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Autore: Trick    19/06/2007    11 recensioni
Regulus Black.
Un'ombra sfuggente aggrappata al margine di una pagina ingiallita. Un uomo importante quanto un soffio di vento in una giornata ventosa.
Un fratello.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Così vi narro dell’uomo che fischiò alla morte

by Trick



Questa storia non è solo una storia dal sapore agrodolce. Fra le sue virgole, non troverete solo dei ricordi aranciati, infelici solchi nella mia memoria di morto. Pertanto, lasciate che il suono della mia voce culli la vostra più istintiva immaginazione e immergetevi in un tempo ormai smarrito, nel quale io, sciocco ragazzo che fui, capii tardi il valore della vita.

 

31 agosto 1970, Grimmauld Place, Londra

"Hoguort è tanto lontana?"

Quanta innocenza e quanta ingenuità facemmo librare verso il cielo di maggio, in quel piacevole e arieggiato pomeriggio di primavera. Il vento soffiava delicato fra i nostri capelli corvini, scivolando nella loro leggerezza come forse neppure nostra madre aveva mai osato fare. Stesi l'uno accanto all'altro, accarezzati dal dolce danzare dei fili d'erba, né io, né mio fratello, avremmo mai potuto sospettare che quella particolare giornata, sarebbe stata l'ultima che avremmo trascorso insieme.

"Si dice Hogwarts, non Hoguort. E se ci si arriva con un treno, è sicuramente molto lontana."

Ricordo che voltai la testa in modo che potessi vedere il profilo di Sirius, immobile come se volesse competere con la ferma e morta rigidità delle dimore Babbane di Grimmauld Place. Scrutai i suoi lineamenti con l'avidità di un pescatore di perle, e ancora una volta, mi ritrovai a pensare a quanto affascinante fosse mio fratello. Già a undici anni, il suo viso vantava quella grazia inimitabile che sarebbe poi fiorita negli anni della scuola. Nonostante continuassero a ripeterci quanto la nostra somiglianza fosse grande, io non ho mai veduto nel mio riflesso null'altro che il volto di un bambino cresciuto nel mondo sbagliato e nel momento sbagliato.

"Nostra madre dice che il treno è una cosa da Babbani. E le cose da Babbani sono riproventi" dissi.

Sirius emise un suono a cavallo fra una risatina divertita e uno sbuffo di biasimo.

"Si dice riprovevoli, Regulus. Non riproventi. Prima di ascoltare, devi imparare a capire ciò che ti dicono."

Così come non capivo ancora la maggior parte dei vocaboli degli adulti, non riuscii ad afferrare il rimprovero che Sirius aveva celato nelle sue parole, e non gli diedi quindi il giusto peso che meritavano.

"È tardi, Regulus" mi fece notare Sirius, rompendo il delicato stato di inerzia nel quale ci eravamo lasciati cadere, e alzandosi in piedi. Pulì con un gesto negligente della mano l'elegante mantello porpora dalla polvere che vi era rimasta attaccata, e mi tese una mano che afferrai con un sorriso.

Mentre trotterellavo al suo fianco, sotto la fresca brezza della sera, lo sentii fischiare sommessamente una dolce filastrocca che nostra cugina era solita cantarci, prima che quel Babbano s'intromettesse nelle nostre vite. Avrei dovuto chiedermi cosa lo spingesse ad una così strana dimostrazione di allegria, ma mi limitai a fischiettare al suo ritmo, sognando il giorno in cui avremmo potuto attraversare insieme i corridoi di Hogwarts, magari zufolando la stessa, gaia melodia, e marciando alteri nei nostri mantelli verde e argento.

 

 

1 settembre 1973, Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

"Black, Regulus!"

Lo Smistamento. Le sensazioni che provai nel sentire l'orlo leggero di quel vecchio cappello attorno alla testa, mi sembrano tuttora fresche di pochissime ore. Non avete idea del terrore che provochi, rimanere seduti su quel duro e freddo sgabello, in attesa che un semplice copricapo disegni la traccia per il tuo futuro. Soli per la prima volta in un mondo che non conoscete, e soli per la prima volta a centinaia di chilometri dal mondo che conoscete. Non ebbi tempo di pensare a nulla, nel fugace attimo che servì alla professoressa McGranitt per posare il Cappello Parlante sulla mia testa, ma potei lanciare una labile occhiata in direzione di quello sfarzoso tavolo rosso e oro, che tanto disonore sembrava aver procurato alla mia famiglia. Riuscii a cogliere solo di sfuggita il suo profilo fra gli altri studenti, ma non potei non scorgere il ghigno beffardo che era comparso sulle sue labbra al suono del mio nome. Non conoscevo mio fratello abbastanza bene per capire che il suo sorriso all'apparenza canzonatorio, era l'unico modo con il quale sapesse augurare buona fortuna.

"SERPEVERDE!"

Lo scambiai per l'ennesima beffa che Sirius amava farsi di me, e sentii il mostro dell'acredine agitarsi per la prima volta sotto la mia pelle di fanciullo.

