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Autore: marig28_libra    30/11/2012    3 recensioni
Yoma di Mefistofele…Una divinità caduta… Uno spirito davanti ad un bivio: da una parte la brama di realizzare un’antica vendetta, dall’altra la tentazione di proseguire una serena vita appena creata. Qualunque decisione verrà presa dovrà essere portata solo avanti. “ L’acqua caduta dal vassoio non torna indietro” e una volta avviato un meccanismo non si può più arrestarlo.
In questa one shot arrivata terza al contest “ Un proverbio giapponese anche per te” ( indetto da Luana Chan) , i pensieri del personaggio più stravagante e controverso di Lost Canvas.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Il Due.

Cosa rappresenta il Due?
Chi è che ama sinceramente il Due?

 

Due: binomio di simmetria. Equilibrio di coppia. Armonia.
 
Armonia…Non esiste parola più controversa!
“ Harmonìa “ : unione, accordo. Così la definivano i greci…Ah! Bello discorrere di concordia quando ogni essere nasce dallo scontro!
“ Polemòs di tutte le cose è padre, di tutti re” . Eraclito affermava ciò: la natura è una guerra continua; ciascun elemento è plasmato dall’opposizione di forze diverse.
 
La verità sta nell’attrito!
 
Nel  Due non risiede che la battaglia. Se esso, dunque, è tale come può accettare,  tranquillamente,  l’ eterna subordinazione all’Uno?
 
Sì! L’Uno! L’inimitabile! L’assoluto!
L’Uno è trasparenza monocorde…Il Due è miscuglio frustrante! Dicotomia!
L’Uno giungerà sempre alla meta. Sulla sua vittoria si può scommettere senza ondulazioni di probabilità.
Il Due è un corridore che non si è mai visto la fronte cinta di glorioso alloro.
E’ un satellite che ruota attorno ad un grande pianeta.
È la solitudine di rabbia che non approda ad alcun porto.
È un incessante bollire di onde che s’infrangono in un calderone di prigionia.
Per siffatta ragione esso diventa Vendetta.
 
Oh…La Vendetta…La Vendetta che finalmente ride e progetta, scrive copioni d’eccelso calibro, disegna curiose traiettorie di tenebra e luce. È un orologiaio che orienta ingranaggi di squisita imprevedibilità.
Quando il Due crea una cascata fa sì che il suo corso vada in una direzione ineluttabile ed invertibile.
“ L’acqua caduta dal vassoio non torna indietro” e nell’attimo in cui si apre il sipario un attore non può retrocedere nella penombra delle quinte.
 
Questa è la storia di un dio.
Di un dio dimenticato dagli dei. Dagli uomini. Cancellato dal fratello.
 
Questo è il racconto del Due che si è fatto beffe dell' Uno.
 
Questa è la narrazione di un inizio.
L’ouverture di un caos epico.
 
 
 
 
 
La Cupola della Meridiana Celeste tuonò d’urla. Le pareti di nebulosa, venate di  blu e azzurro, tremarono come fossero d’acqua  collosa.
Quell’involucro d’opaca brillantezza era la sala del trono di Crono.
Il dio stava eruttando la propria ira con grida franose.
  

- Come hai osato, infimo insetto?! Con quale intrepidezza o stoltezza  hai tentato di maneggiare il flusso del Tempo?!

 
Atterrito,  sull’ampio pavimento circolare di marmo, stava Kairos.
Aveva appena subito l’effetto devastante dei poteri del fratello.
Coi capelli scuri scarmigliati, il chitone bigio lacero, gli occhi rosseggianti di rabbia disperata, si levò faticosamente. Pareva un falco dal piumaggio e dalle ali umiliati. 
Contraendo  il viso in una smorfia di dolore ed astio, esclamò:
 

- Sono sfinito… nello spirito e nel fegato!  Perché devo essere la tua ombra costretta ad usurare nell’oblio?!

- Perché sei stato una sciagura. Un fallo della sorte.

- Un fallo?! Io e te siamo nati da Urano e Gea! Abbiamo condiviso uno stesso ventre! Siamo gemelli!

- Sai bene che vedermi doppiamente riflesso mi ripugna nel più profondo.

- Oh! Lo so! Lo so! Suscito talmente ribrezzo  a te e a coloro che ci hanno generato che persino i nostri fratelli e sorelle  minori non mi conoscono!

 
Crono gli si avvicinò esibendo una decorosa ed adusta boria. Veleggiava, con tutta la sua altezza, avvolto in una  tunica viola; camminava, con tutto il suo potere,lasciando rifulgere la corazza platino che gli esaltava il torace e le spalle. 
 

- I tuoi piagnistei mi danno nausea. Ti sei scordato, o meschino, che quando  venni alla luce le ore presero a materializzarsi mentre nel momento in cui tu nascesti le stelle s’oscurarono?

- Noi avremmo potuto rappresentare l’equilibrio perfetto! Saremmo stati i due piatti della bilancia  guardiani del Tempo!

- Non dire idiozie! Il Tempo è uno solo e corre in una sola direzione! Necessita di un unico sovrano: io. Il numero Uno, predestinato a questo. Chissà, per quale bislacco gioco, mi sono ritrovato affianco  una copia!  Una strada biforcuta è incertezza, anomalia, male. Sei stato un incidente di percorso. Sei imperfezione maligna.

- Taci, sporco infame! Affermi  che sono maligno quando  hai detronizzato nostro padre?!  

- Ho agito per il bene dell' equilibrio. Gea aveva visto il vero: Urano minacciava l’armonia del cosmo e  i nostri fratelli e sorelle mi hanno scelto come nuovo re. Oceano, Crio, Ceo, Iperione e Giapeto si sono schierati  con me assieme a   Rea, Teia, Temi, Mnemosine, Febe e Teti.

- Siete disgustosi tutti quanti!

- Allora sii felice di essertene stato buono nella dimensione vacua che galleggia tra Cielo e Terra.

- Un bastardo della tua specie non è degno di detenere lo scettro del Tempo!

- Il Tempo elargisce e inghiotte minuti. È semplicemente questa la legge.  

