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Autore: Donixmadness    02/12/2012    4 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fic su Death Note, anime stupendo!! E dato che sono un'appassionata sostenitrice di L (Ryuzaki, appunto) ho voluto dedicare una storia riguardo al suo passato.
La storia di una ragazzina che intreccia i destini di L e Watari .... e che in un certo senso darà un'importante lezione di vita all'impassibile e freddo L. Anche se con ad un prezzo molto alto ...
Perciò recensite, e siate clementi per questa povera pazza!!!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Acuto come un spillo, sottile come il filo, la lancetta dei secondi scandisce ritmicamente lo scorrere degli attimi. Il tempo non si ferma mai: questo constata Watari quando rivolge l’ennesimo sguardo alla fanciulla ritratta nella foto. Tuttavia i ricordi non svaniscono, non i suoi perlomeno.
La fotografia è ancora lì, in equilibrio, sostenuta dalla cornice di uno schermo ed è ancora presente il cioccolatino posato da Ryuzaki.
Quella piccola offerta alla sua anima lo ha fatto riflettere molto. Quanti anni saranno passati, si chiede l’uomo. Tanti. Watari ne conta esattamente dieci.
Dieci lunghi anni in cui ha dovuto imporre alla sua mente ad accantonare i prepotenti ricordi su Shiro,i quali ogni volta gli corrodevano il fegato lasciando quel retrogusto amaro, simile alla bile bruciata. Sono terribili. Fanno male anche adesso. Una condanna non udire più la sua risata, lacera più di mille frustrate non incrociare i suoi scintillanti smeraldi che rilucevano anche nel buio più pastoso. Gli mancava la sua energia e il suo travolgente carisma, tuttavia si sente dannatamente in colpa poiché non ha mai avuto il coraggio di andare oltre quella maschera allegra e sorridente.
In Shiro aveva percepito l’ombra tremula della malinconia e del dolore: del resto non poteva essere che così, considerando il triste passato di quella ragazzina. Ha vissuto quasi due anni da sola in quella casa creduta abbandonata, in cui ebbe luogo la strage della famiglia Meynell.
Nonostante tutto quello che ha subito è andata avanti fino alla fine, con la speranza di vivere al meglio e di veder finalmente sorgere il sole.
Com’è possibile? Da sempre questa domanda ha tartassato la mente del vecchio inventore, già da quando conobbe la ragazzina.                                                                                                    
Però lei non avrebbe voluto, no. Non avrebbe mai accettato il fatto che Watari fosse triste, perché lei per prima ha continuato a lottare per la felicità. 
Shiro alla fine ha sorriso.                                                    
Alla fine, pensa il vecchio inglese, la cosa più dolorosa è solo non averla a fianco.
 

17 gennaio 1997 [ Obitorio alla periferia di Winchester ]

La luce bianca del neon batteva sul mio viso. Era aliena, folgorante, strana.  Ma risultava ancora più inquietante su quel gracile ed innocente corpo, il quale spiccava ancora più glabro e cadaverico. Un bianco lenzuolo fasciava le membra pallide e smunte. Ciocche di capelli castani, un tempo di una tonalità intensa e rilucente, parevano sbiadite, spente come il resto del corpo. I tratti fini del viso sembravano essere invisibili, tuttavia la sua espressione tradiva ciò che comunicava oramai il suo corpo senza vita. Serena, mi appariva così: temperata da quella placida compostezza, la quale le conferiva un aspetto etereo. Un angelo addormentato era adagiato sulla barella di quell’obitorio, ma purtroppo quel sonno sarebbe durato per sempre.
Dopo aver indossato il consueto camice verde plastificato, cominciai ad infilare i guanti in lattice. Shiro era morta il giorno precedente, la causa fu uno sparo a lungo raggio. Mai avrei immaginato che l’orfanotrofio potesse essere preso di mira. Per far in modo che la polizia non si immischiasse nella faccenda, io stesso decisi di effettuare e monitorare l’intera autopsia. Dovetti richiamare tutta la mia professionalità e il mio zelo per impedirmi di non piangere al suo capezzale.
Annodai la mascherina dietro la nuca: ero pronto.                
