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Autore: Guitarist_Inside    30/11/2012    4 recensioni
L’idea di scrivere questa raccolta è nata una sera, mentre parlavo (e ridevo) al telefono con la mia migliore amica del mio ultimo sogno, in cui erano coinvolti i Linkin Park...
~ Dall'incipit del testo:
Le mie costole sono ormai un tutt’uno con la transenna, ma non sento più il dolore, o meglio, non me ne importa nulla.
Così come ignoro i miei piedi che chiedono pietà e continuo a saltare.
Così come non presto particolare attenzione all’aria che a volte manca per qualche secondo, né al bagno di sudore che mi avvolge.
Così come non me ne frega nulla del mal di gola lacerante, e continuo a cantare a squarciagola, consapevole del fatto che domani probabilmente non avrò più un filo di voce, a meno che le mie corde vocali abbiano capacità miracolose.
E canto, e urlo, e salto, e alzo mani e pugni al cielo insieme a migliaia di altre persone, animata da quella linfa vitale, quell’indescrivibile flusso di energia che proviene dalla loro musica, dalla loro vicinanza, dalle parole che ci rivolgono, dall’entusiasmo dell’atmosfera generale, da ogni singolo respiro di quell’aria carica di mille emozioni [...]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brad Delson, Chester Bennington, Mike Shinoda, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia è nata mesi fa (a fine maggio o inizio giugno credo), quando, dopo un sogno, ne scrissi in breve la trama e iniziai a lavorarci sopra.
Tuttavia, nonostante avessi già scritto qualche capitolo, non avevo mai trovato il coraggio/la voglia/il tempo e/o chissà cosa per pubblicarla.
Alla fine, però, la cara Sadako Kurokawa mi ha convinto a postarla, non permettendomi di lasciarla celata tra i meandri del mio hard disk… E ora, grazie alle sue doti di persuasione, ho rimesso mano al primo capitolo (che, inoltre, tra quelli che avevo iniziato a scrivere è uno di quelli che mi piace di più :’3) e mi sono infine decisa a pubblicarlo. Quindi, beh, è merito/colpa sua se ora anche questa storia è qui :3 x’D

Premessa

L’idea di scrivere questa raccolta è nata una sera, mentre parlavo (e ridevo) al telefono con la mia migliore amica del mio ultimo sogno, in cui peraltro erano coinvolti i Linkin Park, l’ultimo di una serie di altri sogni altrettanto stravaganti. E di qui un pensiero pazzoide si è fatto strada: perché non scrivere tutti quei sogni strampalati che mi ricordavo?
Certo, essendo sogni, la trama spesso presenta elementi non troppo verosimili, ambientazioni strane, caratteri magari OOC, componenti irrazionali, accostamenti talvolta improbabili, e tutti quei balzi tipici appunto dei sogni…
Ma alcuni di essi sono davvero particolari… E, perché no? Perché non riderci su anche in futuro? Perché non iniziare a mettere per iscritto quelle trame basate sul ricordo di sogni realmente fatti (e a volte mi chiedo cosa c’era di strano in ciò che ho bevuto/mangiato la sera prima o semplicemente nella mia testa, per sognare cose del genere…ahahaha)?
Okay, ammetto che ho un po’ di imbarazzo nel fare tutto ciò… ma l’aspetto di divertimento alla fine ha avuto la meglio. Perché, sì, diverte anche me ricordare certi sogni e dargli una forma scritta, quasi come se fosse una (bizzarra) fanfic, o qualcosa di simile.
E dunque eccomi qui, a cominciare a scrivere una raccolta di sogni, passati e futuri, che vedono in qualche modo coinvolti i Linkin Park!
Quindi, ora, dopo tali avvertimenti, siete liberi di chiudere la pagina, oppure di addentrarvi nella lettura dei miei Scleri Mentali… a voi il risch…ehm, la scelta! xD
Nel caso sceglieste questa seconda opzione, beh, vi consiglio di armarvi di un po’ di clemenza per la mia mente bizzarra che nel sonno ha partorito certe idee… e di prepararvi a leggere di eventi improbabili, che spaziano attraverso i più disparati luoghi e congetture mentali, toccando innumerevoli generi che a volte non sono neppure in grado di definire pienamente, magari dotati di una buona dose di umorismo.