- Ah! È così  che ragioni nell’attimo in cui divori i figli che ti nascono?! Doni minuti di vita per poi disintegrarli?

- Rispetto l’Ordine ed opero prudentemente, fratello.

- Tu saresti prudente? Forse non sei capace di pronunciare la parola “ codardo” e  pensi che la tua prole possa, un giorno, farti ciò che hai inferto ad Urano…

- Mi stai stancando, Kairos. Sarà meglio che ti tolga di mezzo una volta per tutte. Non pensavo che, una nullità del tuo livello,  si sarebbe mostrata tanto pericolosa da tentare di modificare lo scorrere temporale! Povero imbecille! Credevi, seriamente, di trasformare il tuo passato?!

- Non potevo più soffrire il tanfo che emanate tu, la tua invertebrata consorte Rea e le altre carogne  dei nostri fratelli!

- Mi dispiace, mio disgraziato riflesso. Il fato ha disposto in tal guisa la trama della tua esistenza. Non può invertirne il  cammino. L’acqua caduta dal vassoio non torna indietro.

 
Crono squarciò un lembo della Sala della Meridiana.
Aprì un gorgo nero, gelato, martellato da un violento silenzio. 
 
- Guarda, Kairos. Questo è  il Nihil. Il nulla. Il vuoto in cui hai vissuto è almeno esistente, malgrado la sua aurea degradata e grigia.  

Kairos strinse terrorizzato le mandibole.
Fissò,  poi,   il grande pilastro della Meridiana che lo investiva con la proiezione della sua ombra. Era giunta l’ora senza scampo.

-
 No! Io là dentro non ci finisco! – gridò in preda al panico.

- C’era da immaginarselo: un essere inutile blatera parole inutili. Non spaventarti. Se diventerai nessuno non avvertirai più patimenti. Una volta che avrai terminato il tuo percorso di nullità nascerai  come un’altra creatura…diciamo…un umano. Un esemplare qualunque di quella  razza mediocre che popola la Terra. Lì non sarai più molesto.

- Lurido  bastardo!

- Coraggio, una metamorfosi richiede per forza uno stadio di non-essere…Sono sicuro che lo supererai brillantemente, visto che ci sei abituato.

- Giuro che me la pagherete! Tu, gli dei che esistono  e che nasceranno!

- Non do importanza alle sentenze di un granello di polvere.

 
Kairos provò a  scagliarsi contro Crono ma quest’ultimo lo afferrò per il collo.

 - Addio, fratello. Nessuno sentirà la tua mancanza.
 
 
Lo gettò , con sardonica brutalità, nella voragine del nulla. Udì le sue urla  venir  fagocitate dall’inconsistenza della tenebra priva di  fine e logica.
 
 
 
Quanti Soli e Lune aveva visto  remare ,  nei flutti celesti,  in tutti quegli anni?
Un’infinità sconcertante.
Quanti chilometri di strade aveva percorso viaggiando nel mondo umano? Una quantità equiparabile agli esofagi che giungono al centro della terra.
Yoma sentiva le vertigini nel pensare all’abisso che divideva la sua esistenza attuale da quella primordiale: il mito sconosciuto di Kairos.
Kairos…
Vi sono casi in cui il passato è tanto antico da parere un sogno, un romanzo estraneo alla vita che si sta svolgendo in questi minuti, ore e mesi che si susseguono.
Per quel giovane non era così. Era sconvolto poiché , nonostante vi fosse un golfo  vastissimo tra il suo presente e la vecchia dimensione in cui era vissuto, la memoria non aveva mai smesso d’incendiarlo.
Ogni umiliazione di quel dannato Crono gli pesava eguale ad una croce! Non per nulla s’era inebriato di  gioia nell’aver appreso che Zeus, Ade e Poseidone gli si erano ribellati rinchiudendolo, con gli altri fratelli titani, nel Tartaro.
Sfortunatamente il fratello numero Uno possedeva sempre il dominio del Tempo. Nessuno era stato in grado di sottrarglielo.
Sfortunatamente non si era  ancora colta l’occasione di concretizzare una degna vendetta.
 
Adesso era divenuto un’altra persona? No…Possedeva soltanto un nome diverso.
Kairos e Yoma non erano vite differenti  appollaiate su  sponde opposte: appartenevano al filo di un’unica esistenza.  Un’opera  articolata in due atti.    
 
Dopo esser stato esiliato dall’Olimpo, Kairos era rinato come Yoma in una famiglia di contadini nel Giappone del diciottesimo secolo. Da bambino sembrò non aver preservato alcun ricordo della vita precedente, fino a che, dopo esser rimasto orfano, era  riuscito a riacquistare  la cognizione della sua vera essenza. Aveva compreso di non ricoprire più un ruolo divino. Una strada misteriosa, tuttavia,  gli si era manifestata.
 
La via d’una strana costellazione. Un insieme di stelle cupe che l’avrebbe,  da quell’istante,  guidato nel suo cammino di solitudine e stenti.
Era l’ombra di un demone: Mefistofele.
 
Yoma aveva percepito che la resurrezione dei propri poteri era da attribuire all’energia di quegli astri. Durante  viaggi di sopravvivenza, tra furti e fughe, non aveva mai cessato di credere in essi. Grazie al  loro ausilio aveva trovato sempre la maniera di campare e provare emozioni forti che il  vivere divino, logorato dalla dimenticanza, non era stato capace di donargli.
 
Una notte, mentre stava viaggiando clandestinamente su un bastimento partito da Tokyo, vide allontanarsi una stella di Mefistofele.
Schiudendo  le proprie ali  la seguì  verso l’Europa Occidentale.
La scia di quell’astro lo condusse in Germania, alle porte di  un grande castello.
Non poté scordarsi che sopra le torri coniche di quel nobile maniero, splendeva ,abbagliante,  la costellazione di Pegaso. Pensò subito che gli avrebbe portato fortuna e che il Demone che lo accompagnava gli avrebbe offerto il modo di architettare una sapiente rivalsa contro tutti gli dei.
 
Una rivalsa che avrebbe posto su un piedistallo Ade, uno dei figli di Crono che, nello scorrere impetuoso dei secoli , si scontrava, per il dominio delle terre, contro la savia e vergine Atena.
Per ogni Guerra Sacra, una nuova incarnazione. Un nuovo sangue in cui intingere il pennello delle tempeste.
 
