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Autore: Ruta    30/11/2012    2 recensioni
Heiji ha poche incrollabili convinzioni. Una di queste è che per quanto rompiscatole e impicciona, Kazuha sia l’unica che lui potrebbe mai lasciarsi convincere a sopportare a vita. Un’altra è che per quanto difficile possa apparire, tutta quella faccenda dovrà avere un lieto fine. È l’unico pensiero che gli renda tollerabile assistere agli eterni siparietti che Shinichi è costretto a subire, a cui spesso volontariamente si sottopone.
Una terza, infine, è che a dispetto della lontananza – balle - , dell’assenza – balle -, della separazione forzata non ci siano ai suoi occhi due persone più unite di Kudo e Mori e paradossalmente anche di più sincere.
- A volte non so chi dei due mi faccia più pena, - mugugna contro il palmo della mano. Se lui, che è costretto a mentirle ogni giorno e a vederla soffrire senza poterle dire la verità, o lei, che darebbe qualsiasi cosa pur di sentirlo vicino e non sa di averlo accanto a sé in ogni momento.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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andrà

Prompt: Detective Conan, Ran, "Certe volte tutto questo mi fa paura"
Titolo: Andrà tutto bene
Autore:  Ruta
Wordcount: 4480 circa
Rating: giallo
Avvertimenti: One-shot
Note dell’autore: Non so cosa dire per spiegarmi tranne che esistono momenti e occasioni in cui le parole diventano tanto prepotenti nella mente che non si può fare altro che cacciarle a forza da lì e metterle su carta.
 Ecco, è più o meno quel che è successo a me. Non so se il risultato sia quantomeno decente, ma so una cosa – e per me tanto basta - e cioè che hanno smesso di infastidirmi. Probabilmente i personaggi sono OOC, tutto è confusionario ed è una danza frenetica per quanto riguarda i punti di vista, ma volevo scrivere qualcosa su di loro da una vita e ora che l’ho fatto, che finalmente sono riuscita, non so che pensarne xD
È uscita così, di getto, quindi perdonate eventuali errori; è da un po’ che non rileggo i volumetti ;)

 

 

 

 

 

 

Andrà tutto bene

 

 

 

 

 

 

Ieri

 

 

Alla luce fioca e giallognola dei lampioni, il profilo di Conan è adombrato da mille paure che assumono le parvenze di graffi dai contorni ocra.
Le guance piene lo marchiano come il bambino che appare, ma lo sguardo penetrante e l’espressione languida con cui osserva il riflesso della luna nel laghetto di fronte a lui lo fanno assomigliare al ragazzo che nella realtà è.
Sono gli occhi malinconici nella decisione di Shinichi quelli che lo scrutano come se volessero leggergli nel profondo e carpirgli i pensieri, ma è il capo di Conan quello che si è voltato di scatto al rumore attutito dei suoi passi, sulla ghiaia del sentiero tracciato.
E sono entrambi, i volti di Conan e Shinichi insieme, a fissarlo, sovrapponendosi l’uno sull’altro in un gioco perfetto di squilibri imprecisi. Adulto e bambino si divertono a rincorrersi e chissà quale dei due sarà il vincitore di quella gara infinita? Alla fine Peter Pan sconfisse la propria ombra? Sì, ma lo fece grazie all’aiuto di Wendy che gliela rammendò addosso con l’amore disinteressato di una madre e quello spontaneo di una bambina, il sorriso maturo e appena consapevole dei desideri nascosti del cuore, quelli velati dietro le note dolci di un canto narrato e già perso dietro di sé.
Wendy non era un angelo però e Peter aveva scelto liberamente di rimanere nello stallo di quell’infanzia eternamente rubata. Era imprigionato nel corpo di un bambino, ma era stato lui stesso a volerlo, a deciderlo nel momento in cui aveva posato lo sguardo su Campanellino.
- Andrà bene. - La sicurezza nella voce di Heiji fa sorridere appena Conan, che piega le labbra in una smorfia agrodolce, compatimento che non sa bene neppure lui se sia rivolto a se stesso che si è sentito rincuorato da quell’affermazione semplicistica o all’ottimismo così ottuso dell’amico.
- Le ragazze e i tuoi genitori saranno al sicuro e il piano è perfetto. -

