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Autore: F13    02/12/2012    1 recensioni
Da piccola Rose aveva letto il Piccolo Principe, pianto per la volpe e per la rosa, ma aveva capito solo poco e solo in parte il dramma dell’aviatore
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: scritta per la seconda sfida della Staffetta in piscina organizzata da Piscinadiprompt sul Prompt: Tenth/Rose, "Quando tu guarderai il cielo, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero [...]." (Il Piccolo Principe)

Ambientata dopo Doomsday e, giuro, è tutta colpa di Antoine De saint-Exupéry

Wordcount: 747
Rating: G

Come la volpe

Rose Tyler, la sera, quando non  c’era nulla a distrarla, nessuna emergenza al lavoro, nessun impegno mondano o serata in famiglia a cui presenziare, spesso si fermava guardare il cielo e, rimproverandosi della sua stessa debolezza, si impegnava, si impegnava  moltissimo, a non immaginare in quel cielo, in quelle stelle stelle, da qualche parte fra quelle migliaia luci si aggirasse un pazzo, il suo pazzo, con la sua  cabina blu.

Certo lei si impegnava a non immaginare  la sua ombra in ciascuna di quelle luci, ma non era qualcosa che le riusciva particolarmente bene.

Nei giorni in cui Rose Tyler era un po’ troppo triste per sorridere e troppo poco impegnata per non pensare, si sedeva a guardare il cielo e aspettava che le stelle arrivassero.

Aspettava osservando il tramonto, quando si è tristi si amano i tramonti, e guardava scomparire completamente la luce arancio del sole finché, quando ormai nella sua mente ballavano i ricordi lontani un intero universo, apparivano in tutta la loro magnificenza migliaia di stelle e lei non poteva fare a meno di non cercare in ognuna di esse il sorriso del suo dottore. Il suo dottore, che da qualche parte, fra altre stelle, stava certamente correndo, salvando il mondo o qualche razza aliena e, lei ci sperava, ridendo.

Quando tu guarderai il cielo, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero

Rose bambina aveva letto il Piccolo Principe, o forse era stata Jackie a leggerglielo, non ne aveva memoria, ma non poteva dire di averlo davvero compreso all’epoca.
I bambini si stufano di ripetere le cose agli adulti e in verità amano più spesso le cose semplici a quelle complesse e invisibili agli occhi.
Da piccola quindi Rose aveva letto il piccolo principe, pianto per la volpe e per la rosa, ma aveva capito solo poco e solo in parte il dramma dell’aviatore, la sua paura nel lasciare il Piccolo Principe, non aveva davvero compreso il perché di quella separazione, perché dovessero separarsi, perche il pilota non si fosse messo a viaggiare con quel Piccolo Principe, visitando mondi strani, popolati da quelle strane persone di cui quello strano ometto gli aveva raccontato, si sarebbero fatti compagnia e al diavolo la pecora, la scatola e la rosa.

Ma era stata piccola Rose Tyler quando ancora non capiva il significato del viaggio del piccolo alieno né l'importanza del suono delle sue risate o quanto fossero fondamentale per lui quella scatola che nascondeva agli occhi estranei il suo contenuto.

La Rose Tyler ormai adulta che guarda le stelle e fra quelle luci cerca le risate di uno strano, pazzo uomo è una ragazza diversa dalla bambina che non aveva capito il comportamento del pilota. Ora sa perfettamente quanto può essere importante quello che è invisibile agli occhi, nascosto in magnifiche scatole blu.
Da bambina invece  non era riuscita a capire che non sempre si è liberi, non sempre si può scegliere di seguire il proprio piccolo principe e, alle volte, si rimane bloccati sulla superficie di un pianeta mentre lui vola via lontano assieme alla sua scatola.

La verità, quella che la faceva soffrire così tanto mentre guardava le stelle, era il fatto che lei era uguale alla volpe, uguale al pilota. A suo modo, un modo strano fatto di risate, corse, percoli e patatine fritte, il Dottore l’aveva addomesticata  o forse lei aveva addomesticato lui, era difficile dirlo, e ora per lei era impossibile non soffrire per la sua lontananza.

E  Rose come quella volpe addomesticata da un piccolo alieno biondo, non rimpiangeva il colore del grano, non rimpiangeva nulla di ciò che era stato, né le corse, né i pericoli, né le risate, solo la lontananza di quel suo matto alieno, che ora poteva solo cercare riflesso in quelle stelle che non riusciva mai a osservare, se non con le lacrime agli occhi e un sorriso malinconico disegnato  sulle labbra.

Chissà cosa avrebbe detto lui nel vederla così, a fissare le stelle in cerca di un suo riflesso, ma forse non avrebbe saputo dire nulla, forse  piangeva anche lui il suo stesso abbandono. Probabilmente anche lui aveva il suo stesso bisogno di essere consolato, perché anche lei a sua volta l’aveva addomesticato e lasciato solo. E rose si ritrovava a piangere sperando che il suo Dottore, il suo alieno strambo, non fosse rimasto da solo a vagare con la sua scatola per l’universo infinito. 
Il paese delle lacrime è un posto così misterioso.

   
 
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