Yoma aveva compreso che dentro le mura di quel palazzo sarebbe rinato il cosmo del Signore dell'Erebo. Avrebbe dovuto attendere…Attendere….  
 
Riuscì, in seguito ad alcuni giorni, ad entrare in veste di cameriere nella servitù che lavorava per i signori della rocca.
 
Erano trascorsi circa tre anni da quel momento.
 
Tutti i piani di rivincita si erano fastidiosamente arenati in una serenità imprevista.
  
Yoma , quella sera invernale , rifletteva irritato su ciò.
Dietro le appannate finestre della propria dimora, contemplava il paesaggio esterno che rabbrividiva atarassico, solenne, muto...
La  neve cascava mollemente dalle nubi.
I fiocchi raggiungevano il suolo con lentezza, privi di speranze, privi di illusione, in quanto  pigramente rassegnati alla persistenza minuscola del loro alito.
Agli occhi dei bambini erano la cosa più soffice e deliziosa del freddo ma in realtà  non rappresentavano che briciole d’intonaco che si sgretolavano dal soffitto celeste.
Un soffitto che pareva eterno e fresco ma che  invecchiava pudico e pavido.
I grandi pini fissavano il vuoto con le loro braccia spinose soffocate dalla neve.
I monti , che si scorgevano dietro quella cintura  boscosa di cappelli stregoneschi, dormivano. Dormivano in un monolitico raccoglimento di tenebra e attesa.
 
Era strana quella quiete…Così tetra, di pietra eppure capace di sollevar dolcezza egual al suono d’ una cetra…
Era strana quelle quiete…Così rassicurante, linizzante eppure annullante , insoddisfacente, opprimente!
 
Yoma vedeva , sui vetri della finestra,  il proprio riflesso.
Un viso di ragazzo giocondo ma dentro iracondo. Un viso solare e lunare. L’immagine d’un essere che bramava riscatto. Due occhi nocciola corroboravano quella luce nascosta che gloglottava impaziente. Una bocca sottile e ben fatta  gemmava molte volte in spiritosi sorrisi per evitare di ghignare  dispettosa.
Una chioma castana, fitta e ribelle contribuiva a vivacizzare quella maschera di gaiezza che racchiudeva  espressioni demoniache.
 
Il ragazzo lasciò pattinare le dita sulla superficie della vetrata…Com’era gelida…Dovevano avere tale respiro  le proprie ossa e le proprie viscere.
Spostò lo sguardo sul caminetto di pietra  dell'alloggio…
La danza dei ceppi  contrastava , con perfida allegrezza,  col ghiaccio di fuori.
Si avvicinò al piccolo rogo.
L’arancione del fuoco gli tinse di cupo vigore gli iridi e le gote…
 
- Yoma, tutto bene? – gli domandò una voce tenera alle spalle. 

Si voltò.
Su una sedia a dondolo, di fronte ad un letto, sedeva una fanciulla che stava allattando un neonato.
Erano Partita e Tenma: erano la moglie e il figlio.
 
Egli sorrise con dolcezza magnificamente simulata.
Era un grande commediante… Lo sapeva! Ne andava fiero! Adorava il teatro. Durante le sue peregrinazioni in Giappone, per un po’ di tempo, si era unito ad una compagnia di attori girovaghi. Lo rimembrava come uno dei periodi più frizzanti dell' adolescenza:  aveva appreso molto. Aveva imparato a scrivere,  recitare, manipolare…
Certo, tenere un copione, davanti chi si ama,  è dura! Si deve far i conti col cuore che è un guastafeste…Per tale causa occorre  gettarlo in uno sgabuzzino e tenerlo d’occhio da uno spioncino…

 - Stai tranquilla – rispose con sfacciata innocenza alla sposa – stavo solo gironzolando  nei miei pensieri! 

Ridendo, le andò in contro baciandole  le morbide labbra.

 - Ti vedevo così scuro…- disse ella accarezzandogli il volto- c’è qualcosa che ti preoccupa?

-  Ma no…niente di particolare...

- La tua espressione non era tanto rassicurante…

- Ho detto che devi stare tranquilla! Vuoi dar peso a delle sciocchezzuole?

- Ti senti un po’…spaesato?

- Come?

- Sì, insomma, ti devi ancora abituare a…questa situazione…

 
Oh cielo, cara! Non  intavolare questo discorso! E’ un dramma per me accettarlo e soprattutto capirlo!”  pensava seccato Yoma  mentre mistificava  perplessità:

 - Ti riferisci a…

-  Lui. Il nostro Tenma. Ovvio.

 
Sazio, il piccino allontanò il visetto dal seno della mamma che , con un pannetto, gli asciugò con cura la bocca e si ricoprì .
 
“ Congratulazioni,vecchio mio! Guarda cosa sei riuscito a combinare con la fanciulla che t’ha  estasiato ! E’ bastata  una notte…”
 
Tenma, mentre era coccolato dalla madre, osservò il padre.
Lui ricambiò lo sguardo.
 
“ Beh? Che hai da guardarmi, marmocchio? Vuoi farmi capire che  ora non posso sgattaiolare più da nessuna parte? “  
 
Il bimbo continuava a rimirarlo con gli occhioni scuri pieni di curiosità.
 
“ E’ inutile che mi fissi in quel modo…”
 

Sul visino paffuto del figlio comparve un sorriso.
 
“ Bravo, bravo! Prendimi per i fondelli…” 
 

- Lo so, amore…- gli disse la moglie – Non sarà facile. Siamo diventati genitori e dovremo guardare  le cose in un altro modo. Abbiamo  la giovinezza. Abbiamo vent’anni. Non vivremo più come prima di sposarci. I nostri spazi…sono cambiati. Sono cambiati però tutto questo mi ha resa felice.
 
