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Autore: WilKia    01/12/2012    4 recensioni
Un'altro dei miei deliri senza senso, in cui ho rivisitato la storia di Rapunzel con dei personaggi un po' più... GLEE
- “Ops.”
Mormorò all’indirizzo di Lord Tubbington che era saltato via spaventato.
“E ora che ne facciamo di lui Tubb?”
Domandò perplessa, ottenendo solo uno sguardo serio dal gattone. -
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez, Sue Sylvester | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel, Quinn/Santana, Rachel/Santana
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II

 
 
 
Il micione sollevò la testa infastidito, puntando uno sguardo indignato sulla bambina che rideva a crepapelle agitando le gambe sotto le coperte e stringendosi con le braccia l’addome dolorante per le troppe risate.
“Ti sembra molto divertente, vero?!”
Domandò la madre inarcando le sopracciglia.
“Vorrei proprio vedere se continueresti a ridere al posto del povero Cortez. Pensa che mal di testa.”
La rimproverò, ma con un sorriso giocoso dipinto sulle labbra.
“Ahahahah! L’ha preso a padellateeee. Ahahahah!”
Continuò a ridere la piccola rotolandosi tra le coltri.
“Allora, hai finito di ridere delle disgrazie di quel povero, onesto ladro? Posso continuare con la storia?”
Domandò la madre risistemando il letto e dando una breve carezza al gatto, perché si rimettesse a dormire tranquillo.
Finalmente le risa si spensero lentamente e la bambina si girò in modo da poterla osservare, mentre riprendeva il racconto.

 
“Ahi!”
Protestò Cortez avvertendo cinque artigli sottili ed affilati conficcarglisi nel polpaccio.
Si riscosse lentamente dal torpore che lo avvolgeva, scuotendo piano la testa dolorante.
“¡Ah, mi pobra cabeza!”
Borbottò contrariato.
Batté le palpebre nel tentativo di schiarirsi la vista e si guardò intorno spaesato, non riconoscendo il luogo in cui si trovava, mentre in lui si faceva strada la consapevolezza che qualcosa non andasse.
Infatti non riusciva a muovere né braccia né gambe, e sentiva anche una certa costrizione al petto che gli rendeva difficile respirare.
“Dove sono?”
Si guardò intorno, mentre lentamente ricordava la fuga.
“Poi ho scalato la torre e stavo guardando il panorama quando…”
“Non ti muovere!”
Ordinò una voce tremolante.
Cortez si guardò intorno, notando una figura nascosta nella penombra.
“O-ogni tentativo di liberarti è inutile.”
Disse ancora quella voce di ragazza.
Provò a divincolarsi, trovando che, effettivamente, era molto ben legato.
Abbassò lo sguardo sui vincoli che lo trattenevano e aggrottò le sopracciglia perplesso.
“Ma che razza di…? Queste non sono corde – affermò tra sé e sé – capelli? Mi hai legato con dei capelli?”
Domandò incredulo alla figura nascosta nell’ombra.
Provò a divincolarsi di nuovo, non riuscendo a credere di essere veramente avvolto da lunghissime ciocche bionde.
Avvertì dei passi leggeri avvicinarsi e sollevò lo sguardo appena in tempo per vedere la ragazza più bella che avesse mai incontrato in vita sua uscire dall’ombra. Il suo sguardo risalì lungo la sua figura slanciata, doveva essere almeno un paio di centimetri più alta di lui. Avanzava insicura e con un leggero tremolio, tenendo una padella sollevata minacciosamente nella sua direzione.
Si soffermò a lungo sulle lentiggini che le punteggiavano il naso, dopo essersi attardato sulle labbra, atteggiate in un broncio che trovò assolutamente adorabile. Ma quando la luce del sole colpì i suoi occhi, dovette seriamente sforzarsi per impedire che la sua bocca si spalancasse. Solo nel cielo della primavera aveva visto un azzurro tanto intenso.
“Chi sei? – domandò la ragazza con voce un po’ più sicura – e come hai trovato la torre?”
Ancora incantato dalla sua bellezza, Cortez ci mise alcuni istanti a registrare le parole che gli aveva rivolto.
Chi era quella ragazza? E che cosa ci faceva in cima ad una torre senza porte nel bel mezzo della foresta?
Una cosa era certa, non si era sbagliato a pensare che da lassù avrebbe goduto di una vista meravigliosa.
Si schiarì la voce, fissando i suoi occhi neri in quelli azzurri della ragazza.
“Non so come ho trovato la torre – spiegò con il suo tono di voce più roco e sensuale – e non ho idea di chi tu sia. Ma c’è qualcosa che vorrei dirti…
Wow ragazza, sei un vero schianto!”
Esclamò con tono ammiccante, inarcando le sopracciglia.
“Sono Diego Cortez, e sono pronto a realizzare ogni tuo più nascosto desiderio.”
La ragazza lo osservò per alcuni istanti, battendo le ciglia confusa dal suo atteggiamento. Poi, improvvisamente, strinse gli occhi in due sottili fessure, puntandogli la padella sotto il naso.
“Non mi incanti! – esclamò seria – cosa volevi farci con i miei capelli, eh? Venderli? O ti ha mandato qualcuno perché glieli consegnassi?”
Cortez sgranò gli occhi confuso e sollevò le mani, per quanto gli fosse possibile con i polsi legati alla sedia, in un gesto difensivo.
“Ehi, rallenta biondina…”
“Brittany.”
Lo corresse lei.
“Oh, ma che bel nome.”
Rispose roteando gli occhi per la mancanza di fantasia della madre della ragazza. Almeno la metà delle fanciulle del regno erano state chiamate così in onore della principessina, scomparsa quando lui era così piccolo da non saper ancora camminare.
“Comunque, non ci voglio fare nulla con i tuoi capelli…”
“E perché mai saresti qui, se non per i miei capelli?!”
Chiese lei in tono d’accusa.
“Senti, bellezza. Ero in una situazione complicata e mi serviva un posto in cui nascondermi in attesa che si calmassero le acque, d’accordo? Sono capitato per caso nei dintorni, ho visto la torre e l’ho scalata. Fine della storia.”
Gli occhi azzurri di Brittany si spalancarono sorpresi.
“Davvero non sei qui per i miei capelli?”
Domandò meravigliata.
“Perché mai dovrei interessarmi ai tuoi capelli?”
Chiese con fare ovvio.
“Oh!”
Esclamò Brittany abbassando finalmente la sua padella.
“Al momento tutto ciò che voglio dai tuoi capelli è che tu me li tolga di dosso.”
Brittany scambiò uno sguardo con il gatto che per tutto il tempo l’aveva scrutato con sguardo indagatore, Cortez l’aveva trovato vagamente inquietante.
“Va bene – decretò – ti libererò, ma ad una condizione…”
“Senti, biondina – la interruppe – vorrei tanto continuare a chiacchierare con te, ma ho degli affari che mi attendono e…
Un momento! Dov’è la mia borsa?”
Domandò nervosamente.
“L’ho nascosta – spiegò Brittany – dove non riuscirai a trovarla.”
Cortez si guardò intorno con aria critica, era bravo a trovare i nascondigli delle cose preziose, non per nulla era il ladro più ricercato del regno.
“È  dentro quella scatola di colori, vero?”
L’unica risposta che ottenne, fu il clangore della padella di Brittany che, per la terza volta impattava con il suo cranio, spedendolo nell’incoscienza.

