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Autore: discordandrhythm    01/12/2012    6 recensioni
past!Klaine / Sebastian-ish
Kurt e Sebastian sono i Tributi scelti per i settantaquattresimi Hunger Games e, a dispetto di quanto si possa credere, diventano alleati.
Traduzione a opera di therentgirl
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice:
Oggi mi sentivo veramente piena di energie e mi sono data alla traduzione ossessivo-compulsiva della meravigliosa discordandrhythm. In parte perché meritava e in parte perché la connessione mi prova dei possibili download di Glee.. e quindi dedichiamoci al Kurtbastian. Comunque, non è questo il punto, il punto è che queste OS sono meravigliose e che tutti dovrebbero avere la possibilità di leggerle; e sicché mi sento in sensi per tradurre tutto questo pacco sacco di roba mi sono messa al lavoro. Non anticipo nulla ma.. quanto mi è piaciuta? Di solito non sono brava a trattenermi con l’angst (vorrei prendermi a padellate dopo aver finito qualche fan fiction) solitamente sono quelle che mi rimangono più in mente. Bando alle ciance, la finisco di annoiarvi e vi lascio alla fan fiction, che è già abbastanza lunga di suo. Au revoir, e alla prossima!
A proposito, qua c’è il
link all'originale. :)

Note dell’autrice:
Questa idea è stata partorita dal mio cervello da quando ho visto THG. C’è così tanto che avrei voluto aggiungere a questa fan fic, ma non ne ho avuto il tempo. Si trattava di scegliere se scrivere quello che avevo in mente in quel momento o aspettare e farne qualcosa divisa in più parti, ma sapevo che non sarebbe mai accaduto. Quindi.. ecco qua. Di tutti i differenti scenari che avevo in mente ho scelto di usare questo. Sono abbastanza contenta di come sia venuto fuori, anche se al contempo sono abbastanza frustrata per tutti i buchi che non ho tempo di aggiungere. Ad ogni modo, spero che vi piaccia.
Il titolo viene da una canzone di Kelly Clarkson, “Already Gone”.

 

Someone’s Gotta Go

 

“Finn Hudson!”

Kurt avanzò prima che Finn avesse la possibilità di protestare al fatto che il suo nome fosse stato scelto.

“Mi offro volontario,” dichiarò, la voce troppo calma per qualcuno che si era appena fatto avanti per morire. Persino la voce dei Favoriti tremava un po’ quando si presentavano come tributi.

“Cosa, Kurt – NO!”

Kurt ignorò le urla del fratello mentre seguiva i Pacificatori sul palco, dove Quinn Fabray stava già attendendo. Il suo volto era priva di qualunque emozione, almeno quanto lo era il cuore di Kurt. L’unica cosa che riuscì a farlo battere più velocemente fu la vista di Rachel, in piedi dal lato delle ragazze, le guance rigate di lacrime alla realizzazione del suo gesto. Stava piangendo in quel momento, certo, ma quando avrebbe realizzato che avrebbe potuto versare quelle lacrime per la morte di Finn, per il crollo di tutti i loro sogni, sarebbe stata grata a Kurt per il suo sacrificio.

No, pensò Kurt. Non è un sacrificio. Non sei ancora morto, puoi ancora vincere.

Anche se una parte di lui era morta agli Hunger Games dell’anno prima, si diceva, Qual è il punto?

{&}

Sue Sylvester era un mentore severo. Kurt era sorpreso che il Distretto 12 non avesse un numero di vincitori maggiore mentre la donna li sospingeva verso il treno. I loro orari erano ristretti, le loro istruzioni precise e non lasciavano spazio a errori.

Quinn non gli aveva mai parlato, a dire il vero, ma a Kurt non importava. Non poteva rischiare di affezionarsi a qualcuno quando sapeva che avrebbe dovuto ucciderlo.

Si ritrovarono seduti accanto alla finestra del loro appartamento una sera, tardi, e Kurt non si trattenne dal chiedere, “Pensi che potresti vincere?”

Quinn osservò le luci scintillanti di Capitol City e disse, “Devo farlo.”

Kurt non chiese il perché.

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Sebastian Smythe gli diede sui nervi sin dalla prima volta in cui lo vide. Era uno dei Favoriti dal Distretto 1 insieme a una ragazza che si chiamava Rouge, dai capelli rosso fuoco. Entrambi sogghignarono in sua direzione per tutto il tempo in cui si allenarono nel centro di formazione, fino a quando Kurt non sbottò un giorno.

“C’è qualcosa che non va?”

Sebastian sorrise, “Stavo solo pensando che gli Hunger Games non sono un posto per delicate principessine come te.”

Kurt era tentato di sparare una freccia dritta contro il suo cervello, lì, per dimostrargli quanto fosse delicato, ma ricordò delle istruzioni della Silvester; non mostrare agli altri Tributi i tuoi punti di forza, tienili in salvo per l’arena.

Così si limitò a digrignare i denti e fare dietrofront, facendo del suo meglio per ignorare le loro risate, ma l’eco dei loro insulti lo portò oltre il limite quando varcò la soglia per la sua prova con gli Strateghi e li ritrovò a ignorarlo.

Quando vide un gigantesco 11 sopra il suo volto, quando i risultati furono annunciati, ringraziò mentalmente Sebastian e Rouge di avergli rotto le scatole quel giorno.

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Kurt non riuscì a dormire la notte prima che iniziassero gli Hunger Games.