Enjoy :D

Premessa #2

L’idea primordiale, come ho scritto prima (qualche riga più sopra e qualche settimana prima di quando mi sono decisa a continuare a scriverla), era quella di scrivere un’unica raccolta, con un sogno per capitolo.
Tuttavia, dato che dopo aver solamente messo per iscritto il canovaccio -basato sui miei ricordi riguardanti il sogno citato all’inizio della prima premessa- su cui avrei poi dovuto lavorare, ho notato che solamente quello (senza approfondimenti, dialoghi precisi, dettagli, introspezione più approfondita, eccetera) occupava la bellezza di ben 4 pagine di World… e che il primo capitolo, da una bozza essenziale di un terzo di pagina arrivava ad occuparne circa 5… Beh, diciamo che ho ritenuto un’idea migliore quella di dividere addirittura il sogno in capitoli e pubblicarlo come fanfic a se stante.
Ciò non toglie che, magari, c’è la possibilità che in futuro io scriva altri di questi sogni, portando avanti l’idea iniziale (muahahah *risata malefica*), magari creando una raccolta di più fanfic, invece che un’unica fanfic-raccolta.
Che ci volete fare, la sintesi non è uno dei miei doni xD (Beh, spero ciò non sia un problema ;D)
Oh, un’ultima cosa prima di lasciarvi alla storia: dedico questa fanfic alla mia migliore amica, quella citata all’inizio della prima premessa, la mia cara Fede-chan (BloodyMoon94), e ad Anna (Sadako Kurokawa), colei che mi ha definitivamente costrett…ehm, convinto a pubblicare questa fanfic, che ringrazio entrambe per le nostre chiacchierate, le risate e il sostegno che mi hanno sempre dato, anche in questo caso.
Okay, ora che ho scritto il mio papiro introduttivo (l’ho già detto che il dono della sintesi non è tra le mie caratteristiche principali quando scrivo, vero? :’3) posso ritenermi soddisfatta e lasciarvi -sempre se state ancora leggendo- alla storia (che, ricordo, è tratta da un sogno, frutto della mia mente pazzoide xD).
Fatemi sapere che ne pensate! :)



Contesto: Concerto dei Linkin Park, in uno stato degli USA. Anno imprecisato: dovrebbe essere il periodo del tour di Meteora, ma c’è qualche dettaglio contrastante (ma alla fine era un sogno, quindi è già un miracolo che abbia uno spazio e un tempo vagamente definiti!). Giusto per fare un esempio di questi dettagli, dai più importanti ai più trascurabili: c’è/può esserci (dipende da come revisionerò il sogno) anche la presenza più o meno accennata di canzoni scritte e suonate DOPO il periodo in cui la storia si svolge; la tecnologia è grossomodo ai livelli di oggi (ad esempio, la diffusione di l’iPod e mp3 è ai livelli di quella attuale); Brad ha i capelli come ora (neppure in sogno riesco a immaginarmi Brad con i capelli corti, ma LOL); etc…

CAPITOLO 1Do you have any energy left?

Le mie costole sono ormai un tutt’uno con la transenna, ma non sento più il dolore, o meglio, non me ne importa nulla.
Così come ignoro i miei piedi che chiedono pietà e continuo a saltare.
Così come non presto particolare attenzione all’aria che a volte manca per qualche secondo, né al bagno di sudore che mi avvolge.
Così come non me ne frega nulla del mal di gola lacerante, e continuo a cantare a squarciagola, consapevole del fatto che domani probabilmente non avrò più un filo di voce, a meno che le mie corde vocali abbiano capacità miracolose.
E canto, e urlo, e salto, e alzo mani e pugni al cielo insieme a migliaia di altre persone, animata da quella linfa vitale, quell’indescrivibile flusso di energia che proviene dalla loro musica, dalla loro vicinanza, dalle parole che ci rivolgono, dall’entusiasmo dell’atmosfera generale, da ogni singolo respiro di quell’aria carica di mille emozioni: le loro, le mie, quelle di tutta la gente lì con me, come un unico e indescrivibile miscuglio eterogeneo.