 Avevo deciso di farmi carico personalmente della questione ed ero determinato ad andare fino in fondo.                                                                                                                                                        
Un mio amico dottore, che conoscevo da anni, mi concesse di operare al suo fianco per le dovute analisi sulla ragazza. Questo giunse immediatamente a Winchester non appena lo chiamai: comprese subito la situazione e soddisfò volentieri la mia richiesta.                                                 
–Allora Quillsh, sei pronto?- mi domandò sistemandosi il guanto in lattice . Io annuii deciso. Quando scoprimmo per intero quelle membra, trattenni un singulto strozzato. All’apparenza il suo corpo era una distesa lattea, se non per alcuni abbacinanti segni purpurei sulle braccia. In particolare c’erano tracce di punture sulla piegatura dell’avambraccio: lì le vene erano state perforate per introdurre un ago di notevoli dimensioni, a giudicare dai fori. Svettavano  violacei sulla pelle lattea e martoriata. Strizzai gli occhi per contenere stille di lacrime, infine abbassai il capo mesto e con la rabbia che montava dentro come mai in vita mia.                                    
Chi poteva essere stato così crudele da drogarla?! Prelevammo quelle poche tracce di sangue presenti per effettuare il test sul DNA . Ciò che venne fuori fu a dir poco abominevole: nel corpo di Shiro erano state iniettate sostanze psicoattive in grado di aumentare e sviluppare le sue capacità intellettive, quindi questo dimostrava le reali intenzioni della STERGON.              
Altro che centro di ricerca, quello era un vero e proprio laboratorio per esperimenti umani!! Il mio cuore si contrasse in una morsa letale, simile ad un arresto cardiaco: un dolore mi dilaniava struggendomi il petto. Come potevo non sentirmi in colpa per la sua tragica fine? Riflettendoci io non mi ero opposto alla sua decisione, anzi, fui proprio io a condurla nella tana del leone! Ma avrei voluto che ciò accadesse!! Mai e poi mai!! Il dolore mi corrodeva dentro come un parassita…                                                                                                                             
- Quillsh, tutto bene? – domandò il mio collega, apprensivo. Io scossi la testa per indurmi ad uscire da quel macabro torpore.                                                                                                                                                             
–Sta tranquillo. Continuiamo.- risposi risoluto. Oltre ai segni violacei scorsi la presenza di alcuni graffi superficiali e anche un livido alla caviglia sinistra.
A differenza delle sostanze iniettate la cui assuefazione risaliva da circa sette mesi, questi ultimi erano più recenti. La contusione risaliva a due giorni prima della sua irruzione in orfanotrofio, quindi quando scappò dalla STERGON. Anche i graffi possedevano la medesima storia.                                                               
Figlia mia, cosa ti hanno fatto?!  Perché il fato è stato così meschino con te?!                                                                                                                                 
Non potevo consentirmi di versare alcuna lacrima, e né potevo permettere che dei simili mostri rimanessero impuniti. Avrei dato tutto me stesso contribuendo alle indagini di L, forse sarebbe stata l’unica cosa da fare per redimere le mie madornali colpe.

 
18 gennaio 1997 [ Cimitero di Winchester ]

Al funerale di Shiro si raccolse tutto l’orfanotrofio, addolorato da una simile perdita.               
James Dilan, colui che chiamai per lo svolgimento dell’autopsia, era ancora in laboratorio a sviluppare gli ultimi dati forniti dai campioni di DNA.
Le analisi sul corpo terminarono la notte precedente, e così ebbi tutto il tempo di occuparmi in fretta del funerale. Con le mie risorse finanziarie fu alquanto facile preparare tutto. Quando l’adagiammo sul letto foderato della bara, pareva un piccolo angelo a cui erano state tarpate le ali. Aveva un vestitino bianco semplice, il quale le fasciava dolcemente il corpo gracile e oramai privo di calore. Lì dentro era simile ad una bambola di porcellana, quando viene conservata nel baule dei giocattoli in soffitta. Tutto in lei mi comunicava qualcosa di gelido ed immutabile: forse perché era strano per me vedere le sue gote pallide anziché imporporate da quella beltà giovanile. Forse perché nelle mie orecchie rimbombava il suono del silenzio, il quale scacciò per sempre quello della sua risata cristallina. Forse perché quegli occhi che mi folgorarono per la prima volta in quel villaggio, ormai erano spenti, privi di luce.