 
“Ma povero Diego! – rise la bimba per poi nascondersi dietro le manine – chissà che bernoccolo gli sarà venuto in testa.”
“Già, un bernoccolo enorme – confermò la madre con un sorriso – alto quanto la torre di Brittany.”
 

“Come avrà fatto a scoprirlo?”
Domandò Brittany all’indirizzo di lord Tubbington, mentre si affrettava a cercare un nuovo nascondiglio per la borsa del suo prigioniero.
Un sorriso le incurvò le labbra, quando trovò il luogo perfetto.
“Che ne pensi di lui, Tubb?”
Chiese poi, ricevendo uno sguardo serio dal micione.
“Lo so, non convince del tutto neanche me, ma che scelta abbiamo?”
Sospirò ricordando il litigio che aveva avuto poco prima, al ritorno di sua madre, quando aveva tentato di convincerla di essere in grado di badare a sé stessa mostrandole l’intruso che aveva chiuso in un armadio, privo di conoscenza. Ma prima ancora che Brittany potesse aprire le ante dell’armadio, Sue aveva messo bene in chiaro che non le avrebbe mai permesso di lasciare la torre e che vi sarebbe rimasta rinchiusa per il resto dei suoi giorni.
Così Brittany aveva escogitato un modo per realizzare comunque il proprio desiderio, senza che la madre sapesse mai che le aveva disobbedito.
Le aveva chiesto in dono dei colori molto rari, che Sue avrebbe potuto procurarsi solo affrontando un lungo viaggio di almeno tre giorni.
Alla fine la donna aveva ceduto, pur di far cadere l’argomento “uscire dalla torre”.
Con la partenza di sua madre il primo ostacolo era stato superato, ora non le restava che trovare il modo di andare a vedere il suo “fiume di luci” e ritornare il più in fretta possibile, prima del rientro di Sue.
Per questo le serviva una guida.
“Ahi! Basta!”
Protestò Cortez, quando Lord Tubbington gli affondò gli artigli nell’altro polpaccio, per svegliarlo.
“Non sono un dannatissimo puntaspilli.”
Ringhiò.
“Ho una proposta da farti – iniziò Brittany osservandolo scrollare la testa, ancora stordito – domani, esattamente dopo il tramonto, il cielo sarà invaso da un fiume di luci fluttuanti…”
“Parli della festa delle lanterne?”
La interruppe Cortez scuotendo la testa dolorante.
“Lanterne – mormorò Brittany tra sé e sé – ecco cosa sono!”
Si schiarì la voce.
“Esattamente. Ecco la mia proposta, tu mi farai da guida. Mi accompagnerai a vedere le lanterne e poi mi riporterai qui e a quel punto io ti restituirò la tua borsa.”
Cortez la osservò con aria critica.
“Spiacente, biondina…”
“Brittany.”
Lo corresse di nuovo lei.
“D’accordo, Brittany. Ho affari urgenti da sbrigare, inoltre, da quelle parti non sono esattamente popolare, diciamo pure che per me marciare trionfalmente attraverso le porte della città sarebbe una sorta di suicidio. In parole povere, Brittany, se vuoi vedere le lanterne vacci da sola.”
Concluse con un’espressione indolente dipinta in viso.
“Ho bisogno di andare e tornare entro tre giorni al massimo, prima che rientri mia madre. Non ce la farò mai senza una guida, non conosco la strada e ci metterei troppo tempo.”
Quasi implorò lei.
“Ah, lo stai facendo di nascosto dalla mamma eh… spiacente, non è un problema mio.”
“Ma prima hai detto che sei qui per realizzare ogni mio desiderio…”
Insisté lei imbronciandosi.
“Quando? Cos… ah!”
Balbettò, finché non gli tornò alla mente la conversazione avuta con lei prima che lo stordisse con quella padella infernale. In effetti era ancora un po' offeso per il modo in cui la ragazza aveva ignorato il suo approccio.
“Era solo un modo di dire.”
Bofonchiò con una scrollata di spalle, dipingendosi un’espressione indolente sul volto.
Gli occhioni azzurri di Brittany si strinsero di nuovo in due fessure, mentre un’espressione determinata le si dipingeva in volto.
“Ma quella borsa è un problema tuo e ti assicuro che puoi anche radere al suolo la torre pezzo per pezzo, ma non riuscirai mai più a trovarla senza che io ti indichi il suo nascondiglio. Mai.”
Cortez osservò a lungo quegli occhi determinati, mentre il suo cervello lavorava febbrilmente alla ricerca del modo per uscire da quella situazione.

