Prompt: Detective Conan, Ran, "Certe volte tutto questo mi
fa paura"
Titolo:
Andrà tutto bene
Autore: Ruta
Wordcount: 4480 circa
Rating: giallo
Avvertimenti: One-shot
Note dell’autore: Non so cosa
dire per spiegarmi tranne che esistono momenti e occasioni in cui le parole
diventano tanto prepotenti nella mente che non si può fare altro che cacciarle
a forza da lì e metterle su carta. Ecco, è più o meno quel che è successo a me. Non so se
il risultato sia quantomeno decente, ma so una cosa – e per me tanto basta - e
cioè che hanno smesso di infastidirmi. Probabilmente i personaggi sono OOC,
tutto è confusionario ed è una danza frenetica per quanto riguarda i punti di
vista, ma volevo scrivere qualcosa su di loro da una vita e ora che l’ho fatto,
che finalmente sono riuscita, non so che pensarne xD
È uscita
così, di getto, quindi perdonate eventuali errori; è da un po’ che non rileggo
i volumetti ;)
Andrà tutto bene
Ieri
Alla
luce fioca e giallognola dei lampioni, il profilo di Conan è adombrato da mille
paure che assumono le parvenze di graffi dai contorni ocra.
Le
guance piene lo marchiano come il bambino che appare, ma lo sguardo penetrante
e l’espressione languida con cui osserva il riflesso della luna nel laghetto di
fronte a lui lo fanno assomigliare al ragazzo che nella realtà è.
Sono
gli occhi malinconici nella decisione di Shinichi quelli che lo scrutano come
se volessero leggergli nel profondo e carpirgli i pensieri, ma è il capo di
Conan quello che si è voltato di scatto al rumore attutito dei suoi passi, sulla
ghiaia del sentiero tracciato.
E
sono entrambi, i volti di Conan e Shinichi insieme, a fissarlo, sovrapponendosi
l’uno sull’altro in un gioco perfetto di squilibri imprecisi. Adulto e bambino
si divertono a rincorrersi e chissà quale dei due sarà il vincitore di quella
gara infinita? Alla fine Peter Pan sconfisse la propria ombra? Sì, ma lo fece grazie
all’aiuto di Wendy che gliela rammendò addosso con l’amore disinteressato di
una madre e quello spontaneo di una bambina, il sorriso maturo e appena
consapevole dei desideri nascosti del cuore, quelli velati dietro le note dolci
di un canto narrato e già perso dietro di sé.
Wendy
non era un angelo però e Peter aveva scelto liberamente di rimanere nello
stallo di quell’infanzia eternamente rubata. Era imprigionato nel corpo di un
bambino, ma era stato lui stesso a volerlo, a deciderlo nel momento in cui
aveva posato lo sguardo su Campanellino.
-
Andrà bene. - La sicurezza nella voce di Heiji fa sorridere appena Conan, che
piega le labbra in una smorfia agrodolce, compatimento che non sa bene neppure
lui se sia rivolto a se stesso che si è sentito rincuorato da
quell’affermazione semplicistica o all’ottimismo così ottuso dell’amico.
-
Le ragazze e i tuoi genitori saranno al sicuro e il piano è perfetto. -
Non c’è nulla di cui
preoccuparsi, andrà tutto bene, tutto bene… Pare che quel sussurro silente tra loro
voglia appianare l’aria tesa che sente vibrare intorno a sé, peraltro senza riuscirci
affatto e fallendo miseramente.
Conan
scuote la testa piano, come a scrollarsi di dosso qualche spirito malevolo che
gli infesta i pensieri. – E’ proprio questo il problema. Al mondo non esiste
nulla di perfetto, solo la boria di noi detective. - La superbia di allungarsi a sfiorare con le dita il sole prima di
cadere nel vuoto, le ali che hanno condotto lì sciolte come lacrime di cera e
piume.
