuo quel messaggio.»
«Si lo era. Si stava facendo tardi ed ero
preoccupata per la mia coinquilina.» Lanciò ad entrambi uno sguardo malizioso «per
caso ho interrotto qualcosa?»
«Assolutamente no!»
risposero all’unisono.
Tara arrivò in quel
momento «signori e signore ancora una volta ho vinto io. Venite, devo
aggiornarvi sulle nostre vittime.»
Sue si avviò alla
scrivania di Tara ma Lucy attirò la sua attenzione e le disse con i segni “devi
dirmi tutto di ieri sera”.
Sempre con i segni le
rispose “ma non c’è nulla da raccontare”.
L’amica rise. “Sei proprio una bugiarda!”
Sue si finse offesa e andò via.
«Ho trovato il
collegamento tra le vittime» stava dicendo Tara. Premette un tasto e sul video
apparve la vittima numero uno «ricordate il litigio al bar di due anni fa? Il
nostro atleta aveva importunato pesantemente una ragazza i cui amici
intervennero per difenderla. Prima di andarsene il nostro uomo ha minacciata la
ragazza di rintracciarla e fargliela pagare.»
«Ehi, Myles» si intromise
Bobby ridendo «questo è il litigio che tu avevi definito “da nulla.”
Complimenti!»
Myles stava per rispondere
ma Tara fu più veloce. «Vittima numero due, non ha precedenti ma ho scoperto che
cinque anni fa aveva fornito l’alibi ad un suo amico accusato di aver aggredito
una donna. L’amico grazie alla sua testimonianza è stato scagionato solo che
l’hanno dopo ha fatto il salto di qualità, non più aggressione ma omicidio, di
una ragazza di vent’anni. Vittima numero tre, qui da noi è pulito ma ho parlato
con la polizia messicana ed è
venuto fuori che prima di trasferirsi aveva più volte picchiato
selvaggiamente la ex moglie. Infine la vittima numero quattro che come sapevamo
già anni fa fu denunciato per molestie da una vicina che però poi ritirò le
accuse.» Li scrutò ad uno ad uno «allora lo vedete il
nesso?»
«Erano tutti coinvolti in reati contro le donne» rispose De.
Tara gli puntò contro
l’indice «esatto!»
«Quindi» disse Jack «voi
pensate a qualcuno che volesse vendicare queste donne dato che i loro aggressori
l’avevano fatta franca.»
«Mettiamo che sia la
direzione giusta, la domanda è chi può essere venuto a conoscenza di queste
informazioni se già per noi è stato difficile trovarle?»
«Ehi, non guardate me» si
difese Tara «non posso fare tutto io!»
Sue era concentrata,
cercava di afferrare un particolare che però continuava a sfuggirle. Ad un
tratto fece schioccare le dita attirando l’attenzione di tutti gli altri «forse
ho io qualcosa da dirvi». Corse alla sua scrivania e prese le foto degli
omicidi. «L’ho sempre avuto davanti agli occhi ma non ci avevo fatto caso.
Guardate qui» indico la foto del primo omicidio «e qui» la foto del secondo
omicidio «ancora qui» la foto del terzo omicidio «e infine qui» colpì con il
dito un particolare della foto dell’ultimo omicidio. «Avevano tutti lo stesso
sistema di allarme montato dalla
ditta Powell. Forse un operaio o un dipendente della ditta può essere
legato agli omicidi.»
«Non possiamo essere
sicuri ma potrebbe essere una buona pista. Tara trova tutto quello che puoi su
questa ditta.»
«Subito
Jack.»
Jack guardò Sue e con i
segni le disse “ottimo lavoro”.
Lei ricambiò il sorriso
“grazie”.
Mezz’ora più tardi
sapevano che la ditta era di proprietà di Michael Powell, un ex agente FBI
andato in pensione quattro anni prima anche se ancora giovane. Dal suo fascicolo
avevano scoperto che era stato quasi costretto ad andarsene. Sua moglie era
stata aggredita e uccisa da un balordo dentro la loro casa e lui era caduto in
una profonda depressione accompagnata da scoppi di rabbia che ben presto gli
avevano reso difficile lavorare, così lo avevano fatto scegliere: il
licenziamento o la pensione. L’anno
successivo al pensionamento aveva aperto questa ditta di allarmi che si era
fatta un buon nome in tutta la città.
«Il profilo sembra
perfetto, un ex agente FBI ben addestrato che è arrabbiato con il mondo intero
perché l’assassino di sua moglie è libero e le persone che dovrebbero aiutarlo a
trovarlo, i suoi colleghi, lo scaricano» Myles fece una smorfia «non deve essere
stato un bel periodo per lui, chissà se gli è passata.»
De guardò l’ora «ormai è
tardi per parlargli oggi, convochiamolo per domattina.»
Giunto a casa Jack prese una birra dal frigo e si mise comodo sul divano. Si passò una mano sugli occhi e cercò di immaginare la scena: un marito che torna a casa e trova la moglie in un lago di sangue.
Cerca di aiutarla ma ormai non c’è più nulla da fare. La donna che ami e con cui volevi passare il resto della tua vita non c’è più per colpa di un balordo qualsiasi e tu che sei un uomo di legge non riesci neanche a catturarlo. Doveva essere una sofferenza insopportabile.
Ne sapeva qualcosa per averla provata di recente quando Sue era stata rapita. Per loro era finito tutto bene ma lui aveva comunque sofferto come un cane in quelle poche ore passate senza sapere se era ancora viva.
Un pensiero cattivo, difficile da accettare per uno come lui, fece breccia nella sua testa: forse chiunque avesse ucciso quei quattro uomini non aveva completamente torto.
Fissò il vuoto davanti a sé per qualche minuto, poi si alzò.
Adesso sapeva cosa doveva fare.