Non c’è nulla di cui preoccuparsi, andrà tutto bene, tutto bene… Pare che quel sussurro silente tra loro voglia appianare l’aria tesa che sente vibrare intorno a sé, peraltro senza riuscirci affatto e fallendo miseramente. 
Conan scuote la testa piano, come a scrollarsi di dosso qualche spirito malevolo che gli infesta i pensieri. – E’ proprio questo il problema. Al mondo non esiste nulla di perfetto, solo la boria di noi detective. - La superbia di allungarsi a sfiorare con le dita il sole prima di cadere nel vuoto, le ali che hanno condotto lì sciolte come lacrime di cera e piume.
Heiji lo osserva poggiare il mento sul palmo della mano chiusa, socchiudere gli occhi all’orizzonte della notte e sorridere con quella mestizia che gli è propria ad un ricordo lontano che si è affacciato con prepotenza alla finestra aperta della sua mente. Non è da Shinichi perdersi nel passato, ma Conan, che è il suo alter-ego e insieme ha qualcosa che non lui ha mai posseduto prima, vive di memorie trafugate - ricordi che non gli appartengono, non ha vissuto in prima persona - e non può fare a meno di perdersi nell’inutilità del piacevole frugare tra esse di quando in quando, come alla ricerca di chissà quali verità nascoste. Conan ha dalla sua la sicurezza della forza dell’amore di Ran che a Shinichi – se lo dicano pure chiaramente, guardandosi negli occhi - fa comodo fingere e affermare di non conoscere, un aspetto timidamente infantile che limita l’approcciarsi di chiunque voglia osservare con maggior cura cosa nasconde quel bambino che bambino non è; ma soprattutto ha da sé la menzogna. Conan ha vinto laddove Shinichi ha sempre fallito e l’ha fatto con tale maestria che Heiji a volte pensa che Shinichi arrossisca tra sé per essere stato battuto da un pivello, anche se il pivello in questione è il fanciullino che gli alberga dentro e possiede il suo cuore in un aspetto nuovo e familiarmente diverso.
Conan mente, ogni giorno, ogni momento ed è tanto bravo che perfino a lui in alcune occasioni capita di dimenticare di trovarsi alle prese con un collega e non con uno studentello delle elementari.
Ma ora, in questo istante in cui tutto appare immobile, in una staticità tesa come la corda di un violino e in cui perfino l’acqua stagnante a poca distanza dai loro piedi appare ferma come una lastra di carta trasparente, ora Shinichi ha gettato via la maschera. E il suo viso è così vivo e diverso da quello a cui lui si è abituato con la forza di chi si è visto rifiutare la verità, così disteso, vivido e reale nella preoccupazione che gli solca la fronte, con lo sguardo e le labbra serrate in una smorfia di disapprovazione al cielo, che Heiji non riesce a distogliere gli occhi. C’è una bolla d’aria sottile come un alito di vento e il soffio tremulo che accompagna i respiri monchi di Shinichi. E lui lo sa, lo sente con la precisione di un prestigiatore, cosa gli dirà a breve, quasi tra quei sospiri lui avesse letto i trafiletti dei pensieri che gli si affollano tra le pareti del cranio.
- Ti prenderai cura di Ran, Hattori. –
C’è il se, il ma, ogni però che possa annullare la tranquillità pacata che fa di lui il miglior detective che abbia incontrato in vita sua, quella paura non rivolta a sé che lo costringe a comportarsi come fa, ad assumere quelle pose tragiche da eroe drammatico e dire quelle cose che, lo capisce, se non fosse com’è e come non è, non troverebbero voce neanche alla fine del gioco.
Hattori annuisce, non può fare altro neppure lui ora come ora, perché non sarebbe giusto e tutta un’altra serie di motivi che non ha voglia di sviscerare, ma soprattutto perché sì, vuole rassicurarlo nel solo modo che davvero potrebbe annullare il battito nervoso del cuore che gli riempie le orecchie, il solo che Shinichi gli permetta.
- Certo. - Tutto quello che vuoi, vorrebbe aggiungere, ma sta zitto. Godiamoci la luna e tacciamo, è la sua speranza.               
- Anche tu, - dice però e Conan, incredibile come lui e l’altro si scambino tra loro, la destrezza e la velocità con cui si susseguono su quel viso giovane improntato di riflessioni mature, fa sì col capo ancora riverso, le mani così piccole che affondano disperate nella terra e nell’erba bagnata di rugiada, quasi cercassero un appiglio per non affondare in quello strato così fitto di nubi che lo circonda.
Non ha nominato Kazuha, non ce l’ha fatta a dire il suo nome. Sarebbe stato come rompere quell’attimo unico e magico di realtà mai confessate, dove ogni bugia sta mostrando la verità di fondo che la rende meno meschina per chi si è tanto affannato a costruirla.
Ma Shinichi ce l’fatta. Sì solo perché è diverso, forte in un modo che lui non potrà mai neppure illudersi di diventare. Mentire a chi si ama è un conto, ma a se stessi… come si può farlo col sorriso sulle labbra?
- Andrà bene. –
Questa volta è Shinichi a dirlo, anche se Heiji crede nel profondo sia stato Conan. È a Conan che crede, proprio Conan che mente, che è nato e cresciuto nella menzogna, lo stesso Conan che vincerà con le sue bugie calcolate, ma è a Shinichi che concede il suo abbraccio, senza avere il coraggio di guardarlo. È a Shinichi che sussurra come un saluto portafortuna: - Banzai, amico. -        