Le carezzai piano il volto: la sua pelle ancora liscia e morbida al tatto, era fredda. Tanto fredda. Come avvolta da un sottilissimo strato di ghiaccio invisibile, come a voler conservare le sue giovani fattezze. Socchiusi gli occhi amaro abbassando il capo rassegnato, impotente al cospetto della crudeltà della vita e della sua compagna morte, spietata traghettatrice di anime. Loro non conoscono la compassione, né il calore umano: ci considerano inetti a loro confronto, mentre questi non sono altro che sadici burattinai in cerca di “divertimento” . Quante volte avevo assistito alla morte di esseri umani!
Trascorsi la gioventù nel crudo periodo della Seconda Guerra Mondiale. Avevo appena quattro anni e già numerose persone spirarono davanti ai miei occhi, sotto i colpi delle bombe. Probabilmente fu questo il motivo che mi spinse a cercare soggetti in grado di mettere ordine nel mondo. Li ricercai nei geni sventurati ed incompresi, sperai con tutto il cuore che questi potessero utilizzare le loro abilità per aiutare il mondo. Poi incontrai L, un bambino dalle straordinarie doti intellettive, tali da riconoscerlo un fenomeno vivente.                                                                                                                
Nella House i bambini si impegnavano per raggiungere i massimi livelli, ed L era indiscutibilmente la barriera da scavalcare. Ma a che cosa mi era servito fare tutto ciò?? Avevo provocato soltanto la morte di una povera bambina innocente!!                                                                                                                      
La mia condotta, in un certo senso, non era poi così diversa da quella dei manipolatori: senza accorgermene diventai anch’io un  burattinaio.
Non potrò mai redimermi da questa colpa! Trattenni a stento le lacrime, mentre con i polpastrelli rasentai delicatamente le palpebre smunte e lievemente trasparenti di Shiro. Le dita della mano si intrecciarono con qualche ciocca castana come un pettine.                                                                                                                                                                
–Signor Wammy ? E’ ora … - mi richiamarono dal fondo della camera mortuaria.                                   
–Sì, solo un secondo … - risposi laconico. Non volevo che la portassero via, avrei voluto che restasse lì accanto a me per sempre.                                                                                                                                                  
–Perdonami Shiro … non sono riuscito a proteggerti! Tu ti sei fidata ciecamente di me ed io ti ho mandato sul patibolo … - una lacrima solitaria mi sfuggì prepotente.                                                             
–Ma ti giuro che almeno il tuo sacrificio non sarà stato vano! Questa è una promessa … - mi chinai e le posai un lieve bacio sulla fronte :
- Addio, figlia mia.                                                                                 
–Mi scusi ancora signore, ma dobbiamo andare.                                                                                                                                                              
–Sì … - un ultimo sguardo verso quel viso sereno e poi, con il cuore in preda a fitte spasmodiche , mi voltai infilando il capello nero: - Potete chiudere…                                                      

La cerimonia fu tanto sobria quanto triste: non mancarono singulti strozzati e capi melanconicamente chini. Un’altra fitta mi artigliò il petto, quando i primi cumuli di terra cominciarono a depositarsi sulla superficie di quello scrigno di morte, laccato di bianco. Conficcai le unghie nel tessuto del capello, aumentando la pressione di questo sul petto.                 
L era accanto a me: sguardo indecifrabile e penetrante su ciò che accadeva davanti a lui. Dalla mia posizione non potei scorgere molto del suo viso, il quale era abbondantemente coperto dalla sua folta frangia, ma non mi sfuggì quella nota nostalgica e cupa. Era il suo linguaggio del corpo a comunicarmelo.
In fine, il funerale giunse al termine e dopo un po’ di tempo le collaboratrici accompagnarono i bambini in orfanotrofio, seguiti anche da Roger con cui scambiai uno sguardo di eloquente dolore. Rimanemmo solo io ed L davanti a quel cumulo di terra nefasta, prigione di tutti i defunti. Silenzio permeava davanti a quella tomba, del resto qualsiasi parola che fosse stata pronunciata in quel momento sarebbe stata oscenamente inopportuna. Che senso poteva mai avere parlare, ora che Shiro non c’era più?                            