Ogni volta che stava per assopirsi, i suoi sogni si riempivano di immagini sfocate dei precedenti Hunger Games, i ricordi della madre affamata, suo padre che gli sorrideva la mattina prima di essere ucciso dall’esplosione nella miniera e il bosco – il bosco poco lontano dal Giacimento in cui Kurt aveva trascorso le ore più belle della sua vita con l’unica persona che lo conoscesse meglio di chiunque altro…

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Ci fu un momento, quello appena prima il che urlassero “CHE I SETTANTAQUATTRESIMI HUNGER GAMES ABBIANO INIZIO!” in cui Kurt lasciò scivolare lo sguardo sui Tributi messi in fila sulle loro piattaforme e osservò l’espressione dipinta sul volto di Sebastian.

Non aveva niente di quella smorfia arrogante e sicura di sé che aveva stampata in viso da quando erano giunti a Capitol City.

Quella era un’espressione di puro panico.

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Fu a un paio di giorni dall’inizio dei Giochi che Kurt, diretto al fiume, si scontrò contro qualcuno ben piantato, alla cui collisione si sentì mancare il fiato. In qualche modo riuscì a mantenere l’equilibro. Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per fermare quel giramento di testa, e quando riuscì finalmente a rimettere a fuoco, realizzò che il giovane con cui aveva appena sbattuto non era altri che Sebastian Smythe.

La sua mano volò letteralmente all’arco, immediatamente, ma si fermò a metà strada, poiché Sebastian era caduto in ginocchio di fronte a lui, il volto sfigurato dalla paura. Non era chiaramente nella posizione per attaccarlo. Con un’occhiata più da vicino comprese che la sua gamba era gravemente ferita, il sangue macchiava gli orli strappati della sua tuta.

Delle voci, forti e colme di scherno, riecheggiarono in tutta la foresta, sempre più vicine. Chiamavano Sebastian. Kurt sentì un’ondata di adrenalina investirlo e sapeva che aveva bisogno di fuggire – fuggire al più presto. Fece qualche passo indietro, gli occhi puntati sulla porzione di alberi da cui Sebastian era appena barcollato fuori, fino a quando non si accorse che Sebastian stava lottando per rimettersi in piedi.

Seeebbbbyyy, vieni fuori a giocare!” Era Rouge. Kurt fu troppo shockato al sentire il suono della sua voce per muoversi. Non era alleata con Sebastian? Non lo erano tutti? Lo pensò quando le risate di altri Tributi si unirono alla sua voce.

“Andiamo, Seb. Non fare la principessina e sii uomo,” disse una profonda voce maschile – Trent, uno dei Favoriti del Distretto 4.

“Hai paura?” disse Rouge. “Hai paura adesso che il tuo paparino non è più qua a proteggerti?”

Il fruscio degli alberi non molto lontano riscosse Kurt dai suoi pensieri. Senza pensarci troppo, si chinò e afferrò il braccio di Sebastian, poggiandoselo sulla spalla mentre lo rimetteva in piedi. Sebastian ringhiò per il dolore, ma si artigliò alla spalla di Kurt mentre provava a rimettersi in piedi.

“Cosa stai facendo?” domandò quando Kurt cominciò a trascinarlo via dalle voci sempre più vicine dei loro nemici.

“Ti sto salvando la vita. Ora sta’ zitto e aiutami a uscire di qui.”

Non potevano andare lontano, non con la gamba di Sebastian a quella maniera, ma riuscirono a lasciarsi alle spalle Rouge e gli altri, almeno, e trovarono una radura dietro una fitta macchia di alberi in cui sedersi. Sebastian si abbandonò contro un albero, la testa reclinata all’indietro, sulla corteccia, gli occhi chiusi.

Kurt stava in piedi di fronte a lui, incerto sul da farsi. Avrebbe potuto abbandonare lì Sebastian, era abbastanza al sicuro per il momento e aveva fatto la sua parte aiutandolo a scappare dalle grinfie dei Favoriti. Non ha altri obblighi. Ma il taglio, da quello che riusciva a capire, sembrava davvero messo male e se Kurt l’avesse abbandonato in quel momento non ci sarebbe stato modo per Sebastian di provvedere a se stesso. Non aveva armi con sé, né armi. Sarebbe morto prima dell’alba.

Sospirando, fece un passo avanti e si inginocchiò di fronte a lui, mantenendo lo sguardo sul suo volto per scorgere una qualunque traccia di disaccordo, ma Sebastian era messo troppo male per curarsene. Sibilò in segno di protesta quando Kurt strappò i bordi lacerati dei suoi pantaloni con un tocco gentile, ma non si scostò.

“Oddio,” mormorò Kurt quando vide l’entità del danno.

“Quant’è grave?” domandò Sebastian, la voce colma di panico. Una patina di sudore gli ricopriva il viso e gli occhi erano umidi per il trattenere le lacrime.

Kurt deglutì e abbassò lo sguardo, sperando di non vomitare alla vista e all’odore del sangue. “Cos’è successo?” domandò invece di rispondergli.

“Il coltello di Trent,” rispose Sebastian con una certa difficoltà. “Stavamo combattendo e-” s’interruppe, respirando pesantemente, ma Kurt non aveva bisogno di sentire il resto della frase per capire come il coltello si fosse conficcato nella sua gamba.

“Te lo sei tolto?” domandò, incredulo.

“Beh, ovviamente non potevo correre in giro con un coltello attaccato alla gamba, no?” sbottò Sebastian, nonostante parlare sembrasse risucchiargli le ultime energie rimaste.

