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Autore: IndelibleSign    28/11/2012    12 recensioni
Ero felice. Forse anche più che felice. 
Ora sono distrutta. Una barbie tenuta nelle mani avide di un ragazzino di dieci anni sarebbe ridotta meglio. 
-
Sono sicura che i ricordi di quelle cicatrici non andranno mai via ma oggi sono realmente convinta che di quei ricordi mi rimarrà solamente una lacrima.
Quella che mi aveva fatto capire che ero forte, bella e che nessuno mi avrebbe fatto cadere.

Grazie Harry. Tu, hai salvato la mia vita ed io sono qui, oggi, per migliorare la tua.
Insieme a me, per sempre. 
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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ATTENZIONE: Il contenuto di questa one-shot è completamente frutto della mia fantasia. I riferimento a fatti, cose o persone sono puramente casuali. Buona lettura.

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one-shot. 
 


-Holly, devi denunciarlo.- mi sussurrò Harry, il mio ragazzo, all'orecchio.

Ero felice. Forse anche più che felice.
Ero sempre stata quella ragazza che tutti invidiavano, non di certo per la bellezza -cosa che alla mia tenera età non mancava-, ma per il mio carattere.
Ero una di quelle poche -pochissime- ragazze che riusciva ad avere sempre un sorriso scolpito sulle labbra, quasi come se avessi appena fatto una chirurgia plastica.
Avevo una famiglia perfetta, una reputazione perfetta, una media scolastica più che buona e persino un fisico decente.

E ora, invece?

Ora sono distrutta. Una barbie tenuta nelle mani avide di un ragazzino di dieci anni sarebbe ridotta meglio.
Ora sono quella ragazza che tutti evitano, quella ragazza che potrebbe creare problemi. Ho perso persino il mio sorriso.
Non ho più una famiglia perfetta; mia madre è morta sei mesi fa in un grave incidente autostradale, lasciandomi sola nelle mani di quel -mostro- di mio padre.
Quella figura paterna che sin da piccina mi aveva cresciuta insegnandomi lui stesso l'educazione, l'amore e la fratellanza ora è volata via, scomparsa, svanita nel nulla.
Di quella figura forte, massiccia e tenera allo stesso momento ora ne ho solo il ricordo.
Non ho più una reputazione perfetta; ora sono solamente l'orfanella che ha perso la madre e che viene picchiata dal padre, nonché un drogato. 
L'unico voto buono sulla mia media scolastica è nella musica, il resto il massimo è un minimo 2. Sono arrivata persino a rispondere male ai professori, cosa che prima sembrava un obiettivo lontano anni luce.
Il mio fisico? Premetto che resto magra, forse ora lo sono ancora di più, ma tendo a nascondermi.
O meglio, tendo a nascondere tutti i segni, lividi, cicatrici che ogni giorno mi procuro.
L'unico che mi è stato accanto in questi mesi è stato Harry, la mia dolce metà.

-Hazza, è mio padre..- sussurrai chinando il capo -..non potrei mai fargli una cosa del genere.- conclusi sospirando.
Io ed Harry avevamo intrapreso quel discorso miliardi e miliardi di volte, ma ogni mattina quando lui stesso veniva a trovarmi mi ritrovava sempre con nuovi lividi, cicatrici e a volte persino fratture.
-Holly- il riccio interruppe i miei pensieri prendendomi per un polso e attirandomi verso lo specchio della cristalliera in soggiorno -..tu sei una donna, e una donna non meriterebbe questo.- disse abbassandomi la spallina della maglia e toccando il –nerissimo- livido sulla mia spalla sinistra.
Spostai la sua mano, che per quanto potesse essere calda e delicata in quel momento mi faceva solo del male, e rialzai la spallina, coprendomi.
-Harry..- sospirai scuotendo la testa. Harry mise il suo indice sulle mie labbra per zittirmi.
-Soprattutto se quella donna è la mia ragazza..- concluse Harry prendendomi poi una ciocca di capelli dal viso e spostandola dietro l’orecchio facendo vedere una lunga cicatrice lungo il collo.
Rabbrividì lui stesso rimettendo la ciocca al suo posto. Gli sorrisi amaramente schioccandogli un bacio sulle labbra.
-Harry,- ripetei –..è mio padre, non posso.- sospirai girandomi.
La mia immagine riflessa in quello specchio sembrava volermi urlare ‘basta’.