 
“E alla fine che ha fatto, mamma? Ha accompagnato Brittany a vedere le lanterne?”
“Certo che l’ha accompagnata, ma non è stato un viaggio facile. Hanno dovuto affrontare molte prove.”
“Che prove? – chiese la piccola sgranando i suoi occhioni azzurri – animali feroci? Banditi? I soldati che volevano arrestare Diego?”
La donna sorrise.
“Oh, si. Ma andiamo con ordine, perché la vera prova per Cortez è iniziata nel preciso momento in cui ha accettato la proposta di Brittany.”
“Davvero? E che prova era?”
Ridacchiò.
“Avere pazienza.”

 
Cortez sbuffò e diede un calcio ad un sassolino, prima di voltarsi verso la grande quercia che si ergeva a sinistra del sentiero che stavano seguendo.
Brittany era rannicchiata tra le radici, le ginocchia raggomitolate al petto e il volto nascosto dai suoi capelli assurdamente lunghi. Lord… qualchecosa, non ricordava come si chiamava quel maledettissimo gatto, né capiva perché se lo fosse voluto portare dietro, era seduto al suo fianco e di tanto in tanto sfregava il suo testone peloso contro il braccio della ragazza.
Era da quando avevano lasciato la torre che Brittany alternava momenti di grande eccitazione in cui saltellava e danzava in giro per la foresta, ridendo ed osservando ogni più piccolo fiore o foglia o… qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione, con i suoi occhioni azzurri sgranati e tutto il volto atteggiato in un’espressione di meraviglia, ad altri momenti di profondo sconforto, passati ad autocommiserarsi in una sfilza di sensi di colpa verso sua madre e la sua disobbedienza all’unica ferrea regola che le avesse mai imposto, quella di non uscire mai dalla torre.
Quando la sentì lasciarsi sfuggire un piccolo singhiozzo sospirò pesantemente e si passò una mano sulla nuca in un gesto nervoso, avvicinandosi.
Si chinò sulle ginocchia di fronte a lei e si schiarì la voce, ma Brittany non diede alcun segno di averlo sentito.
Lanciò uno sguardo inceneritore al gatto che lo fissava sospettoso e si schiarì di nuovo la voce, tanto per essere sicuro.
“Sai, mi sembra di notare che tu sia impegnata in una seria lotta con te stessa.”
Iniziò.
Brittany sollevò la testa e lo fissò asciugandosi una lacrima. Per un momento Cortez si sentì una persona veramente orribile davanti a quegli occhi arrossati dal pianto e a quel broncio triste, ma ehi, era un furfante dopo tutto.
“Sai, capisco bene la situazione, tua madre a quanto pare è una vecchia frigida fissata con le regole e terrorizzata dal mondo direi, dato il modo in cui ti ha rinchiusa – proseguì, inghiottendo quella sensazione spiacevole – quanti anni hai? 17?”
Domandò, ricevendo un cenno d’assenso.
“Ne compio 18 domani.”
Mormorò Brittany tirando su con il naso.
“Vedi, ormai sei una donna, è ora che lasci il nido lassù sulla tua torre e impari a camminare con le tue gambe.”
“Ma quello lo so fare da quando avevo 10 mesi…”
Mormorò Brittany battendo le palpebre confusa.
“Ehm, wow, complimenti. Io ho imparato solo ad un anno e tre mesi, ma non è questo quello che intendevo – si riprese scuotendo la testa – quello che volevo dire è che è ora che cominci a fare le cose senza il permesso di mammina. Un po’ di ribellione è più che normale. Ti farà solo bene.”
“Tu-tu credi?”
Domandò Brittany rasserenandosi un poco.
“Certo, e poi abbiamo detto che ti riporterò alla torre prima del suo ritorno, quindi ciò che non sa non le farà del male.”
Esclamò allegramente alzandosi e voltandole le spalle.
“F-farle del male?”
“Beh, sai com’è… A nessuna madre piace che la propria figlia se ne vada a zonzo per i boschi con il primo tizio conosciuto. Se lo venisse a scoprire sarebbe un’autentica pugnalata per lei.”
“P-pu-pugnalata?!”
Osservò con la coda dell’occhio la sua espressione sempre più traumatizzata, chiaro segno che fosse pronta a ricevere il suo affondo finale.
“Eeeeh già. Il distacco tra madre e figlia alla fine è inevitabile – sospirò con aria melodrammatica – ed è sempre un momento doloroso. Soprattutto quando è improvviso ed anche così imprevisto. Ma non temere, alla fine se ne farà una ragione. Certo, all’inizio soffrirà per i primi 5-10 anni, forse più, forse meno.”
Concluse voltandosi, finalmente, ad osservare la sua espressine sconvolta.
“Lo so, capisco il tuo tormento interiore. È una decisione difficile da prendere, forse hai bisogno di più tempo. Così è tutto troppo improvviso, lo capisco.”
Si fermò per una pausa ad effetto e la guardò con un’espressione falsamente pensosa.
“Sai, non è mia abitudine fare questo, ma tu mi sei simpatica, biondina. Perciò dall’alto della mia bontà, ho deciso di scioglierti dal nostro patto.”
“C-come?”
Domandò Brittany confusa.
“Lo so, non c’è bisogno che mi ringrazi – continuò imperterrito, chinandosi a raccogliere il gatto ed avviandosi lungo il sentiero, nella direzione da cui erano appena arrivati – forza, andiamo. Ti riaccompagno alla tua torre. Io recupero la mia borsa e tu recuperi il rapporto basato sulla fiducia reciproca che hai con tua madre. Tutti vincono.”
Concluse allegramente.
“Ahi! ¡Maldita bestia!”
Esclamò lasciando andare il gatto che gli aveva morso una mano.
Non appena toccò terra, il felino si accucciò ai piedi di Brittany, schiacciandosi al suolo con gli occhi socchiusi e le orecchie basse sulla testa, mentre apriva le fauci mostrandogli i denti in un soffio minaccioso.
Stava ancora fissando il gatto con uno sguardo di sfida, quando si trovò davanti gli occhi azzurri di Brittany, di nuovo stretti in quello sguardo determinato.
“Tu non hai il diritto di sciogliere nessun accordo. Sono io che ho la tua borsa e non intendo restituirtela finché non avrò visto quelle lanterne. Fossi in te mi assicurerei che io arrivi a vederle e poi mi riaccompagnerei alla torre entro il tramonto del terzo giorno, se davvero ci tieni a riaverla.”
Cortez fissò per un attimo quegli occhi determinati, accorgendosi solo in seguito di avere la padella che Brittany brandiva puntata direttamente sotto al mento.
Stava cercando un modo adatto per ribattere, quando il cespuglio alle sue spalle iniziò a muoversi frusciando e l’atteggiamento di Brittany cambiò repentinamente.
Prima di potersi rendere conto di quello che accadeva, Cortez si trovò voltato a fronteggiare il cespuglio, con Brittany che si riparava dietro di lui, tenendo la padella protesa davanti a loro passando da sotto il suo braccio.
“C-che cos’è? – squittì con voce tremante – banditi? Assassini? Un branco di mostri assetati di sangue?”
Improvvisamente le fronde del cespuglio si aprirono lasciando libero il passaggio ad un gruppo di animali.
“Quack!”
“Attenta – bisbigliò Cortez sarcastico – se interrompi il contatto visivo potrebbero anche attaccarti.”
“Oh! – esclamò Brittany imbarazzata, per poi ridacchiare nervosamente davanti a mamma anatra e alla sua nidiata di anatroccoli – forse sono un tantino nervosa.”
