A picture of us
1.
Sette
anni.
Tanto
a lungo era durata la loro storia d’amore. Perché
di questo si era sempre
trattato.
D’amore.
Anche
se a undici anni certe cose non le puoi capire; anche se quando poi
arrivi a
capirle, cerchi di negarle; anche se pensi che meglio
dell’amicizia non ci sia
niente.
Lui,
l’amore, era sempre stato lì, fin dal primo
sguardo, fin dal primo battibecco,
sempre. All’inizio latente, alla fine palese.
E
quando era finalmente giunto il momento per confidarsi, per stare
insieme, il
loro mondo era crollato, sconvolto da una guerra che li vedeva in prima
linea
contro il male, che faceva passare tutto il resto in secondo piano,
compreso un
amore che avrebbe avuto tutti i diritti di esprimersi.
E
così, avevano passato quello che avrebbe dovuto essere il
loro settimo anno a
Hogwarts, in giro per il mondo, rischiando la vita ogni giorno,
cercando il
modo di sopravvivere perché per loro due, in particolare,
c’era in gioco anche
il sentimento che li legava e il loro futuro insieme.
Alla
fine, anche la guerra era giunta al termine e loro ne erano usciti
vittoriosi,
se così si poteva dire. La ricerca degli Horcrux e il
successivo scontro finale
con Voldemort aveva causato un numero spropositato di vittime e un
enorme
dolore aveva colpito tutti quelli che erano riusciti a rimanere vivi.
E
loro si erano trovati nuovamente come quando era iniziato, in tre,
uniti dalla
loro amicizia, da quello che avevano affrontato e sconfitto.
L’avevano
preso e si erano smaterializzati per ricomparire poi
all’ospedale St. Mungo
dove tutti erano stati sottoposti alle cure del caso. Per Hermione e
Ron si era
trattato di poche ferite superficiali, guaribili in alcune ore con i
medicamenti magici di cui l’ospedale disponeva.
Per
le ferite interiori, quelle dell’anima e del cuore ci sarebbe
voluto molto di
più.
Harry
aveva invece avuto bisogno di un ricovero più lungo e il suo
corpo martoriato
dallo scontro aveva bisogno di un riposo prolungato così da
permettergli di
recuperare almeno una piccola quantità di forze. Dopo,
sarebbe venuto anche per
lui il momento per pensare. Pensare a tutto quello che era accaduto e
pensare a
un modo per superarlo senza perdere la ragione.
Quella
sera, Ron e Hermione erano usciti insieme dall’ospedale,
abbracciati, cercando
di sostenersi a vicenda. Non avevano nulla da dirsi, non in quel
momento, con
tutto l’orrore della guerra ancora troppo recente e stampato
nelle loro menti
per essere dimenticato o discusso. E, dopotutto, non c’era
bisogno di parole,
ciascuno sapeva tutto quello che stava provando l’altro.
Erano
giunti all’appartamento che il Ministero aveva assegnato loro
quel pomeriggio,
quando un emissario del Ministro era andato a trovarli
all’ospedale per
comunicare ai ragazzi quale sarebbe stata la loro
“casa” per il prossimo
futuro.
Ron
aprì la porta lentamente e spinse dentro una Hermione
esitante. Lei entrò e si
guardò un po’ attorno intimorita. Era talmente
tanto che non vedevano un vero
letto, una vera cucina e del vero cibo, che tutti e due rimasero un
attimo
interdetti dall’accoglienza di quel posto. Era illuminato da
molte candele e un
fuoco ardeva nel caminetto del salotto, davanti ad un comodo divano.
Il
tavolo della cucina era già apparecchiato per due e accanto
ad ogni piatto
c’erano dei vassoi nascosti da coperchi di acciaio.
Passarono
oltre ed arrivarono al balcone che si apriva sulla vista della
città. Hermione
appoggiò le mani al parapetto e lasciò vagare il
suo sguardo sulle rovine che
una volta, prima della guerra, erano state Londra. Ron la raggiunse e,
da
dietro, le cinse la vita con le mani. Anche lui contemplava attonito la
distruzione che si parava davanti ai loro occhi.
All’improvviso, Hermione
scoppiò in singhiozzi e si girò di scatto tra le
sue braccia, appoggiando il
viso inondato di lacrime sul suo petto. Piangeva senza cercare di
trattenersi e
anche Ron sentì che dai suoi occhi sgorgavano calde lacrime.