Kurt non ne sapeva molto di trattamento delle ferite, ma aveva visto Carole lavorare con abbastanza pazienti da avere un’idea piuttosto rozza sul come agire di fronte a una situazione come quella. Aveva bisogno di fare pressione sul taglio – ma non aveva niente di abbastanza pulito per assicurarsi che non si manifestasse un’infezione. Lo fece con il fazzoletto che aveva trovato nella foresta mentre era in cerca di Quinn e lo pulì con l’acqua della sua borraccia.

Gli occhi dell’altro si aprirono per appuntarsi sull’acqua che cadeva nel tessuto. Allungò quasi involontariamente la mano verso la borraccia. Kurt gliela passò, osservando il modo in cui la mandò tutta giù in pochi secondi, la gola che si muoveva quasi violentemente mentre beveva.

Il sollievo che gli si dipinse in volto durò poco, poiché nel momento in cui Kurt poggiò la pezza contro il taglio, gli strappò dalla gola un grido di dolore. Smise immediatamente, “Sta’ zitto!” disse, tendendo le orecchie per cogliere il minimo segnale della presenza degli altri. “Ci farai uccidere.”

Alcune lacrime scivolarono già dagli angoli degli occhi di Sebastian, ma si ficcò il pugno in bocca per trattenersi dall’urlare di nuovo, mentre Kurt si occupava della sua ferita. Non c’era nulla che potesse fare per lenire il dolore, poteva solo immaginare cosa Sebastian stesse provando.

Quando finì, Sebastian si lasciò sfuggire un sospiro tremante e aprì gli occhi, fissando il bendaggio raffazzonato sulla ferita. Il fazzoletto era macchiato di rosso, ma almeno aveva smesso di perdere sangue.

“Non guarirà presto, vero?” domandò Sebastian.

Kurt lo osservò, ancora bagnato di sudore e consumato dalla stanchezza e dal dolore. “No,” disse onestamente. “A meno che non troviamo una medicina.”

Sebastian serrò la mascella e annuì una sola volta, probabilmente sulla stessa linea di pensiero di Kurt – era altamente improbabile. I regali nell’arena erano e costosi e se Kurt – o comunque qualcuno con un Mentore con forti legami come Sue Sylvester non era stato capace ad attirare alcuno sponsor a proprio favore, era sicuro che le possibilità di Sebastian fossero davvero scadenti.

“Perché t’inseguivano?” domandò, tentando di deviare la conversazione.

Sebastian, con sua grande sorpresa, rise ma non rispose alla sua domanda. “Lasciami in pace e basta, 12.”

“Sai, un grazie per avermi salvato il culo sarebbe stato carino,” disse Kurt, inarcando le sopracciglia mentre si rimetteva in piedi. “Ma immagino che sbagliassi ad aspettarmi qualcosa del genere da te.” Sebastian non disse nulla, cosa che fece solo aumentare la rabbia del giovane nei suoi confronti. Se ne sarebbe andato in quel momento, ma stava facendo buio e quello era un posto sicuro in cui trascorrere la notte. Così si limitò ad afferrare la borraccia vuota e a dire, “Divertiti a guardarti le spalle da solo, da domani,” prima di camminare verso un albero dall’altro lato della radura e sedersi, lontano da Sebastian.

Non ricordava di essersi addormentato ma, quando si svegliò, gli alberi erano immersi nella luce del mattino. Sebastian stava ancora dormendo, il corpo che tremava a intervalli regolari, ma Kurt aveva preso la sua decisione, ormai. Non sarebbe rimasto. Con un’ultima occhiata al ragazzo, gli volse le spalle e sparì tra gli alberi.

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Quando il cannone sparò sopra la sua testa quella notte, Kurt era vicino al fiume, stava riempiendo la sua borraccia di acqua. Il suo cuore sembrò stringersi lievemente, ma si sforzò a deglutire il groppo che aveva in gola e guardò in su. Fu solo quando l’inno di Capitol City cominciò a risuonare e il volto del Tributo caduto si dipinse di fronte a lui che si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

Il colpo di cannone non era stato per Sebastian, ma per una ragazza del Distretto 11.

Non sapeva se quella notizia lo agitasse, ma non riusciva a non sentirsi sollevato per il fatto che Sebastian fosse ancora vivo. Che fosse riuscito a sopravvivere da solo in qualche modo. Ciò significava che Rouge e gli altri li stavano ancora guardando.

Provò a convincersi del fatto che non gli importasse, che la sua vita fosse più importante in quel momento, ma si ritrovò a ripercorrere i propri passi verso la radura in cui avevano passato la notte in ogni caso.

Sebastian non era lì e nell’attimo in cui Kurt se ne rese conto si sentì stupido per aver guardato lì. Il fruscio di alcuni rami lo fece sussultare, ma fu seguito dalla voce del ragazzo, debole e tuttavia divertita; “Sei tornato per me?”

Kurt si rilassò, sia perché non era sotto attacco, sia per il fatto che Sebastian fosse di fronte a lui, decisamente vivo. Zoppicava pesantemente mentre si avvicinava a Kurt e l’espressione sul suo volto era più esausta di quanto non lo fosse stata il giorno prima, ma riusciva ancora a sorridere.

“Sono sorpreso che tu sia ancora vivo,” disse Kurt freddamente, incrociando le braccia al petto.