Concluse lasciando da parte la sua padella per poi inginocchiarsi tra i pulcini che le si disposero intorno curiosi.
“Ehi, tienila a portata di mano quella, potrebbe sempre servire per cucinare la cena.”
Commentò Cortez sollevando un sopracciglio ed osservando lo sguardo avido di Lord Tubbington. Era probabilmente la prima volta che lui e il gatto erano d’accordo su qualcosa.
Ma Brittany sembrò non aver neppure sentito ciò che aveva detto, troppo intenta a giocare con gli anatroccoli che le si arrampicavano addosso.
Cortez sbuffò seccato per come la ragazza l’avesse incastrato e per come ora lo stesse ignorando completamente per un branco starnazzante di pennuti.
Si schiarì la voce un paio di volte, ma Brittany sembrava essere completamente rapita dagli anatroccoli che le zampettavano attorno impacciati.
“Credevo avessimo fretta.”
Sbottò infine, irritato.
“Fretta?”
Domandò Brittany.
Cortez la fissò incredulo.
“Le lanterne? Abbiamo una scadenza da rispettare, o sbaglio?!”
Esclamò esasperato.
“Ma sono così carini.”
Trillò Brittany sollevando delicatamente una paperella fino a sventolargliela sotto i baffi.
“Sono delle bestiacce piumate e pigolanti – sbottò piccato incrociando le braccia sul petto – e ci stanno facendo perdere tempo prezioso.”
“Sono dolci e teneri.”
Insisté Brittany, coccolando l’anatroccolo che aveva tra le mani.
“Teneri sicuramente. Ma li preferisco salati, arrosto e su un letto di patate al forno.”
“Avanti, fagli una carezza. È morbido come una nuvola.”
“No!”
Si rifiutò stringendo con ancora più forza le braccia sul petto.
“Avanti…”
Lo invitò Brittany insistente.
“Ho detto di no!”
Ribadì spostando lo sguardo su un sasso accanto a dove era seduta la ragazza.
“Per favore?”
Continuò lei, imbronciando lievemente le labbra e sgranando i suoi occhi azzurri.
Cortez si impegnò a mantenere il suo atteggiamento scocciato, ma quando con la coda dell’occhio colse il piccolo broncio in cui erano atteggiate le labbra di Brittany sospirò pesantemente lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“D’accordo – esalò – ma solo a patto che poi saluti questi dannatissimi pennuti e ci rimettiamo in marcia.”
Borbottò scontroso.
“Affare fatto.”
Trillò lei allegra, porgendogli di nuovo l’anatroccolo.
Cortez lo osservò corrucciato, mentre il pulcino lo studiava curioso, con la testolina inclinata di lato.
Dopo alcuni istanti di silenzio, protese l’indice sinistro e lo strofinò brevemente sul becco piatto dell’anatroccolo per poi incrociare di nuovo le braccia al petto.
“Ecco fatto. Contenta? Ora possiamo andare?”
“E quella la chiami carezza? – domandò Brittany aggrottando le sopracciglia – sono sicura che puoi impegnarti di più.”
Prima che Cortez potesse protestare, Brittany gli aveva già afferrato una mano e vi aveva depositato sopra l’anatroccolo, per poi prendergli l’altra e guidarla in un’ampia carezza sulle sue piume soffici.
“Ecco, così va meglio. Non era difficile, no?! – trillò Brittany allegra – oh, guarda! Sembra che tu gli piaccia.”
Sospirò osservando l’anatroccolo che si era sistemato comodamente nel palmo della sua mano, nascondendo la testolina sotto l’ala per farsi un sonnellino.
Cortez osservò per un momento l’anatroccolo accoccolato nella sua mano e, prima che potesse controllarsi, le sue labbra si incurvarono leggermente in un sorriso.
“Beh, a me non piace lui! – borbottò non appena si accorse del movimento involontario delle proprie labbra – quindi restituiscilo a sua madre, prima che decida di trasformarlo nella mia cena. Comincio ad essere affamato.”
Concluse lasciandole cadere il pulcino nella mano, per poi riavviarsi rapidamente sul sentiero che stavano seguendo prima di quella sosta indesiderata.
Brittany scosse la testa sorridendo e posò delicatamente l’anatroccolo tra i suoi fratellini, quindi diede un’ultima carezza a tutti e salutò mamma anatra prima di alzarsi ed inseguire Cortez.
“Andiamo Tubb.”
Chiamò mentre si allontanava rapidamente.
Lord Tubbington lanciò un ultimo sguardo avido alla nidiata di pennuti, mugolando il suo dissenso quando si sentì chiamare di nuovo da Brittany.
Mosse nervosamente la coda, osservando l’atteggiamento minacciosamente guardingo di mamma anatra, poi si voltò altezzoso e si affrettò ad inseguire i due umani.
“Sai, anche io comincio ad avere una certa fame.”
Esclamò Brittany non appena ebbe raggiunto Cortez.
“Beh, mi dispiace, ma temo tu abbia appena finito di coccolare la nostra cena.”
Borbottò sventolando una mano in aria con fare annoiato.
Brittany gli afferrò la mano e la osservò attentamente.
“Hai le mani piccole.”
Esclamò.
Cortez si rimpossessò della propria mano con uno strattone.
“Questo perché le mie non sono semplici mani. Sono delicati e precisissimi strumenti da furto – spiegò serio sventolandole le mani sotto al naso con orgoglio – sono in grado di sottrarre qualsiasi oggetto prezioso dalla tasca più nascosta, senza che il proprietario se ne accorga.”
E tanto per dimostrare la propria affermazione le sventolò sotto al naso il nastro celeste che aveva avvolto in vita come cintura e il braccialetto di conchiglie che fino ad un attimo prima era assicurato attorno al suo polso.
Brittany sgranò gli occhi e abbassò lo sguardo ad osservare il proprio abito che non più trattenuto dal nastro le si gonfiava largo intorno alla vita.
“Accidenti… forse è davvero il caso che ti porti a mangiare qualcosa – ragionò Cortez riannodandole il nastro intorno ai fianchi, prima di riprendere il cammino – sei talmente magra che se dovessi saltare un pasto rischieresti di sparire.”
Esclamò lanciandole il suo braccialetto da sopra la spalla sinistra.
Brittany lo afferrò e rimase alcuni istanti pensosa, spostando lo sguardo tra il braccialetto e il ragazzo che continuava ad allontanarsi, poi gli saltellò dietro entusiasta.
“Conosci un buon posto?”
Domandò riprendendo il discorso sul problema della cena.
“Oh, sì. Il migliore del circondario – rispose, mentre un’idea iniziava a formarsi nella sua mente – toglimi una curiosità. Mi è parso di capire che banditi e delinquenti siano da evitare, vero?”
“Sarebbe meglio, sì.”
“Benissimo. Allora sono sicuro che saprai apprezzare ‘La Prima Stella a Sinistra’ la locanda più rinomata dei dintorni.”
Esclamò allegramente precedendola sul sentiero e sogghignando sotto i baffi.
“La prima stella a sinistra? – domandò Brittany incuriosita – il nome promette bene.”
“Oh, sì. Sono sicuro che ti piacerà.”
“È lontano da qui?”
“Non ricordo esattamente dove si trova. Ma basterà seguire l’odore.”
“Per via dei manicaretti che ci preparano?”
“Eeeehmm… già! – esclamò Cortez dopo un attimo di esitazione – proprio per quello.”
Rispose con un ghigno sempre più ampio.