 

 
*

 

Ieri

 

Heiji ha poche incrollabili convinzioni. Una di queste è che per quanto rompiscatole e impicciona, Kazuha sia l’unica che lui potrebbe mai lasciarsi convincere a sopportare a vita. Un’altra è che per quanto difficile possa apparire, tutta quella faccenda dovrà avere un lieto fine. È l’unico pensiero che gli renda tollerabile assistere agli eterni siparietti che Shinichi è costretto a subire, a cui spesso volontariamente si sottopone.
Una terza, infine, è che a dispetto della lontananza – balle - , dell’assenza – balle -, della separazione forzata non ci siano ai suoi occhi due persone più unite di Kudo e Mori e paradossalmente anche di più sincere.
- A volte non so chi dei due mi faccia più pena, - mugugna contro il palmo della mano. Se lui, che è costretto a mentirle ogni giorno e a vederla soffrire senza poterle dire la verità, o lei, che darebbe qualsiasi cosa pur di sentirlo vicino e non sa di averlo accanto a sé in ogni momento. Dio, che situazione assurda!

 
Kazuha al suo fianco l’ha sentito sospirare. Solitamente gli scoccherebbe un’occhiata irritata e gli tirerebbe l’orecchio. Questa volta, però, la sua espressione più che il sospiro sembra trattenerla.
Fuori il finestrino dello Shinkansen il paesaggio scorre veloce. Troppo veloce. I campi sono sfilacci di verde confuso, solo il cielo rimane una massa azzurro polvere incontrastata sopra la linea frastagliata dell’orizzonte. 
- Senti Heiji… - lo chiama piano, quasi soffiando. Lui, concentrato com’è, non la sente.
- Heiji, - lo richiama una seconda volta. – Heiji! – urla, tirandolo per la manica del giubbotto.
Finalmente lo vede riscuotersi. - Che vuoi? – sbotta, scocciato.
A cosa pensavi? Vorrei saperlo, vorrei che ti confidassi. Irritata, Kazuha fa una faccia indispettita. – Che andiamo a fare a Tokyo? – domanda.
- Perché dovrei dirtelo? –
- Perché… oh, insomma! Se è per un caso voglio saperlo già adesso! Non mi và di… - una volta tanto si trova a corto di parole. Come dovrebbe finire? Non mi và di… già, cosa di preciso non le và di quella situazione? Che lui abbia preteso che lo accompagnasse a Tokyo usando come scusa il fatto che Ran abbia chiesto di lei – il ché è una bugia, cosa di cui è sicurissima dal momento che si è affrettata a chiamarla lei stessa per accertarsi che tutto andasse bene -, o che le abbia mentito una volta di più?

