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Autore: Il circolo di Aro    30/11/2012    10 recensioni
Bill stava sfogliando rapidamente il plico di fogli sotto lo sguardo ansioso di Melissa. Di tanto in tanto si soffermava su una pagina, inarcava un sopraciglio e poi passava avanti borbottando un uhm per niente rassicurante. Gli uhm di Bill erano come i sorrisi affabili di Aro: non portavano mai nulla di buono.
[Attenzione! Spoiler del film "Breaking Dawn Parte Uno e Due". Fanghèrl avvisata, mezza salvata!]
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Gianna
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Attenzione! Spoiler del film "Breaking Dawn Parte Due". Fanghèrl avvisata, mezza salvata!



Condom





Okay, Melissa. Puoi farcela. Puoi. Farcela. Prendi un bel respiro e fatti valere.
Si fece largo a fatica in mezzo alla calca di truccatori, costumisti, assistenti e attori che correvano di qua e di là, da una parte e l’altra della stanza, fin quanto non trovò Bill in compagnia di Jean. Entrambi le davano le spalle e avevano assunto una posa plastica pensierosa di fronte a un confuso Omar Metwally.
Picchiettò sulla schiena del regista. «Bill, posso parlarti?».
«Oh, Melissa!». Bill si voltò e la prese sotto braccio. «Giusto te cercavo. Dimmi cosa ne pensi. Abbiamo bisogno di un parere oggettivo».
Melissa guardò Omar, che guardò Jean, che guardò Bill, che guardò Melissa. «Riguardo a…?».
«Al trucco, naturalmente», rispose Jean. «Stiamo facendo le prove».
«Be’…». Non sapendo cosa dire, Melissa guardò Bill, che guardò Jean, che guardò Omar, che guardò Melissa. Alla fine lei decise di essere sincera. «Penso che la gente si chiederà che cosa ci faccia Tony Stark in mezzo a un branco di vampiri e che fine abbia fatto il vero Amun».
Jean sgranò gli occhi. Omar farfugliò un “lo avevo detto, io”. Bill scoppiò a ridere.
«Melissa, sei uno spasso. Ho sempre apprezzato il tuo senso dell’umorismo».
Lei fece per ribattere, ma qualcuno la precedette.
«Bill!». Dalla folla era appena emersa Susan. Aveva un metro da sarta intorno al collo, un puntaspilli in mano ed era seguita da Judith Shekoni e Tracey Heggins vestite da novelle Pocahontas. «Sono abbastanza “amazzonici” i loro costumi, adesso?».
Bill squittì di gioia e applaudì entusiasta. «Sono per-fe-tti! Ottimo lavoro».
Melissa lanciò un’occhiata perplessa alla frangetta di Judith. Da quando nella foresta amazzonica esistevano le Hair Stylists? Lavoravano a domicilio o avevano un negozio di parrucchiere sugli alberi? Per un breve istante considerò l’idea di farlo notare a Bill, poi si accorse di come gli brillavano gli occhi, un bimbo nel paese dei balocchi, e non ebbe il coraggio di rovinargli il giochino. Senza contare che lei era lì per un altro motivo.
«Bill, ascolta, ho bisogno di…».
Non riuscì a completare la frase, perché nella stanza accanto esplose un concerto di… vagiti? Bill si guardava intorno e dalla sua espressione Melissa capì che era sorpreso almeno quanto lei.
«Che cos’è questo baccano? Travor? Dove si è cacciato quel perdigiorno del mio assistente?».
Un aitante bell’imbusto biondo apparve come evocato dalle lamentele di Bill.
«Eccomi, signor Condom».
Melissa nascose l’attacco di ridarella dietro la cartelletta. Bill invece diede mostra di un invidiabile autocontrollo, sebbene la vena pulsante sulla sua fronte non promettesse nulla di buono.
«Condon, Travor. Mi chiamo Condon. Con la n. Quante volte devo ripeterlo?». La voce di Bill riusciva a mala pena a imporsi sui lamenti e sugli strilli di quelli che sembravano bambini poco più che neonati. «In ogni caso, sapresti dirmi perché, all’improvviso, ho l’impressione di trovarmi nel bel mezzo di un asilo nido?».
«Il casting per la Renesmee neonata, Signor Con… don. Di là ci sono le candidate con le loro mamme. Le bambine erano tranquille, stavamo aspettando lei per iniziare, signore, quando…».
Travor abbassò lo sguardo, improvvisamente a disagio.
Bill inarcò un sopracciglio. «Quando, cosa? Avanti, avanti, non abbiamo tempo da perdere qui».
«Quando è passato Noel Fisher truccato da Vladimir e si sono spaventate. Stanno cercando di calmarle, ma è un effetto domino: se piange una, ricominciano anche le altre».
Bill si massaggiò le tempie e sospirò pesantemente. Poi, con lo sguardo risoluto di chi sta andando in guerra, si diresse a passo di marcia verso la sala dedicata al casting delle bambine. Melissa e Travor lo seguivano preoccupati. Spalancata la porta, vennero investiti da un’onda anomala di urla e pianti: una ventina di bambine dalle guanciotte rosse di rabbia scalciavano in braccio alle loro mamme.
«Un attimo di attenzione, prego!», urlò Bill. Venti paia di occhi si posarono su di lui. «Le selezioni sono terminate. Abbiamo trovato la bimba giusta per questo ruolo. Potete tornare a casa, grazie per essere intervenute».
Un coro di “cosa?”, “come?”, “è inaudito!”, “sono ore che aspettiamo qui!” proruppe nella stanza, trasformando l’onda anomala di urla in un vero e proprio tsunami. Bill pose fine alle loro rimostranze chiudendosi la porta alle spalle. Melissa e Travor si scambiarono un’occhiata allibita.
«Bill, è vero? Hai trovato la bambina? Quando? Dove? Chi è?».
«Non dire sciocchezze, Melissa».
Travor sussultò. «Ma allora…».
Bill agitò la mano come per scacciare una mosca fastidiosa. «La faremo in computer grafica».
Melissa impallidì. «Non puoi parlare seriamente».
«Certo che sì, Melissa! Questo non è un asilo, è il set di un film: hai una vaga idea di quante ore perderemmo per girare una sola sequenza con una bambina vera? Senza contare che i lamenti dei neonati mi fanno venire il mal di testa».
«Sì, ma…».
Bill la zittì agitando il dito indice davanti alla sua faccia.
«No no no. Se la tua prossima argomentazione comprende parole come “qualità”, “credibilità” e “verosimiglianza”, puoi risparmiare il fiato. E poi i bambini sono tutti uguali, perché perdere tempo con un’inutile selezione, quando possiamo far disegnare il poppante che fa per noi ai tizi che hanno creato i lupi mannari?».
«Mutaforma», lo corresse Melissa.
«Quello che è. Travor, ci pensi tu a informare i grafici?».
«Sì, signor Condom».
«Il mio nome è CONDON!».



