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Autore: Mao_chan91    18/06/2007    13 recensioni
Sono così...infantili., pensò con un breve sospiro e l'aria di chi la sa lunga sulla vita.
Giorni vergognosamente felici e un presagio.
La loro simulazione della realtà.
[Platonicissima AlxWinxEd con un vincitore morale ed uno effettivo.]
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#09 Clean - Quando ero importante



I don't understand
What destiny's planned
I'm starting to grasp
What is in my own hands
[Clean, Depeche mode]

-

Non c'erano fotografie sulle pareti, a quei tempi.
Troppi pochi ricordi. Un'età troppo esigua.
Nulla da rimpiangere, nulla da devastare.

C'erano loro, soprattutto. Per i prati di Rizembool a stremarsi a suon di corse e risate.
Quando non c'era niente e niente era da cambiare.

[E chissà se li abbiamo davvero vissuti, giorni così. Giorni vergognosamente sereni.
Forse è solo suggestione. Tante, troppe cose erano diverse.
E con esse io. E loro con me.]

-

"A cosa giochiamo?"

Winry zampettava allegramente per il prato rigoglioso, come un cagnolino vivace.
Ritmava i propri passi in equilibrio su alcune rocce con un fischiettio allegro, come una vecchia e rilassante canzone dimenticata.

Riluceva, col visino chiaro e gli occhi luminosi.
Di quegli occhi che se li guardi al sole con esso si fondono, perché brillano troppo. E non puoi più vedere quel che c'è dietro.

Ed si grattò la piccola testa senza grazia, producendo un bizzarro rumore tra i denti mentre pensava, anche troppo attentamente, al gioco da proporre.
Il che era una cosa piuttosto complicata, a dirla tutta.

Giocare con Winry escludeva il produrre qualcosa con l’alchimia, loro grande fonte di sollazzo, poiché così facendo la escludevano spesso e lei se ne lamentava animatamente.

"Ehm. Decidi tu. Ma non alla lotta."

Al soffocò una gentile risata di supporto, agitando piano la testolina bionda, ed attirandosi uno sguardo amareggiato del fratello maggiore.

Lei sorrise, appagata; adorava avere voce in capitolo in qualunque cosa. Qualunque cosa.
E ce l’aveva, con loro. Sempre, sottolineò mentalmente, accarezzando con affetto la piccola chiave inglese che impugnava con la mano destra.

"Sì. Tanto vinco io."

"Perché imbrogli."

"Non è vero! Mi aiuto."

"Con quella dannata chiave inglese non vale!"

"Tsé, sono una femmina, mi serve un vantaggio. Tu non sei un gentleman. Al invece sì. Prendi esempio. Lui mi aiuta a rialzarmi ed è gentile." disse lei, indicando con un dito l'altro bambino, intento a fissare, con ben scarso interesse verso la loro piccola disputa, una farfalla gracile e variopinta.

"Come se non fossi già violenta senza armi. E smettila di tirare in ballo Al, Al un corno! Sempre, sempre Al." ringhiò Ed con un astio che non gli si udiva spesso in voce.
Lei rimase interdetta, poi gonfiò in modo buffo il petto, fiera dei suoi otto anni.

"Sei solo geloso di lui!"

"Geloso di lui? Stiamo parlando di Al, Winry. Di Al e te. Mio fratello piccolo ed un maschio con la gonna."

"Spero di essere io, il fratello piccolo, Ed." brontolò lei con un occhiata malaugurante, mentre il piccolo Alphonse contemplava allegramente quanto azzurro fosse il cielo, chiedendosi perché lo fosse.

Sono così...infantili., pensò con un breve sospiro e l'aria di chi la sa lunga sulla vita.

"Al non porta gonne. Ed è un maschio."

Qui anche Al drizzò un poco le orecchie, perché la difesa della sua virilità era importante.
Ed lo ripeteva sempre. Probabilmente lo aveva letto in qualche libro. 'Virile' era una parola troppo difficile per lui, dopotutto.

"Io sarei un maschio?" ululò lei, avanzandogli incontro con passo marziale, così pesantemente da lasciare profonde buche al posto delle impronte dei sandali sul terriccio fresco, nella mente inquieta di Ed.