Heiji
lo osserva poggiare il mento sul palmo della mano chiusa, socchiudere gli occhi
all’orizzonte della notte e sorridere con quella mestizia che gli è propria ad
un ricordo lontano che si è affacciato con prepotenza alla finestra aperta
della sua mente. Non è da Shinichi perdersi nel passato, ma Conan, che è il suo
alter-ego e insieme ha qualcosa che non lui ha mai posseduto prima, vive di
memorie trafugate - ricordi che non gli appartengono, non ha vissuto in prima
persona - e non può fare a meno di perdersi nell’inutilità del piacevole
frugare tra esse di quando in quando, come alla ricerca di chissà quali verità
nascoste. Conan ha dalla sua la sicurezza della forza dell’amore di Ran che a
Shinichi – se lo dicano pure chiaramente, guardandosi negli occhi - fa
comodo fingere e affermare di non conoscere, un aspetto timidamente infantile
che limita l’approcciarsi di chiunque voglia osservare con maggior cura cosa
nasconde quel bambino che bambino non è; ma soprattutto ha da sé la menzogna.
Conan ha vinto laddove Shinichi ha sempre fallito e l’ha fatto con tale
maestria che Heiji a volte pensa che Shinichi arrossisca tra sé per essere
stato battuto da un pivello, anche se il pivello in questione è il fanciullino
che gli alberga dentro e possiede il suo cuore in un aspetto nuovo e
familiarmente diverso.
Conan
mente, ogni giorno, ogni momento ed è tanto bravo che perfino a lui in alcune
occasioni capita di dimenticare di trovarsi alle prese con un collega e non con
uno studentello delle elementari.
Ma
ora, in questo istante in cui tutto appare immobile, in una staticità tesa come
la corda di un violino e in cui perfino l’acqua stagnante a poca distanza dai
loro piedi appare ferma come una lastra di carta trasparente, ora Shinichi ha
gettato via la maschera. E il suo viso è così vivo e diverso da quello a cui lui
si è abituato con la forza di chi si è visto rifiutare la verità, così disteso,
vivido e reale nella preoccupazione che gli solca la fronte, con lo sguardo e
le labbra serrate in una smorfia di disapprovazione al cielo, che Heiji non
riesce a distogliere gli occhi. C’è una bolla d’aria sottile come un alito di
vento e il soffio tremulo che accompagna i respiri monchi di Shinichi. E lui lo
sa, lo sente con la precisione di un prestigiatore, cosa gli dirà a breve, quasi
tra quei sospiri lui avesse letto i trafiletti dei pensieri che gli si
affollano tra le pareti del cranio.
-
Ti prenderai cura di Ran, Hattori. –
C’è
il se, il ma, ogni però che possa annullare la tranquillità pacata che fa di
lui il miglior detective che abbia incontrato in vita sua, quella paura non rivolta
a sé che lo costringe a comportarsi come fa, ad assumere quelle pose tragiche
da eroe drammatico e dire quelle cose che, lo capisce, se non fosse com’è e
come non è, non troverebbero voce neanche alla fine del gioco.
Hattori
annuisce, non può fare altro neppure lui ora come ora, perché non sarebbe
giusto e tutta un’altra serie di motivi che non ha voglia di sviscerare, ma
soprattutto perché sì, vuole rassicurarlo nel solo modo che davvero potrebbe
annullare il battito nervoso del cuore che gli riempie le orecchie, il solo che
Shinichi gli permetta.
-
Certo. - Tutto quello che vuoi,
vorrebbe aggiungere, ma sta zitto. Godiamoci
la luna e tacciamo, è la sua speranza.
- Anche tu, - dice però e Conan, incredibile
come lui e l’altro si scambino tra loro, la destrezza e la velocità con cui si
susseguono su quel viso giovane improntato di riflessioni mature, fa sì col
capo ancora riverso, le mani così piccole che affondano disperate nella terra e
nell’erba bagnata di rugiada, quasi cercassero un appiglio per non affondare in
quello strato così fitto di nubi che lo circonda.
Non
ha nominato Kazuha, non ce l’ha fatta a dire il suo nome. Sarebbe stato come
rompere quell’attimo unico e magico di realtà mai confessate, dove ogni bugia
sta mostrando la verità di fondo che la rende meno meschina per chi si è tanto
affannato a costruirla.
