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Autore: Gwendin Luthol    02/12/2012    4 recensioni
Questa potrebbe essere considerata la fine di un lungo cammino della vita,vissuta da quattro occhi e sentita da un cuore. Ma chi sono io per assicurarvi che quest’amicizia indistruttibile sia giunta al capolinea? Di sicuro però,sarò io a raccontarvi questa storia che probabilmente prenderà una piega diversa ad ogni parola scritta..o forse no?
Sullo sfondo di un Giappone che sembra morire e risorgere in continuazione,la vita di un sedicenne presuntuoso e pieno di se si mescolerà all’esistenza tormentata di un professore di filosofia,odioso e puzzolente,creando un legame fantastico. Nella misteriosa misticità dell’amicizia che neanche la morte potrebbe mai spezzare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fior di Ciliegio
Capitolo diciassettesimo

“E tu sei un idiota che ancora ci speri!” le disse Naoko raccogliendo un altro pacco di riviste.
Entrambe le ragazze si affaticavano nuovamente per rimettere in sesto l’edicola del padre di una delle due.
“Non lo vedi? E’ fuori come un balcone, a quel tipetto è morta la madre. Poi, non che fosse l’unico, sai… ma tu che devi fare? Vuoi diventare la sua psicologa, eh? Midori?” continuò a rimproverarla senza prender fiato, l’amica.
Naoko aveva la permanente e i suoi finti riccioli le sbattevano di qua e di là mentre si agitava muovendo le mani, scaricando i giornali e continuando a parlare. Midori era quasi divertita da questa visione.
Perché quei boccoli? E’ ridicola…! Decisamente meglio al naturale, forse glielo dovrei dire appena smette di gridare come una matta.
“MIDORII?? CI SEI?” domandò istericamente Naoko.
“Sì, ci sono” rispose l’interpellata, stancamente.
“Mi hai capita? Dimmi se esagero eh, io penso che sia giusto così!” esclamò la ragazza riccia tirandosi su le maniche della felpa.
“Ma cosa giusto? E poi come potrei dirti che esageri, tanto continueresti ugualmente. E pure io, quindi smettila con queste considerazioni stupide” rispose Midori seccata dall’ennesima discussione riguardo la cosa.
Naoko la guardò storto, da sotto a sopra, sbuffando su uno dei riccetti che le finii sulla bocca.
“Sei fuori anche te, lo sei sempre stata” disse lentamente, spostando un’altra pila di manga di cui alcuni hentai.
Midori la fissò negli occhi per qualche minuto e pensò: lei matta? Tra di loro se l’erano sempre detto, ma questa volta c’era qualcosa di strano dietro. Non risultava uno scherzo, e perché sembrava così “cattivo”? La ragazza si rese conto che l’amica di fronte la scrutava interrogativamente, se così si può dire, dunque la fisso ancora più attentamente.
La voleva rendere capace di percepire tutto il suo dolore e la sua repressione, voleva metterla alla prova. Ti consideri la mia migliore amica? Di certo non si può essere amiche solamente per andare a fare shopping a Shibuya 109, ma si trattava anche di un’intensa, profonda, lettura di sentimenti reciproci.
Cos’è l’amicizia se non l’amore privo di passione?
Poi la ragazza si riprese dalla sua trance e lo stesso fece l’altra, ma la prima si accorse dei giornaletti per adulti appena spostati accanto ad altri scatoloni strabordanti di riviste.
Entrambe accantonarono la conversazione di prima, e Naoko notando lo sguardo di Midori che la trapassava arrivando sino alla copertina hard dell’hentai, si voltò dietro.
“E quelli? Spiegami. Tuo padre vende anche quelli?”
“E’ un’edicola, cosa pretendi? Praticamente con i giornaletti sporchi si fanno più affari che con il Asahi Shinbuno lo Japan Times!” esclamò la riccia.
“Sì… certo” l’assecondò Midori sogghignando nascondendosi fra i capelli.
Poi si accollò fra le braccia una buona dose di merce, ma appena si alzò in piedi si sentii picchiettare sul sedere.
“NAOKOO! Mi fai cadere tutto, deficiente!” gridò Midori riacquistando miracolosamente l’equilibrio.
“Fai attenzione, stupidina. Ti stanno riscendo i capelli da quel taglio orrendo che t’eri fatta tempo fa, ma io ti vedo ridere di nascosto allo stesso modo.” disse la ragazza con tono saccente, alzandosi anche lei.
“Ohoho, ma chi parla! Il barboncino di turno! Ti prego, ritorna ai soliti capelli lisci come l’olio, ti stanno decisamente meglio.” ribattè Midori con la stessa serietà della battuta precedente fatta dalla sua amica.
Poi si diressero entrambi verso il negozietto che pian piano riprendeva forma dopo la devastazione. Quelle riviste, quei libretti e addirittura gli hentai, donavano così tanta gioia seppur sulle copertine dei giornali si parlava solamente di continue scosse sotto il suolo.
“Però hai notato – cambiò discorso Midori – tutto il mondo ci sta aiutando”.
Poi posarono tutto il peso dell’informazione e dello svago su un piccolo tavolinetto che, temporaneamente avrebbe sostenuto tutto ciò che serviva per rimettere in sesto l’attività.
Entrambe cominciarono a camminare per il locale. Naoko tastava la differenza del tempo fra le nuove assi di legno rispetto a quelle vecchie.
Midori osservava i piccoli scaffali dalla quale fino a qualche mese fa, i giornali venivano esposti nelle loro più stravaganti copertine. Quanto colore! E in poco tempo tutto questo sarebbe potuto riessere vissuto.
Così presa dalla forza di volontà, saltellò allegramente verso le riviste posate sul tavolo.
“Naoko? E’ così interessante il muro?” domandò ridendo mentre si arrotolava le maniche della camicia fino ai gomiti massicci.
“Pensavo a volerti chiederti scusa, le venature del legno mi hanno suggerito di farlo” e detto questo si voltò verso l’amica, raccolse gli hentai dal tavolo e li porse sul primo scaffale accanto all’entrata dell’edicola.
Giusto, fanno più soldi del Japan Times.