Essere lasciata indietro. È quella la verità. No, neppure quella.
Non è essere lasciata indietro il problema, è essere tenuta all’oscuro, protetta come una bambola.
Non è questo che lei vuole da Heiji. Non è quello il tipo di rapporto che…
- Ehiii, - Heiji le picchietta l’indice sulla fronte facendola sobbalzare. Ha gli occhi seri e concentrati sul suo viso, la fissa pensieroso. – Almeno finisci una frase quando la inizi, no? -
Kazuha annuisce, in silenzio. Heiji se possibile si acciglia ancora di più. - Sei strana, – dichiara e nel suo tono Kazuha può notare quasi preoccupazione. D’un tratto, però, diventa nervosismo. – Quando saremo arrivati a Tokyo ho un favore da chiederti. È qualcosa che puoi fare solo tu e ho bisogno che tu me lo prometta. Mi fido solo di te, Kazuha. –
È dannatamente serio mentre lo dice. Kazuha deglutisce, vietandosi di arrossire. – D’accordo. Te lo prometto. –

 

 
*

Oggi

  

 

È ridicolo che sia costretto a fare quello. Peggio, è semplicemente assurdo.
Perché tra tutti proprio lui deve convincere Ran ad andare? Dovrebbe esserci Shinichi lì, non lui.
E sarebbe stato così se non fosse stato a causa delle circostanze. Nel particolare, dell’ennesimo omicidio. Odia interpretare quel ruolo, la parte del sostituto. Vorrebbe scusarsi, ma di cosa? Non è colpa di nessuno o forse sì, ma come si può incolpare qualcuno che non fa altro che accusarsi da solo?
Ribadiscono quel pensiero e anzi lo confermano le parole di Ran, anche se sono rivolte alla persona sbagliata: - Io non ti odio Hattori-kun. Come potrei? Sei quanto di più vicino ad un fratello Shinichi abbia mai avuto, eppure questo non mi vieta, non riesce ad impedirmi di invidiarti con tutta me stessa. Sono gelosa di te, delle confidenze che Shinichi ti rivolge, del sostegno che cerca chiamandoti e della fiducia che ripone nel tuo giudizio, delle bugie che so che a te non racconterebbe mai, ma che a me non può evitare di dire. –
La voce di Ran è rotta e ridotta ad un sussurro basso. Ha gli occhi lucidi ed enormi, le guance pallide. 
- Non sono stupida, so che fa tutto questo per proteggermi da Dio solo sa cosa. Alcune volte penso che sarebbe perfino disposto a farsi odiare pur di non farmi correre alcun rischio.  Ammetto che sia stata ad un passo dal detestarlo davvero per questo suo comportamento. Sono ridicola, vero? – Con una risatina nervosa, Heiji la vede scuotere la testa e coprirsi la bocca con la mano che le trema un poco. Vorrebbe dire qualcosa, consolarla, mentire, ma tace, impotente. È così che si sente lui ogni volta? È orribile.