Ma
Shinichi ce l’fatta. Sì solo perché è diverso, forte in un modo che lui non
potrà mai neppure illudersi di diventare. Mentire a chi si ama è un conto, ma a
se stessi… come si può farlo col sorriso sulle labbra?
-
Andrà bene. –
Questa
volta è Shinichi a dirlo, anche se Heiji crede nel profondo sia stato Conan. È
a Conan che crede, proprio Conan che mente, che è nato e cresciuto nella
menzogna, lo stesso Conan che vincerà con le sue bugie calcolate, ma è a Shinichi
che concede il suo abbraccio, senza avere il coraggio di guardarlo. È a Shinichi
che sussurra come un saluto portafortuna: - Banzai, amico. -
*
Ieri
Heiji
ha poche incrollabili convinzioni. Una di queste è che per quanto rompiscatole e
impicciona, Kazuha sia l’unica che lui potrebbe mai lasciarsi convincere a
sopportare a vita. Un’altra è che per quanto difficile possa apparire, tutta
quella faccenda dovrà avere un lieto
fine. È l’unico pensiero che gli renda tollerabile assistere agli eterni
siparietti che Shinichi è costretto a subire, a cui spesso volontariamente si
sottopone.
Una
terza, infine, è che a dispetto della lontananza – balle - , dell’assenza – balle
-, della separazione forzata non ci siano ai suoi occhi due persone più unite
di Kudo e Mori e paradossalmente anche di più sincere.
-
A volte non so chi dei due mi faccia più pena, - mugugna contro il palmo della
mano. Se lui, che è costretto a mentirle
ogni giorno e a vederla soffrire senza poterle dire la verità, o lei, che
darebbe qualsiasi cosa pur di sentirlo vicino e non sa di averlo accanto a sé
in ogni momento. Dio, che situazione assurda!
Kazuha
al suo fianco l’ha sentito sospirare. Solitamente gli scoccherebbe un’occhiata
irritata e gli tirerebbe l’orecchio. Questa volta, però, la sua espressione più
che il sospiro sembra trattenerla.
Fuori
il finestrino dello Shinkansen il paesaggio scorre veloce. Troppo veloce. I
campi sono sfilacci di verde confuso, solo il cielo rimane una massa azzurro
polvere incontrastata sopra la linea frastagliata dell’orizzonte.
-
Senti Heiji… - lo chiama piano, quasi soffiando. Lui, concentrato com’è, non la
sente.
-
Heiji, - lo richiama una seconda volta. – Heiji! – urla, tirandolo per la
manica del giubbotto.
Finalmente
lo vede riscuotersi. - Che vuoi? – sbotta, scocciato.
A
cosa pensavi? Vorrei saperlo, vorrei che ti confidassi. Irritata, Kazuha fa una
faccia indispettita. – Che andiamo a fare a Tokyo? – domanda.
-
Perché dovrei dirtelo? –
-
Perché… oh, insomma! Se è per un caso voglio saperlo già adesso! Non mi và di…
- una volta tanto si trova a corto di parole. Come dovrebbe finire? Non mi và
di… già, cosa di preciso non le và di quella situazione? Che lui abbia preteso
che lo accompagnasse a Tokyo usando come scusa il fatto che Ran abbia chiesto
di lei – il ché è una bugia, cosa di cui è sicurissima dal momento che si è
affrettata a chiamarla lei stessa per accertarsi che tutto andasse bene -, o che
le abbia mentito una volta di più?
Essere lasciata
indietro. È
quella la verità. No, neppure quella.
Non
è essere lasciata indietro il problema, è essere tenuta all’oscuro, protetta
come una bambola.
Non
è questo che lei vuole da Heiji. Non è quello il tipo di rapporto che…
-
Ehiii, - Heiji le picchietta l’indice sulla fronte facendola sobbalzare. Ha gli
occhi seri e concentrati sul suo viso, la fissa pensieroso. – Almeno finisci
una frase quando la inizi, no? -
Kazuha
annuisce, in silenzio. Heiji se possibile si acciglia ancora di più. - Sei
strana, – dichiara e nel suo tono Kazuha può notare quasi preoccupazione. D’un
tratto, però, diventa nervosismo. – Quando saremo arrivati a Tokyo ho un favore
da chiederti. È qualcosa che puoi fare solo tu e ho bisogno che tu me lo
prometta. Mi fido solo di te, Kazuha. –
È
dannatamente serio mentre lo dice. Kazuha deglutisce, vietandosi di arrossire.