 
“Non mi fido di quel Cortez.”
Borbottò la piccola con espressione seria.
La madre inarcò le sopracciglia sorpresa.
“Perché no, tesoro?”
“È troppo misterioso. Sembra che nasconda un segreto.”
“Tu dici, eh?”
Domandò la donna osservandola con aria solenne.
“È così, vero? – si entusiasmò la bambina – nasconde un segreto!”
“Oh, sì. Un grande segreto.”
Rispose, misteriosa.

 
“Oh! Ma che bel posto.”
Trillò Brittany, osservando rapita l’edificio in legno e pietra che si ergeva davanti a loro.
La locanda aveva indubbiamente un aspetto accogliente con il suo tetto di legno e paglia e il fumo denso che usciva dal comignolo in pietra.
Una grossa stella dipinta in una brillante tinta di giallo svettava su un insegna posta all’inizio del vialetto che conduceva all’ingresso.
“Pronta ad entrare?”
Domano Cortez.
“Sì, muoviamoci! – esclamò saltellando – sto morendo di fame!”
“Allora, prego. Accomodati.”
La invitò aprendo galantemente la porta, permettendole di entrare per prima.
Brittany fece qualche passo saltellante nella locanda, prima di bloccarsi in mezzo alla stanza ad occhi sgranati.
Ovunque volgesse lo sguardo, decine di brutti ceffi la fissavano come se avesse tre braccia.
Istintivamente sollevò la padella davanti a sé, iniziando ad indietreggiare, ma si trovò premuta contro Cortez che, prendendola per le spalle, la spinse in avanti, facendola addentrare ancora di più nella folla di delinquenti patentati che popolava la locanda.
“Aaaah senti qui che odore! Tipico aroma di uomo sudato. Non ti senti già ritemprata?”
Domandò Cortez sogghignando.
“Diego – bisbigliò Brittany da sopra la spalla, mentre raccoglieva i propri capelli in un ammasso informe che si strinse al petto – questo posto è pieno di banditi.”
“Sono solo onesti briganti.”
Spiegò lui continuando a farla avanzare.
Improvvisamente si trovarono la strada sbarrata da un uomo dal fisico massiccio e muscoloso, un uncino a sostituirgli la mano sinistra e una cresta che spiccava fiera  al centro della sua testa rasata.
“Io ti conosco.”
Esclamò squadrando Cortez con sguardo indagatore, mentre la mano destra accarezzava pigramente la curva del suo uncino.
Cortez lo osservò arricciando le labbra, lo sguardo che si puntò automaticamente sullo scintillio sinistro del suo uncino.
“No – esclamò poi – ricorderei sicuramente il tuo fantastico sorriso. Ora se vuoi scusarci…”
Concluse aggirandolo.
“Ehi, eccolo qui! È Diego Cortez.”
Squittì un tizio con piccoli occhi da topo e una massa informe di ispidi ricci sulla testa.
‘Faccia da topo’ corse verso l’uomo con l’uncino, sventolando un foglio che aveva appena strappato dalla parete.
“La sua taglia vale un sacco di soldi, Puck. Guarda!”
Squittì servile, mentre l’uomo gli strappava di mano il manifesto, ghermendolo con il suo uncino.
“A quanto sono quotato?”
Domandò Cortez sporgendosi sopra la spalla di Brittany per sbirciare il bando.
Improvvisamente una mano forte si strinse alla base del suo collo, sollevandolo da terra. Strinse i denti, quando la sua schiena impattò contro la parete di legno.
“Un bel po’ – rispose l’uomo con un ghigno, puntandogli l’uncino alla gola – a quanto pare qualcuno non è molto simpatico alla corona.”
“Oh, ti assicuro che l’antipatia provata per me dai reali è nulla paragonata a quella del capitano Fabray.”
Sogghignò Cortez, non perdendo il suo atteggiamento strafottente, nonostante tutto.
“Allora immagino mi sarà molto riconoscente, quando ti consegnerò direttamente nelle sue mani…”
“Ehi, lascialo!”
Esclamò Brittany agganciandosi al suo braccio nel tentativo di liberare Cortez dalla sua presa, ma l’uomo se la scrollò di dosso con un semplice gesto.
“Allora, ragazzi. Chi ha voglia di fare un po’ di soldi facili?”
Urlò l’uomo alzando in alto il suo uncino e scatenando un grido di assenso da parte della marmaglia che lo circondava.
L’acclamazione si spense, quando la padella di Brittany impattò, col suo tipico rimbombo metallico, sul cranio crestato dell’uomo.
La presa sul collo di Cortez sparì improvvisamente, lasciandolo cadere al suolo con un tonfo sordo, mentre il suo aggressore si voltava verso Brittany. Così come tutti i presenti.
Brittany indietreggiò, tenendo la padella ben ferma e minacciosa davanti a sé, stupita del fatto che l’uomo fosse ancora in piedi e ben sveglio, nonostante il suo colpo.
“Sentite, voi non lo potete far arrestare – quasi implorò – ho bisogno di lui per andare a vedere le lanterne e realizzare il mio più grande sogno.”
Esclamò fissando i suoi occhioni azzurri in quelli grigio-verdi dell’uomo, che continuava ad avanzare minaccioso verso di lei.
“Voi non avete mai avuto un sogno?”
Continuò, la sua voce che iniziava ad assumere un tono disperato.