Sospirai impercettibilmente, nel vano tentativo di sedare il dolore e la tristezza che avevano saturato il mio cuore: tanto ne era pieno, che questi colavano straripanti da quel muscolo, sede della  vita e dei sentimenti. Non seppi contare lo scorrere del tempo, poiché tutto per me si era bloccato quel maledettissimo 16 gennaio.
Ma era tutto inutile, era morta.                                      
–Risolverò questo caso. Il suo sacrificio non andrà sprecato.- la voce di L rimbombò improvvisamente nelle mie orecchie. Mi voltai di scatto incredulo, quasi fosse stato uno scherzo della mia immaginazione. Posai gli occhi su di lui e constatai che avevo ragione: quella nota malinconica percepita in precedenza non fu un’illusione. Anche L era triste, forse più di tutti.                                                                                                                                                                                    
–Vuoi rientrare? – domandai tentando di assumere la consueta inclinazione cortese, per quanto fosse difficile in quel momento.                                                                                                                                         
–No. Voglio restare ancora per un po’.- mi rispose con il solito tono laconico. La sua voce non ammetteva alcuna flessione diversa dall’atona, ma forse quella volta era più che legittimo che fosse così. E ringraziai il cielo se, almeno in apparenza, quel ragazzino apparisse inflessibile, altrimenti esternare i propri dolori sarebbe stato peggio. Avevo sempre esortato L a mostrare qualche forma di sentimento, ma quella volta fui d’accordo con lui.                             
–D’accordo .- risposi semplicemente.                                                                                                                                                       
Pensai che il ritorno in orfanotrofio sarebbe stato scandito da secondi eterni e tempo immutabile, ma non fu affatto così. Tutto passò così celermente che per parecchi minuti non riuscii più a percepire nulla, come se fossi improvvisamente precipitato in una distorsione spazio-tempo. Risultava davvero devastante tutto ciò.
I miei passi scandivano sui ciottoli di quel lugubre viottolo, fiume di pietra che separava due sponde costellate da lapidi.                       
Mi avvicinai all’auto come un automa, privo di forze direi. Mi appoggiai lievemente alla portiera, sospirai volgendo gli occhi al cielo grigio e plumbeo.
Le nuvole si addensavano con lentezza estenuante, sembravano macini in precario equilibrio. Una forte umidità stagliava prepotente, appesantendo un’atmosfera già cupa di suo. Notai le prime stille di pioggia cadere sul feltro nero del mio cappotto. Solo allora realizzai che da quando conobbi Shiro, la pioggia aveva sempre accompagnato quella ragazzina. Non ci pensai molto, o almeno non ne ebbi il tempo, poiché avvertii dei passi avvicinarsi con un lieve scalpitio. Sollevai lo sguardo su L, ed immediatamente sgranai gli occhi incredulo quando estrasse dalla tasca l’orologio d’argento. Il tempo riprese a scorrere.


19 gennaio 1997 [ Wammy’s House ]                                                                                                    

Non appena arrivammo alla House, L si rintanò immediatamente nella sua stanza selezionando documenti e scartoffie varie. Ordinò da subito alla polizia inglese di continuare le ricerche su Kingdom ed indagare in segreto su Taylor West, il presidente della Commissione Scientifica.  La cosa che gli premeva di più era decifrare quel messaggio che  Shiro aveva lasciato inciso all’interno dell’orologio. Quando il giorno prima mi mostro l’orologio d’argento della ragazza, quasi mi cascò la mascella dallo stupore. Lo aprii e saltò subito all’occhio l’incisione sul retro del coperchio.
Una successione di numeri: 6408 – 3572.                              
All’inizio non mi venne in mente assolutamente nulla. Non appena L me lo mostrò lo portai immediatamente a farlo analizzare in laboratorio. Non  furono rilevati tracce particolari se non le impronte di Shiro, granelli di cenere e microscopiche tracce di sangue appartenenti sempre alla ragazza. Anch’io mi chiedevo insistentemente  cosa volesse comunicarci Shiro, mentre L fissava l’orologio con i suoi onici penetranti, alla ricerca di un indizio. Anzi sarebbe stato più corretto dire che stava decifrando l’indizio, ma la sorpresa venne subito dopo. Sì, quella stessa mattina fu tutto risolto da un inatteso aiuto, che direi proprio provenisse dal cielo. Ero con L, nella sua stanza: lui lavorava frenetico al computer mentre io preparavo la consueta fetta di torta, accompagnata dal tè.