– D’accordo. Te lo prometto. –
*
Oggi
Perché
tra tutti proprio lui deve convincere Ran ad andare? Dovrebbe esserci Shinichi
lì, non lui.
E
sarebbe stato così se non fosse stato a causa delle circostanze. Nel
particolare, dell’ennesimo omicidio. Odia interpretare quel ruolo, la parte del
sostituto. Vorrebbe scusarsi, ma di cosa? Non è colpa di nessuno o forse sì, ma
come si può incolpare qualcuno che non fa altro che accusarsi da solo?
Ribadiscono
quel pensiero e anzi lo confermano le parole di Ran, anche se sono rivolte alla
persona sbagliata: - Io non ti odio Hattori-kun. Come potrei? Sei quanto di più
vicino ad un fratello Shinichi abbia mai avuto, eppure questo non mi vieta, non
riesce ad impedirmi di invidiarti con tutta me stessa. Sono gelosa di te, delle
confidenze che Shinichi ti rivolge, del sostegno che cerca chiamandoti e della
fiducia che ripone nel tuo giudizio, delle bugie che so che a te non
racconterebbe mai, ma che a me non può evitare di dire. –
La
voce di Ran è rotta e ridotta ad un sussurro basso. Ha gli occhi lucidi ed
enormi, le guance pallide.
-
Non sono stupida, so che fa tutto questo per proteggermi da Dio solo sa cosa.
Alcune volte penso che sarebbe perfino disposto a farsi odiare pur di non farmi
correre alcun rischio. Ammetto che sia
stata ad un passo dal detestarlo davvero per questo suo comportamento. Sono
ridicola, vero? – Con una risatina nervosa, Heiji la vede scuotere la testa e coprirsi
la bocca con la mano che le trema un poco. Vorrebbe dire qualcosa, consolarla, mentire, ma tace, impotente. È così che
si sente lui ogni volta? È orribile.
-
Shinichi è lì fuori, chissà dove a rischiare la vita per un caso che lo
costringe a mentirmi e io non riesco a fare altro che non sia pensare che sarei
disposta a tutto pur di essere con lui, anche rischiare la vita che lui cerca
con tutto se stesso di regalarmi. Ma se lo avessi qui, se Shinichi potesse
essere qui o passasse a trovarmi anche di tanto in tanto, se tornasse da me e
si trattenesse anche per poco, se mi dicesse che lo fa per no-… - questa volta
Ran ha serrato gli occhi mentre l’espressione sul suo viso si fa supplice e
disperata assieme. La fronte si contrae prima di irrigidirsi, poi lei prosegue:
- Se dalla sua bocca uscisse solo la verità per una volta, io lo accetterei e
tutto sarebbe diverso. Non mi importerebbe nulla dei progetti criminali che sta
tentando di sventare, della possibilità che io stessa muoia per mano loro
perché saprei, qualsiasi cosa succedesse, che lui si sarebbe fidato di me. Poniamo
il caso che lui non riuscisse a vincere stavolta. Cosa accadrebbe? Che mi
rimarrebbe se non il rimpianto di non avergli potuto dire ciò che provavo per
lui? Cosa avrei se non ricordi lontani? Lo perderei e senza averlo neppure mai
avuto per me. E nel caso ancora una volta fosse lui ad avere la meglio invece?
Quale prezzo saremmo costretti a pagare per stare insieme? Lo guarderei negli
occhi e avrei sempre paura di essere respinta senza una parola di spiegazione.
Non riuscirei più a fidarmi di lui. Non sarebbe mai mio, non completamente. –
Mentre l’eco delle ultime parole sfuma, Ran ha un sussulto. Sgrana gli occhi e
arrossendo lo guarda sconvolta. Heiji non l’ha mai vista così: scarmigliata e
con l’aria di chi teme di aver detto o arrischiato troppo, ma senza rimpianti.