Basta per tutto il dolore fisico e psicologico.
Basta per tutte le illusioni.
Basta per tutte le lesioni sul mio corpo.
Basta di essere debole.

Una volta girata trovai qualcosa di peggiore, lo sguardo di Harry che sembrava volermi implorare.

Tu puoi fare quello che vuoi.
Tu sai fare la cosa giusta, allora falla.
Tu potresti mettere fine a tutto questo.
Allora perché non lo fai, Holly?
Tu puoi essere forte.

Le parole che l’oceano negli occhi di Harry mi comunicavano erano tantissime, tutte parole che mi mettevano una forza incredibile, ma che dall’altra parte mi facevano sentire spaesata ed inutile.
Io non sono forte. Per niente.

-Holly, sul serio, ora basta giocare.- esclamò Harry sedendosi di peso sul divano, l’ennesima volta arrabbiato. Sospirai sedendomi accanto a lui e accarezzandogli la coscia.
-Harry..- prima che potessi continuare con un gesto della mano mi bloccò.
-Holly, capiscimi. Io non posso continuare a venire qui tutte le mattine per accertarmi che tu sia ancora viva, per accertarmi che tu stia bene e che tu non abbia fratture.- urlò lui. Per fortuna che mio padre, a quell’ora, era solito uscire a bere, in caso l’avesse sentito avrebbe fatto la mia stessa fine.
-Io non ti costringo a venire qui.- dissi staccando lo sguardo dal suo e fissando dinanzi a me, dove persino il plasma della TV sembrava essere divenuto interessante.
-Io devo e voglio farlo, Holly- disse prendendo con le dita il mio mento e facendomi voltare verso di lui. In quel momento i suoi occhi sembravano luccicare, piangeva.
-Smettila di piangere, Harry- dissi deglutendo forzatamente. Non potevo vedere l’unica persona che amavo –oltre mia madre- piangere di fronte a me. Sarebbe stato uno strazio.
-E tu smettila di fare l’ipocrita, diamine!- urlò alzandosi e fissandomi ancora. –Io ti amo, Holly, non posso non fare nulla. Non posso tornarmene a casa pensando che tu chissà cosa starai subendo qui, è una cosa.. una cosa che mi uccide, capisci?- il suo sguardo continuava imperterrito a cercare il mio.
Sapevo quanto le sue parole erano vere e quanto avesse ragione.
Ma il mio interno credeva che un familiare non dovesse essere tradito, mai.
-Io..- cercai di parlare ma il groppo di parole che avrei voluto urlargli contro si bloccò in gola.
-Devi smettere di dire che non fa male, Holly. Devi smettere di essere egoista, prima di pensare a te stessa pensa anche a me. Mi fai del male, Holly, più di quanto tu non possa immaginare.- le sue parole erano lama ardente dentro di me, sembrava quasi che lo stesso dolore fisico che provavo ogni sera potesse essere anche psicologico.
Quelle parole mi stavano ferendo ma sapevo quanto Harry mi amasse e quanto lo dicesse per me.
Per farmi star bene.
-Credo che tu debba tornare a casa, Hazza- sospirai voltandomi e dirigendomi verso l’entrata della cucina.
Harry si avvicinò alla porta indossando il suo lungo cappotto di pelle, sospirando come ogni mattina faceva. Sorrisi fissando dinanzi a me quando sentii il suo mento poggiarsi sulla mia spalla –attento a non farmi del male- e mi lasciò una scia di piccoli baci sul collo, freddo.
-Holly, ti amo.- mi sussurrò all’orecchio.
Mi voltai incollando le mie labbra alle sue e portando le sue braccia attorno al suo collo.
-Anche io Hazza, ti amo anch’io- sospirai abbracciandolo poggiando la mia testa sul suo petto mentre lui, sorridendo leggermente, mi lasciava piccoli baci sul mio capo.