All’improvviso si sentì bussare, L non si voltò e né interruppe il suo lavoro. Quando aprii la porta mi ritrovai davanti una delle assistenti trafelata, con il fiatone che le smorzava il respiro.                                                                                                                                                       
–Che succede Nina? – domandai alquanto sorpreso.                                                                                                                                                                    
–Signor Wammy, è arrivato un pacco per lei! – gettò tutto d’un botto.                                                                                      
–Cosa? Un pacco per me?                                                                                                                                       
–Già, scenda subito all’ingresso!                                                                                                                                                                                       
Com’era possibile? Non attendevo posta di alcun genere in quel periodo.                                                                               
– Sapete il mittente? – chiesi confuso. Lei scosse la testa in segno di diniego: - No. È anonima.                                            
Anonima? Come sarebbe?? Immediatamente mi precipitai all’ingresso, proprio davanti all’atrio e sul pavimento marmoreo spiccò una grande scatola incartata.
Mi avvicinai all’involucro scrutandolo nei minimi particolari: era abbastanza grande per essere un pacco normale, le sue dimensioni non superavano quelle di un contenitore medio, un vero e proprio parallelepipedo. Il timbro postale era di Londra ma neanche l’ombra di un nome. Preso da un moto furioso, che mi era poco consueto, scartai febbrile la carta che avvolgeva quel pacco. Percepivo qualcosa di sconosciuto ed inquieto montarmi dentro: quell’oggetto ignoto pareva suscitare un’attrazione emotiva nei miei confronti e in seguito compresi il perché. Sbarrai gli occhi sconcertato, incredulo davanti a ciò che mi si presentò davanti.
Non poteva essere!! Quella forma, quei bordi un po’ consunti, i quali avrei riconosciuto fra mille … quella serratura d’onice. Lo sollevai fra le braccia e mi diressi spedito nella camera di L. Irruppi con poca grazia, ma in quel momento poco importava. Il ragazzino si voltò  puntando gli onici scuri su di me, tuttavia nella sua compostezza di sempre scorsi un accenno di stupore nei suoi occhi quando constatò l’oggetto fra le mie mani. Ciò che attirò di più la sua attenzione fu senza dubbio la serratura a combinazione.                                                                                    
–L, questa è la valigia di Shiro.- proferii lapidario fissandolo negli occhi. Non ci fu bisogno di aggiungere altro, poiché io posai subito la valigia sul pavimento ed il ragazzino balzò dalla sedia accovacciandosi davanti a questa. La scrutava in maniera ossessiva, mordicchiandosi il pollice.
La chiusura presentava ai lati i numeri per la combinazione, gliela regalai il giorno in cui mi seguii alla Wammy’s House  per custodire il suo progetto.                                                                                      
–Wammy l’orologio presto.- ordinò L, ed io glielo porsi senza indugio. Aprì il coperchio per osservare la combinazione: tutto coincideva, quattro cifre da un lato e quattro dall’altro. Cominciò a far scorrere i numeri sotto i polpastrelli, il codice era  6408 – 3572. Non appena terminò si udì distintamente lo scatto di una molla: la chiusura era stata sbloccata. L sollevò le piccole levette di ottone ed aprì la valigia. Alla visione del suo contenuto sia io che L sgranammo gli occhi dalla sorpresa: cassette, una moltitudine di cassette erano ammucchiate all’interno della valigia. Erano quelle dei mangianastri utilizzati per ascoltare musica. Non c’era nessun altro indizio se non quelle, che d’altronde non erano neanche numerate.                                                                                                                                                                                   
–Watari…                                                                                                                                                                                                       
-Sì, ho capito.                                                                                                                                                                               
Per nostra grande sorpresa quelle cassette costituivano delle prove schiaccianti contro la STERGON, la mafia e quello che pareva essere Taylor West.  Erano audio di riunioni segrete, anzi sarebbe più corretto dire  “video-riunioni” segrete. Infatti, queste si svolgevano tramite computer e non veniva mai mostrato il volto dei membri. In particolare, ciò che più colpì sia me che L fu la presenza di un misterioso individuo, il quale si faceva chiamare S  ed era il capo di un’organizzazione terroristica.                                                                                                                                   
–Direi che dopo quanto ascoltato finora, non mi sento di escludere che Shiro ed S siano la stessa persona . Ciononostante do a questa possibilità solo il 10 %. – affermò L ad un certo punto, poi continuò ad ascoltare le registrazioni.                                                                                  