L’atmosfera è quasi surreale, il tempo scorre in un modo tutto suo: tutto pare infinito, ma allo stesso tempo sembra passare così veloce…
Non riesco a credere che sia passata già più di un’ora e mezza da quando quei sei ragazzi hanno acceso i nostri animi con la loro musica! Non voglio pensare che tra non molto tutto ciò finirà, non voglio pensare che queste sono le ultime canzoni del concerto; voglio godermi appieno ogni singolo secondo, voglio imprimerlo bene nell’anima e nella memoria, così da poterlo portare sempre con me.
Un salto, un urlo, una nota potente data dalla commistione di tutti gli strumenti, ed ecco il colpo di batteria che conclude il brano. Esplodiamo in un boato di urla e applausi, mentre attendiamo con trepidazione di sapere cosa faranno ora.
What a beautiful crowd! What an exceptionally beautiful crowd today!– comincia a dire Chester, spingendosi al bordo del palco, tra l’euforia e le urla di migliaia fans – There are so many good, wonderful, loving, caring people in this audience today!
Thank you guys for showing so much energy and so much love, we really appreciate it! – ora è Mike, giunto accanto all’amico, a continuare.
Sorridono, guardando le nostre facce felici e commosse. Già, commosse: sento qualcosa di caldo e bagnato scorrermi su una guancia, e realizzo di star piangendo.
Piangendo per la troppa gioia e le troppe emozioni, che ancora una volta non riescono più a restare confinate in me. Non posso farci nulla, non posso arginare la loro espressione. E comunque, sono troppo felice per preoccuparmene.
Now, we wanna do something special for you guys! – annuncia Shinoda, esaltato quanto noi.
Do you have any energy left? – ci chiede poi, e il boato che proviene dal pubblico è una risposta più che eloquente.
Great! This song is gonna be our last song, so if you have any energy left, fuckin’ use it right now! Because what we’re gonna do right now… what we’re gonna do right now needs everyone’s energy! Are you ready? – continua Mike.
Un altro boato di “Yeah!”, spesso conditi in “Fuck yeah!” o “Hell yeah!”, esplode tra noi.
Alright, it seems you’re fuckin’ ready! So now… – ora Chester riprende la parola – Now we’re gonna do something I think we haven’t ever done at once… – prosegue dopo qualche secondo di pausa, mentre l’emozione continua ad aumentare tra noi, che ci chiediamo, aspettando con trepidazione, cosa mai avranno intenzione di fare.
And we need your help, guys! – continua, camminando lungo la linea di confine del palco – Are you cool with it?
Inutile dire la risposta; nonostante nessuno di noi sappia in cosa consiste l’aiuto che sta per chiederci, la cosa suona dannatamente esaltante. Certo che ci va bene!
Alright guys! We need a fuckin’ volunteer! Who wanna come on stage right now?
Un secondo di silenzio; poi, il delirio generale.
Mi manca il respiro, per un attimo credo che il cuore mi si sia fermato, ma subito dopo riprende a battere ancora più velocemente di prima. Sarebbe troppo bello poter salire su quel palco insieme a loro, qualsiasi cosa abbiano intenzione di fare. Sarebbe un sogno.
Alzo anch’io la mano, urlo insieme a migliaia di altri ragazzi e ragazze, senza tuttavia riporre troppe speranze: so che è quasi impossibile che tra tutta quella gente prendano proprio me. Non sono mai stata troppo fortunata; come mi ha insegnato la vita, non mi illudo certo, ma ci provo comunque.
You… You… You… – comincia a dire Chester, camminando mentre indica il pubblico, osservandolo, scrutandolo, con aria quasi divertita.
You… You… You… You…
Oddio, sta venendo dalla mia parte! Come tutto il mio settore, inizio ad urlare più forte e a muovere il braccio più velocemente, in preda all’agitazione. Mi chiedo da dove arrivi quella forza frenetica, quell’energia dirompente che mi sconvolge, quando invece temevo addirittura di poter quasi venir meno…
You… You… – è sempre più vicino – You… You… You!
Si è fermato.