La strinse a sé
ancora di più, cercando di confortarla in qualche modo. Le
accarezzò la schiena
e lasciò che si sfogasse. Era una reazione più
che comprensibile agli orrori
che avevano visto, e anche ora che era finita, rimanevano molte cose da
fare:
cercare di andare avanti, piangere chi non c’era
più e ricostruire.
Ricostruire.
Ecco,
questo poteva essere un buon punto di partenza per tentare di calmare
Hermione.
Ron
la scostò un po’ dal suo petto, le mise una mano
sotto il mento e le fece
sollevare il viso per guardarla negli occhi. Non tentò di
nascondere le tracce
che le lacrime avevano lasciato anche sul suo viso, sarebbe stato
inutile,
Hermione sapeva che anche lui si sentiva completamente svuotato.
“Ora
basta, piccola” le disse lui con voce calda. “So
come ti senti e so che hai
bisogno di sfogarti, ma vederti piangere così mi spezza il
cuore. Adesso è
finita, ora è il momento di tentare di guardare avanti e
ricominciare. Abbiamo
bisogno di riprendere a vivere. Ci vorrà del tempo,
soffriremo, ma io sarò qui
per te, ogni volta che vorrai. E tu ci sarai per me, non è
vero?”
Lei
annuì guardando i suoi profondi occhi blu. Si conoscevano
così bene. Sapevano
perfettamente di essere indispensabili l’uno per
l’altra.
Hermione
gli fece passare le braccia intorno al collo e lentamente lo
tirò verso di sé e
lo fece abbassare su di lei finchè le loro bocche si
toccarono. Dopo sette
anni, dopo la guerra, dopo tutto quello che era accaduto a loro e
intorno a
loro, quello era il primo vero segno d’amore che si
scambiavano.
Dapprima
furono solo labbra su labbra.
Poi
Ron la strinse di più e Hermione aprì leggermente
la bocca e permise a Ron di
esplorarla.
Quando
si staccarono rimasero a guardarsi negli occhi per un lungo istante.
Avevano
quasi dimenticato che si potessero provare sensazioni come quelle che
quel
bacio aveva risvegliato in loro. E avevano quasi dimenticato cosa
significava
desiderare qualcuno.
Ma
non avevano dimenticato di amarsi.
E
ora, dopo che era stato rimandato tanto a lungo, forse era arrivato il
loro
momento.
Forse.
Quello
che era innegabile, era che sembrava così giusto.
Così
perfetto.
Così
agognato.
Quasi
doloroso.
Ron
si abbassò di nuovo su di lei e questa volta il bacio fu
subito profondo,
esigente. Le mise una mano intorno al viso mentre con l’altra
le accarezzava di
nuovo la schiena. Hermione slacciò le braccia dal suo collo
e cominciò a far
passare le mani sul suo petto, poi una scivolò sotto la sua
maglietta ed
Hermione sentì un brivido quando toccò la sua
pelle calda e i suoi pettorali
così ben definiti.
Lui
spostò la mano dal suo viso e la fece scendere lentamente
sul suo collo, e poi
ancora più giù fino a quando giunse a prenderle
fermamente un seno. Hermione
sussultò, ma non smise di baciarlo. Lui la
sollevò da terra e la riportò
dentro, si sedette sul divano e la fece mettere a cavalcioni su di
sè. Ron
cercò lo sguardo di lei per capire se era davvero quello che
voleva. Ardeva di
desiderio, ma se lei si fosse voluta fermare, avrebbe smesso in
quell’istante
di toccarla.
Hermione
annuì con la testa, anche lei stordita dalla sensazione che
la pervadeva. Aveva
sognato tutto questo così a lungo che quasi non le sembrava
vero. E a giudicare
da quello che aveva provocato in Ron, anche lui la voleva.
Ron
cominciò a slacciare i bottoni della sua camicetta. Quando
arrivò al terzo e
vide che lei sotto non portava nulla, un gemito gli sfuggì
dalle labbra e prese
immediatamente in bocca un capezzolo roseo ed eretto. Hermione credette
di
stare per svenire per quello che la bocca di Ron le stava facendo
provare.
Freneticamente spostò le mani sull’orlo della sua
maglietta e iniziò a tirarla
per far sì che lui se la sfilasse. Anche Ron nel frattempo
le aveva tolto
completamente la camicetta e ora i seni di Hermione erano appoggiati al
suo
petto.
La
sensazione della pelle contro la pelle fece fremere entrambi. Hermione
passò le
sue mani sulle spalle di Ron, poi sui suoi bicipiti e infine scese
ancora e
iniziò a slacciare i bottoni dei jeans del ragazzo.