- Shinichi è lì fuori, chissà dove a rischiare la vita per un caso che lo costringe a mentirmi e io non riesco a fare altro che non sia pensare che sarei disposta a tutto pur di essere con lui, anche rischiare la vita che lui cerca con tutto se stesso di regalarmi. Ma se lo avessi qui, se Shinichi potesse essere qui o passasse a trovarmi anche di tanto in tanto, se tornasse da me e si trattenesse anche per poco, se mi dicesse che lo fa per no-… - questa volta Ran ha serrato gli occhi mentre l’espressione sul suo viso si fa supplice e disperata assieme. La fronte si contrae prima di irrigidirsi, poi lei prosegue: - Se dalla sua bocca uscisse solo la verità per una volta, io lo accetterei e tutto sarebbe diverso. Non mi importerebbe nulla dei progetti criminali che sta tentando di sventare, della possibilità che io stessa muoia per mano loro perché saprei, qualsiasi cosa succedesse, che lui si sarebbe fidato di me. Poniamo il caso che lui non riuscisse a vincere stavolta. Cosa accadrebbe? Che mi rimarrebbe se non il rimpianto di non avergli potuto dire ciò che provavo per lui? Cosa avrei se non ricordi lontani? Lo perderei e senza averlo neppure mai avuto per me. E nel caso ancora una volta fosse lui ad avere la meglio invece? Quale prezzo saremmo costretti a pagare per stare insieme? Lo guarderei negli occhi e avrei sempre paura di essere respinta senza una parola di spiegazione. Non riuscirei più a fidarmi di lui. Non sarebbe mai mio, non completamente. – Mentre l’eco delle ultime parole sfuma, Ran ha un sussulto. Sgrana gli occhi e arrossendo lo guarda sconvolta. Heiji non l’ha mai vista così: scarmigliata e con l’aria di chi teme di aver detto o arrischiato troppo, ma senza rimpianti. Improvvisamente gli sovviene Kazuha. L’immagine di lei scalza quella di Ran per un attimo e Heiji ha un colpo al cuore. L’illusione però svanisce presto così com’è venuta.
Ran si dà un colpetto alla tempia e ridacchia senza intenzione. - Che stupida che sono e che razza di sciocchezze sto dicendo! Shinichi e io… - fa un respiro profondo, l’allegria fasulla che già dilegua - … e poi anche in quel caso non mi apparterrebbe mai. Lui si è votato al mistero, è il suo destino. In tutto questo non c’è posto per me o almeno non quello che io vorrei. –
Ancora una volta l’espressione sul viso di lei muta, diventa grave e triste nella fermezza.
- Heiji, se puoi… perdonami. È solo che certe volte, - si prende i gomiti con le mani stringendosi le braccia al petto, - certe volte tutto questo mi fa paura. Il problema è sempre lo stesso, sai? Qualsiasi cosa possa accadere io non potrò mai rinunciare a lui. Mai. Grazie, Heiji e scusa. Salutami Kazuha. –
Senza che lui azzardi una parola o un movimento, Ran scappa via, perdendosi tra la folla.       

 

 

*

 

 