Si portò a pochissimi centimetri da lui, che però si fece forza per fissarla di rimando con aria sprezzante. Sprezzante del pericolo, a ben vedere.

"Sì. Un maschio. Guardati, non sembri una femmina. Porti solo un vestito da femmina. Giochi con noi a giochi da maschi. Ieri ti sei riempita di terra. Come noi. Ma noi siamo maschi."

Lei emise un piccolo lamento misto ad uno sbuffo insofferente, piuttosto indecifrabile, e ridusse gli occhi a due fessure.

"Non è vero."

"Sì."

"No."

"Sì."

"Ah, e allora giochiamo alla famiglia. Io faccio la mamma, ed Al il papà."

"COSA?!"

"Sì. Al?" chiamò con un sorrisino soddisfatto, lasciando l'altro lì, a vibrare di rabbia.

"Vieni, giochiamo."

"Mh?"

"Alla famiglia. Tu fai il papà."

Alphonse si tinse lentamente di un rosso vivace, deglutendo e sconfortando ulteriormente il fratello.

"...e tu la mamma?"

"Sì. Ed fa il bimbo piccolo e capriccioso." precisò poi lei, freddando sul nascere, con aria autoritaria, un tentativo di ribellione del suddetto, che prese a pestare nervosamente i piedi in terra.

Come un bambino capriccioso, per l'appunto.

"Strega."

"Mh?"

"Cioé, ehm, iniziamo pure!"

"Bene. Al, a te sta bene?"

"Oh...sì, sì."

"Allora, sedetevi." mormorò secca, facendo loro un breve cenno, poi un sorriso "Papà, sei stanco dopo il lavoro, vero?"

"Ah...sì, sì." replicò Al senza particolare trasporto, solo una stramba inquietudine lungo le spalle ora rigide e dure.
Lei parve leggergli nel pensiero, in questo. Interpretandolo nel modo sbagliato.

"Allora ti faccio un massaggio, scopriti la schiena!" propose candidamente, senza particolari risposte agli sguardi ora attoniti di entrambi.

"M-ma, Winry..."

"Mh? Ti vergogni? Scusa, sai quante volte vi ho visti nudi quando facevamo il bagno al lago?"

"Sì, ma..."

"NON C'ENTRA!" ululò Ed senza essere stato chiamato in causa, dapprima polverizzando Al con lo sguardo, come se la proposta fosse stata sua, sondando poi Winry con indomito e fiero coraggio, sconvolgendola leggermente e sgonfiandosi pian piano, ansante "Sei una...femmina, insomma! Non sta...bene."

Del suo svuotarsi si riempì lei, tirando su le labbra contenta, perché aveva ceduto ancora.

"Sono una femmina, allora."

"B-beh, sì, alla fine sì."

"Va bene, se ti vergogni tu per Al non lo faccio."

"Bene."

"Però...insomma, è stanco. Parla con tuo figlio della giornata, papà, io preparo il pranzo, poi andiamo a dormire." conciliò serenamente la bambina, chinandosi a raccogliere piccoli fiori per simulare un pasto.

Alphonse sentì il colletto della camicia stringerglisi strangolante al collo. Faceva molto, molto caldo.

"...insieme?"

"Sì, insomma, siamo sposati." minimizzò senza cautela lei, affaccendandosi con attenzione tra i gambi sottili.

L'esplosione giunse ancora da Ed che, senza apparente motivo, pareva non apprezzare affatto la trama della sceneggiata.

Era angosciante e pesante, per la sua ristretta mente cocciuta.

"No."

Questo pizzicò scortesemente la sensibilità già bruciante di Al, che strinse gli occhi e i denti.

"Perché no, nii-san?" sillabò con una lentezza furiosa che lui, troppo preso dalla sua, di furia, non calcolò minimamente.

"...manca l'anello." precisò quindi l'altro con un ghigno sottile e trionfante.

Questo toccò il limite che un buon fratello non deve mai superare, in una educata conversazione con il sangue del suo sangue; così il minore dei due, profondamente ferito nell'orgoglio, si curvò sul prato a cogliere un piccolo fiore, intrecciandone lo stelo in una curva modesta e gentile, che allungò al dito della bambina perplessa.