Yoma contemplava Partita. Era bellissima. Ogni elemento del suo viso  era un gioiello da venerare:  era impossibile non subire il fascino degli occhi scuri dolcissimi, delle sopracciglia leggermente spesse che li illuminavano. Le guancie, il naso, le labbra rimanevano in bilico tra un’estate e un autunno dorati…Si poteva non amare un simile splendore?  
L’irritazione  sfrigolò in vapore.
Il ragazzo insinuò teneramente le mani tra i lunghi e lisci capelli castani della fanciulla.
Lei sorrise:

 - Tenma ti somiglia molto. Quando sarà grande sembrerete sicuramente fratelli! Ha i tuoi capelli e  il colore del tuo sguardo…lo sguardo che mi attrasse la prima volta che mi parlasti. 

Ridendo, il consorte  le rispose:

 - In un modo dovevo pur fascinarti, se desideravo farti cadere nella mia rete! Mica è facile trovare una dolcezza paragonabile alla tua! Quando iniziai a  lavorare, qui,  per i padroni del castello, ti notai subito.

- Oh…Me ne accorsi, me ne accorsi! Da quel momento non potei più  svolgere le mie faccende in santa pace…  Mi sentivo osservata  da occhi indiscreti!

- Eri timida da matti! Ti sorridevo, ti salutavo e ti allontanavi   tutta trafelata di servizi!

- Mi sembravi uno spaccone, uno di quei tipi pieni di sé tutto fumo e niente arrosto!  

- Certo! Certo! Seppi, poi, farti sciogliere per benino quella mattina alla fontana…

- Mi avevi aiutato a lavare i panni e a portarli al castello! Ah!Ah!Ah!

- Ammettilo! Fui un artista! Riuscii a rendere romantica una sciacquata d’indumenti sporchi!

- Mi suscita uno strano effetto pensare a quel giorno…Chi l’avrebbe mai detto che il ragazzo straniero, dalla parlantina trascinante, sarebbe diventato mio marito donandomi uno splendido bambino?

 
“ Già, tesoro…” pensò Yoma chi l’avrebbe mai detto che mi sarei lasciato rimbambire dalle tue grazie, chiedendoti la mano e ingravidandoti?! Come ho fatto?! Gli dei disprezzano tanto gli umani ma alla fine sono i primi a farsi intrappolare da costoro! “    
 
- Non oso domandare di meglio – seguitò Partita – non finirò  mai di ringraziare il destino. 

“ Saluta i tuoi propositi di gloriosa vendetta, caro mio…”

 - Yoma…ti ricordi la sera d’ estate in cui indossai il ciondolo che mi regalasti?

- Quella in cui ballammo assieme?

- Sì…quella in cui capii di non poterti più sfuggire.

 
Rise piano con una timidezza spontanea e affettuosa.
Il marito rimase confuso, indispettito e irretito da quella soavità che l’aveva reso schiavo.
 
 
La serica trama del vespero si spianava per tutta la fronte  del cielo.
Il blu avrebbe assunto la brillantezza del nero di stelle.
La calura appassionata s’intiepidiva divenendo lieta frescura. Frescura che si cibava del succo di fragole, ciliegie, more.
Il villaggio, che attorniava il castello, festeggiava l’avvento dell'estate.
Moltitudini di lumi, chiazze dorate d’olio ardente, maculavano le dimore degli abitanti.
Tre lunghe tavolate troneggiavano nella piazzetta principale cosparse di fiaschetti colmi di vino, vassoi di frutta e pietanze rustiche.
Nell’aria schioccava l’ilare aroma del  pane e della carne che abbrustolivano sulle braci.
I musici cominciavano ad intonare, coi loro strumenti, note di rame, bronzo, legno.
Percussioni, flauti, tamburelli, fisarmoniche, qualche violino non particolarmente accademico, condivano, scoppiettanti, l’animo  della gente.
Molti giovani e anche alcuni spensierati adulti si cimentavano in danze di gruppo o di coppia.
 
Partita, dopo aver aiutato delle anziane a imbandire i tavoli, s’era assisa su una panca di pietra.
I suoi lunghi capelli castani erano raccolti in una spessa treccia.
Il viso le restava disarmato in una totale e melanconica mitezza. Gli occhi bruni, al cospetto dello scranno della festa trionfante, luccicavano senza lasciarsi vincere dall’odore invitante dei balli.
 
Stava così…Seduta, composta, disinvolta, rinchiusa.
Era meravigliosamente avvenente con quel vestito color verde mare  che l’avvolgeva in una tessitura di rigorosa dolcezza. Il collo  e le clavicole le sbucavano da una scollatura ovale. La pelle era la distesa rosea e pallida d’una spiaggia albeggiante. Su di essa luccicava un  ciondolo con l’effige d’un cavallo alato.
Un corpetto grigio chiaro esaltava l’armonioso seno, il busto snello e i fianchi sinuosi della fanciulla. Due spesse bretelle le coprivano le curvature delle spalle alle quali erano giunte un paio di braccia sottili e morbide. Le belle gambe le restavano celate, in un compito silenzio, sotto i drappeggi soffici dell'abito. Solo i suoi  piccoli piedi, fasciati da calzature leggere, mostravano una graziosa ed elegante sensualità.
 
Partita guardava gli orpelli dei festeggiamenti con mesta calma.
Tutti gli abitanti del villaggio erano fiaccole di  uno splendido presepe da rimirare esternamente. Lei non si sentiva parte di quella coreografia. Era una spettatrice invitata ad assistere allo spettacolo.
Sospirando prese , da una tasca della veste,  un foglietto di carta.
 
Aveva trovato, nel tardo mattino, davanti la porta del suo alloggio, un piccolo pacchetto:  una scatolina custodia della collana del Pegaso.
Quel dono era stato accompagnato da una poesia anonima:
 
E’ vano trovar fiori da intrecciar sui tuoi capelli.
È vano scaldarti con vellutati e dorati velli.
È vano carezzar il tuo viso
con piume simili al tuo sorriso.
Qualunque brina di questa natura adamantina mi par mediocre
se penso ad abbracciarti come la più bella delle arti.
Appartengo al Sol Levante,
eppur ho sempre vissuto nell’Ovest declinante.
Quando ti ho trovata in cima a questa salita,
la mia aria è rinsavita.
Quando ti ho trovata  su questa scalinata
eri più divina di una stella appena nata.
Riuscirò mai ad elargirti sogni
ai quali , coi tuoi occhi, agogni?
 