Melissa aveva offerto un caffè a Bill, con la scusa che secondo lei sembrava averne un gran bisogno. In realtà sperava che la caffeina lo mettesse nella predisposizione mentale giusta per ascoltare.
«Dio benedica l’inventore del caffè!».
«Amen, fratello». Mentre lui sorseggiava la bevanda a occhi chiusi, con un’espressione beata sul viso, Melissa lo spiava di sottecchi. Ora o mai più, si disse. «Bill, dobbiamo parlare della sceneggiatura».
Lui mandò giù l’ultimo sorso di caffè, buttò il bicchiere di carta nel contenitore della spazzatura, poi consultò l’ora sul suo orologio da polso. «Non capisco cosa ci sia da parlare, ma ho dieci minuti liberi, quindi…». Allargò le braccia in segno di resa. «Parliamo».
Melissa non se lo fece ripetere due volte.
«Come ti sei permesso di cambiare la mia sceneggiatura?», lo aggredì, prima di rendersi conto che un po’ di diplomazia non avrebbe nuociuto alla causa. «Abbiamo sempre deciso insieme, discusso di ogni minimo particolare. Mi sono mai lamentata delle modifiche che mi chiedevi di apportare? Se il copione non ti convinceva, bastava dirlo. Avremmo raggiunto un accordo insieme. Era davvero necessario agire a mia insaputa? Ho scoperto tutto perché Kirsten è venuta a complimentarsi con me: dice di essere elettrizzata all’idea di prendere a calci la gente. Bella Swan che prende a calci la gente, Bill? Ti rendi conto? Ma a parte questo, secondo te una professionista del mio calibro si merita un trattamento simile? Rispondimi, Bill».
Melissa aveva il fiatone. Ecco, ora che aveva vuotato il sacco si sentiva molto meglio.
«Dovevamo aggiungere un po’ di azione, lo sai anche tu. Ed eri d’accordo con me quando dicevo che il finale tarallucci e vino del libro faceva cagare, oppure hai cambiato idea? Credimi, te lo avrei detto, non volevo che lo scoprissi così, mi dispiace. E poi…». Bill si guardò intorno, con aria guardinga e cospiratrice. Erano nel suo camper, di cosa aveva paura? Delle microspie? «Non sono stato io a scrivere la scena della battaglia».
Melissa incrociò le braccia sotto il seno. «Credi che io sia stupida?».
Bill scosse la testa. «Ti ricordi della scena dei titoli di coda in Breaking Dawn Parte Uno?».
Le labbra di Melissa si schiusero in una o di meraviglia. Bill annuì, tutto sorridente.
«Esatto, mia cara. La prima volta è andata bene, no? Perché non dovremmo fidarci del nostro anonimo benefattore? Io dico che la scena funziona e che con questo film faremo soldi a palate».
Melissa si accasciò sulla prima sedia libera che vide. Le girava la testa.
«Bill, questo film venderebbe anche se facessimo recitare dei burattini di legno al posto degli attori e dei pupazzi di pezza al posto dei lupi».
Bill fece spallucce. «Lo so benissimo. La mia domanda è: se lo sai anche tu, perché ne stiamo ancora parlando?».
«Perché su quella sceneggiatura c’è il mio nome. La scena della battaglia non funziona affatto come sostieni tu, è tutta sbagliata. Non voglio che la gente mi dia dell’incompetente. Non ci sto!».
Bill si massaggiò l’attaccatura del naso. Poi prese una sedia e si sedette davanti a Melissa. «Okay. Spiegami cosa secondo te non va bene e vedremo di sistemarla».