Incapaci
di smettere di toccarsi e di baciarsi, si alzarono entrambi in piedi
per
liberarsi di tutti gli indumenti superflui e rimasero solo con un paio
di boxer
e un paio di slip a dividerli.
Ron
si sedette di nuovo e Hermione si rimise sopra di lui. Ripresero a
baciarsi ed
erano quasi al punto di non ritorno, quando Ron parlò.
“Sei
sicura? Voglio dire… Hermione, è il momento
giusto questo?”
“Ron,
io non posso e non voglio più aspettare” rispose
lei risoluta.
Questo
bastò. Si persero l’uno nell’altra
fondendo i loro corpi e le loro anime.
E,
finalmente, si sentirono completi.
Passarono
la notte a fare l’amore e a confortarsi.
Ron
la tenne stretta tra le sue braccia mentre le posava piccoli baci sulla
testa,
inspirando il suo profumo, tuffando il viso nei riccioli della ragazza.
Quello
che provava potendola stringere a sé era un sentimento di
gioia e completezza
assolute, qualcosa che non aveva mai provato prima e, ne era certo, non
avrebbe
mai più provato se non con lei.
Si
appartenevano, e questo era quanto.
Inutile
tentare di negarlo ancora.
Finalmente
era tutto davanti ai loro occhi. Quello che li aveva sempre legati,
tenuti
insieme nonostante tutto, fatti combattere uno al fianco
dell’altra per
proteggersi e difendersi, aveva finalmente il suo nome.
Amore.
Completo.
Assoluto.
Senza
fine né limiti.
Hermione
si era rilassata nell’abbraccio del suo uomo, si sentiva al
sicuro, si sentiva
amata come non lo era mai stata. Faceva passare lentamente le dita
sulle
braccia di lui, soffermandosi ad accarezzare con particolare dolcezza
le
innumerevoli cicatrici e ferite che la guerra gli aveva lasciato come
ricordo.
Niente
li avrebbe più divisi.
Lei
non lo avrebbe permesso.
C’era
voluto troppo tempo e troppa sofferenza per arrivare a quel punto e
ora, non
aveva intenzione di lasciare che le cose le sfuggissero di nuovo di
mano. Non
aveva intenzione di sacrificare nuovamente il loro amore in nome di un
qualche
altro ideale superiore. La guerra era finita e ora esistevano solo loro
due.
Girò
il capo leggermente verso il viso di lui e le loro labbra si
incontrarono di
nuovo dolcemente. Fare l’amore con Ron era stata la cosa
più giusta che avesse
fatto da un bel po’ di tempo a quella parte. Era stato
semplicemente perfetto.
E naturale. Era quello doveva accadere. Ed era stato meraviglioso,
indicibile.
Ron era sempre stato dentro al suo cuore, ma averlo anche dentro al suo
corpo
era qualcosa che la rendeva felice di esistere. Era il posto giusto per
lui.
Passarono
ancora molto tempo a sussurrarsi dolci parole, a spiegarsi cosa
rappresentavano
l’uno per l’altra, ad amarsi. Dopo essersi
rivestiti rimasero abbracciati
ancora a lungo. Ad un certo punto, le lacrime fecero di nuovo capolino
dagli
occhi di Hermione e Ron, che se ne accorse, le domandò
subito “Che succede,
amore?”
“Ti
amo così tanto” rispose lei guardandolo mentre una
lacrima le scorreva sul
viso. “E ho avuto talmente tanta paura di perderti
che…” le sfuggì un piccolo
singhiozzo. “Ma ora voglio restare insieme a te per sempre,
averti accanto
tutti i giorni della mia vita. Non pensavo che avrei potuto mai
più essere
felice, dopo tutto quello che ho visto. Ma ora lo sono. Ora tu mi hai
resa
felice e questa è una cosa che voglio imprimermi nella
mente, e non solo…” si
girò e frugò nel suo zaino finchè
estrasse una macchina fotografica magica.
“E
quella dove diavolo l’hai presa?”
Lei
gli fece un sorriso e non rispose.
“Avanti,
preparati. Metto l’autoscatto e appena parte il conto alla
rovescia mi fiondo
lì. Sei pronto?”
“Sì”
disse lui divertito.
Hermione
fece scattare la levetta e poi corse verso Ron e si tuffò
tra le sue braccia.
Quando
la macchina scattò, sulla pellicola rimasero impresse le
loro facce sorridenti
e felici.