 
Partita aveva rivolto i sospetti, sull’identità dell’ autore, ad un solo giovane.
In quella serata sperava d’incontrarlo.
La sua attesa altalenava con letizia, dolenza e lieve abbattimento. Quel miscuglio era contenuto in un’ aureola di  riservatezza e incertezza.
Bisognava sperare oppure no? Purtroppo non erano in programma né un appuntamento galante, né tantomeno una trasparente promessa…

 - Tutta sola dinanzi all’allegria?  

La giovane si voltò alla propria destra:

 - Oh! Yoma l’orientale!  
 
Il ragazzo le sorrise con puerile sfrontatezza , con una briosità di biancore e scherzo.
Indossava, con calcolata strafottenza, una camicia sbottonata sul petto che gli  usciva da pantaloni beige. Un gilet marrone scuro, anch’esso slacciato,  donava un tocco distinto e burlesco alla sua figura slanciata e vivace. 

 - Perdonami, cara! Non è gesto cortese lasciare che la noia assilli una splendida damigella! 

Le s’inchinò con costernata  finezza baciandole  la mano destra.
Partita sussurrò una risata: 

 - Ti confesso che più che annoiata…ero un po’ in ansia.

- In ansia?! – esclamò Yoma sedendosi accanto a lei – C’è qualcosa che ti turba?

- Mmmh…dire “ qualcosa” non è esatto…sarebbe meglio…”qualcuno”.

- Qualcuno, eh? – Fece lui inarcando un sopracciglio maliziosamente.

- Sì. Questo qualcuno mi sta osservando da tempo.

- Beh, come potrebbe non farlo con una bellezza di tale livello?

 
La ragazza sorrise voltando il viso dalla parte opposta.

 - Lui…è stato proprio intraprendente.

- Ah!Ah!Ah! Che ha combinato?

 
Ella tornò a guardarlo arrossita. 

 - Mi ha regalato questo ciondolo con Pegaso.

- Ti dona magnificamente. Quel tipo ha davvero occhio e gusto!

- E non è finita qui!  Mi ha lasciato anche  una splendida poesia!

- Certo che ha saputo colpirti con stile!

- È vero…

 
Partita rimase incantata dal riso di Yoma, dai suoi grandi occhi nocciola, dalla scarmigliata e appuntita capigliatura scura.
Imbarazzata ma contegnosa spostò lo sguardo dinanzi a sé.
Il giapponese le si avvicinò maggiormente. Posò il braccio, dietro le sue spalle, sull’estremità dello schienale della panca.

 - Mi concedi  l’onore di essere  tuo cavaliere?

 -Secondo te, sarei in grado di rifiutare? 

I due  si alzarono in piedi.

 - Allora – disse Yoma ammiccante- pronta a gettarti  nella mischia delle danze?

- S-sì! Sperando di non essere ridicola!

- Suvvia! Non farti problemi! Pensa a non pensare!

 
Ridendo, Partita si lasciò trascinare dalla spontanea vitalità del ragazzo.
Attorno a loro, le luci e le persone vorticarono in una macedonia che tingeva multi cromatica la gioia.
Mettendo da parte la soggezione, la ragazza assaporò l’entusiasmo del compagno che l’avvolgeva e l’afferrava con garbo e giocosità.
Quando le musiche mutarono in dondolante lentezza, ella posò  il capo sul petto di lui che l’ abbracciò  con quella completezza che vede Saturno negli anelli che lo cingono . 

 - Sei anche poeta?- domandò lei  tentando di nascondere  un ultimo sprazzo di timidezza.

- Lo sono  quando mi va e quando ne vale realmente la pena.

- Scrivi di rado?

- In un certo senso…non mi capita spesso.

- Disegni, quindi, cose magnifiche solo nel momento in cui vedi luci.

- Sì…Luci grandiose.

 
Yoma avvicinò il proprio viso a quello di Partita.
La sua bocca non aveva mai incontrato un’altra così rassicurante, calda, semplice.
Che fosse quello il sapore degli astri? Che fosse quella la passione che scorre nelle orbite dei pianeti attorno al Sole?
 
 
Con che  sentimento  pennellare il proprio cuore?
Mefistofele  guardava la sposa e il figlio senza decidere su quale muro andare a sbattere la testa…Li guardava  stretti l’uno all’altra in una cinta calda e soffice: erano seccanti, sconfortanti ma terribilmente meravigliosi.
 
“ E’ futile che io lacrimi…l’acqua caduta dal vassoio non torna indietro… Ecco che mi ritrovo impantanato in una bella palude ammogliato e con un moccioso!”
 
Si lamentava nella sua mente chiassosa di rammarico, volontà di spregiudicatezza e amore.
Amore. La cosa più letale con la quale s’era dimenticato di fare i conti.
Adorava Partita anima e corpo. Quante volte si era unito a lei per rendere di carne la propria passione?
Tenma era stato frutto dell’amore. Un macigno che si era appeso  al collo. Una scure sollevata su una coscienza in tentennamento.
 
“ E a dire, mio bel bimbetto, che il tuo nome significa cavallo alato…Più che farmi  volare oltre le stelle  mi hai  inchiodato  al suolo più di prima…Che razza di Pegaso sei?! “
 

Il neonato protese le piccole e delicate braccia verso di lui.
Partita osservò  quella cristallina ricerca di contatto.

 - Cosa c’è, tesoro? Vuoi andare in braccio al papà? 

Il figlio emise dei mugolii insistenti.
Ridendo, la mamma lo porse lietamente al compagno che lo prese cercando di parere il più amorevole genitore del mondo.
 
“ E’inquietante vedere me stesso in miniatura…E’  come prendermi prigioniero…”
 

Tenma, tastava il mento, le gote e i capelli di Yoma.
Yoma  tastava l’espressione, il profumo e la leggerezza di Tenma.
Non capiva più nulla. Il suo cuore era agitato da quella prospettiva di quotidianità affascinante e incatenante. Lo spirito si mostrava riluttante e al tempo stesso estasiato all’idea di abbandonare quella sfera di focolare.