E indica nella mia direzione.
Mi guardo intorno, probabilmente sta indicando qualcuno vicino a me.
“Non illuderti, Ema, è senz’altro così”, dice una vocina dentro di me.
You! You, with the LP Underground T-shirt and the half-blue hair!
Mi guardo di nuovo intorno: sono davvero io? Davvero non sta indicando qualcun altro con la maglietta del LP Underground e un po’ di ciuffi di capelli blu sulla testa?
No, a quanto pare ce l’ha proprio con me… Oddio, non posso crederci!
Okay, forse ora è la volta buona che collasso davvero.
Sotto il mio sguardo stupefatto, un bodyguard si avvicina e mi solleva senza apparente fatica, depositandomi sul palco.
Ancora non ci credo; non può essermi capitata davvero una cosa del genere!
Incredula, col respiro affannoso e il cuore che sta per uscirmi dal petto, mi ritrovo sul palco, sul loro palco, davanti a migliaia di fan urlanti, di persone come me… e Loro.
Tutto mi pare così surreale.
Chester mi viene incontro e mi abbraccia, stringendo le braccia attorno alla mia vita e mischiando il nostro sudore.
Sento che sto per rischiare un infarto o qualcosa del genere, un momento o l’altro.
Istintivamente ricambio la stretta.
Mi rendo conto che probabilmente ho un sorriso ebete stampato in faccia, ma non posso evitarlo.
Hey! What’s your name? – mi chiede, porgendomi poi il suo microfono.
– E…Ema! – rispondo, quasi stupendomi della mia voce che, nonostante tutto, per fortuna è riuscita ad uscire dalla paralisi nella quale temevo fosse caduta.
Alright guys, make some noise for Ema! – urla al pubblico, che esplode in un boato.
È davvero impressionante.
Vedere tutta quella gente urlare, lì davanti a me, è davvero qualcosa di indescrivibile. È un’emozione sconvolgente, avverto un’energia prorompente fluire in me, travolgendomi.
Chiudo gli occhi per un attimo, cercando di fare un respiro profondo, di riprendere almeno in parte il controllo di me e non finire completamente in balìa di quell’uragano di emozioni impetuose che mi attraversano, rischiando di farmi collassare travolta dal loro peso.
Riapro le palpebre e guardo nuovamente il pubblico. Riesco a percepirne l’energia e l’amore di cui poco prima avevano parlato i Linkin Park, ringraziandoci. Dio, se avevano ragione! È davvero qualcosa di impressionante.
Così come è impressionante poter essere lì, sul palco con i Linkin Park.
Già, essere lì con Loro è davvero al di fuori di ogni mia possibile aspettativa.
Sono emozionatissima e tesa all’inverosimile, non riesco neanche a dire quanto.
Mi guardo intorno, in uno stato di trance, e mi chiedo chissà poi cosa vorranno che faccia adesso…
Ed ecco che, come per rispondere a quella mia domanda, Chester (che realizzo solo ora essersi allontanato qualche secondo fa) torna, porgendomi un altro microfono.
Can you sing? – mi chiede, sfoggiando un magnifico sorriso, mentre stringo le mani sudate e tremanti attorno al microfono che mi passa.
So cantare?
Sì, certo.
Non l’ho mai fatto davanti a così tanta gente, ma nel tempo ho imparato a tirar fuori le mie potenzialità, senza troppa vergogna di cantare davanti a qualcuno con la mia band. Però l’insieme di tutta la gente davanti a cui avevo suonato in vita mia, sommando tutti i nostri piccoli concerti, non era nemmeno un centesimo della gente che ora era lì davanti a me. E, soprattutto, non ero sul palco dei Linkin Park!
Posso cantare?
Sì. O almeno, credo di sì.
Se le corde vocali non mi hanno abbandonato prima, possono farmi ancora questo favore. Devo solo evitare di collassare in preda all’emozione! “Non è poi così difficile, dai”, mi dico, ironica.
Yeah… – la mia voce si fa strada verso il microfono, prima più incerta, poi sempre più forte – Yeah, sure!
Sto per chiedergli cosa debba cantare, quale canzone, quale parte… Ma non faccio in tempo.