Il sorriso di Sebastian si tramutò in un ghigno. “Non mi arrendo tanto facilmente.”

Rimasero lì, fissandosi pacatamente l’un l’altro, fino a quando Kurt non sfilò lo zaino dalle spalle e cominciò a cercarvi dentro la borraccia. “Ecco qua,” disse, tendendola a Sebastian

Il giovane sgranò gli occhi e prese la borraccia dalle mani dell’altro, osservandolo con soggezione. Il ghigno scivolò via, comparve un solco tra le sopracciglia. “L’hai portata per me?”

“No,” rispose Kurt. “L’avevo presa per me e visto che stai morendo.. penso che sia il minimo che possa fare.”

Sebastian non bevve, continuo a fissare la borraccia. “Grazie,” disse piano. Kurt era sicuro di non aver mai sentito tanta sincerità nella sua voce.

{&}

Si accamparono per la notte, senza sapere se il giorno avrebbe recato con sé una nuova separazione o no; per il momento sembrava fosse sceso un silenzio di tregua tra loro.

Sebastian tremava violentemente, m non potevano rischiare di accendere un fuoco per paura di essere scoperto. Non avevano cibo, era rimasta solo mezza borraccia di acqua e l’unica cosa che li distraesse dal borbottio del loro stomaci era parlare.

“Mi dirai mai perché i tuoi amici ti stavano inseguendo?” domandò Kurt, reclinando il capo per osservare Sebastian. Erano sdraiati contro lo stesso albero contro cui il giovane aveva dormito la notte prima.

“Prima tu,” disse Sebastian. “Dov’è quella tua amica biondina?”

“Io e Quinn non siamo mai stati amici,” rispose Kurt. “Non ha bisogno di alleati; sta bene da sola.”

“Beh, neanche io e Rouge siamo amici, sebbene abbia fatto un ottimo lavoro per farmi credere il contrario, durante gli allenamenti.”

“Perché avrebbe dovuto farlo? Credevo che voi Favoriti foste uniti.”

“Non sono uno dei Favoriti,” rispose Sebastian.

“Ma hai detto-”

“Quello che ho detto è una bugia. Lo sai che sono il figlio del Sindaco, giusto?”

“Sì, lo so,” rispose Kurt. Aveva sentito Sue parlare di Sebastian, aveva sentito le sue raccomandazioni sullo stare lontano da lui nell’arena, ma in qualche modo non riesce a pensare ad altro che al fatto che tutto ciò che aveva sentito riguardo al giovane fosse falso.

“Beh, ho sempre pensato che ciò mi garantisse una posizione sopraelevata rispetto agli altri ragazzi senza che vi fosse bisogno di aggiungere il mio nome più di una volta l’anno-” Kurt non poté evitare di stringere i denti a quelle parole, pensando a quante volte il suo nome fosse stato inserito nel mucchio. “Non ho mai pensato di poter essere scelto, sai? Così quando sono arrivato all’allenamento, ho fatto tutto come se fosse uno scherzo – mi sono guadagnato un paio di nemici per questo. E quando il mio nome è stato chiamato durante la mietitura, ho pensato che nessuno mi avrebbe portato via l’onore di essere un Tributo.”

La sua voce era piena di amaro sarcasmo, e Kurt si rese improvvisamente conto di come Sebastian, per quanto fosse stato arrogante e presuntuoso, non aveva fatto mai nulla per minacciarlo per tutto il tempo in cui si erano allenati insieme. Era stato odioso e fastidioso, ma non aveva avuto la stessa aria assetata di sangue degli altri Favoriti.

“Quindi adesso ti hanno preso di mira,” osservò. 

“Già,” rispose Sebastian con un cenno. “Che mi dici di te? Qual è la tua storia, 12? Ti sei offerto volontario al posto di tuo fratello, giusto?”

“Sì.”

“Mi è sembrato un ragazzo ben messo, più grosso di te comunque,” osservò Sebastian, senza reagire all’occhiata raggelante dell’altro. “Perché dovrebbe avere bisogno di te in prima linea per salvarlo?”

“Finn non farebbe male a una mosca,” rispose Kurt, scuotendo il capo. “È forte, ma troppo emotivo e ingenuo. L’avrebbero fatto fuori in tre secondi. E poi.. lui e Rachel devono sposarsi appena hanno finito con la storia della Mietitura. Non potevo fare altro per loro.”

“Hai accettato di batterti fino alla morte perché loro potessero sposarsi?” domandò Sebastian, suonava incredulo. “Sei un folle, cazzo.”

“Non potevo portare via la loro felicità,” rispose Kurt. “Finn l’anno prossimo andrà a lavorare alla miniera, Rachel sa cacciare e Carol fa quel che può curando i suoi pazienti. Ce la faranno senza di me.. finché non tornerò.” Aggiunse velocemente, senza voler fare suonare le proprie parole come una sconfitta volontaria.

“Carol è tua sorella?” domandò Sebastian.

“Matrigna.”

“E tuo padre?”

“È morto,” rispose Kurt in tono piatto.

“Mi dispiace.” Kurt annuì a mo’ di ringraziamento. “Tu invece non hai una ragazzina ad aspettarti a casa per sposarti?”

“Avevo qualcuno,” rispose Kurt, stringendo le ginocchia al petto e osservando l’oscurità intorno a loro.

“Chi?” domandò Sebastian.

“Un ragazzo,” rispose Kurt, piano. Sebastian inarcò appena le sopracciglia a quella risposta ma continuò a osservarlo in silenzio, in attesa di altro. “Si chiamava Blaine.”