-Holly ricorda che in caso succeda qualcosa tu puoi, anzi devi, chiamarmi.- disse aprendo l’uscio della porta e baciandomi una guancia.
Fuori nevicava, finalmente il natale si avvicinava.
-Ah, e in caso avessi la forza di farlo, chiama il 911 e denuncia quella bestia.- disse riferendosi a mio padre. Mi sorrise amaramente sapendo che da lì a poco sarebbe tornato quell’uomo e mi avrebbe picchiato, sicuramente.
Ricambiai il sorriso e lo lasciai andar via, ancora una volta.


-Holly, prendi l’impasto. Oggi faremo i biscotti preferiti di papà, sei contenta?- urlò mia madre dall’altro capo della stanza.
Saltellai entusiasta sul lettino della mia camera interamente arancione per poi scendere e ficcare le mie piccole manine da dodicenne qual’ero nel forno e prenderne l’impasto.
-Mamma, mamma!- urlai attirando l’attenzione. Lei si voltò sorridendo e prendendo dalle mie mani l’impasto, posandovi invece una formina a forma di stella.
-Con questo, fiorellino, dovrai fare i biscotti. Capito?- mi spiegò mostrandomi l’impasto e come lei, con la formina a cuore, faceva biscotti.
Annuii immergendomi letteralmente in quell’impasto e in quella meravigliosa giornata di agosto.
**
-Papà, papà!- urlai saltando tra le braccia del mio paparino, sbaciucchiando la sua guancia leggermente decorata da barba.
Mia mamma si avvicinò lasciandogli un casto bacio sulla punta delle labbra, sorridendogli.
-Vieni con me!- urlai euforica scendendo dalle sue braccia e trascinandolo in cucina.
Lui mi seguì sorridente e appena vide me addentare uno dei suoi biscotti preferiti mi corse incontro, prendendomi a mo’ di sacco di patate e rinfacciandomi quanto fossero buoni i miei biscotti.
-Sei cattivo, papà- urlai scalciando –Ne voglio uno anch’io, uffa.- sbuffai facendo ridere tutti. Mio padre, mia madre e me. La famiglia perfetta.


Il rumore della porta d’entrata mi svegliò da uno dei miei ricordi.
Era tornato.
-Holly!- urlò probabilmente cercandomi nel soggiorno.
Era tornato per picchiarmi, sicuro.
-Holly scendi subito!- ringhiò. Il suo tono di voce era severo e scosso da leggeri singhiozzi, era ubriaco fradicio. Di nuovo.
Mi avvicinai allo specchio, deglutendo.
-Se ce l’hai fatta le altre volte, Holly, puoi farcela anche questa volta. Su.- sussurrai a me stessa prima di aprire la porta e scendere le scale, consapevole di ciò che –per l’ennesima volta- mi stava per accadere.
-Ti sei degnata di rispondermi, stronza.- urlò mio padre sbucando dalla cucina.
Gli occhi rossi e vuoti. Non come il verde che qualche mese prima mi guardava.
Gli abiti stracciati e sporchi. Non puliti come il bucato di mamma.
La voce smossa. Non come quella limpida e dolce di sei mesi prima.
-Quando ti dico qualcosa..- cominciò afferrando il mio polso e strattonandomi verso di lui, incazzato nero, -..devi rispondermi, sguattera. Ok?- disse spingendomi e facendomi crollare a terra mentre lui, in piedi, se la rideva.
Annuii.
-Non annuire, puttana, devi rispondermi!- urlò e per un secondo, un secondo solo, riuscii a vedere le sue vene fuoriuscire dal suo collo. Era più che solo arrabbiato.
Quella volta avrebbe potuto uccidermi, sicuramente.
-S-Sì, scusami.- sussurrai.
Lui se la rise, ancora di più.
-Scusami! Scusami!- urlò facendomi il verso e ridendo.
-Ha anche il coraggio di chiedermi scusa, lurida merda- urlò dandomi un calcio nell’addome, susseguito da ancora altri tre, o forse quattro.
-Ti prego, non farmi del male..- sussurrai cominciando a piangere mentre lui, probabilmente, godeva del mio dolore.
-Non farmi del male? Non farmi del male?- urlò arrabbiato.
-Tu sei solamente un errore, e non prenderò ordini da te. Puttanella!- urlò tirandomi schiaffi, pugni e sbattendomi con la testa contro il pizzo del comodino.

