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Autore: Moka96    24/11/2012    2 recensioni
Loro, due diciassettenni in un mondo troppo grande, colmo d'ingiustizia, prepotenza e realtà. Già, perchè si sa, la realtà fa schifo.
-Basata su una storia vera.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Distance.


Si dice che la distanza spezzi due cuori, la distanza, la lontananza, quei dannati chilometri siano un fattore negativo per una relazione.

Ma non per loro.

Questa, è la storia di due ragazzi, due ragazzi che combattono contro quattrocentoquarantadue chilometri, due ragazzi che nonostante la loro impossibilità di vedersi costantemente, lottano, lottano di continuo e si sostengono l'un l'altro per far sì che quel loro piccolo desiderio si avveri.
Questa, è la storia di due ragazzi che si amano.

La storia di Billie Joe Armstrong e Michael Ryan Pritchard.

Loro, due diciassettenni in un mondo troppo grande, colmo d'ingiustizia, prepotenza e realtà. Già, perchè si sa, la realtà fa schifo.

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“Fra dieci giorni sarò da te!” rimasi lì, con gli occhi sgranati a fissare quelle sei parole stampate sullo schermo del pc, mentre un sorriso a trentadue denti mi illumina il viso, come aveva fatto quel messaggio della mia giornata.
“C-Cosa?! Dio sì! Sapevo che l'avresti convinta!”
“Non vedo l'ora..”
“Anch'io..”
“E' tardi, domani ho scuola. Vado o alle sei non mi ci sveglio, buonanotte amore, ti amo.”
“Va bene, buonanotte piccolo, ti amo anch'io.”
“A domani..” sussurrai con voce roca senza nemmeno rendermene conto. Chiusi la chat e in seguito spensi il pc, rimanendo a fissare per qualche secondo lo schermo ormai nero. Ancora non ci credevo, no no no.. non poteva essere reale.
Dopo tutti quei tentativi andati a puttane, finalmente era arrivato, il nostro momento.
Mi alzai e mi misi a letto, fissando con insistenza il soffitto bianco della mia stanza. Erano troppe le emozioni che provavo in quel momento, ma non sapevo descriverle; era un misto tra felicità e.. tristezza. Sì, tristezza. Avrei dovuto aspettare ancora dieci giorni.
Dieci fottutissimi giorni.
“Passeranno in fretta, passeranno in fretta Mike..” mi ripetevo in continuazione cercando di distrarmi da quel pensiero. Mi addormentai.

[10 days later]

La mia sveglia delle 7.30 risuonò per tutta la stanza, mi alzai di scatto con il pensiero della scuola, ma non era così. D'un tratto mi ricordati che oggi non era un giorno qualunque, oggi avrei finalmente rivisto lui.

Corsi a prepararmi, in un attimo ero già pronto e in poco tempo arrivai alla stazione della mia città dove presi il primo treno diretto a Berkeley, già, perchè era lì che dovevamo incontrarci.
Fortunatamente trovai un posto, cristo non si poteva stare lì dentro, era pieno di gente e c'era una puzza assurda, facevo addirittura fatica a respirare. Per non parlare del signore affianco a me, sembrava che non si lavasse da giorni.
“Così tanto fortunato non sono stato.” pensai tra me e me facendo una smorfia di disgusto senza farmi vedere. Misi le cuffiette e feci partire la musica, ignorando gli sguardi delle altre persone che, probabilmente infastiditi dal rumore che le cuffie emanavano, mi fissavano malissimo, ma poco m'importava. L'importante per me in quel momento era ben altro.

Quaranta.. venti.. dieci.. ci siamo quasi, sono quasi a destinazione. Fatemi scendere, qui, ora! Non resisto più, non resisto più un minuto senza di lui.
Il treno sembra ascoltarmi e rallenta fino a fermarsi. Le porte si aprono.
Non lascio nemmeno il tempo agli altri di scendere che mi scaravento subito contro la porta, uscendo e guardandomi attorno.
Inizio a correre, non sapevo nemmeno io verso dove, ma sentivo il bisogno di farlo, quando ad un tratto sento il telefono vibrare nella mia tasca.
“Binario 2.”
Senza pensarci due volte, girai di scatto lo sguardo sul grande cartellone affianco a me.

Binario 20.

Ripresi a correre a più non posso, le mie gambe erano come diventate indipendenti dal resto del corpo.

Binario 12.

Mancava ancora un po', i battiti del mio cuore aumentavano di passo in passo e il mio respiro si faceva sempre più affannato.

Binario 5.

Ecco, ci siamo, dai Mike.. ancora un altro sforzo, fallo per lui. Le mie gambe stavano per cedere, la testa girava, non ce la facevo più.

Binario 2.

Mi fermai. Sgranai gli occhi e sulle mie labbra si dipinse un sorriso. Eccolo là, poggiato al muretto con lo sguardo rivolto chissà dove.
Ravvelocizzai il passo e gli andai incontro, lui mi vide e il suo sguardo si illuminò di felicità.
Ci abbracciammo, un intenso abbraccio che durò minuti e minuti, e che avrei tanto voluto fosse stato eterno.
Lo guardai in viso e gli rivolsi un sorriso, che lui ricambiò.
“Finalmente..”
“Siamo qui.” conclusi la frase e gli diedi un bacio, carezzandogli delicatamente il viso.