“Blaine.. Anderson?” chiese Sebastian, la consapevolezza che prendeva forma sui suoi tratti. “Il tributo dell’ultimo anno?”

Kurt annuì, cercando di ignorare il formicolio dietro le palpebre e il doloroso groppo in gola. Non voleva piangere di fronte a Sebastian. “Avremmo..” si fermò prima di poter dire combattuto contro Capitol City insieme, perché non importava quanto sembrasse privata quella conversazione, erano spiati dalle telecamere. Invece si corresse velocemente e disse, “Ci saremmo sposati anche noi.”

Sebastian capì che c’era di più, ma vide lo sguardo di avvertimento di Kurt e non chiese altro. “È terribile,” disse.

Kurt si prese un momento per ricomporsi, prima di dire, “Si, lo è.”

{&}

Al mattino, la ferita di Sebastian aveva cominciato a gonfiarsi, divenendo di una pallida sfumatura di giallo. Il suo volto era mortalmente pallido, più di quello di Kurt, e aveva borse viola sotto gli occhi.

Kurt lo lasciò con il coltello nel caso in cui qualcuno lo trovasse e tornò al fiume per prendere altra acqua. Non c’era cibo da nessuna parte, né noci, né animali che potesse uccidere, niente di commestibile. Sebastian lo guardò speranzoso quando fece ritorno, ma tutto ciò che fece il giovane fu porgergli la borraccia e scuotere il capo.

Avrebbe dovuto sapere che tre giorni di relativa pace significavano che Capitol City cominciava a stancarsi di loro. Quando aprì gli occhi quella notte e vide un gli alberi di fronte a loro prendere fuoco si alzò velocemente e portò Sebastian via con sé.

Riuscirono a scappare, ma non prima di aver ottenuto un buon numero di ustioni. Sebastian ne aveva una particolarmente brutta sulla scapola sinistra e quando finalmente ebbero la possibilità fermarsi e Kurt fece per controllarla, lui si scansò.

“Non ha senso,” disse.

“Fammi dare un’occhiata almeno.”

“Kurt, hai fatto abbastanza,” disse Sebastian, sembrava arrabbiato.

“Che problemi hai?” chiese Kurt. “Stai per morire. Lasciami-”

“Questo è tutto, no?” lo interruppe l’altro. “Sto per morire e non c’è nulla che tu possa fare, quindi vattene, okay?”

“No,” rispose Kurt fermamente. “Ti salverò.”

“Che problemi hai con il salvare le persone?” sbottò Sebastian, strappando il braccio dalla presa di Kurt. “Non puoi salvare tutti, Kurt!”

“Oh, credimi, lo so bene,” rispose l’altro amaramente, pensando a Blaine, al padre, alla madre e a tutti quei bambini mandati all’arena anno dopo anno.

Sebastian lo guardò tanto intensamente che Kurt sentì quasi il bisogno di indietreggiare. Quasi. “Mi dispiace,” disse.

Kurt serrò la mascella. “Pensavo che non ti arrendessi facilmente,” disse. “Lasci che un paio di ferite ti sconfiggano?”

Sapevano entrambi che non si trattava solo di un paio di ferite, ma Sebastian riuscì ad approntare un lieve sorriso in ogni caso. “Touché,” disse e si volse per lasciare che il giovane controllasse la scottatura.

Era messa male. Davvero, davvero male. Non c’era modo che guarisse a meno che qualcuno a Capitol City avesse pietà di loro e mandasse delle medicine. L’avambraccio gli pulsava a una maniera pressoché fastidiosa che rendeva difficile pensare, ma gli venne in mente una cosa che la Sylvester gli aveva detto la notte prima dell’inizio degli Hunger Games.

Quello che vogliono è uno show piacevole, Porcellana. Daglielo – falli felici e ti faranno sopravvivere. Sei intelligente, usa questa dote a tuo vantaggio.

“Quindi, qual è il verdetto?” domandò Sebastian quando si volse indietro.

A Kurt girava la testa, ma riuscì comunque a dire, “È – è peggio di quanto mi aspettassi.”

“La tua magia non funzionerà questa volta?” lo pungolò Sebastian, nonostante avesse lo sguardo già più mesto.

“Ci sarà qualcosa che posso fare. Deve esserci.”

C’era ancora tempo per tirarsi indietro, ma più Kurt pensava al piano che stava prendendo forma nella sua testa, più realizzava che avrebbe potuto funzionare.

“Perché t’importa tanto?” domandò Sebastian improvvisamente, ignaro del conflitto nella mente di Kurt. “Cosa t’importa se vivo o muoio. Uno in meno, giusto?”

Kurt lo osservò e ricordò lo shock dipinto sul suo volto durante il replay della Mietitura, il panico prima di scendere dalla piattaforma nell’arena, il terrore quando si era imbattuto in Kurt il primo giorno, nel bosco, con una freccia puntata al cuore. Sebastian non era un amico, ma neanche un nemico. Approvava gli Hunger Games almeno quanto Kurt, non aspettava di avere la chance di ammazzare qualcuno e vincere per la gloria del suo distretto. Era solo un ragazzino viziato che si era ritrovato in quel casino, privato del lusso in cui era cresciuto.