 - Oggi pomeriggio la piccola Pandora pareva contenta – disse Partita – Lei e la madre sono rimaste sole…Il signore del castello è deceduto sei mesi fa…Dopo questo terribile lutto spero che la nascita del nuovo erede dia loro una rinnovata gioia. Hai visto come, la bambina,  accarezzava Tenma? Vuole che il  fratellino sia bello e forte tale e quale  lui… 

Yoma, provando a  tenere a bada il figlioletto  che gli stava tirando il naso, fece:

 - Eh, già! Era incantata dal nostro piccolo..( Su, bello di papà stai buono! )…Lei poi ( Tenma! Le manine! ) ti  è molto affezionata…

- E’ da quando aveva quattro anni che la conosco…E’ una ragazzina dolce, intelligente che qualche volta un po’ si rattrista ma che è in grado di trovare subito la maniera di sollevarsi…Ha detto che la signora darà alla luce il secondogenito questo natale. Ciò mi ha reso molto lieta. E’ bello vedere Pandora che ride. Le auguro con tutta me stessa qualunque serenità.

 
Tenma, finalmente, s’era quietato. Aveva posato la testolina sulla spalla del padre.

 - Pandora ti considera una sorella maggiore, vero? – soggiunse  il giovane -  L’ho vista spesso cercarti o domandare di te…

- Oh, sì – sorrise la giovane – Non sai quante volte le sono stata affianco durante le sue lezioni private di matematica, storia, musica…Sono diventata davvero una sorella maggiore. Pensa che quando era più piccola chiedeva alla madre che io le raccontassi le fiabe prima di andare a dormire!

 
Yoma aveva ben presente l’affetto che legava Pandora a Partita. Aveva ben presente che quella piccola fanciulla…si sarebbe rivelata…alquanto sfortunata.
La moglie, che le voleva bene, era convinta che la nascita del fratellino le avrebbe portato felicità.
 
Felicità. Il ragazzo non sapeva se ridere o piangere.
 
A Natale si sarebbe  sgretolata qualunque letizia.
Ade era morte, non Elisio. 
A Natale Yoma avrebbe dovuto scandire in modo risolutivo il suo proposito di Vendetta. Sarebbe riuscito ad azionare le lancette del suo orologio ancora dormiente?
 
Ragionare con Tenma in braccio era deleterio. Ragionare con Partita che parlava e lo guardava soave e fiduciosa  era massacrante.
 
“ Maledizione a me! Perché tutto deve essere così ostico?! Mefistofele, non mi potevi concedere una realizzazione…meno pesante? “
 
Guardò un attimo fuori le finestre dell’alloggio.
Improvvisamente, bucando lo stuolo impastato delle nubi nevose, la costellazione di Pegaso prese a balenare vermiglia.
Dopo manco un minuto scomparve.
Yoma era rimasto basito.
Fu scosso dalla moglie che si era alzata dalla sedia  per abbracciarlo.

 - Ti immagini, amore,  se il nostro Tenma sarà amico del fratello di Pandora? 

Il ragazzo osservò il figlio. Sorrise raggiante fuori e malefico dentro:

 - Certamente , mia cara! Scommetto che quei due potrebbero condividere molte cose… 

“ Sì…davvero tante interessanti cose…Piccolino mio…Mi sa che mi renderai tanto felice se ti farò salire sul palcoscenico che avrò occasione d’allestire…”

 - Tenma…” Cavallo alato”…” Pegaso”…-  mormorò Partita – Non potevamo scegliere nome più bello… 

“ Puoi dirlo forte! Questo qui volerà parecchio in alto! Non sarà un comune mortale…Qualcosa di molto grande si sveglierà in lui…Ah!Ah!Ah!” 

 - Yoma, voglio averti sempre accanto… 

Il marito mandò giù uno spicchio enorme  d’acida tristezza.
Lasciò trascorrere qualche secondo…Doveva far scemare quel  silenzio…
Si concentrò su la risposta che stava per scandire.
 
No! Non poteva dirle una cosa simile, non ora che aveva ormai deciso di lasciarsi infestare da Mefistofele! Sarebbe stata un’autentica carognata!
Purtroppo era alle strette.

 - Ti amo, Partita.
 
“ Perdonami, Partita…Sono un demone di sventura.”
 

 
 
 
Giunse la vigilia di Natale. Era notte fonda.
Partita e Tenma dormivano.
 
Yoma indossò un  completo scuro.
Il nero si addiceva benissimo per quell’occasione! Quel grande evento!
Nero…nero...nero…In quante cose si può riscontrare  codesta tinta?Sotto il  palato d’una spelonca, nel sonno d’una stanza, nella cecità di occhi infranti, nella notte,  nella tomba.
Il nero non è  colore.
Assorbe luce e diventa splendente. Forse è per questo che si scambia per cromatura. Muta in un ‘essenza talmente scintillante da far scordare lo stomaco infinito del nulla.
Il giovane credeva in ciò mentre s’aggiustava la giacca screditandola dal consueto ruolo d’eleganza. Gli piaceva portarla alla bell’è meglio così come la camicia bianca che sbuffava fuori dai pantaloni.
Un papillon bordò rendeva l’insieme ironico e beffardo.
Mancava, però,  l’ultimo tocco per risultare perfetto!
Lo sceneggiatore  si mise sul capo una tuba tonalità inchiostro. Ora era pronto per inaugurare un’inedita stagione teatrale!
 
In silenzio abbandonò la propria dimora senza osare voltarsi indietro.
No.
Non doveva pensare a lei. Al bambino.
No.
Adesso era creditore. Creditore verso un mondo che l’aveva fustigato  a lungo e calpestato al pari d’un verme. 
 
Yoma, correndo alla maniera d’ un bambino pestifero, si allontanò dalle abitazioni della servitù.
Giunse in un cortile  dominato dall’enorme facciata d’ingresso del castello.
La neve stava invischiando quella notte. Una notte che non sarebbe stata sonnambula e congelata, eguale alle altre, ma avrebbe visto sporgere il cranio di un’aurora priva di sole.
 