- Ran sarà sempre il mio punto debole, la pietra fragile che mina le fondamenta inespugnabili della mia logica. Quando lei è nei paraggi non posso fare a meno di sentirmi sbaragliato dalla portata di quel che sento, anche se so che non dovrei provarlo. Io sono un detective e questo viene prima di qualsiasi altra cosa, anche dei sentimenti che nutro per lei. L’abbiamo sempre saputo entrambi. Devo mantenermi lontano, vigile e attento a ciò che mi circonda e non a quello che avviene dentro di me. Eppure… Maledizione! Sento che non potrò resistere neanche un giorno di più senza sapere che anche per poco è stata mia. Che per un attimo infinitesimale mi è appartenuta, che siamo stati solo noi e nessun uomo nero è potuto venire a vantare diritti e a rubarci la verità risucchiandola. Ho bisogno di questo Hattori o non ce la farò. Per essere in me, lucido, devo saperla al sicuro. Se domani andasse tutto storto dovrò sapere che qualsiasi cosa succeda lei andrà avanti anche senza di me. Devo tenerla legata a me per un’ultima volta e poi lasciarla andare. E’ sempre stato il mio sogno segreto, quello più intimo. L’unico capriccio che mi sono concesso di desiderare, ma non ho mai avuto il coraggio di afferrare. Ran era il premio. La verità è il regalo che farò ad entrambi una volta che tutto questo sarà finito. E’ l’unico pensiero egoistico che mi ha tenuto in piedi ogni volta e non sono pronto a farmelo strappare via da nessuno, compreso il mio buonsenso. -
Conan ha le mani contratte e premute contro il viso, le ginocchia sbucciate strette al petto. Heiji fa per allungare una mano verso di lui e arruffargli i capelli. Si trattiene con un sospiro. - Non c’è nulla di egoistico in questo, Kudo, o altrimenti il tuo bel premio l’avresti già preso da tempo. -
- Perdonami, - lo sente mormorare, - sono le farneticazioni di un pazzo. -
- No, - ribatte con fermezza Heiji, - solo quelle di un uomo innamorato. – Shinichi solleva la testa di scatto e lui ne approfitta. Lo prende per il cappuccio della felpa e lo solleva da terra con uno strattone brusco, rimettendolo in piedi. Shinichi fa per rispondergli per le rime, ma prima che apra bocca Heiji gli passa il farfallino e il cellulare, con un ghigno che la racconta lunga. - E ora va’ da lei, - ordina tra il serio e il faceto, mostrando il pugno, - o giuro che ti picchio. –

 

 

 

 

Uno squillo, due squilli. Forse non è in casa. Ora che ci pensa gli pare che quella mattina abbia accennato ad un appuntamento con Sonoko. Tre squilli. Chissà, forse è davvero meglio che lei non ci sia? Quattro squilli. Sta per riattaccare quando il “Pronto, qui casa Mori” lo paralizza sul posto. Ha risposto. Peccato che adesso lui non sappia più cosa dirle. I suoi neuroni sono in black-out.
- Ran, sono io. –
All’altro capo la sente trattenere il fiato e poi rilasciarlo, può quasi vederla mentre stringe il cordless con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. - … -
A quel silenzio Shinichi sorride con mestizia. È una presa di posizione che sa tanto di rappresaglia.
- Hai intenzione di fare scena muta? Ascolta, non ho molto… –
- No, – lo blocca Ran.
- Cosa? –
- Non pensare di convincermi a parlarti con la scusa che hai poco tempo. Lo so da me questo. – L’accusa è evidente e lui la incassa tacitamente.

L’hai già fatto, intanto vorrebbe farle notare. Mi hai già parlato.  
- Ran… - dice invece in tono totalmente diverso, - mi dispiace. –
- Shinichi? Shinichi, cosa diavolo vuol dire? Shinichi che---
Tu-tu. Tu-tu. Tu-tu.

 

 

 
*

 
 

Domani

 

 

 

- È tutto vero allora. Tu sei davvero lui. -
- Sì. -
Ran scrolla le spalle con leggerezza. La disinvoltura che sfoggia però non le raggiunge gli occhi. Il sorriso piuttosto che essere forzato è totalmente assente. - Beh, non posso dire di non averci mai pensato. Siete tanto simili, eppure anche talmente diversi che... – scrolla le spalle, come a voler dire “lasciamo stare”. - Ora che succederà? Hai intenzione di rimanere così? –
Le trema la voce nel pronunciare l’ultima domanda e Shinichi naturalmente non si lascia scappare un particolare così prezioso.
- Sai che se dipendesse da me… - incomincia con trepidazione. È seduto sul divano e i piedi arrivano a malapena a toccare il pavimento. Stringe i pugni tanto da farsi dolere le nocche.
- Lo so, - lei lo interrompe con decisione, - ma il punto è che non dipende da te, giusto? -
- Sì. –