Molto perplessa, con gli occhi tondi e chiari che si andarono via via spalancando ulteriormente.

"Ora c'è. Winry, ci sposiamo?"

"Uh?"

"Ma che cretinate dici, non vi potete sposare!"

"E invece sì."

"NO."

"Ehi, qui decido io!" esclamò lei ponendosi tra i due contendenti, che si erano, frattanto, alzati e schierati l'uno contro l'altro, agitando i piccoli pugni.

"Uh?"

"...e vince Al." li placò paziente lei, perdendo espressioni più sentite, e volgendone una esausta al coetaneo "Perché è gentile. Tu no."

"M-ma mica volevo sposarti anch'io...era tanto per dire."

"Non volevi, nii-san?" si stupì Al, inarcando un sopracciglio, curioso.

"Lei è un maschio. Complimenti, Al. Hai sposato un uomo."

"Nii-san!"

"Che c'è?"

"Non devi dirle così."

"E' la pura verità, Al. La mamma ci ha insegnato a non dire bugie." sottolineò cantilenante Ed, sorriso vendicativo e furioso sempre più ampio tra le labbra.

"Non dire così!"

"Pensi che si metterà a piangere? Lei non piange mai. Non è sensibile. E' come noi, no?"
Implacabile, li derideva entrambi per sfogare la sua infantile frustrazione, e guardava Al con un sorrisino di scherno e fievole disprezzo, volgendo a lei le spalle.

Ed alle spalle ella lo colpì, con un singhiozzo soffocato tra le dita che si morse piano, levando un pugno con cui non riuscì a toccarlo, perché si arrese all'evidenza della sua crudeltà.
Al, curandosi di sgomitare con forza il fratello, nel raggiungerla, le strinse con tenerezza le esili scapole, guardando male l'altro, crollato sconvolto in terra, mano allo stomaco.

"Sei cattivo, Ed. Sei sempre cattivo con me. Mi odi?"

Qualcosa d'indefinito ma di veramente velenoso pungolò il suo cuoricino testardo, gettando al vento ogni scarna scusa o barriera tra lui e qualcuno a cui non voleva darla vinta.

Tremò, Ed. Si arrese.

"N-no che non ti odio."

"Bugiardo."

I singhiozzi si mischiarono al vivace tremolio della schiena di Ed; o meglio, lui ne seguì il ritmo, scosso e con i piccoli pugni serrati sui fianchi.

Non c'era più sciocco orgoglio a tenergli la testa alzata, solo quieto rimorso a prostrarlo senza forze a quella cosina delicata che piangeva sulla spalla poco più alta del suo fratellino.

Anche Al gli negava comprensione, davanti alla giustizia.

Anche il suo perenne complice non chiudeva gli occhi davanti all'ineluttabilità del primo grave disastro dei tanti che aveva combinato.

Una colpa bruciante, una macchia indelebile portata con rigore sul petto come un fiore elegante e come esso pronto a piegarsi se non sistemato adeguatamente.

Un sentimento che andava alimentato, nei confronti di sé stesso, a monito di quella sensazione sgradevole che non voleva sentire più, causata dalle labbra di Winry.

I pianti erano fastidiosi, per lui. Una parte intima di una persona condivisa con qualcuno di cui ci si fida.

Lui non la meritava, quella fiducia. E neanche quel pianto.

"Mi dispiace. Mi dispiace, non volevo. Non piangere. Non piangere, smettila, dài."

"Zitto. ZITTO."

Lui allungò una mano, lei allontanò la spalla.

Lui strinse le labbra, lei arricciò il nasino avvinghiandosi forte ad Al.

Ed il culmine giunse quando una lacrima sommaria percorse il viso di lui; non singhiozzò, perché Al lo stava guardando, mentre accarezzava ancora la testa di Winry.

"Smettila, SCEMA! SMETTILA."

"Ed..."

"SI', ti odio, bene, BENISSIMO!"

Lei sgranò gli occhi, portandosi una mano alla bocca. Poi, lievemente, si sciolse dalla tenera presa di Al ed avvicinò il maggiore dei fratelli, guardandolo fisso negli occhi.