Perfect! – mi interrompe.
Poi si volta, guarda Mike, e per un attimo mi pare di vederli ridere, scambiandosi uno sguardo d’intesa.
Ed ecco che, a un cenno, quest’ultimo inizia a muovere le mani sulla tastiera della propria chitarra, seguito poco dopo da Brad, delineando un riff che non riesco immediatamente a riconoscere.
This is a brand new song! – annuncia Mike, con un sorriso beffardo sul volto.
Mi manca il respiro, mi blocco un attimo.
Cos’ha appena detto? Ho capito bene? L’informazione ci mette qualche secondo a farsi strada dai miei timpani al mio cervello, e quando giunge scuote senza pietà i miei neuroni già provati, rischiando di farli andare completamente in corto circuito.
Nel limite del possibile, il mio battito cardiaco accelera ulteriormente, di pari passo coi miei pensieri.
Joe si inserisce nella melodia con qualche scratch, seguito pochi secondi dopo dal basso di Phoenix e dalla batteria potente di Rob.
Cosa devo fare?
Non ho la più pallida idea di cosa stiano per suonare, di che genere di canzone sia, di come si evolva la musica, di cosa dicano i testi…
Ma sono impazziti?
Sto per essere risucchiata dal panico più totale.
So che devo mantenere la calma, in qualche modo, perché devo evitare il blackout totale; non voglio e non posso permettermi una fottuta crisi di panico, ora.
Respiro profondamente, riempiendo i miei polmoni fin quasi a farli scoppiare, prima di espirare il più lentamente possibile.
Bene, per ora riesco ancora a rimanere cosciente e grossomodo padrona dei miei pensieri e dei miei movimenti… Ma ancora non ho la più pallida idea di cosa diavolo io debba fare!
Fisso i sei ragazzi, con aria oltremodo interrogativa e persa, cercando una risposta.
What… What should I sing? – chiedo infine, avvicinandomi a Chester.
What you want! – risponde lui semplicemente, ridendo – Just sing what you feel like singing. Listen to the music: just let it come into you and add something yours. – mi sorride, senza ironia questa volta – I think you can do it. – mi dice avvicinandosi al mio orecchio e facendomi rabbrividire leggermente per l’emozione, prima di saltare qualche metro più in là, esplodendo in uno scream da brividi e iniziando a cantare.
Non so cosa pensare.
Una parte di me pensa che i Linkin Park siano completamente impazziti.
Una parte di me pensa che invece stiano dando prova di una grande fiducia nei fans e che ciò sia davvero da ammirare.
Ma è meritata tutta questa fiducia?
È indubbio che stanno facendo qualcosa di assolutamente azzardato. E probabilmente, anzi sicuramente, lo sanno anche loro. Forse ci provano gusto, a sfidare la sorte, a fare qualcosa di così audace e dall’esito più che mai incerto.
Ho paura. Paura di deludere le loro aspettative, paura di collassare, paura di sbagliare, paura di fare una figura di merda.
Però, in fondo, la cosa eccita anche me.
Sento energia pura attraversare il mio corpo, donandomi brividi indescrivibili.
Il mio sguardo cade sul pubblico, che guarda i Linkin Park ora attonito, ora meravigliato, ora con occhi d’ammirazione, ora con curiosità… e che guarda anche me; mi scruta, interessato, curioso, dubbioso. Vedo sguardi di incitamento, vedo sguardi scettici, vedo sguardi esterrefatti, vedo sguardi in attesa.
Da una parte ho una fottuta paura, ma dall’altra voglio accettare quella sfida. Quella sfida con loro, con i Linkin Park, e con me stessa.
Cosa devo fare?
In parole povere, devo improvvisare.
E lo farò.
L’adrenalina sale in me sempre più, raggiungendo livelli che mai avrei creduto possibili.
Resto un po’ in silenzio, ascoltando con attenzione le note, il ritmo, la caduta, l’intonazione, le parole, l’argomento.
Avverto una sensazione strana, ma non per me del tutto nuova.
Sento la musica e le parole parlarmi: parlare a me, parlare di me, parlare con me.