 

 

2 giugno 1976, Grimmauld Place, Londra

"Te ne vai."

Mi è difficile rievocare con esattezza il tono che la mia voce poteva avere in quella piovigginosa notte di giugno; spero, tuttavia, che il legittimo sentimento di altezzosità che provavo, l'abbia resa forte e squillante, e non roca e tremante come invece è più probabile sia giunta alle orecchie di Sirius.

"È una domanda?"

"No."

"In tal caso, non ho altro da aggiungere."

Lo vidi attraversare a passo rapido e deciso il buio androne che ancora lo separava dalla porta, trascinandosi dietro il pesante baule che racchiudeva tutto ciò che credevo fosse stata la sua vita fin a quel momento. Per un fulmineo attimo, sentii bruciare nella gola un insolito desiderio di impedirgli di compiere quell'insensata e completamente illogica fuga, ma avevo l'impressione che il mio palato fosse impastato della melma più viscosa.

"Sai dove andare?" fui capace di biascicare un istante prima che Sirius si chiudesse la porta alle spalle. Lui la riaprì quel poco che mi bastava per scorgere il suo viso, dove luccicanti gocce di pioggia avevano iniziato ad assaporarne la pelle come se non avessero mai atteso altro.

"È una domanda?"

"Sì."

Mi regalò un altro dei sorrisi canzonatori, e in cuor mio, sapevo già che sarebbe stato l'ultimo che avrei ricevuto da parte sua.

"In tal caso, non posso rispondere" mi disse, prima di accostare nuovamente la porta.

Corsi alla finestra e scrutai timoroso le ombre della notte. L'oscurità e la pioggia non mi permisero di vederlo un'ultima volta.

 

 

Non fu, naturalmente, l'ultima volta in cui ci incontrammo, ma si rivelò la nostra ultima conversazione. Hogwarts, mi auguro sappiate almeno questo, è un dedalo di intricati passaggi, privo di entrate e di relative uscite. Ciò nonostante, non fu raro per me incontrarlo ciondolare beatamente per i corridoi, accompagnato da coloro a cui ancora adesso, attribuisco la colpa di aver incantato completamente il cervello di mio fratello.

In quelle sporadiche volte in cui vagava solitario e assorto nei suoi pensieri, lo sentivo fischiettare quella cantilena che aveva accompagnato la nostra infanzia, e passandogli accanto, speravo che al di sopra del suo allegro trillare, lui fosse in grado di sentire il mio, che timido e impacciato, tentava di seguirne il medesimo ritmo.

 

 

Ed eccomi qui, intento a intrattenere invisibili ascoltatori con i miei più segreti ricordi.

Decisi di non raccontare a nessuno la fuga di cui fui silenzioso complice, in quel giugno di quattro anni fa. Attesi l'alba senza distogliere gli occhi dal soffitto, e cercai di scolpire sul mio viso il più innocente stupore, pronto alle eventuali domande su cosa fosse mai passato per la testa di quello sconsiderato di mio fratello. Non un solo Black pose interrogativi a riguardo della sparizione di Sirius, neppure la più debole ipotesi su quale fosse mai stato il suo destino fu mai espressa. Continuammo a vivere come se non fosse mai esistito altro giovane Black al di fuori di me, come se i segni incisi dal suo coltello sul muro della sua stanza fossero opera di un fantasma, come se la sua stessa appartenenza alla famiglia, non fosse mai realmente esistita.

Come se ci fossimo liberati di un qualcosa di sudicio e vergognoso.

Ormai avevo dodici anni, la mia media scolastica spiccava fra quelle dei miei coetanei, la mia brillante e sofisticata intelligenza veniva elogiata da chiunque avesse avuto modo di rapportarsi con me.

Ma a dispetto della mia età e del mio maturo intelletto, continuavo ad ascoltare, senza riuscire a capire.

 

 

3 dicembre 1980, momentanea dimora del Signore Oscuro

"I vostri ordini sono stati eseguiti, mio Signore, e nel minor tempo possibile."

"Ottimo, Lucius."

"Mi è concesso congedarmi, dunque, mio Signore?"

"Toglimi una curiosità, prima."

"Tutto ciò che desiderate, mio Signore."

"Anche il giovane Black ha miseramente implorato la mia pietà e il mio perdono, o lui, per primo, ha deciso di spezzare quest'eccitante tradizione?"

"Sì, mio Signore... cioè, no, mio Signore. Non ha implorato nulla di ciò, mio Signore. Fischiava, mio Signore."

 



N.d.A che sicuramente non piacerà a chi sta seguendo il mio Diario di un Lupo in un Branco di Lupi.

Ho fatto un disastro con il pc, e gran parte del capitolo che avevo intenzione di postare oggi, si è volatilizzato con la mia proverbiale pazienza. Farò il possibile per rimediare nel più breve tempo possibile a questo immane pasticcio... chiedo umilmente perdono...

Un bacio speranzoso, Trick

   
 
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