Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: lalla    02/07/2004    6 recensioni
L'immortalità: un argomento che mi ha sempre affascinata...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PER SEMPRE

PER SEMPRE

(Boemia, secolo VXII)

 

La Contessa di passò una mano tra i capelli. Una mano rinsecchita e storta, segnata dal rilievo delle vene e deformata dall’artrite. E le trecce che, sciolte, le arrivavano alle ginocchia, erano bianche come la neve.

 

Guardava il cavallo allontanarsi al galoppo, i capelli del cavaliere battere nel vento, come il mantello che  si era gettato sulle spalle, prima di andarsene per sempre, senza nemmeno ringraziarla, perché se era vivo, ed era ciò che era, lo doveva solamente a lei.

 

Ma la riconoscenza non è di questo mondo, si era detta da sé sola. Quel che gli aveva dato le sarebbe costato lacrime amare. Le sarebbe costato il suo sangue, la salute stessa della sua anima immortale. Il demonio non si sarebbe lasciato commuovere  né corrompere, quando sarebbe giunto il momento della resa dei conti .

 

La guerra combattuta nel nome di Dio fra cristiani aveva portato con sé la carestia e la peste, i lupi e le streghe. Il demonio camminava in mezzo agli uomini, lasciando dietro di sé il puzzo dell’inferno e dello zolfo. Lei aveva già trentacinque anni, allora, ed era sola: non aveva più un padre e una madre, non aveva ancora un marito e non lo avrebbe avuto mai. Sulle torri del suo castello nidificavano i barbagianni e i pipistrelli, e i mercenari di Wallestein avevano devastato quella vallata e i suoi campi, portando la morte anche lì.*

 

I suoi capelli non erano bianchi, allora, e il tempo non aveva spento i suoi desideri. Nelle sue notti da sola, mentre aldilà della valle la guerra  combattuta nel nome di Dio aveva incendiato il mondo, sognava di stringersi al corpo di un uomo e di dimenticare il freddo, la paura e la solitudine. Anche se sapeva che i suoi erano solo sogni, e destinati a restare tali  per tutto il tempo che Dio le avrebbe concesso da vivere.

 

L’uomo si era trascinato in un angolo tranquillo per morire in pace, ed era lì che l’aveva trovato. Un soldato allo sbando. Robusto, chiaro di capelli, dimostrava una trentina d’anni. Poteva venire da qualunque angolo dell’inferno che era diventato il mondo, Boemia, Sassonia, Svezia, Danimarca e doveva avere una moglie che lo aspettava, da qualche parte. La Contessa sentì una stretta al cuore, immaginando che la donna avrebbe aspettato invano, prima di rassegnarsi e dirsi da sé sola che la vita doveva andare avanti. Sicuramente era stata felice con lui, anche se per poco. Lei non lo era stata e non lo sarebbe stata mai, né prima, né dopo di allora.

 

I suoi occhi chiari erano sbarrati sul niente, i capelli impastati di terra e di formiche. Fossi stato solo ferito, ti avrei portato al mio castello, ti avrei curato con le mie mani e strappato alla morte,pensava la Contessa. Ma era tardi, dallo squarcio sul petto la vita se n’era andata via con il sangue che gli inzuppava i vestiti e si rapprendeva sul terreno. Era morto da poco, forse solo da qualche ora. Aveva un bel viso dai tratti delicati, quasi infantili. Di lì a qualche giorno, sarebbe diventato polvere e vermi. O sarebbe finito sepolto nello stomaco dei lupi, dei corvi e dei cani randagi.

 

Voglio dargli una sepoltura cristiana, avrebbe ingiunto ai suoi servitori, ordinando loro di caricare il cadavere sul carro e portarlo al castello. No, sarebbe stato inutile, tanto non le avrebbero obbedito. Le avrebbero detto, segnandosi, chissà chi è, forse un eretico luterano, un nemico nostro, di Dio e della Santa Chiesa.

 

Il prezzo da pagare sarebbe stato alto, pensava la Contessa rigirandosi nel letto. Lo sapeva. Lacrime e sangue. La dannazione. Pochi giorni e sarà polvere e vermi…Poche ore, e i suoi becchini saranno cani, lupi e corvi. Non c’è giustizia nella vita, ma io ti riporterò indietro dall’aldilà, soldato. E questa valle dimenticata da Dio e dagli uomini sarà il nostro paradiso.

 

Era stato quella notte stessa che aveva pattuito con il Nemico il prezzo della vita di quello sconosciuto. Tornerà indietro e sarà per sempre, Signora…Per sempre, finché il sole sorgerà, soffierà il vento e cadrà la pioggia. E per sempre sarà quello che era quando la falce ha mietuto la sua vita, un giovane poco più che trentenne. Lo sai che cosa significa? Che tu invecchierai, e lui no.