Il salotto del dottor Agasa è talmente sottosopra che Ran, distogliendo lo sguardo da Shinichi, non sa neppure quale dei tanti oggetti sparpagliati in giro possa mettersi a studiare per tenere a bada la confusione. L’assenza di Ai comincia già a far sentire i suoi effetti.
- Mi aspetterai? – A chiederlo col cuore in gola, con quell’espressione di paura e timore e speranza impressa a fuoco nel volto, per una volta Conan sembra dimostrare davvero l’età che dovrebbe avere. Quella dei giochi e delle favole, dei primi amori, dell’innocenza. Quella in cui tutto è facile e senza complicazioni, ogni cosa è come appare, o almeno in cui dovrebbe essere così. Ci pensano gli adulti a proteggerti in quel caso. E lui… questa volta e come sempre, ha fatto lo stesso con lei. L’ha protetta e tenuta in disparte.
- A volte vorrei quasi essere capace di risponderti di no. –
Piegata sulle ginocchia per avere il viso alla stessa altezza del suo, Ran inclina la testa su un lato, fissandolo in un silenzio ingombrante. Dopo un tempo incalcolabile, gli dà un buffetto sulla guancia. Sospira,  picchiettandolo con l’indice, questa volta sul naso.  
- Scemo, - dice con dolcezza, - sai che non c’è neppure da chiederlo. Certo che ti aspetterò. Tu però cresci in fretta, d’accordo? E per allora pretendo una vera dichiarazione tanto per cambiare. È una promessa. –
Gli tende il mignolo e Shinichi pare perplesso. Ran allora glielo agita davanti e sbuffa in tono di minaccia: - Guarda che ho intenzione di stare così finché non accetterai. – Al ché lui si dice che possa anche concederglielo. Una volta tanto si comporta da bambino, stringe il mignolo lungo e sottile di Ran col suo fin troppo piccolo a confronto e insieme canticchiano la sciocca canzoncina: –
Yubikiri genman. Uso tsuitara, hari sen bon nomasu. Yubi kitta. -
Alla fine Ran poggia con decisione la fronte sulla sua, occhi negli occhi, naso contro naso. – Guarda che ci conto, - bisbiglia accorata.

 

 

* 
 

 

- Dicono che stiano cercando una cura. Ai, voglio dire Miyano, lavora con loro naturalmente. –
Dall’altro capo della cornetta, la voce di Ran è abbastanza serena mentre le riferisce le ultime novità. Kazuha tira un sospiro di sollievo. Una volta scoperta la verità, per Ran è cominciata un’altra attesa. Anche se questa volta è l’ultima, il saperlo non giova affatto, anzi, rende più che mai impazienti. Gli ultimi mesi sono stati quanto mai duri per lei e Kazuha non vede l’ora che tutta quell’assurda situazione abbia degna conclusione.   
- E Cona- Shinichi? – si costringe a chiedere, mordendosi la lingua nell’istintivo errore in cui è caduta.
- È in America, - risponde Ran. – Il padre è riuscito a metterlo in contatto con uno scienziato abbastanza famoso nel campo della genetica che crede di poter riuscire a trovare una cura. Sai, pare che sia un docente universitario e che nel tempo libero conduca esperimenti sulla clonazione e cose del genere. –
- Wow. –
- Già. –
Contro il tono stanco di Ran, Kazuha impiega ogni sforzo per replicare con uno vivace ed esuberante.
- Incrociamo le dita allora? –
Se il silenzio seguente la fa sentire in colpa per la paura di aver esagerato con tutta quella vivacità, di aver calcato la mano e forzato le cose, i sospiri di Ran la gettano nello sconforto. – Non è strano? – la sente dire con voce prossima al pianto. – L’organizzazione è stata distrutta, il mistero risolto e allora perché siamo ancora qui? Perché non siamo felici? –