"Grazie."

"Nii-san, idiota, cosa..."

"Va bene così, Al. Io sono contenta."

Con una breve stretta alla mano di Ed, Winry si sentì, a conti fatti, confortata.

"Va bene perché anche se dice queste cose guardandolo so che non è così. Va bene perché, dopotutto, non ho ancora deciso chi sposerò."

"E dopotutto, Ed, tu mi piaci molto."

Era stata davvero importante. Per lui, per loro.
E non c'era cosa che potesse renderla più felice.

Non la odiava. Si era umiliato. E non la odiava.
Aveva lacrimato. E, soprattutto, non la odiava.

"...come figlio, intendo." sottolineò poi con un sorrisino furbo, annientando con esso le parole timide che stavano per nascere dal groppo in gola di lui.
Ed scosse la testa e sbuffò, senza più guardarla, mentre Al li osservava incerto.

"Meglio così. Oh, beh, allora giochiamo?"

"Fratellino, sei malizioso."

"Ma...ma perché?"

"Ora vuoi giocare per fare cose sporche con lei!" lo accusò Ed risentito, digrignando i denti.

"Cose...sporche?"

"Oh, SAI cosa intendo!" borbottò l'altro, prendendolo per il colletto senza furia, ma turbato.

E tremarono entrambi, per motivi diversi.

"Insomma..." rabbrividì vistosamente il più grande, inspirando profondamente "...quella roba che fanno i grandi, tipo...tenersi per mano", smorfia, "...sbaciucchiarsi", conato di vomito "...e...e non so che altro. Ah, sì, ecco..." concluse lui in una climax ascendente composta da strani valori "...abbracciarsi."

Alphonse aggrottò la fronte ed allungò una manina in faccia al fratello per allontanarlo "E questo è disgustoso, per te?"

Sospirò forte, facendogli poi una linguaccia mentre correva allegramente a raggiungere una Winry poco interessata, persa a guardare una farfalla posatasi su un fiore "E, alla faccia tua, noi siamo sposati."

"Uh."

"Sì, proprio così."

Winry sorrise e gli prese la mano, tutta intenerita; Alphonse deglutì e si sentì percuotere dall'interno, preso alla sprovvista.

"Siamo una coppia felice." sorrise lei, vivacemente "Ma abbiamo un figlio cattivo. Perché..."

Ed non disse nulla. Si imbronciò, mettendosi le mani nelle tasche e calciando con noncuranza alcuni sassolini in terra.

La fantasia di Winry vagheggiava sul confine tra cielo e terra. Un sassolino urtò la caviglia di Al e si accigliò.

"Ecco, ora ricordo. Ieri hai fatto cadere il papà, monellaccio." disse, scostandosi nuovamente da Al per dare un colpetto sullo sterno ad Ed "E si è rotto le gambe."

"Ugh-, andiamo, quello è stato ieri, Win...Al sta bene."

Affatto contenta, lei corse dall'altra parte, come animando delle bambole in una recita, raddrizzando Al e facendolo sedere, tutta impettita.

"Si è rotto le gambe, vedi. E' triste. Lo hai reso triste, quindi sono triste anch'io."

Ed deglutì, timoroso nell'accostarlesi nuovamente, trovando sul suo volto occhi dallo scintillio profondamente malevolo.

"Scambio equivalente, sai. Lo dite spesso. Ora le gambe deve rompertele Al."

Fiera fomentatrice di rivolte, puntò col dito il visetto ridente del bambino più piccolo, che si fregò le mani, lieto di un incoraggiamento a lavare nel sangue l'onta subita, quando ad onta appena ricevuta non aveva osato, per serbare pienamente il suo decoro, fare a botte col fratello davanti a Winry.

"Con piacere, Win!"

Visibilmente turbato, l'offensore indietreggiò vanamente.

"Ma ehi, no, no, scemi, che..."

Non realizzò se facessero sul serio o meno, dal momento che Al tra le risatine sincere di Winry-no, probabilmente sarebbe solo corso da lui a prenderlo a pizzicotti- si stava rimboccando le mani e scrocchiando rumorosamente le dita...

Non lo realizzò e ringhiò piano, incrociando le braccia.