Continuò a picchiarmi ancora per molto, dopo dieci minuti arrivai a non sentir più dolore, ma ero sicura che l’indomani mattina il mio aspetto ne avrebbe risentito e anche molto.
Passarono altri venti minuti dove, finalmente, andò via, ma non senza aver prima sputato sul mio corpo, accasciato contro un angolo del soggiorno.

Non so dopo quanto tempo ebbi la forza di alzarmi. Avevo perso la cognizione del tempo, ormai.
La caviglia mi faceva maledettamente male e sentivo l’occhio sinistro pizzicarmi.
Mi avvicinai, strusciando, il mio corpo lungo tutto il soggiorno e posandomi contro lo specchio.
Il mio occhio sinistro era leggermente arrossato mentre buona parte del mio corpo era ripiena di lividi e una leggera cicatrice sul labbro inferiore sanguinava.
Ero debole e brutta.

Non so con quale forza d’animo, con quale coraggio mi avvicinai alla cornetta del telefono, proprio accanto allo specchio.
-Nove.. uno.. uno..- sospirai mentre con le dita, probabilmente con un mignolo fratturato, componevo quel numero.
-Pronto? Siamo l’assistenza di emergenza, chi parla?- rispose una voce femminile.
Alzai lo sguardo dal telefono allo specchio, fissandomi.
Dovevo smetterla di fare del male a me stessa.
Dovevo avere il coraggio di farlo.
Mio padre non era più quello di un tempo, mio padre era morto lo stesso giorno di mia madre, mentalmente, ed io dovevo smetterla di subirmi le conseguenze.
-Pronto c’è qualcuno?- ribadì la voce.
Io sono forte.
Lo sono sempre stata e non permetterò mai a nessuno di farmi cadere.
-Pronto?- chiese la voce, non arrendendosi.
Mi sono fatta calpestare, ma dovrò avere la forza di rialzarmi.
Mi sono fatta insultare, ma devo avere la forza di dimenticare.
Mi sono fatta deridere ma non dovrò mai più farmi vedere debole perché essere deboli vuol dire non essere forti abbastanza per superare un ostacolo.
Ed io sono forte.

-Mio padre mi picchia, da sei mesi.- sussurrai.
-Dove vive?- mi urlò la ragazza dall’altra parte del telefono, leggermente preoccupata.
-New York, 64 East 1st Street.- dissi fissando la mia immagine allo specchio.
-Arriviamo subito- disse riattaccando frettolosamente.
Con ancora il telefono tra le mani alzai il mio sguardo ancora una volta verso lo specchio e nonostante il dolore, le ferite, le lacrime, i singhiozzi, le cicatrici e le lesioni mi sentivo maledettamente bella, e soprattutto forte.

Sono sicura che i ricordi di quelle cicatrici non andranno mai via ma oggi sono realmente convinta che di quei ricordi mi rimarrà solamente una lacrima.
Quella che mi aveva fatto capire che ero forte, bella e che nessuno mi avrebbe fatto cadere.

La prima cosa che feci, dopo aver sorriso alla mia nuova immagine, fu quella di chiamare Harry.
-Pronto?- rispose il riccio all’altra parte, con voce preoccupata.
-Harry ce l’ho fatta.
Ce l'ho fatta! 
Grazie Harry. Tu, hai salvato la mia vita ed io sono qui, oggi, per migliorare la tua.
Insieme a me, per sempre.-
sorrisi mentre lacrime di gioia solcavano il mio viso.
Sentii leggermente la risata di Harry che irruppe i miei pianti, lo amavo.
Mi aveva letteralmente salvato l’esistenza.

Grazie, Harry Edward Styles.


 

Note dell'autore:
 

Aloha, eccomi qui lettrici. 
Come vedete ho voluto scrivere una one-shot contro la violenza sulle donne, anche perché le mie os sono sempre su argomenti futili e di amore mentre questa mi sembrava più adatta.
Spero di non avervi deluso anche perché ci ho messo più di un'ora a scriverla e ne vado, in un certo senso, fiera.


Mi aspetto pareri personali, critiche e chi più ne ha più ne metta.
Vi amo, yo!
-vostra, Martina. 


 

 

  
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