Il cuore di Melissa si riempì di speranza. Con mani tremanti, aprì la cartelletta che aveva portato con sé e ne tirò fuori il foglio sul quale aveva segnato i punti che le stavano più a cuore.
«Tanto per cominciare Alice non potrebbe avere delle visioni con i lupi e Renesmee in giro. Non potrebbe vedere il futuro rose e fiori di Jacob e Nessie, figuriamoci una battaglia intera con i lupi che saltano di qua e di là».
Melissa e Bill si scrutarono a vicenda, intensamente, in silenzio, per pochi istanti, che però a lei parvero infiniti. Poi Bill inarcò un sopracciglio. «Tutto qua?».
Il foglio degli appunti cadde per terra senza che Melissa se ne accorgesse davvero.
«Bill, ti sto dicendo che tutta la scena della battaglia è basata su un presupposto sbagliato, e tu non batti ciglio?».
Bill scattò in piedi. «Ma chi se ne frega, Melissa! Pensi davvero che la gente faccia caso a simili dettagli?».
Melissa scattò in piedi, a sua volta. «Non è solo questo. I Volturi… loro…».
«Sono vampiri potentissimi, millenari, che ammazzano la gente per professione, non potrebbero farsi battere da un gruppo di hippie pacifisti e bla bla bla bla». Bill scosse la testa per poi rivolgere a Melissa un’occhiata esasperata. «Lo so, lo so, lo so. Lo. So. Me lo hai ripetuto un milione di volte in fase di progettazione. Il punto è che non mi importa».
«E come la metti con Chelsea e con Renata, eh?».
Bill si prese il viso tra le mani per la frustrazione. «Chi diavolo sono Chelsea e Renata?». Melissa fece per spiegarglielo, ma lui la bloccò prima che potesse aprire bocca. «Era una domanda retorica!».
«No, aspetta. Ragioniamo, Bill». Melissa prese una copia del copione e la sfogliò fin quando non trovò il passaggio che le interessava. Glielo mise sotto il naso e lo indicò ripetutamente. «Qui dice che Bella sta ferma in mezzo al campo di battaglia e usa il suo potere solo su una persona alla volta. Adesso mi spieghi perché, nel frattempo, Alec non narcotizza tutti gli altri? E dov’è Felix? Perché non stacca la testa a Bella mentre lei è distratta? Demetri, invece, è un segugio potentissimo, dovrebbe inseguire lui Jacob e Nessie. I Volturi collezionano gente con poteri speciali da secoli e noi in questa battaglia ne facciamo vedere solo due. E poi, mi spieghi come è possibile che un’intera guardia di soldati super addestrati combatta senza un minimo di strategia? E Caius? E Aro? Non possono morire per mano di due idioti che…».
«Adesso basta, Melissa».
«Bill, non ho intenzione di…».
«Ho. Detto. Basta». Bill la sfidò con lo sguardo a insistere. Quando fu sicuro che lei non avrebbe continuato a protestare, aggiunse: «Dirò che è stata una mia idea. Così la gente darà la colpa a me, se è questo che ti preoccupa. Ma fidati, Melissa, alla persone, queste cose, non importano minimamente. Loro vogliono solo Edward e Bella che “vissero felici e contenti”. Nient’altro. Per quanto mi riguarda, la questione è chiusa. Torna a leggere fanfiction sui tuoi adorati Volturi e lasciami lavorare, okay?».
Melissa avrebbe voluto sputargli in un occhio. «Sì, signor Condom».