“ E’questione di minuti, Yoma! Tra poco la madre della piccola Pandora partorirà…”
 

Ghignò rabbrividendo d’ entusiasmo. 
 
“ Sì…Partorirà il Signore degli Inferi! Il cuore di una nuova Guerra Sacra! “
 
Spiccando un balzo, si sollevò in aria lasciando schiudere le sue lunghe ali di fumo nero.
 
“ Perché lasciare il cosmo di Ade, qui? Non sarebbe abbastanza divertente…”
 

Svolazzò attorno alle guglie del palazzo danzando simile ad un giullare.
 
Già…non sarebbe divertente restare in disparte e assistere passivamente a questo spettacolo! Anche uno spettatore vuole partecipare! Anzi io sono lo spettatore principale! Desidero mescolare un po’ il copione per renderlo maggiormente appetitoso verso i miei raffinati gusti! “   
 
Ridendo,  con maligno infantilismo,  iniziò a cantare:

-     Brucio! Brucio! Brucio d’allegria!
      Ha preso a musicar il carillon della nemesi mia!
     
      Io, nero Mefistofele di sventura,
      spiego le vele della mia costellazione imperitura!
 
      O numi dell’Empireo, adiratevi!
      O numi dell'Empireo, demolitevi!
 
      Orsù! Provate a ghermirmi se vi riesce!
      Provate a ingabbiar il mio albor che cresce!
 

 
Yoma udì dei gemiti di dolore provenire da una delle stanze del castello.
 Appartenevano alla madre di Pandora.
 
L’inizio.
La svolta.
 
Il giovane, al settimo cielo, non vedeva l’ora di esplodere. Macchinare. Costruire.
Lo desiderava da una vita! Una vita respintagli da Crono. Il sovrano del Tempo. Il sommo bastardo!
Sì! Si sarebbe realizzato il suo progetto di giustizia, la sola che contava: la rivendicazione dall’oblio!
 
Doveva agire, però!  In pochi secondi! Pochi secondi  che non gli sarebbero stati più concessi.
Bisognava avviare la giostra!
 
Yoma, mutando in nube nera, si fiondò velocissimo contro la vetrata della stanza della partoriente.
Fu invisibile lampo.
La servitù, le ostetriche e Pandora videro soltanto le ampie finestre della camera spalancarsi e lasciare piombare un vento pesante e stranamente rovente.
Al termine di quell’alito  una scia annichilente .
La ragazzina, assieme alle altre donne,  restò sgomenta: la mamma giaceva morta senza nessun bambino.
 
Il suo ventre…vuoto.
 
Con gli occhi sgranati, la piccola franò per terra come una statua di ceramica.
 
In quel momento, per Yoma , le lacrime non contavano.
Se ne infischiava del pianto.
La vita aveva quella consistenza, punto e basta.
Era necessario farci l’abitudine e imparare a ridere.
 
Ridere è volare, folleggiare, uccidere qualunque rimorso.
 
Per questo egli  riprese a cantare  più infervorato di prima:
 
-  Brucio! Brucio! Brucio d’allegria!
   A danze teatranti ho dato il via!
 
   Io, nero Mefistofele di sventura,
   ammiro, del gioco mio, l’ombrosa impalcatura!
 
   Crono! Fratello reo!
   Ammira il palcoscenico che  creo!
 
   Ho tra le mani il cosmo del re dell'Averno,
   che possederà il tenebror come suo perno!
 

 
L’energia che sorreggeva Yoma tra le braccia era d’un incanto devastante.
Stentava a crederci di riuscire a controllare un  terribile timone come quello.
 
-      Niente ormai posso arrestar!
      Tutto in ordine non può restar!  
     
       L’acqua caduta dal vassoio non torna indietro!
       Una guerra con grida di rasoio frantumerà questa pace di vetro!
 

 
La neve cessò di piovere.
Le nubi adipose lasciarono intravedere, con flaccida sconfitta, un lembo di respiro.
Un disco argenteo.
Un plenilunio.
 
Mefistofele inspirò, con frizzante voluttà, quel bagliore che si destava.
 
Brucio!Brucio! Brucio d’allegria!
   Rido!Rido! Rido del tornado cremisi che s’avvia!
 
   Io, nero Mefistofele di sventura,
   ridurrò in macerie la vostra Eterea Altura!
 

 
Sghignazzando, fendendo il vento che gli dei gli scagliavano, si lanciò ancora più in alto.
Là dove la luna lo poteva osannare.
Là dove svanì , impudente, sotto lo sguardo disorientato dell'Olimpo.
 
 
Fu così  che lo spettro del Demonio accartocciò la pianta d’un orizzonte sereno.
Fu così che relegò , nell’abbandono, la moglie e il figlio in nome della Vendetta.
 
Lui non poteva dimenticare.
Lui non era mai stato in grado di depennare  quell’incubo che l’aveva reso per troppe ere un’ombra sconosciuta al mito e agli uomini.
In che modo annullare il furore di vedersi numero Due, un Due che più che Due era sempre stato   sputato come  Zero assoluto?!
 
Ah! Sicuramente adesso avrete da ribattere, no?
Suppongo  che starete dicendo : “ Bel bastardo Yoma! È inutile giustificarlo dopo che ha deciso di scaricare la propria famiglia e combinare un caos divino! “
 
Certo, certo! Cicalate pure i vostri moralismi!
Vi voglio proprio vedere sigillati nel buio come oggetti schifosamente inutili o come esseri che non sarebbero  mai dovuti nascere! 
 
Avanti! Chi  ha il coraggio di  narrarsi in terza persona? Non scorgo mani alzate!
Vi hanno amputato le braccia o semplicemente siete vigliacchi?
 
Io,  Yoma di Mefistofele ( o Kairos , come  pare a voi) ,  credo veramente di meritarmi un applauso!
Non lo fate? Beh, poco importa.
A distanza di così tanto tempo mi commuovo ancora per la mia bravura!
Sono geniale! Insomma, chi è mai riuscito a rubare il cosmo di Ade e a nasconderlo a Ipno  e Thanatos? Chi è che è mai riuscito a gabbare i  gemelli divini, spalle del Re dell'Oltretomba?
Vi rendete conto che né il Sonno e né la Morte mi hanno acciuffato?!
Trovai  , tra l’altro,  un essere umano dal cuore purissimo… L’incarnazione di Ade! Dopo aver girandolato a lungo, per l’Italia, finalmente  captai una grande anima!
Il mio trionfo si chiama Aron, un bimbo prodigio della pittura. Ora sta in un orfanotrofio con la  sorellina Sasha e…con mio figlio Tenma.
 