Improvvisamente gli sovviene Kazuha. L’immagine di lei scalza quella di Ran per
un attimo e Heiji ha un colpo al cuore. L’illusione però svanisce presto così
com’è venuta.
Ran
si dà un colpetto alla tempia e ridacchia senza intenzione. - Che stupida che
sono e che razza di sciocchezze sto dicendo! Shinichi e io… - fa un respiro
profondo, l’allegria fasulla che già dilegua - … e poi anche in quel caso non
mi apparterrebbe mai. Lui si è votato al mistero, è il suo destino. In tutto
questo non c’è posto per me o almeno non quello che io vorrei. –
Ancora
una volta l’espressione sul viso di lei muta, diventa grave e triste nella
fermezza.
-
Heiji, se puoi… perdonami. È solo che certe volte, - si prende i gomiti con le
mani stringendosi le braccia al petto, - certe volte tutto questo mi fa paura.
Il problema è sempre lo stesso, sai? Qualsiasi cosa possa accadere io non potrò
mai rinunciare a lui. Mai. Grazie, Heiji e scusa. Salutami Kazuha. –
Senza
che lui azzardi una parola o un movimento, Ran scappa via, perdendosi tra la
folla.
*
Conan
ha le mani contratte e premute contro il viso, le ginocchia sbucciate strette al petto.
Heiji fa per allungare una mano verso di lui e arruffargli i capelli. Si trattiene
con un sospiro. - Non c’è nulla di egoistico in questo, Kudo, o altrimenti il
tuo bel premio l’avresti già preso da tempo. -
-
Perdonami, - lo sente mormorare, - sono le farneticazioni di un pazzo. -
-
No, - ribatte con fermezza Heiji, - solo quelle di un uomo innamorato. –
Shinichi solleva la testa di scatto e lui ne approfitta. Lo prende per il
cappuccio della felpa e lo solleva da terra con uno strattone brusco, rimettendolo
in piedi. Shinichi fa per rispondergli per le rime, ma prima che apra bocca Heiji
gli passa il farfallino e il cellulare, con un ghigno che la racconta lunga. - E
ora va’ da lei, - ordina tra il serio e il faceto, mostrando il pugno, - o
giuro che ti picchio. –
Uno
squillo, due squilli. Forse non è in casa. Ora che ci pensa gli pare che quella
mattina abbia accennato ad un appuntamento con Sonoko. Tre squilli. Chissà,
forse è davvero meglio che lei non ci sia? Quattro squilli. Sta per riattaccare
quando il “Pronto, qui casa Mori” lo paralizza sul posto. Ha risposto. Peccato che
adesso lui non sappia più cosa dirle. I suoi neuroni sono in black-out.
-
Ran, sono io. –
All’altro
capo la sente trattenere il fiato e poi rilasciarlo, può quasi vederla mentre
stringe il cordless con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. - … -
A
quel silenzio Shinichi sorride con mestizia. È una presa di posizione che sa
tanto di rappresaglia.
-
Hai intenzione di fare scena muta? Ascolta, non ho molto… –
-
No, – lo blocca Ran.
-
Cosa? –
-
Non pensare di convincermi a parlarti con la scusa che hai poco tempo. Lo so da
me questo. – L’accusa è evidente e lui la incassa tacitamente.
L’hai già fatto, intanto vorrebbe farle notare. Mi hai già parlato.
-
Ran… - dice invece in tono totalmente diverso, - mi dispiace. –
-
Shinichi? Shinichi, cosa diavolo vuol dire? Shinichi che---
Tu-tu.
Tu-tu. Tu-tu.
*
Domani
-
È tutto vero allora. Tu sei davvero lui. -
-
Sì. -
Ran
scrolla le spalle con leggerezza. La disinvoltura che sfoggia però non le
raggiunge gli occhi. Il sorriso piuttosto che essere forzato è totalmente assente.
- Beh, non posso dire di non averci mai pensato. Siete tanto simili, eppure anche
talmente diversi che... – scrolla le spalle, come a voler dire “lasciamo stare”.
- Ora che succederà? Hai intenzione di rimanere così? –
Le
trema la voce nel pronunciare l’ultima domanda e Shinichi naturalmente non si
lascia scappare un particolare così prezioso.