Tutte le conversazioni avevano come unico argomento un grande progetto chiamato  Big Hole: da quanto capii si trattava di un’arma dalla potenza distruttiva incalcolabile e  Fox  era la chiave per costruirla. Non appena sentii pronunciare questo nome, compresi: Fox era il nome in codice con cui identificavano Shiro e questa in qualche modo era riuscita ad infiltrarsi spacciandosi per il capo di una grande organizzazione, vale a dire S. In pratica Shiro usò loro come loro usarono lei: ne rimasi sconcertato, incredulo. Il suo obiettivo era stato sin dall’inizio eliminare qualsivoglia traccia del Big Hole: a quanto pare ne aveva compreso i meccanismi, ma cercò anche di non scucire alcun indizio al riguardo. Ed ecco che fu anche spiegato il movente delle iniezioni. Quella ragazza non si arrese, resistette, tenne duro fino alla fine, sopportando le peggiori torture. In ogni riunione venivano letti dei verbali in cui erano esposti i progressi o i regressi di Shiro.
Si trattava di alti e bassi finalizzati a temporeggiare e permetterle di portare avanti il suo piano: cioè evadere e distruggere ogni informazione al riguardo. Tuttavia le cose si complicarono quando durante le riunioni cominciarono a parlare della fama di L: lo temevano e perciò cominciarono ad effettuare ricerche sulla Wammy’s House. Ciò non fu affatto difficile per loro dato che riuscirono a scovare Shiro, inoltre non nascosi ad L la tragica storia della ragazza. Quindi gli raccontai anche degli individui che sterminarono la sua famiglia.                                                                                                                                                                   
–E’ possibile che ci sia un nesso con questi uomini?                                                                                           
-E’ molto probabile. Credo che abbiano anche scoperto chi portò via Shiro da quel villaggio, vale a dire te Watari. Credo che tu alla’interno della commissione abbia suscitato l’interesse di alcuni e, a questo proposito, ritengo anche che abbiano cominciato ad indagare su di te. - asserì L – Quindi ho motivo di pensare che con le esplosioni Shiro non abbia solo eliminato i dati del Big Hole  ma anche quelli riguardanti la Wammy’sHouse.                                                                                                                                   
Chinò il capo e posò le mani sulle ginocchia: faceva sempre così quando doveva riflettere. Comprendevo la sua perplessità: le cassette erano prove inconfutabili su persone che oramai erano morte. Gli unici ancora in vita erano T.W. ed S, ma supponendo che S fosse effettivamente Shiro allora l’unico che rimane e senza dubbio T.W. , il quale si mostrò particolarmente autorevole durante le riunioni segrete. La ragazza ci mise a corrente della situazione, ma era palese che lei puntasse il mirino sul quel tizio.                                                             
– Watari . – la voce di L mi ridestò dalle mie riflessioni – Fa setacciare tutto l’orfanotrofio. E’ possibile che abbia lasciato qualche altro indizio. Sarebbe auspicabile cominciare da adesso.                                         
–D’accordo.                                                                                                                                                                                                                                       
–Non deve sfuggire neanche un angolo e … neanche il tetto.                                                                                  
–Il tetto?- non nascosi la mia sorpresa.                                                                                                                                   
–Sì, ho come una strana impressione. Partendo dalla notte del 16 gennaio, ancora non sappiamo come sia arrivata qui e come abbia fatto ad individuare la giusta angolazione del proiettile , quindi …                                                                                                                                                                                     
-Ho capito. Sarà fatto.                                                                                                                                            
Come promesso il tetto, o meglio dire terrazzo, fu esplorato: L aveva visto giusto. Adagiato sul pavimento, precisamente sotto la piccola tettoia, c’era un computer portatile. Lo schermo era completamente bianco e questo era collegato all’antenna telefonica. Ora tutto cominciava ad avere un senso: quando Shiro notò il cecchino sul campanile, lei era sul terrazzo nel medesimo punto.                                                                                                                   
Riposi l’apparecchio nelle mani di L:                                                                                                                        
-Davvero incredibile! – esclamò improvvisamente .                                                                                                                                                                
–Cosa?                                                                                                                                                                                    
-Shiro ha progettato un virus a tempo che serve a cancellare tutti i dati negli altri computer. Anzi, sarebbe più preciso dire che il virus “ruba” via i dati dei pc colpiti. Davvero formidabile … - in seguito inserì la scheda madre del portatile nel suo pc, ed immediatamente si aprirono numerose cartelle contenenti i file mancanti. Non c’erano però informazioni riguardanti il Big Hole, probabilmente Shiro non volle mostrarcele neanche a noi.                                                                    
–Qui c’è una conversazione telefonica tra il presidente della STERGON e T.W. Stavolta però il nome è esplicitato: Tylor West.                                                                                                                                           
–Abbiamo le prove.- affermai solenne.                                                                                                                                                   
–Sì .  