Ah!ah!ah! Incredibile! Ho incrociato ben tre destini! Tre! Quest’opera promette davvero bene!
Non ho, in fin dei conti, mollato la mia famiglia…Credevate che l’avrei lasciata? Oh, assolutamente no!
 
Vediamo un po’ di aprire il sipario sul mio bambino e sui suoi amichetti…
 
Che bella e spensierata giornata di sole! Sembrano felici! L’edificio che li ha accolti non è una squallida prigione! Vedo tanti alberi vestiti di foglie e uccelli, un cielo più azzurro della Via Lattea!
Che  carina la piccola Sasha! Sta costruendo dei braccialetti con dei steli di fiori per i suoi compagni…Vuole sigillare la loro amicizia.
Poveretta!
Ah!ah!ah! Non sa che in lei si risveglierà Atena! Non sa che  Aron sarà Ade! Non sa che Tenma diverrà  acerrimo nemico del fratello!
Accidenti! Dovrò pazientare  un po’ di annetti prima di vederli piroettare sullo splendido motivo marmoreo  da me scolpito!
 
 Tenma… Tenma… Figlioletto mio! Mi somigli assai! Siamo due gocce d’acqua…
Eh, sì…Dentro di te c’è  Mefistofele, c’è  la mia vendetta…
Goditi questi ameni istanti con Sasha ed Aron…soprattutto con lui. Con lui che dovrà donare le sue membra e il suo spirito intonsi all’Oscurità in persona. Ahimè,  è tristemente bizzarro tale destino ma persino le foreste più nefaste  germogliano  da suoli immacolati e freschi. Un fiume sgorga da un fonte illibata per poi corrompersi durante il suo tragitto.
Divertiti, Tenma, divertiti ora che puoi!
 
Giocate, cari mocciosi! Sarete il trittico pregiato della mia composizione! Ricordatevi che prima del Tre vi è il Due, o meglio,  io. Io che vi guardo dall’alto di questi spalti invisibili…
 
Pegasus…So che non mi deluderai! Hai inciso sulle tue stelle un destino di deicida!  Chissà cosa penserebbe la mamma adesso…Già…tua madre…mia moglie.
 
Partita.
 
È da molto che sono vedovo, che sono solo Uno…
 
Oh, cara! Guarda cosa ho ancora nella tasca della mia giacca: una ciocca dei tuoi capelli…Me la  presi dopo che Pandora, l’amichetta che tanto ti voleva bene, ti fece uccidere dagli specter dell'Armata Infernale…
Che sciagurata ragazzetta! Credé fossi stata tu a ghermire l’anima di Ade e così ti diede  la caccia per molto tempo! Certo che fa un po’ pena costei… Costretta ad essere la marionetta di  Ipno e Thanatos ,  guidare l’Esercito degli Inferi e a cercare il surrogato del fratellino che non ha mai avuto! Oh,  ma la cosa più terribile è che ti fece  morire…
 
Mi ricordo quando ti trovai rannicchiata, inerme, sul terreno di quella foresta…Eri sporca di polvere, lividi, sangue…Un pesante abito, una lunga giacca ed uno scialle sudici furono il tuo sudario…Parevi una mendicante…La fatica ti aveva detenuto nella sua polvere…Tuttavia…devo ammettere che , sotto quel manto ruvido ,  eri rimasta stranamente bella. Ti vidi  atterrita, sconfitta e malgrado ciò avevi  mantenuto intatta quella leggiadria di cui mi innamorai…
Beh, in fondo facevo un pochino sul serio con te. Disgraziatamente non impedii  la tua caduta… La mia sceneggiatura si sarebbe guastata!
Almeno mi sono portato via Tenma e l’ho lasciato con due simpatici bimbetti! Su! Per questo mi ringrazierai!
Peccato che tu adesso taccia!
 
Oh! Il vento sta soffiando…
La tua ciocca di capelli traballa sofficemente…
Dischiudo le mie dita…
Ti lascio sfogliare via…
 
Eccoti. Ondeggi, serpeggi, volteggi. Mi dispiace, tesoro…Adesso  non verrò a riprenderti…
Continua ad allontanarti….
Il tuo crine è un fumo liquido,   un raggio di profumo che si discioglie in questo mare d’aria…Mi pare che i tuoi occhi mi afferrino ancora…
Non danzare errabonda e perduta. Sii più luminosa, moglie mia!
Vedrai che ti prenderò ancora per mano come quando passeggiavamo o come quando ci sposammo…Salirai  sul palcoscenico che sto ergendo.
Ballerai con Tenma e io, dalla platea, starò a rimirarvi e a ridere.
 
A ridere contro l’Empireo.
A ridere contro il ghiacciaio della dimenticanza.
A ridere contro il buio che macera l’anelo e il sangue in lacrime di vuoto.
 
 
 
 
 
Note personali: ciao a tutti! ^^ Sono riuscita a concludere questa one-shot un giorno prima della data di scadenza del concorso! XD
Il titolo è in greco e significa, ovviamente, “ Demone di sventura” …
Ho scelto Yoma di Mefistofele come protagonista poiché è uno dei personaggi di Lost Canvas che mi ha affascinato maggiormente. È strambo, teatrale, ambiguo, spregiudicato…eppure cela un animo che ha sofferto nell’Oblio.
All’inizio, infatti, ho descritto (  mi sono immaginata) la parte in cui viene esiliato dal mondo degli dei per mano di Crono. Ho inserito alcuni elementi del mito greco per congiungerli  alla serie del manga…mi auguro che abbiate gradito! ^^ Spero di aver delineato il più fedelmente possibile Yoma con i suoi tormenti e affetti…( questa storia mi ha disintegrata abbastanza XD )
Un saluto!^^   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
    
 
 
   
 
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