Qualcosa in me si smuove, raggiungendo e stimolando la profondità della mia anima, o qualunque cosa essa sia.
Decido di rispondere.
Mi faccio coraggio, decido di rischiare e mettermi in gioco.
Seguo i consigli che mi ha dato Chester poco fa: far entrare musica dentro di me, farmi guidare da lei, e cantare quello che mi sento dentro.
Se lo voglio, se ci credo, posso farcela.
Lascio che la musica e i testi entrino in di me sempre più in profondità, lascio che io possa diventarne un catalizzatore, lascio che ciò che provo possa sconvolgermi per poi uscire nuovamente da me.
Lascio che la musica possa fare di me un suo strumento.
E lei continua a parlarmi, invadendomi completamente, soggiogandomi.
Vinta, non so come, l’emozione, la paura, l’imbarazzo e tutto il resto che mi impediva di proferire parola, inizio a improvvisare, unendo la mia voce a quella musica che ormai pare un tutt’uno con me, con la mia anima, con la mia mente.
Prima tento qualche parola ogni tanto, poi mi arrischio sempre di più.
Ormai, è come se la musica avesse preso possesso di me.
È come se allo stesso tempo io sia una spettatrice di me stessa, essendo pur sempre quella me stessa che sta cantando la propria anima su questo palco, con Loro.
Non riesco a comprendere razionalmente cosa mi stia succedendo. O meglio, non riesco a formulare una spiegazione razionale di nulla, in questo momento.
Ma forse è meglio così.
Mi lascio trasportare da quel vortice che ha preso possesso di me, senza tuttavia esserne completamente passiva. È una sensazione, un’emozione inspiegabile, inesprimibile… Strana. E meravigliosa.
Non avverto più un confine tra la mia essenza e quella della musica.
Di conseguenza, non sento più una barriera tra la mia anima, i miei pensieri e la mia voce, che sempre più sicura si aggiunge a quella di Chester e a quella di Mike, per rimarcare certe parole, certi concetti, e per aggiungerne di altri, miei, complementari, come in un dialogo alquanto peculiare tra la musica e la mia anima più profonda.
In quell’atmosfera che ha certamente del magico, mi volto, incrociando uno ad uno gli sguardi dei sei componenti dei Linkin Park, e ciò che ricevo sono sempre occhiate e sorrisi d’approvazione e soddisfazione.
Dio, non so quanto a lungo riuscirò a contenere tutta questa felicità e quest’indicibile turbinio di emozioni, senza esplodere!
Ad un tratto, Mike mi si avvicina. Mi dice qualcosa, ma non riesco a distinguere le sue parole.
Devo mostrare uno sguardo vago, o incerto, dubbioso, poiché si accosta maggiormente a me e mi ripete ciò che ha detto prima.
Credo di non aver compreso perfettamente; in quel vortice di sensazioni di cui sono piacevolmente vittima, tutto mi pare come ovattato, ad eccezione della musica ovviamente. Ma da quel che mi sembra di comprendere, vuole che salga su qualcosa.
Pochi secondi dopo, sale un paio di scalini e, continuando a suonare, salta su una specie di trave sopraelevata, posta all’altezza di circa un metro e mezzo, larga più o meno la metà e lunga circa 3, a occhio e croce.
Ecco, ora mi guarda, e mi fa cenno di raggiungerlo.
Allora avevo capito bene!
Per un attimo mi chiedo lo scopo, ma subito ricaccio quella domanda nel posto da cui era venuta. È inutile cercare un senso a tutto ciò che mi sta accadendo: è tutto così meravigliosamente irreale e travolgente che certamente non riuscirei a trovarlo razionalmente.
In ogni caso, sono un po’ titubante: se perdessi l’equilibrio o non calcolassi bene lo spazio, confusa da quell’uragano di sensazioni, potrei cadere, rimediandoci un’epica figura di merda e magari qualche bell’osso rotto.
Però… Però qualcosa dentro di me, quello stesso qualcosa che mi ha spinto ad improvvisare mettendo in gioco la mia essenza, mi dice che, chissenefrega, si vive solo una volta e qualcosa del genere probabilmente non mi capiterà più, e quindi perché non salire?