 
22 gennaio 1997                                                                                                                                                                                                                                                  

Passarono tre giorni da quando quella valigia giunse in orfanotrofio. Tylor West fu incriminato da L con prove schiaccianti. In seguito ad un estenuante interrogatorio West confessò di aver fatto uccidere Kingdom, il cui corpo fu rinvenuto sulle sponde del Tamigi poco lontano dal Towers Bridge. L’autopsia confermò l’ora del decesso verso le 20:00 del 16 gennaio, l’avevano ucciso per evitare che spifferasse qualcosa.                                                                                                     
Alla fine L decise di lasciare la Wammy’s House e di inseguire questa nuova passione da detective. Si sarebbe spostato di volta in volta in giro per il mondo, potevo permetterglielo poiché con le mie risorse finanziare non era un problema. Stavo riponendo i libri nella scatola di cartone: nel trasloco decisi di portarmene dietro qualcuno, non si sapeva mai. Alcuni erano vecchi ed ingialliti altri più recenti. Sospirai impercettibilmente: quante cose erano cambiate! Ma se non altro fui felice di aver contribuito a rendere giustizia a Shiro.                                   
Mi mancava soltanto da selezionare i libri dell’ultimo ripiano, quando notai qualcosa di insolito: tra questi vi era un libro della biblioteca che non ricordavo di aver preso. Lo riconobbi subito poiché i volumi erano sempre etichettati con dei numeri e la materia al riguardo. Lessi : “ N° 64 . Sezione meccanica 08“.
Rimirai la copertina ed immediatamente lo riconobbi: era uno dei libri preferiti di Shiro: “La meccanica dalle origini sino ad oggi”. Trattava sulle opere di grandi inventori del passato e Shiro amava soprattutto il pezzo dedicato al maestro Da Vinci, una sorta di guida intellettuale per lei. Sospirai emettendo malinconica tristezza: ancora non riuscivo a crederci. Stavo per riporlo nuovamente sullo scaffale ma inconsciamente scattò una molla. Cosa ci faceva un libro della biblioteca sullo scaffale dei miei libri, per giunta nel mio ufficio? Non ricordavo affatto di averlo preso! Gli unici che potevano entrare qui erano L e Shiro: considerando che il primo non usciva mai dalla sua stanza non poteva che essere Shiro. L’avrà dimenticato? Poteva darsi, ma se invece l’avesse lasciato lì di proposito?
Dopo qualche attimo con gli occhi fissi su quell’etichetta, un illuminazione colpì come un fulmine a ciel sereno: all’istante rimembrai il codice della valigia. Le prime quattro cifre erano 6408, in questo caso rispettivamente 64 e 08 indicati dal libro. Coincidenza? Impossibile. Ciò dunque stava a significare che Shiro aveva lasciato un ultimo messaggio.