“Noah!”
Chiamò una voce femminile, in tono autoritario.
L’uomo si bloccò immediatamente e sollevò lo sguardo oltre Brittany, emettendo uno sbuffo lievemente contrariato.
Brittany si voltò verso la balconata che sovrastava il salone della locanda dove, appoggiata alla balaustra, una giovane donna puntava i suoi occhi castani sull’uomo con l’uncino, rivolgendogli uno sguardo fiammeggiante.
Tutti gli occhi si puntarono su di lei, mentre percorreva la balconata, diretta verso le scale che scendevano nel salone. I fianchi ondeggianti nella sua lunga gonna nera, che presentava uno spacco che non era sufficiente definire vertiginoso ed offriva così alla vista di tutti il panorama delle sue gambe incredibilmente lunghe e toniche.
I lunghi capelli castani erano raccolti in una treccia che le cadeva morbidamente sulla spalla, sottolineando l’ampia scollatura del corpetto amaranto dell’abito che indossava. I passanti più alti dell’allacciatura del vestito erano liberi, i laccetti che pendevano pigramente sul busto, concedendo così alla vista di tutti una generosa porzione di pelle abbronzata.
La nuova arrivata squadrò brevemente Brittany prima di puntare uno sguardo severo sull’uomo con l’uncino, che abbassò lo sguardo con aria da cane bastonato, mentre lei lo superava.
“Bene bene, ma guarda un po’ chi si ripresenta strisciante alla mia porta.”
Sorrise la giovane donna, fermandosi proprio davanti a Cortez, che la osservò con un ghigno mettendosi più comodo a terra. Allungò le gambe, incrociando le caviglie ed intrecciando le mani sul ventre.
“Io non striscio mai, mia carissima nanerottola sexy.”
Ammiccò lasciando scorrere lo sguardo sulla sua figura, attardandosi sullo spacco più che generoso della sua gonna.
“Vedo che indossi ancora la giarrettiera che ti ho regalato anni fa – sorrise sornione – credevo che ormai te ne fossi disfatta.”
“Io odio gli sprechi.”
Rispose lei con aria altezzosa.
“Perché non dici la verità ed ammetti che la tieni in mio ricordo…”
La provocò lui in tono allusivo.
“Ed esattamente cosa dovrei ricordare?”
Domandò lei ancora più altezzosa.
“Oh, penso che tu sappia molto bene a cosa mi riferisco, Fragolina di bosco.
Ammiccò facendole l’occhiolino.
La ragazza arrossì lievemente ed abbassò per un istante lo sguardo, mentre il ghigno si ampliava sulle labbra piene di Cortez.
Brittany avvertì una sensazione spiacevole ribollirle dentro, allo sguardo malizioso che la giovane donna rivolse a Cortez quando risollevò gli occhi.
“No! Non mi sovviene nulla.”
Esclamò lei infine, ma il sorrisetto compiaciuto non abbandonò il viso di Cortez.
“Magari potremmo andare a parlarne di sopra, così potrei… rinfrescarti la memoria.”
Suggerì lui sollevandosi a sedere.
“Nessuno ti ha dato il permesso di alzarti.”
Ringhiò l’uomo con l’uncino facendo un passo verso di lui con aria torva.
“Buono Puckerman – esclamò autoritaria, sollevando una mano davanti a lui – lo so gestire benissimo da sola.”
“Si, Puckuccio. Stai a cuccia.”
Sogghignò velenosamente Cortez.
“Attento, microbo!”
Ringhiò di nuovo lui sollevando minaccioso l’uncino.
“Noah – lo ammonì severa la ragazza – ti ho già detto che me ne posso occupare da sola.”
“Ma Rachel io…”
“Tu te ne starai qui buono, mentre io conferirò di sopra con Diego – lo interrupe lei – e ti comporterai da perfetto gentil uomo con la nostra ospite.”
Concluse ferma indicando Brittany con un cenno della testa.
“Ma…”
Provò di nuovo a protestare.
“Mettiti pure comoda…”
“Brittany.”
Si presentò.
“Io sono Rachel – le sorrise la ragazza – e quello zuccone accanto a te è Noah.”
“Chiamami Puck.”
Si intromise lui scocciato.
“Non preoccuparti: è grande e grosso, ringhia tanto, ma non morde.”
Continuò imperterrita Rachel, ignorando le proteste di Puck.
“Mettiti pure comoda, Brittany – la invitò di nuovo – se hai fame o sete o ti serve qualsiasi cosa, chiedi pure a Noah.”
Prima che Brittany potesse rispondere, Rachel si voltò facendo ondeggiare la lunga gonna e si avviò di sopra.
Subito Cortez si rimise in piedi con un balzo e la seguì, rivolgendo un ghigno allusivo a Puck quando gli passò accanto.
Ridacchiò compiaciuto sentendo il suo ringhio infuriato e corse su per gli scalini di legno, rallentando solo quando fu direttamente dietro a Rachel, in modo da potersi godere il panorama del suo fondoschiena perfetto sotto le pieghe ondeggianti della gonna.
Non si risparmiò un ultimo sguardo vittorioso al cipiglio di Puck, prima di entrare nella stanza in cui era appena sparita Rachel, ma uno strano senso di disagio lo investì, quando, chiudendo la porta, scorse un barlume degli occhi azzurri di Brittany puntati nella sua direzione.