Reputo che non è affatto una cattiva idea: il ragionamento è più che convincente.
Quindi, nell’arco di una manciata di secondi, raggiungo Mike, che mi si avvicina, smettendo di suonare e poggiandomi un braccio sulle spalle, per iniziare a rappare la strofa al mio microfono.
Dio, è così dannatamente vicino! Il suo braccio sulle mie spalle, le nostre facce che quasi si sfiorano, il nostro sudore che si unisce, mischiandosi, come potrei giurare che fanno le nostre energie metafisiche, per così dire, che scaturiscono da noi e irradiano l’ambiente circostante tramite la musica.
Forti brividi mi attraversano la schiena e tutto il corpo, mentre il mio cuore batte all’impazzata, in tutt’uno con la batteria, rimbombandomi nella testa e pompando tutta la linfa vitale che mi scorre nelle vene, o meglio, nelle arterie.
Nuovi brividi scaturiscono in me, causati ora anche dalle parole che sta pronunciando il rapper che mi è accanto. Parole forti, potenti. Parole che entrano in me senza bussare o chiedere permesso; parole che irrompono, si intrufolano in profondità e si rispecchiano nella mia anima e nella mia vita. Parole che mi scuotono da dentro.
Parole che mi fanno venire voglia di urlare, unendo la mia voce alla sua.
Ecco, ora riconosco le parole che cominciano il pre-ritornello, che mi invitano a cedere nuovamente alla tentazione, al comando che la musica mi sta dando e a cui obbedisco più che volentieri.
Una parola vibra in me scuotendomi più forte delle altre, chiudo gli occhi un attimo e stringo più forte il microfono, mentre la mano mi trema per un secondo.
Sento la mano di Mike poggiarsi sulla mia e stringerla, assieme al microfono in mezzo alle nostre teste.
Mi volto leggermente e incrocio per un attimo il suo sguardo, prima di iniziare a cantare con sentita enfasi e decisione le ultime parole del verso, riversandoci parte di me.
La strofa, che introduce quello che sarà il ritornello, termina; Mike si allontana appena, suonando un accordo potente.
Sorride nella mia direzione, poi salta giù.
Io rimango su quella specie di trave, continuando a cantare la mia parte improvvisata sulle note del ritornello, duettando con Chester, che termina l’ultimo verso urlando la parola finale con una tale energia e una tale voce da smuovere completamente i demoni che risiedono nelle profondità della mia anima, provocarmi scosse lungo tutto il corpo e la pelle d’oca.
Respiro a fondo, godendomi quell’aria, mentre osservo tutti dall’alto. Loro sei (i Linkin Park, cazzo!), e il pubblico, così tante persone, fans, Soldiers come me, che creano un connubio unico di correnti di energia in continuo scambio, che fluisce dal palco al pit e viceversa, contemporaneamente.
Ora c’è una parte strumentale, mentre Brad comincia un bridge fantastico, non troppo lungo, non un virtuosismo assurdo, ma potente e della durata perfetta per quel brano, assai sentito e coinvolgente, accompagnato da alcuni effetti lanciati da Mr. Hahn e dal resto della band.
Mentre il mio spirito è ancora mosso da quelle note, Chester riprende a cantare il ritornello ancora una volta. Lo seguo a ruota, alternando e unendo la mia voce alla sua, in un botta e risposta che continua a provocarmi brividi, aggiungendo versi che canto da sola, intonandone alcuni assieme a Chaz e ripetendo alcune parole con Mike.
È tutto così dannatamente perfetto.
L’atmosfera è qualcosa di surreale ed inebriante che mi avvolge e mi fa sentire fottutamente bene, piena di energia travolgente, mentre quel divino connubio di strumenti e voci scorre in me come linfa vitale.
Forse è il miglior ritornello della canzone che ho cantato (se non una delle parti cantate più sentite e meglio riuscite che io abbia mai fatto in assoluto), ormai più sicura di me e completamente in preda alla musica e a ciò che essa mi comunica.
Riesco ad avvertire la mia essenza più profonda, completamente assorbita e strettamente legata a quella musica e a quell’atmosfera, che mi fanno sentire in un posto a cui appartengo davvero.

   
 
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