  
* 




“Signor Nobu? Professore? Come diavolo devo chiamarla per farmi sentire?” domandò istericamente Tarō, correndo affannato per il corridoio.
Intanto l’uomo continuava a camminare indisturbato verso l’uscita dell’edificio.
La scuola era vuota, non c’erano né studenti né insegnanti.
Buia, dovevano essere le prime ore serali, ma a Tarō non importava: doveva parlare con il professore, se l’erano promesso.
“Professore, mi sente?!” gridò ancora più forte il ragazzo che correva sempre più veloce e, stranamente senza raggiungere l’uomo.
Quello intanto camminava a testa bassa per il corridoio, come guardandosi i piedi.
Un corridoio che ad un certo punto avrebbe dovuto finire.
Poi Tarō si rese conto che durante la corsa il pavimento dietro di lui spariva. Ne rimanevano solo le colonne portanti e le mura.
Cosa diamine succedeva? E perché nel millesimo di secondo in cui il ragazzo si rese conto della stranezza, il professore era scomparso?
Il corridoio era privo di porte, privo d’uscite.
Non poteva esser andato da nessuna parte, se non tornato indietro ma non passò minimamente di fronte a Tarō.
Così il giovane si voltò nuovamente verso il lato del corridoio che avrebbe dovuto portare lui e il signor Nobu all’uscita dell’edificio.
Ma poi qualcuno disse qualcosa.
“Tradimento”.
Da dove veniva?
“TRADIMENTO”
A Tarō batteva forte il cuore, soprattutto perché si ritrovò con i piedi pesanti come il piombo che gli impedirono di correre via.
Se li guardò e nel panico più totale cercò di alzarseli con le mani, tendando dei compiere dei passi.
Ma di fronte a lui apparvero altre scarpe. Nere, lucide e anonime.
Signor Nobu!
Alzò lo sguardo ma non vide altro che un mostro: corpo d’uomo, capo di un demone con le guance tagliate su entrambe i lati. Ma riconosceva gli occhi acquosi e tendenti al basso.
Il professor Nobu.
“TRADIMENTO!” gridò l’uomo.
“Professore, che succede?! Anzi, brutto mostro ripugnante, non ricordi nemmeno minimamente il mio professore! Ridatemi Nobu, io devo parlare con lui!” gridò disperatamente Tarō di fronte alla creatura viscida che continuava a urlargli la medesima parola.
Non posso scappare, perché non posso correre via? Che succede ai miei piedi?!
Poi la mano del demone afferrò il capo ragazzo, che sentii una fortissima pressione alle orecchie. Consecutivamente percepii il sangue caldo scorrergli per il naso, e la tensione sulla testa aumentò. Tarō si sentii morire.
La creatura gli stava contorcendo il cranio con la sola stretta della mano, e mentre il ragazzo urlava dal dolore implorando pietà, la bestia faceva sguisciare la lingua da fuori le guance divertitissimo da quello spettacolo.
“AAAAHHHHHH”, urla raccapriccianti da parte dello sventurato, mentre l’artefice dell’orribile gesto rideva all’impazzata.
“Tu non lo sai, tu non sai chi sono. Tu dovresti aver paura del Tradimeto. Dovresti sapere cosa ho detto, cosa ho fatto” disse il mostro fra una risata e l’altra.
“Perché? Che cosa hai fatto, che hai detto?” gridò il ragazzo in preda al dolore ancora resistente, nonostante entrambi le parti della testa completamente sfondate.
TRADIMENTO!
Poi Tarō si svegliò, sudato e scosso nel pieno della notte.
Tradimento? Ma tradimento di cosa?



Spazio per autricedemente
... Non credo di avere la faccia per potermi permettere di dire qualcosa.

Donne di EFP, grazie.
E non litigate troppo!



  
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