"Ma perché? Ahh, voi siete pazzi, me ne vado!"

Fu una constatazione confusa, quella di lei, che tremò un poco, mentre Al si fermava, portandosi una mano alla bocca.

Avrebbe semplicemente voluto chiedere a Ed quando sarebbe tornato, ma non lo fece.

"E torni?"

Lui la fissò interdetto, per diversi istanti.

"Sì che torno."

Lei non seppe se sorridere o sospirare afflitta, nel suo corpicino bambino, accorata nel ricercare qualcosa che andava al di là del dato di fatto che Ed non stesse realmente andando in nessun posto irraggiungibile. C'era qualcosa di doloroso, in quella frase.
Qualcosa che la faceva sentire assurdamente triste.

-

Nonostante tutto, non riesce proprio a piangere. Le nuove foto sono tante, le cose preziose- le nuove speranze- tantissime.

[Prima di avere desideri. Prima di avere pensieri nostri, c'era questo.
Prima che trattenerli lì avesse importanza- c'erano sempre, sai. E prima che io perdessi la mia.]

Fine




Una fic in cantiere da un sacco di tempo. E, come le altre, tutta dedicata al theme-set Violator di Maki postato sul forum, per gli EdWin hints, anche se è quasi una amorevole e tacita sorta di threesome. Molto quasi. E' una sorta di lettura un po' leggera-molto leggera per i miei gusti-, con uno stile leggerissimo che non credo mi si vedrà usare spesso.
E' assurdamente semplice, per i miei standard, a livello di stile, ma non durerà oltre questa fic, in cui è stato funzionale.
Per quanto abbia realizzato che alcuni punti di Personal Jesus risultassero pesanti per davvero, infatti da quella in poi pian piano cerco sempre di alleggerirmi.
Un po', ecco.

Questa è la mia personalissima versione del famoso "Ricordi che da piccoli abbiamo litigato anche su chi doveva sposare Winry, eh, nii-san?".
Nel manga Winry dice che questo episodio dovrebbe essere avvenuto quando avevano cinque anni, ma è una sua supposizione incerta.
Qui hanno circa otto e sette anni.
Non me ne incolperò troppo e spero che vorrete perdonarmelo.
Questa fic è una cosina a volte sul limite del nonsense e a volte ragionata. Vi prego di leggerla con l'ansia di Winry stessa, perché il fulcro del tutto è l'amarezza di quello che è stata per i suoi amici rapportato a quello che è ora, per quanto sia nella sua testa.
Dopotutto, se non la avvisano di nulla è perché non possono o non vogliono metterla in pericolo.
Solo che lei questo non lo sa.

Questa Winry amabilmente maschiaccio è stata costruita basandomi su mie supposizioni personali, ma è risultata essere incresciosamente ed ambiguamente simile alla mia adorabile beta Sìl-Sìl da giovane (ma se la chiamate Win-Win è lo stesso, allo stesso modo pretende di sentirsi amabilmente dire cose scontate a parole. E umiliarmi. E torturarmi psicologicamente...sì, sono Ed, rispetto a lei XD), aka Onda.

Grazie, vecchia scema, e ti prego ancora di betarmi Don't look. Non per metterti fretta, ma per rendermi odiosa *mette il broncetto alla Ed e saluta i lettori con una pacchetta sulla testa per uno*.

Dalla ella sono stata minacciata con inusuale, uhm, freddezza(?), poiché ha una passione snaturata per questa fic scema, affinché postassi presto questa fic.
Adeguatamente pignola su questo scritto sbozzato troppo in fretta, è una ragazza meritevole di fiducia, sì.
E che si merita un credit per l'adorabile trovata dello scambio equivalente "Ora ti rompe lui le gambette, yay!".
Un altro credit, per l'idea di far giocare alla famiglia i bimbi, che mi serviva proprio, va a
questa fic, mi sono illuminata leggendola.

Uh, e aspettatevi presto anche un altro amabile drabble a tema EdWin. Un drabble cretino *si allontana imbarazzata*.
Ovviamente, amo tutti i recensori. Recensite anche questa stupida fic per avere il mio amore eterno. Pressappoco, insomma.

Alla prossima XD.

  
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