 
“Gli piace! – affermò entusiasta la bambina, sollevando i piccoli pugni sopra la testa in segno di trionfo – Brittany gli piace!”
“Certo che gli piace. A chi potrebbe non piacere?!
Ma Cortez non è il tipo da lasciarsi ostacolare da questo genere di cose – continuò seria – quando vuole qualcosa, non si ferma davanti a nulla.”
“E anche a Brittany piace Cortez, vero mamma?”
La interrogò la piccola, ignorando la sua affermazione.
“Tu dici?”
Domandò con un piccolo sorriso.
“Sono sicura che è così!”
“Può essere, ma non è certo l’unica…”

 
Cortez scrollò le spalle e si lasciò scivolare via di dosso quella sensazione sgradevole, mentre si voltava verso Rachel.
“Ma quel tizio… capitan crestino, fa sul serio?”
Domandò indicando la porta alle sue spalle con il pollice.
Rachel ridacchiò.
“Ho come la sensazione – continuò lui avvicinandosi lentamente e puntando uno sguardo languido nei suoi occhi castani – che voglia infilarsi sotto la tua gonna indecente.”
Concluse fermandosi a pochissimi centimetri dal suo volto ed appoggiando le mani al muro dietro di lei, ai lati delle sue spalle.
“Beh, non sarebbe il primo.”
Mormorò Rachel ricambiando il suo sguardo sensuale.
“Ti riferisci a qualcuno in particolare?”
“Forse…”
Ammiccò lei con un sorrisetto scaltro.
“Ed è riuscito a raggiungere il suo scopo?”
Domandò Cortez facendosi ancora più vicino, tanto che le loro labbra ormai quasi si sfioravano.
“Lo sai che ho gusti molto esigenti.”
Sorrise lei.
“Oh, sì – soffiò sulle sue labbra – me lo ricordo molto bene!”
Esclamò annullando ogni distanza.
Rachel avvolse le braccia intorno al suo collo, attirandolo più vicino ed approfondendo il bacio.
Le mani di Cortez scivolarono lungo la sua schiena, fino ad avvolgersi sui suoi fianchi attirandola contro il proprio corpo.
Rachel sospirò lasciando scivolare le dita sul suo collo, risalendo sulle sue guance, fino a sfiorargli gli angoli della bocca.
Avvertì i suoi polpastrelli sfiorargli i baffetti e un attimo dopo le labbra di Rachel si staccarono dalle sue e un dolore acuto e bruciante gli esplose sotto il naso, quando Rachel gli strappò via i baffi con un colpo secco.
“AHI! – gridò in un moto d’indignazione con una voce molto diversa dal solito, una voce decisamente femminile – mi hai fatto malissimo!”
 

“È una ragazza?! – esclamò la bambina ad occhi sgranati per la sorpresa – Cortez è una ragazza?”
“Proprio così. Il ladro più ricercato del regno altro non era che una ragazza.”
Confermò la madre con uno scintillio negli occhi neri.