Nessuno di loro aveva la possibilità di trovare altri alleati, a meno che Quinn non decidesse di aiutarli, nel caso in cui i Favoriti li trovassero, ognuno di loro avrebbe dovuto guardarsi le spalle a vicenda. Kurt sapeva di dover vincere, sapeva che c’era una grande possibilità di finire combattendo l’uno contro l’altro nel caso in cui si fossero ritrovati faccia a faccia, ma in quel momento non riusciva a pensare a cosa potesse accadere. Stava pensando a cosa a bisognava che accadesse in quel momento.

Così prese la sua decisione e sollevò le mani a prendere il volto di Sebastian. Era sporco di fuliggine e acceso per l’incendio da cui erano fuggiti, ma la sorpresa nei suoi occhi a quel gesto era evidente.

“Mi ricordi Blaine,” disse, ignorando il modo in cui il suo cuore sembrasse protestare a quell’approfittare del suo nome. “Ho già perso lui, non posso rischiare di perdere anche te.”

Sebastian lo guardò fisso, l’espressione ferma e risoluta quando Kurt reclinò appena il capo e lo baciò. Ci volle un secondo perché rispondesse al bacio, ma quando lo fece, Kurt poté sentire la domanda inespressa nel movimento delle sue labbra. Non poteva rischiare di farsi sfuggire qualcosa ad alta voce, ma sollevò l’altra mano a carezzare la mascella dell’altro, coprendo le loro labbra dalla vista delle loro labbra, così che potesse mormorare, “Fidati di me.”

{&}

Il paracadute giunse qualche secondo dopo che s’erano accampati in un’altra radura; era più piccola questa volta e con alberi più sottili, ma sembravano essere lontani dagli altri Tributi.

Sebastian non aveva detto niente quando Kurt lo aveva preso per mano dopo quel bacio, ma le domande sembravano quasi bruciare nelle sue iridi. Sembrarono accendersi di una luce di comprensione quando giunse il paracadute, ma poi si volse a osservarlo confuso.

Il contenitore aveva un piccolo pezzo di carta attaccato sopra; Molto bene, Porcellana.

Kurt sentì un’ondata di sollievo infrangersi contro di lui a quelle parole.

C’era unguento solo per uno dei due, comunque, e sicché Sebastian era quello con le ferite più gravi – “No,” disse il giovano quando Kurt espresse il pensiero ad alta voce.

“Non essere stupido, Sebastian. Ne hai più bisogno di me.”

“Quella medicina è per te,” rispose Sebastian. “Te l’ha mandata il tuo mentore, solo tu e Quinn potete usarla.”

“Cazzate,” rispose Kurt, prendendo un po’ dell’unguento e forzandolo a volgersi verso di lui. “Non sei nella posizione di discutere con me quindi sta’ zitto e fammi prendere cura di te.” Sperò che non suonasse troppo infastidito e più.. appassionato, ma sembrò mettere fine alle proteste di Sebastian, quantomeno.

Fortunatamente, c’era abbastanza medicina per curare sia la bruciatura che il taglio alla gamba, oltre che un sottile strato che Kurt riuscì ad applicare al suo braccio. Prese un sorso dalla borraccia ormai mezza vuota e si rassegnò ad un’altra notte senza cibo. Una volta seduti a terra, uno di fronte all’altro, Sebastian chiese, “Da quanto tempo mi ami?”

Kurt sapeva che in realtà stava chiedendo da quanto tempo lo stavi pianificando?

“L’ho realizzato lentamente,” disse, cauto.

Sebastian si avvicinò, provando a non allargare le ferite. “La mia ‘quasi-morte’ ha fatto scattare qualcosa in te?”

Kurt prese il volto dell’altro tra le mani un’altra volta, coprendo le labbra di entrambi e le possibili altre domande premendole insieme. Contò sino a quindici nella sua testa, provando a sembrare sincero nel baciare Sebastian, prima di osare a mormorare, “È stata l’unica cosa cui sono riuscito a pensare.”

“Fingere di essere innamorato di me?” sussurrò Sebastian contro le sue labbra.

“Sono riuscito a ottenere la medicina, no?” rispose Kurt, tracciando il contorno delle labbra di Sebastian con la lingua. Nonostante tutto lo sporco sui loro volti, le labbra del giovane sapevano meravigliosamente di pulito.

“Cosa facciamo, allora?” domandò Sebastian, succhiando leggermente il labbro superiore dell’altro.

Kurt rimase sorpreso da quel brivido di piacere che gli passò lungo la spina dorsale a quel gesto. Era una reazione involontaria, niente che avesse a che vedere con la testa che gli girava, ma era una piacevole distrazione da tutto quel caos.

“Continua a recitare,” sussurrò in risposta, prima di premere le labbra contro quelle dell’altro un’altra volta.

Quando finalmente si scostarono, Sebastian sembrava aver pensato a una storia convincente perché disse, “È stato così anche per me, sai.”

“Cosa?” domandò Kurt prima di osservare la piega nelle sue labbra e dire, “Oh, giusto. Da – um, da quando?”

Sebastian sembrò trattenersi dal roteare gli occhi. “Dal primo giorno nella foresta,” rispose. “Quando mi hai puntato contro l’arco ma non mi hai sparato. Sapevo che c’era qualcosa nei tuoi occhi.”

Oh, grazie al cielo Sebastian non era un totale idiota. Kurt avrebbe saputo lavorare con quella storia – avrebbe saputo lavorarci perfettamente.