Perché non tutto è giusto a questo mondo e ora lo so. Io sono stata fortunata, ma…
Kazuha espira pesantemente. – Ran, si tratta di aspettare solo un altro po’, - azzarda e poi con maggiore convinzione, muovendo a mezz’aria il pugno contratto per incitarla senza che lei possa vederlo. – Ran tu sei forte! Puoi farcela! –
- Aspettare… Kazuha, tu lo faresti? –
Kazuha lancia di soppiatto un’occhiata al letto. Lì, col cappello calato sul viso e le braccia dietro la testa, c’è Heiji. Dorme, dopo l’ennesimo caso risolto brillantemente e due giorni di indagini ininterrotte in cui si è a malapena fatto vivo.   

Potrei perdere in ogni momento quello che ho e saperlo mi terrorizza. Ciò nonostante è ciò che ho scelto, si dice, chi ho scelto. Kazuha non sorride, anche se non si è mai sentita così felice.   
- Per Heiji sì. –

 


*

 

Oggi

 


Casa Mori è in fermento, nonostante l’appartamento sia vuoto. Nell’aria aleggia ancora l’odore dell’oden che Ran deve aver preparato per cena. È triste pensare che nessuno lo mangerà. Ancora di più sapere quale fosse lo stato d’animo di chi lo preparava. Ignaro, tranquillo. Esattamente l’opposto di chi magari l’ha anche aiutata. Conan è in piedi di fronte a lui, con le mani in tasca e gli occhi cupi, tormentati, che fissano tutto e niente della stanza.
Heiji si passa una mano tra i capelli, senza badare a nascondere la tensione. - È tutto pronto. Il dottore Agasa ha portato le ragazze, i bambini, Goro e i tuoi genitori al sicuro e per quanto io disapprovassi devo ammettere di essere più tranquillo sapendo del narcotico. -
- Bene. -
- Shinichi, prima di andare c’è una cosa ancora. Non vuoi sapere cosa mi abbia detto Mori? -
Conan fa una specie di smorfia. - Posso immaginarlo. -
- Ma non puoi saperlo con sicurezza, - ribatte Heiji con durezza.
- Con lei non potrò mai essere sicuro di niente. –
Dalle scale si sente il rumore di passi, passi leggeri di bambino, poi una sagoma minuscola appare dietro la porta.
- Ai? – chiede Conan, senza apparire turbato dall’interruzione.
- Sono qui. - Ai, figurina bionda e nera, si affaccia nell’ingresso. Fa un cenno col capo.

Come hanno potuto scambiarla per una bambina?
Gli passa davanti per tendere a Shinichi una custodia minuscola. Heiji non sa cosa contenga, ma può ugualmente intuirlo. Conan annuisce e nel prenderla rassegnazione, malinconia e qualcos’altro gli attraversano il volto. - Bene, ora però devi andare anche tu. –
Ai mostra tracce di incertezza. - Sei sicuro? È sperimentale, lo sai, come tutti quelli che l’hanno preceduto, ma prenderlo in dosi così massicce tutto in una volta è rischioso perfino per te. Potresti assumere l’aspetto di Conan definitivamente quando l’effetto sarà svanito. -
- Ne sono consapevole. Ma mi fido del mio istinto e anche di te. Ti sembra troppo stupido? -

Sciocco, pensa Heiji, è proprio grazie al tuo istinto che siamo qui, che lottiamo insieme a te.
Ai dà ad entrambi le spalle e si avvia verso la porta. Sotto, ad attenderla ci sono quattro agenti dell’FBI incaricati di proteggerla. - Allora vado e Kudo… - da sopra la spalla, Miyano e non Haibara indirizza a Shinichi uno sguardo carico di avvertimenti. - In bocca al lupo. -
Conan sorride, con gli occhi socchiusi. Mima il segno della vittoria con le dita. – Non preoccuparti, vedrai che... -

Andrà tutto bene.

 

 

 

 


 

 

 

         

  
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