 
Rachel ridacchiò sventolandogli davanti agli occhi i suoi baffi finti.
“Ecco, così va molto meglio. Sei molto più bella  senza questi cosi.”
Sorrise lanciandoli via, incurante di dove finivano.
“Se volevi che li togliessi, bastava…”
Le sue proteste furono ridotte al silenzio dalle labbra di Rachel che si chiusero prepotentemente sulle sue.
“Questo è il tuo modo per dirmi che ti sono mancata?”
“È stato un inverno molto lungo e freddo.”
Mormorò Rachel accarezzandole la pelle arrossata sotto al naso, mentre con la destra le sbottonava lentamente la camicia.
Entrambe chinarono lo sguardo ad osservare il suo lento procedere, che aveva ora scoperto una fascia bianca avvolta strettamente intorno al torace di Cortez.
Rachel alzò un momento lo sguardo ad incontrare i suoi occhi neri, in una silenziosa richiesta di permesso, che ottenne sottoforma di un lieve bacio sulla punta del naso.
Le sorrise dolcemente e si rimise al lavoro, sciogliendo delicatamente la stretta fasciatura, liberando il seno florido che celava al mondo.
Rachel si morse il labbro inferiore, corrucciata davanti ai segni rossi che deturpavano quella pelle ambrata.
Risollevò lo sguardo al sospiro di sollievo che le investì il volto, mentre sfiorava appena quei segni rossi con la punta delle dita.
“Da quanto tempo non la toglievi?”
Le domandò con un tono di rimprovero nella voce.
“Ero impegnata in un lavoro importante…”
Si difese.
“E ti sembra una ragione valida a giustificare questo scempio?”
“Parliamo dei gioielli della corona!”
Insisté.
“E dove sono ora questi favolosi gioielli della corona?”
Indagò Rachel sollevando le sopracciglia inquisitoria.
“Eeeehmm ci sto…”
“Ci stai lavorando.”
Concluse Rachel con lei.
“Allora c’è anche una buona memoria dietro quella proboscide che ti porti in giro appuntata sulla faccia.”
Rachel la spintonò, per poi incrociare le braccia al petto con aria offesa, facendola ridacchiare.
“Vedo che oltre al tuo corpo da urlo, anche il tuo caratterino non è cambiato.”
Commentò riavvicinandosi solo per ricevere un altro spintone.
“Proprio come i tuoi modi insolenti! – ringhiò offesa – e io che continuo a preoccuparmi per te…”
Concluse voltandole le spalle con un piccolo scatto altezzoso, che fece ondeggiare la sua lunga treccia.
Le si avvicinò ridacchiando, ma il suo atteggiamento cambiò non appena le fu vicina.
Le mise le mani sulle spalle e iniziò a massaggiarle sensualmente.
“Lo sai che non resisto mai alla tentazione di… stuzzicarti.”
Le sussurrò all’orecchio, compiacendosi della pelle d’oca che le vide nascere lungo il collo, sulla scia seguita dal suo respiro caldo.
“Non è divertente – borbottò Rachel – sono stufa di te che ti diverti con il mio naso e la mia statura.”
Rachel tentò di rimanere ferma sulla sua posizione indignata, ma quelle carezze e quel respiro caldo la stavano già sciogliendo. Quando poi quelle labbra piene si posarono delicate sul suo collo, Rachel capì che ormai non c’era modo di non cedere.
Si voltò di nuovo verso di lei, affondando le mani nei suoi capelli per attirarla in un bacio, quando un trambusto improvviso al piano di sotto fece voltare entrambe verso la porta.
“Hai sentito anche tu?”
Rachel annuì.
“Aspetta un momento.”
Rachel corse alla porta e osservò per alcuni istanti da uno spioncino.
“Meglio che tu faccia ricomparire Diego Cortez – bisbigliò voltandosi di nuovo verso di lei, con un’espressione di preoccupata urgenza dipinta sul volto – ed è meglio che tu lo faccia ricomparire in fretta. Ci sono guai in vista.”
La raggiunse velocemente e sbirciò per un attimo dallo spioncino, avvertendo un misto di eccitazione e senso di pericolo attanagliarle lo stomaco alla vista della figura familiare del capitano Fabray che entrava marciando nella locanda.
“Aiutami a ricompormi.”
 

 
 
 
 
 
Angolo della pazza
 
 
Ta-dà!!! Colpo di scena, il nostro Diego Cortez si è rivelato non essere ciò che sembrava, ma scommetto che l’avevate già capito tutti, vero?
E scommetto anche che avete capito chi è la misteriosa ragazza che si cela sotto le sembianze di questo impavido ed affascinante ladro.
 
Allora, nuovi personaggi sono comparsi, l’idea del nostro Puckzilla in versione uncinata mi piaceva un sacco, così come l’idea che fosse così incredibilmente wipped da ubbidire ad ogni ordine di Rachel XD
 
Lo so che è passata una vita dal primo capitolo, ma scrivere questa… roba qui, ancora non so bene come definirla, è risultato molto più complicato del previsto.
Soprattutto, nel momento in cui mi è arrivata la richiesta specifica, da parte della mia sorellina, di inserire anche il famoso “Sguardo che Conquista” presente nella scena della torre nel Cartone della Disney.
Io ci ho provato, Fratella. Giuro che ci ho provato, ho riscritto quella scena almeno una dozzina di volte, ma proprio non sono riuscita a renderla in modo da rispettare lo spirito comico che aveva nel cartone.
(Anche perché quando penso allo “Sguardo che Conquista” della signorina camuffata da Diego Cortez decisamente non mi viene da ridere, ma solo da strapparmi via le mut…) EEEHHHMMM meglio che la chiuda qui, l’ora tarda e l’eccesso di caffeina mi stanno facendo sproloquiare a vanvera.
Comunque alla fine, non riuscendo a rendere quella scena come desideravo l’ho eliminata del tutto, anche se a malincuore. L’ho presa come un’autentica sconfitta personale.
 
Lo so, l’ultima parte forse è un po’ troppo spinta per un racconto ad una bambina, ma che ci posso fare, quelle due insieme mi fanno troppo sbav, si sono impossessate del mio cervello e mi hanno costretta a scrivere. Soo, beccatevela così.
 
Bene, spero che ancora ci sia qualcuno interessato a questo delirio.
Fatemelo sapere, ormai la prassi la conoscete e se proprio il riquadrino delle recensioni vi è antipatico potete sempre contattarmi su ->  Twitter   
WilKia chiude. >.<
 
P.S. forse ancora non lo sapete, ma io e la mia socia ManuKaikan abbiamo aperto una paginetta dove buttiamo tutte le nostre creazioni comuni.
Per ora c’è solo una shottina, ma in ogni caso, voi fateci un salto ^.^  -> _WilKaikan

   
 
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