“Non avrei potuto ferirti,” disse, provando a non umiliarsi con la falsità di quelle parole. Era parzialmente vero, si erano incontrati appena poche ore dopo dall’inizio dei Giochi e Kurt non era pronto per uccidere qualcuno, ancora. Sebastian non gli era sembrato una minaccia in quel momento e l’aveva lasciato perdere, contando sul fatto che gli dovesse la vita.

“Perché te ne sei andato, allora?” domandò Sebastian, c’era una luce d’avvertimento nei suoi occhi. Era ovvio che stesse cercando più di Kurt delle possibili scappatoie. Avevano bisogno di essere convincenti. “Mi sono svegliato la mattina dopo che mi avevi bendato la gamba e non c’eri più.”

“Io-” Kurt si fermò, cercando una spiegazione. “Avevo cominciato a realizzare quali fossero i miei sentimenti per te e stavo provando a – proteggermi dal dolore.”

Sembrava abbastanza convincente, no?

“Ma sei tornato.”

“Non potevo starti lontano.”

Oddio, la Sylvester avrebbe fatto meglio ad apprezzarlo perché cominciava a sentirsi a disagio. Riusciva solo a immaginare cosa stessero pensando Finn, Rachel e Carole a casa.

{&}

Le loro ferite avevano cominciato a guarire il mattino dopo, ma la debolezza data loro dalla fame cominciava a farsi sentire. Kurt afferrò il suo arco e disse che avrebbe trovato qualcosa, ma le parole erano appena fuoriuscite dalla sua bocca quando un paracadute scese dritto nelle sue mani. C’era un cestino attaccato ad esso con un piccolo pezzo di carta attaccato in cima. Kurt rise quando lo lesse.

“Cosa dice?” domandò Sebastian.

Non lo condividere per nessun motivo.

Gettò via il pezzo di carta e aprì il coperchio del cestino. L’odore di cibo fu così forte da riempirgli immediatamente la bocca di saliva. “Oddio,” disse Sebastian, mettendosi in piedi e giungendo al suo fianco. Il cestino conteneva abbastanza cibo per entrambi almeno per un altro paio di giorni. Kurt prese un pezzo di pane e lo annusò a lungo prima di spezzarne un pezzo e porgerlo a Sebastian.

“Il primo morso va a te.”

“Non dovresti condividerlo,” gli fece notare il giovane.

In qualche modo, Kurt sentiva che quella era una parte del piano della Sylvester, che avrebbe dovuto infrangere le sue regole.

“Non starò qui a mangiarmi tutto questo cibo guardandoti morire di fame. Mangia.”

Sebastian sorrise e prese il pezzo di pane che Kurt gli stava offrendo, chinandosi per baciargli la guancia a mo’ di ringraziamento per poi affondarvi i denti. Se fosse un gesto sincero o se stesse ancora recitando con quella messa in scena, Kurt non lo notò perché – finalmente avevano del cibo.

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L’annuncio fu fatto due giorni dopo – le regole erano state cambiate, sarebbero stati ammessi due vincitori nel caso fossero dello stesso Distretto.

Sebastian non sembrò colpito dalla notizia. “Rouge non condividerà la gloria. Mi ucciderà appena ne avrà l’occasione.” Sembrò capire che Kurt non sarebbe rimasto con lui perché la sua espressione si fece improvvisamente seria e disse, “Andrai a cercare Quinn, vero?”

Kurt annuì. “Se c’è la possibilità potremo tornare insieme a casa e-”

“No, è giusto così, lo capisco,” lo interruppe Sebastian. Passò il dito lungo il coltello che aveva cominciato a portare con sé. “Sarebbe – sarebbe dovuto accadere a un certo punto, no?”

Aveva ragione. Avevano finto di essere innamorati per soddisfare gli spettatori abbastanza da dare loro degli sponsor. Ora che erano guariti e avevano del cibo non avevano più bisogno di continuare per molto con quel giochetto.

Ma Kurt aveva cominciato ad abituarsi alla compagnia dell’altro, a fidarsi di lui, una volta capito che non aveva intenzione di ucciderlo più di quanto lui stesso avesse intenzione di uccidere un’altra persona, a meno che non fosse stato per autodifesa. Non era pronto a dire addio ad un alleato, anche se era stato piuttosto fastidioso alle volte. E ancora, non era pronto a lasciare che la solitudine lo consumasse di nuovo.

“Beh, buona fortuna allora,” disse Sebastian, porgendogli la mano.

Kurt l’afferrò, stordito, e si sforzò a parlare. “Buona fortuna.”

Sebastian si chinò a baciarlo per un lungo, lento minuto, carezzandogli la guancia. “Per le telecamere,” mormorò, ma gli strinse il braccio quando si scostò e per un secondo sembrò che fosse qualcosa di più.

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Il cannone risuonò due volte quel giorno e ogni volta la mente di Kurt era volata a Sebastian e Quinn. Quando scese la notte e risuonò l’inno, rilasciò un sospiro di sollievo al vedere la coppia del Distretto 7.

Erano rimasti in otto.

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Il primo assassinio di Kurt fu il ragazzo del Distretto 5.

Non conosceva il suo nome e non avevano avuto tempo per i convenevoli quando avevano cominciato a rotolare per terra coi coltelli puntati l’uno contro la gola dell’altro. Era accaduto troppo velocemente, Kurt aveva sentito la pressione del coltello contro la sua pelle e un rivolo di sangue scendere lungo la gola e in qualche modo era riuscito a liberare il braccio abbastanza a lungo da accoltellarlo alla schiena.