Le sue labbra carnose, il suo sapore, i suoi occhi verde smeraldo che mi guardavano, il calore del suo corpo, mi facevano sentire bene, mi facevano sentire a casa.

“Vieni, andiamo.. abbiamo una città da scoprire!” dissi ridendo e lo presi per mano, portandolo fuori dalla stazione.
Eravamo soli, in una città sconosciuta ad entrambi, ma eravamo insieme, il resto non contava.
Guardai l'orologio: 12:30

Uhm, sono le 12:30. Io direi di andare da qualche parte a mangiare.”
“Sì, ho fame e.. uh! Laggiù c'è un Mc Donald!”
“Vada per il Mc Donald!” conclusi.

Il pranzo terminò in un'oretta e mezza, così decidemmo di fare una passeggiata per il centro, o magari di trovare un parco e sederci per far riposare le gambe, dato che eravamo entrambi sfiniti dal viaggio.
E infatti così fu.
Trovammo un parchetto non molto distante dal luogo in cui avevamo mangiato. Cercavo invano di ricordare tutte le strade che avevamo percorso, per riuscire a trovare la via di ritorno.
“A che ora hai il treno di ritorno?” gli chiesi.
“Mh.. 18:15.” disse dopo aver letto l'orario sul biglietto giallastro, che rimise in tasca subito dopo.

Passammo la giornata così, seduti nel prato di quel parco poco frequentato, a ridere, scherzare, io che mi divertivo a fissare male la gente che ci guardava mentre Billie scoppiava in una risata non appena “ringhiavo” come per cacciarli via.
“Idiota!”
“Grazie, lo so già non c'è bisogno che me lo ricordi!”
“Non si sa mai, potresti dimenticartelo.”
“Non ho la memoria corta come la tua, amore mio bellissimo.” mi alzai ed iniziai a correre, scappando da un Billie Joe furioso che mi rincorreva minacciandomi di picchiarmi a sangue.

Ci fermammo entrambi sfiniti e io alzai lo sguardo, lui fece altrettanto.

“Sono le 16:50.. credo sia meglio iniziare ad avviarci.” disse con un tono non più allegro come quello di prima.

Di colpo mi sentii strano, come se la mia mente stesse ripercorrendo tutti i momenti della giornata, fino ad arrivare a questo, e poi oltre.. no, non voglio pensarci a quell'oltre, l'importante è che adesso lui è ancora qui, lui è ancora.. qui.
“Andiamo..” indossai il mio giacchetto e gli misi un braccio attorno alle spalle, per stringerlo a me, iniziando ad incamminarmi insieme a lui di nuovo verso la stazione.
“Vivi il presente e non pensare al dopo.” era questo quello che mi dicevo, cercando di eliminare quel pensiero fisso che mi si era insinuato nella mente e sembrava non voler più uscire.

Riuscimmo a trovare la via di ritorno e in nemmeno dieci minuti arrivammo alla stazione. L'unico treno di ritorno per Rodeo era alle 17:45, e io dovevo per forza prendere quello se non volevo rimanere alla stazione per tutta la notte.
Solo il pensiero che avrei dovuto lasciarlo da solo per mezz'ora in uno stato che non voglio nemmeno immaginare ora, mi lacerava l'anima.

17:30.
Il mio treno era già arrivato, ma io non avevo intenzione di salire, ero ancora lì a stringerlo fra le braccia, a coccolarlo come non avrei potuto più fare per chissà quanti altri mesi.

Ma purtroppo era arrivato il momento di andare.
“Devo andare..” sussurrai con voce roca, lui annuì appena. Gli presi il viso fra le mani, dandogli un lungo ma intenso bacio. Non volevo, non volevo che tutto questo finisse così. Non volevo.
“Ti amo..” gli sussurrai all'orecchio prima di allontanarmi da lui definitivamente.
“Anch'io, tanto..” ricambiò.
Accennai un sorriso cercando di tirarlo almeno un po' su, cosa letteralmente impossibile poi voltai le spalle e salii su quel maledetto treno che mi avrebbe riportato a casa. Sistemai la valigia poi tornai davanti alle porte.
I nostri sguardi si incontrarono di nuovo. Nemmeno una parola fuoriusciva dalle nostre labbra, solo il silenzio, un silenzio rotto dalle lacrime che rigavano sul volto di entrambi.

Un rumore assordante, le porte si chiusero, mormorai un “ti amo” mentre lo osservavo da dietro le porte. I suoi occhi, spenti. Chissà quando li avrei rivisti.

Il treno che parte, il rumore delle rotaie e la sua figura che si allontana sempre di più, sparendo all'orizzonte.

Poi il nulla: solo il tonfo di una lacrima invisibile che ricade su quel lurido pavimento.

Si sa, la distanza è come la realtà, fa schifo; ma ogni tanto la vita per metterci alla prova, ci regala piccole sorprese, come questa.

Un piccolo, grande, assaggio di futuro.




NdA: Ci terrei a dedicare questa fanfiction alla mia ragazza che mi sopporta ogni giorno! (Non so come fa.) Beh, graziegraziegraziegrazie. Ti amo, lo sai. E so anche che stai leggendo, e sorridendo in questo momento. Su, ammettilo.

Ringrazio anche tutti voi lettori, spero che questa mia piccola idea vi sia piaciuta, alla prossima!
Moka_

   
 
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