-
Sai che se dipendesse da me… - incomincia con trepidazione. È seduto sul divano
e i piedi arrivano a malapena a toccare il pavimento. Stringe i pugni tanto da
farsi dolere le nocche.
-
Lo so, - lei lo interrompe con decisione, - ma il punto è che non dipende da
te, giusto? -
-
Sì. –
…
Il
salotto del dottor Agasa è talmente sottosopra che Ran, distogliendo lo sguardo
da Shinichi, non sa neppure quale dei tanti oggetti sparpagliati in giro possa mettersi
a studiare per tenere a bada la confusione. L’assenza di Ai comincia già a far sentire
i suoi effetti.
-
Mi aspetterai? – A chiederlo col cuore in gola, con quell’espressione di paura
e timore e speranza impressa a fuoco nel volto, per una volta Conan sembra
dimostrare davvero l’età che dovrebbe avere. Quella dei giochi e delle favole,
dei primi amori, dell’innocenza. Quella in cui tutto è facile e senza
complicazioni, ogni cosa è come appare, o almeno in cui dovrebbe essere così. Ci
pensano gli adulti a proteggerti in quel caso. E lui… questa volta e come
sempre, ha fatto lo stesso con lei. L’ha protetta e tenuta in disparte.
-
A volte vorrei quasi essere capace di risponderti di no. –
Piegata
sulle ginocchia per avere il viso alla stessa altezza del suo, Ran inclina la
testa su un lato, fissandolo in un silenzio ingombrante. Dopo un tempo
incalcolabile, gli dà un buffetto sulla guancia. Sospira, picchiettandolo con l’indice, questa volta sul
naso.
-
Scemo, - dice con dolcezza, - sai che non c’è neppure da chiederlo. Certo che
ti aspetterò. Tu però cresci in fretta, d’accordo? E per allora pretendo una
vera dichiarazione tanto per cambiare. È una promessa. –
Gli
tende il mignolo e Shinichi pare perplesso. Ran allora glielo agita davanti e sbuffa
in tono di minaccia: - Guarda che ho intenzione di stare così finché non accetterai.
– Al ché lui si dice che possa anche concederglielo. Una volta tanto si
comporta da bambino, stringe il mignolo lungo e sottile di Ran col suo fin troppo
piccolo a confronto e insieme canticchiano la sciocca canzoncina: – Yubikiri genman. Uso tsuitara,
hari sen bon nomasu. Yubi kitta. -
Alla
fine Ran poggia con decisione la fronte sulla sua, occhi negli occhi, naso
contro naso. – Guarda che ci conto, - bisbiglia accorata.
*
-
Dicono che stiano cercando una cura. Ai, voglio dire Miyano, lavora con loro
naturalmente. –
Dall’altro
capo della cornetta, la voce di Ran è abbastanza serena mentre le riferisce le
ultime novità. Kazuha tira un sospiro di sollievo. Una volta scoperta la
verità, per Ran è cominciata un’altra attesa. Anche se questa volta è l’ultima,
il saperlo non giova affatto, anzi, rende più che mai impazienti. Gli ultimi
mesi sono stati quanto mai duri per lei e Kazuha non vede l’ora che tutta
quell’assurda situazione abbia degna conclusione.
-
E Cona- Shinichi? – si costringe a chiedere, mordendosi la lingua nell’istintivo
errore in cui è caduta.
-
È in America, - risponde Ran. – Il padre è riuscito a metterlo in contatto con
uno scienziato abbastanza famoso nel campo della genetica che crede di poter
riuscire a trovare una cura. Sai, pare che sia un docente universitario e che
nel tempo libero conduca esperimenti sulla clonazione e cose del genere. –
-
Wow. –
-
Già. –
Contro
il tono stanco di Ran, Kazuha impiega ogni sforzo per replicare con uno vivace
ed esuberante.