Volterra, 15 Novembre 2012


Caius apparve sulla soglia del suo studio, tetro in volto. Aro pensò che la morte aveva sicuramente quello sguardo, quando vagava per il mondo in cerca di anime da mietere.
«Sono in partenza», disse Caius. «Vado a chiudere un piccolo conto in sospeso. Porto Demetri e Felix con me».
«Alquanto scarso il preavviso, non trovi?».
Caius piantò i pugni sulla scrivania, lasciando due solchi concavi nel legno scuro.
«Non ti stavo chiedendo il permesso».
Aro sorrise affabile. «Quello è mogano, lo sai?».
«Fanculo il mogano, non mi impedirai di ammazzare quell’umano».
Aro chiuse il vecchio tomo che stava consultando e incrociò le dita sotto il mento.
«Non sto cercando di importi il mio veto, fratello. Ma, ahimè, abbiamo preso altri impegni. Rammenti? Credo sarebbe quanto meno scortese far attendere ulteriormente i nostri…», minò le virgolette con le dita, «…ospiti».
«Tre giorni saranno più che sufficienti per quello che devo fare, guarda tu stesso».
Caius gli porse la mano da sopra la scrivania. Nel sondare la mente del fratello, Aro sfoderò un’espressione costernata.
«Oh, Caius. Torturare il signor Condon non ci restituirà l’autorità perduta».
Caius sbuffò. «Farà stare meglio me, però».
«E se ti dicessi che non è stato lui a ideare la scena incriminata?».
Caius aggrottò la fronte, poi sgranò gli occhi. Sei stato tu? La rabbia fu un ruggito che esplose all’improvviso nella sua mente e fece vibrare quella di Aro. Caius interruppe il contatto fisico e prese a camminare avanti e indietro per la stanza.
«Perché avresti dovuto farlo? Non ha alcun senso!», sbraitò, gesticolando nervosamente. Aro seguiva con un sorriso sornione il suo andirivieni. «Per colpa tua, il mondo dei vampiri ci ride dietro, te ne rendi conto?».
«Certo che sì».
«Ci ritiene superati, ormai».
«La parola esatta è… surclassati».
«Ci considera deboli».
«E incapaci…».
«…di combattere!».
Aro annuì. «È quello che spero».
«Tutto per un tuo stupido…». Caius si bloccò. Si voltò verso di lui, lentamente. «Cosa hai detto?».
Aro andò incontro al fratello, senza riuscire a smettere di sorridere. «Sai chi altro penserà tutto questo di noi?», chiese, poggiando entrambe le mani sulle spalle del fratello e fissandolo dritto negli occhi.
Caius scosse la testa.
«I Rumeni», spiegò. «Sì, Caius. In questo momento Vladimir e Stefan stanno ridendo di noi, si pavoneggiano con i loro sudditi e ci ritengono deboli. In poche parole, ci stanno sottovalutando». Gli occhi di Caius scintillarono di rosso. Aro conosceva bene quel luccichio: era la brama del possente generale che non vedeva l’ora di tornare a combattere. «Li coglieremo alla sprovvista. Li schiacceremo come insetti. Dimostreremo al mondo che solo due disperati derelitti potevano dar credito a un film di quinta categoria. E una volta restituiti Vladimir e Stefan alla polvere, nessun vampiro metterà più in dubbio la nostra autorità. Nessuno oserà mai più sfidarci».
Caius tentò di mostrarsi offeso, ma alla fine cedette e scoppiò a ridere.
«Ebbene, suppongo che il signor Condom dovrà aspettare».







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Nota di vannagio:

Si fa per ridere, ragazze. E per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
A presto, vannagio
   
 
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