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Autore: _vanilla_    02/12/2012    1 recensioni
"Noi non siamo fatti per appartenere ad altri, apparteniamo solo a noi stessi."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con questa lettera ti dirò quello che non ho mai avuto il coraggio di dirti, quello che tu non hai mai avuto la pazienza, la voglia o il tempo di ascoltare. Perché tu sei sempre stato troppo attento a calibrare le emozioni, a non farle trasparire, perché, sapevi bene, che nel momento in cui sarebbero venute fuori, insieme alle emozioni sarebbero uscite inevitabilmente le tue debolezze. E tu le tue debolezze non hai mai voluto farle vedere, non le hai mai volute condividere con me. Sapevo che dentro di te c’era un inferno, un inferno di parole che premevano per uscire ma che tu non facevi uscire. Jay, però in parte uscivano e si rivelavano nel tuo sguardo perso, penetrante. E come non volevi che le tue emozioni uscissero, hai fatto in modo che non uscissero neanche le mie, perché sarebbero state un peso troppo grande da sopportare. E alle tue insicurezze, alle tue debolezze non potevano aggiungersi anche le mie. Lo capivo, per questo non parlavo e rispettavo il tuo silenzio. All’inizio non mi pesava, a me bastava avere te. Avere. Io non ti avevo. Tu non mi avevi. Noi non ci avevamo. Noi. Una sola parola che dice tanto, rimbomba egoista nel silenzio, fa rumore, si fa spazio. Ma un “noi” non è mai esistito. Siamo sempre stati io e te. Separati fin dall’inizio. Sconosciuti, da sempre. Eh già, io e te non ci siamo mai conosciuti. Non ci siamo mai scavati dentro. Abbiamo conosciuto solo la superficie, la pelle, la carne. Io non ero mai la tua compagna, ma un’amica, l’amica. Il nostro rapporto è nato sprovvisto di coraggio, come lo siamo nati io e te. Siamo stati come due rette parallele, destinate a non incontrarsi mai. Ma io un punto d’incontro l’ho visto. L’ho visto quando programmavamo vacanze che sapevamo che non avremmo mai fatto. Ma a noi piaceva fantasticare. L’ho visto quando decidevamo il colore delle pareti di una casa che sapevamo non sarebbe mai stata nostra. Ma a noi piaceva riempire di colori, per un momento, la nostra vita. L’ho visto quando ci ostinavamo ad andare a vedere le fedi per il nostro matrimonio che sapevamo non sarebbe mai stato celebrato. Ma a noi piaceva pensare ad un futuro, a una famiglia tutta nostra. Già, nostra. Ma anche se lo sapevo che non sarebbe successo, io ci speravo. Io speravo in un noi. Speravo in un tuo cambiamento. Ma niente. Eravamo, e siamo, troppo tormentati per avere un futuro. I nostri tormenti non si amalgamavano, stavano lì, come l’olio e l’acqua, divisi chimicamente. Però so che in fondo noi ci siamo amati. Il nostro è stato un amore breve, furtivo. Vissuto in una casa vuota, nuda, spoglia ma che per noi era perfetta perché invece noi eravamo pieni. Pieni di cose da dire, cose che sono rimaste, e rimarranno, non dette. Io il tuo tormento avrei voluto conoscerlo, avrei voluto risolverlo e colmarlo. E io avrei voluto che avessi colmato il mio, che avessi disinfettato le mie ferite. Ma purtroppo non sapevi come fare. O forse non volevi farlo. Sarebbe stato un gesto troppo intimo, che ci avrebbe fatto avvicinare per sempre. A quel punto ci saremmo appartenuti. E noi non volevamo. Noi non siamo fatti per appartenere ad altri, apparteniamo solo a noi stessi.
  
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