-
Incrociamo le dita allora? –
Se
il silenzio seguente la fa sentire in colpa per la paura di aver esagerato con
tutta quella vivacità, di aver calcato la mano e forzato le cose, i sospiri di
Ran la gettano nello sconforto. – Non è strano? – la sente dire con voce
prossima al pianto. – L’organizzazione è stata distrutta, il mistero risolto e
allora perché siamo ancora qui? Perché non siamo felici? –
Perché non tutto è
giusto a questo mondo e ora lo so. Io sono stata fortunata, ma…
Kazuha
espira pesantemente. – Ran, si tratta di aspettare solo un altro po’, - azzarda
e poi con maggiore convinzione, muovendo a mezz’aria il pugno contratto per
incitarla senza che lei possa vederlo. – Ran tu sei forte! Puoi farcela! –
-
Aspettare… Kazuha, tu lo faresti? –
Kazuha
lancia di soppiatto un’occhiata al letto. Lì, col cappello calato sul viso e le
braccia dietro la testa, c’è Heiji. Dorme, dopo l’ennesimo caso risolto
brillantemente e due giorni di indagini ininterrotte in cui si è a malapena
fatto vivo.
Potrei perdere in
ogni momento quello che ho e saperlo mi terrorizza. Ciò nonostante è ciò che ho
scelto, si
dice, chi ho scelto. Kazuha non sorride, anche se non si è mai sentita così
felice.
-
Per Heiji sì. –
Oggi
Casa Mori è in
fermento, nonostante l’appartamento sia vuoto. Nell’aria aleggia ancora l’odore
dell’oden che Ran deve aver preparato per cena. È triste pensare che nessuno lo
mangerà. Ancora di più sapere quale fosse lo stato d’animo di chi lo preparava.
Ignaro, tranquillo. Esattamente l’opposto di chi magari l’ha anche aiutata.
Conan è in piedi di fronte a lui, con le mani in tasca e gli occhi cupi,
tormentati, che fissano tutto e niente della stanza.
Heiji si passa una
mano tra i capelli, senza badare a nascondere la tensione. - È tutto pronto. Il
dottore Agasa ha portato le ragazze, i bambini, Goro e i tuoi genitori al
sicuro e per quanto io disapprovassi devo ammettere di essere più tranquillo
sapendo del narcotico. -
- Bene. -
- Shinichi, prima di
andare c’è una cosa ancora. Non vuoi sapere cosa mi abbia detto Mori? -
Conan fa una specie
di smorfia. - Posso immaginarlo. -
- Ma non puoi
saperlo con sicurezza, - ribatte Heiji con durezza.
- Con lei non potrò
mai essere sicuro di niente. –
Dalle scale si sente
il rumore di passi, passi leggeri di bambino, poi una sagoma minuscola appare dietro
la porta.
- Ai? – chiede
Conan, senza apparire turbato dall’interruzione.
- Sono qui. - Ai,
figurina bionda e nera, si affaccia nell’ingresso. Fa un cenno col capo.
Come
hanno potuto scambiarla per una bambina?
Gli passa davanti
per tendere a Shinichi una custodia minuscola. Heiji non sa cosa contenga, ma
può ugualmente intuirlo. Conan annuisce e nel prenderla rassegnazione,
malinconia e qualcos’altro gli attraversano il volto. - Bene, ora però devi andare
anche tu. –
Ai mostra tracce di
incertezza. - Sei sicuro? È sperimentale, lo sai, come tutti quelli che l’hanno
preceduto, ma prenderlo in dosi così massicce tutto in una volta è rischioso
perfino per te. Potresti assumere l’aspetto di Conan definitivamente quando
l’effetto sarà svanito. -
- Ne sono
consapevole. Ma mi fido del mio istinto e anche di te. Ti sembra troppo
stupido? -
Sciocco,
pensa Heiji, è proprio grazie al tuo istinto che siamo qui, che lottiamo
insieme a te.
Ai dà ad entrambi le
spalle e si avvia verso la porta. Sotto, ad attenderla ci sono quattro agenti
dell’FBI incaricati di proteggerla. - Allora vado e Kudo… - da sopra la spalla,
Miyano e non Haibara indirizza a Shinichi uno sguardo carico di avvertimenti. -
In bocca al lupo. -
Conan sorride, con
gli occhi socchiusi. Mima il segno della vittoria con le dita. – Non preoccuparti,
vedrai che... -
Andrà
tutto bene.