Fu solo più tardi, mentre stava provando a lavare via il sangue dalle mani che realizzò che aveva appena ucciso qualcuno.

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Fu un urlo a svegliarlo quella note. Si rimise in piedi e seguì la fonte del suono prima ancora di aprire per bene gli occhi. Era la voce di un ragazzo, lo poteva dedurre benissimo e il suo cuore cominciò a battere più forte quando la consapevolezza lo colpì in pieno.

Sebastian.

Cominciò a correre, facendosi largo tra i rami che gli ferivano il volto con le loro spine nella fretta di raggiungere il ragazzo e, come quel giorno, andò a sbattere contro qualcuno, ma quella volta non mantenne l’equilibrio.

Un altro urlo raggelante fece eco nella radura prima che capisse che di fronte a lui c’era Sebastian. Si teneva a stento in piedi quando il giovane lo strinse in un abbraccio, stringendolo forte e sospirando. “Stai bene. Stai bene, oddio, stai bene.”

Kurt era un po’ scosso, sia dalle urla che ancora risuonavano forte e sia dal modo in cui Sebastian lo tratteneva a sé come se avesse paura che sparisse se l’avesse lasciato andare, ma riuscì a dargli qualche pacca e dire, “Sì, sto bene.”

“Pensavo fossi tu,” disse Sebastian, volgendo il viso così da sfiorargli l’orecchio con le labbra.

“Pensavo fossi tu,” rispose Kurt.

Le urla della vittima risuonarono forte ancora una volta prima di essere interrotte completamente. Il cannone sparò.

Sebastian continuava a trattenere Kurt tra le braccia, tremava appena. “Siamo rimasti in cinque.”

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La notte in cui Trent morì, Sebastian si volse a Kurt e disse, “Lo faresti?”

Kurt continuò a guardare il punto del cielo in cui il volto di Trent era appena sparito. “Cosa?”

“Uccidermi.”

Reclinò il capo per osservarlo con un lieve aggrottare di sopracciglia. “Perché me lo chiedi?”

“Io, tu, la biondina e Rouge siamo gli unici rimasti, e visto che il mio partner non sta cercando nessun alleato – sarò il primo a morire.”

Kurt ci pensò su per un secondo, prima di volgersi al cielo. “No.”

“Non mi uccideresti se ne avessi l’occasione?”

“Ti darei almeno la possibilità di difenderti, prima.”

Sebastian sbuffò in una bassa risata, allungando la mano a carezzargli le nocche. “Beh, grazie mille.”

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Si separarono il giorno dopo per cercare del cibo, le loro scorte erano finite. Kurt aveva appena colto un paio di more quando Quinn emerse fuori dagli alberi.

“Kurt,” disse, un lieve sorriso sulle labbra. “Ciao.”

“Ti ho cercato per giorni,” disse Kurt, mettendosi in piedi, ma aveva appuntato gli occhi sul sangue sulle mani di Quinn, lungo i fianchi.

“Cos’è successo?” domandò.

“Ho incontrato Sebastian, ma mi ha visto prima che potessi ucciderlo,” quando vide il panico dipinto nei suoi occhi scosse il capo. “Sto bene, l’ho preso con un – ow!” disse prima che Kurt la scostasse e cominciasse a correre nella direzione da cui era sbucata fuori. “Kurt, dove stai andando?”

No, no, ti prego, no, fa’ che non sia morto, non farlo morire, non ancora, non così..

“Sebastian!” urlò, disturbando le ghiandaie imitatrici sugli alberi. “SEBASTIAN!”

Lo trovò steso a terra, semi-cosciente, la maglietta strappata a mostrare dove il coltello l’aveva colpito, allo stomaco. Corse in avanti e ricadde sulle ginocchia. Si chinò a sentire il battito del cuore e lo schiaffeggiò per forzarlo ad aprire gli occhi.

“Guardami,” gli ordinò. “Sebastian, guardami.”

Sebastian lo fece, un lieve sorriso che si allargava sul volto. “Hey, Kurt.”

Kurt sentì le lacrime raccogliersi dietro le palpebre. “Stupido. Che problemi hai con i coltelli?”

“La Biondina è piuttosto veloce,” rispose Sebastian. “Mi ha preso quando ho abbassato la guardia.”

Kurt passò le dita tremanti tra i capelli dell’altro, sul suo volto, ovunque. “Non morirai,” disse. “Non puoi.”

“Pensi di potermi salvare di nuovo?”

Kurt lasciò scivolare lo sguardo allo stomaco dell’altro, si sentì boccheggiare. Distolse lo sguardo, tornando al suo volto, le lacrime che finalmente cominciavano a correre lungo le guance. “Mi dispiace,” disse. “Mi dispiace così tanto.”

“E se – e se ci baciassimo di nuovo?” mormorò Sebastian, incespicando sulle parole. “Gli diamo un altro spettacolino e avremo.. avremo la medicina.”

Kurt sapeva che stava scherzando ma si chinò e lo baciò comunque, il sudore e le lacrime che si mischiavano tra le loro bocche. Le labbra gli tremavano, Sebastian era completamente immobile e Kurt chiuse gli occhi, poggiando la fronte a quella dell’altro, sapendo cosa avrebbe visto una volta che li avesse aperti.

Il cannone risuonò sopra di loro un secondo dopo e Kurt strinse il corpo senza vita dell’altro più forte tra le sue braccia, reprimendo l’istinto di gridare.

 

  
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