 

Il Nemico non aveva corna in testa, odore di zolfo e zoccoli forcuti, ma una voce suadente e l’aspetto grave e rispettabile di un vecchio saggio. Tutto ha un prezzo, le aveva detto, e lei  sapeva a quale prezzo alludesse.

 

Il giorno dopo, lui aveva bussato alla porta del castello, cercando cibo e un rifugio per la notte. Il Nemico era stato di parola, pensò la Contessa, mentre un lungo brivido freddo l’attraversava tutta quanta,come una folgore: ma sapeva di non poter tornare indietro. E di non volerlo.

 

L’uomo aveva grosse mani da contadino e occhi tra il verde e l’azzurro. I lunghi capelli chiari erano sporchi di fango, i vestiti strappati. Chissà chi era, colui che il diavolo aveva mandato indietro dall’inferno per assecondare il  capriccio patetico di una donna sola e triste. Gli offrì cibo, abiti puliti, il calore del fuoco e non gli chiese chi sei né da dove vieni. Tanto, che importava? E quando lui le spalancò le braccia, gli disse soltanto sarà per sempre.

 

Gli aveva detto tutto, sperando di legarlo a sé. Per sempre. Non morirai di vecchiaia, né di peste, spada o veleno. Attraverserai i secoli giovane e bello com’eri quando io mi sono venduta l’anima per riportarti indietro dall’aldilà e il tempo non lascerà traccia sul tuo corpo, sulla tua pelle e sui tuoi capelli.

 

Lui si era messo a ridere, la prima volta che l’aveva sentita dirgli quelle parole. Le piaceva guardarlo mentre mangiava a crepapelle, si ubriacava fino alle ossa, rideva di gusto o si perdeva nei suoi pensieri. Gli aveva detto tutto, non gli aveva taciuto nulla.

 

Non sembrava rimpiangere la vita passata, di cui conservava solo vaghi ricordi. Ricordi legati a un’infanzia di fame, privazioni e lavoro duro, forse, a cui aveva cercato di sfuggire arruolandosi in uno dei tanti eserciti che devastavano le contrade dell’Impero. Ricordi legati a una terribile ferita che avrebbe dovuto ucciderlo, a una donna ricca, bella e generosa che per riportarlo indietro dall’aldilà aveva venduto al diavolo la sua anima.

 

Ricordi di un tempo che per lui non passava. Anzi, tempo sarebbe stata una parola senza senso, visto che la vecchiaia e la morte lo avrebbero rifiutato finché il sole avesse continuato a sorgere e la pioggia a cadere.

 

Era stato felice di quel dono della sorte: e come non poteva esserlo, se il tempo passava per tutti fuorché per lui, se l’acqua e gli specchi riflettevano l’immagine di un uomo che avrebbe dovuto cominciare a mostrare i primi segni dell’età che avanzava e invece aveva sempre i capelli  biondi e folti, i denti bianchi, gli occhi limpidi e il corpo gagliardo dei suoi anni migliori?

 

Verrà il giorno in cui mi rifiuterai o, peggio, faticherai a mascherare il disgusto e la compassione che proverai per me che non sono quella che sei tu. E allora mi farò forza e ti lascerò andare. Non cederò alla tentazione di ricattarti rinfacciandoti che quel che sei lo devi a me, rinfacciandoti quel che mi  è costata  la tua vita senza fine.

 

Il giorno era venuto. Ed erano passati tanti anni da allora. Non si era fatta forza, non aveva trovato il coraggio di lasciarlo andare, ma solo quello di ricordargli continuamente che ciò che era lo doveva a lei. A una donna che, giorno dopo giorno, diventava sempre più vecchia e più brutta e, se lui se ne fosse andato, sarebbe rimasta completamente sola.

 

Lui, pensava la Contessa mentre guardava il riflesso del sole giocare sui suoi lunghi capelli biondi e sulla groppa lustra del cavallo, sicuramente l’aveva tradita con chissà quante altre donne. Duchesse  o contadine non importava, nessuna gli avrebbe mai dato quel che gli aveva dato lei…Quanto tempo era passato? Quanti anni aveva? Se la memoria non la ingannava, se nella sua mente realtà e immaginazione ancora non erano arrivate a confondersi, dovevano essere ottantacinque.

 

La Contessa guardò il  cavaliere finché non lo vide sparire oltre la curva del sentiero. Il suo destino si era compiuto, pensò: tra non molto, il Creditore sarebbe venuto a reclamare il  suo debito. E lei lo avrebbe aspettato.

 

*Quella a cui si allude è la Guerra dei Trent’anni, che devastò l’Europa Centrale dal 1618 al 1648 (N.d.A.)

 

FINE

 

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: lalla