Le cifre seguenti della composizione erano 3572. Dividendo le cifre come in precedenza si otteneva 35 e 72. Che l’indizio fosse alle pagine 35 e 72? Aprii il libro seguendo l’ordine: a pagina 35 non trovai nulla di rilevante se non le indicazioni d’autore sull’immagine analizzata, quindi il nome dell’artista e le misure su scala. A pagina 72 c’era un’immagine intera raffigurante un modello di aeroplano. Nessun indizio, cosa volevi dirmi Shiro? Forse era il mio approccio ad essere errato, quindi cominciai a meditare un’altra strategia. Istintivamente provai a sommare decine ed unita delle rispettive cifre: 3+5 faceva 8 mentre 7+2 era 9. Subito mi balzarono in testa, poiché 8 e 9 erano due numeri consecutivi nonché l’inizio del libro, la prefazione insomma. Subito riaprii il libro all’intervallo desiderato, e ciò che vi trovai confermò le mie congetture: tra pagina 8 e 9, esattamente all’inizio della prefazione, vi era un foglio di carta ripiegato. Lo presi fra le mani febbrilmente con l’ansia sempre più crescente.
Lo aprii e spalancai gli occhi dallo sgomento:                                                          
-Una lettera? – la calligrafia era inconfondibile, era quella di Shiro.

 
“ Caro Wammy,                                                                                                                                       
sarai certamente sorpreso di aver trovato una lettera in mezzo ad un libro. Se la stai leggendo, significa che in adesso non sono più in questo mondo o comunque che sono lontana da Winchester.                                                                      
E’ difficile per me spiegarmi … Ma adesso più che mai ho bisogno che tu legga queste mie parole. In questi quattro giorni ( mi riferisco dal giorno della proposta a quello della partenza), ho scoperto molte cose. Tante quanto spaventose per me. Sono loro, Wammy, mi hanno trovata ed ora mi sto consegnando spontaneamente. Non voglio e non posso oppormi, poiché voi tutti rischiereste la vita. No, no! Io non posso permettere che ciò accada!  Non soffrirei mai la vista del sangue un’altra volta … No! Non lo posso neanche lontanamente immaginare! Spero soltanto che tu stia leggendo questa lettera come avevo calcolato, altrimenti quello che sto per fare non avrà alcun senso.                                                                                                                           
Sento che c’è qualcosa di estremamente losco in questa faccenda ed io ho intenzione di andare fino in fondo, lo devo ai miei genitori, a mio fratello ed anche a te Wammy. Io ti sarò grata per sempre per ciò che hai fatto per me: mia hai dato una casa, un’istruzione , una famiglia … Seguirti fu la scelta migliore che potessi fare in assoluto. Grazie a te ho potuto approfondire le mie conoscenze e terminare finalmente l’opera di mio padre. Tu non immagini come tutto ciò mi renda felice!
Sei riuscito a concretizzare i miei sogni e le mie speranze, semplicemente porgendomi la mano. Riconosco che a volte le fatiche dello studio mi abbiano un po’ provata, ma la gratificazione che mi ha dato realizzare il braccio meccanico ha compensato tutto. La competizione era solo un espediente a fere del mio meglio.
Parlando di ciò, non posso che rivolgere il mio pensiero ad  L. Già! Quanto è strano quel ragazzino vero?
E pensare che all’inizio non lo sopportavo nemmeno e invece adesso è il mio migliore amico.                
Non  so se per lui è la stessa cosa: in effetti  ha una strana concezione dell’amicizia lui. Ma credo che dopo sei anni passati insieme, qualcosa la mia presenza deve aver pur fatto. Non è mai stato distante da me e per questo sono grata alla sua testardaggine: inseguirmi tutto il tempo gli ha giovato un po’ al suo spirito, per così dire.
Ed è soprattutto di lui che voglio parlarti, di L. E’ una richiesta che ti faccio con il cuore in mano: ti prego Wammy, non lasciarlo mai da solo. Ti sembrerà strano che te lo chieda, in quanto ne avevamo già parlato la scorsa volta. Ti dissi che L era solo ed io comprendevo il suo stato d’animo, ma adesso ci tengo a puntualizzare.                               
Ricordati Wammy, che a differenza mia, L è cresciuto senza l’’affetto dei genitori. Per quanto brillante sia la sua mente, non riesce a delineare la figura materna o paterna, quindi in mancanza d’altro si diletta a monopolizzare tutto ciò che lo circonda nella speranza di colmare questo vuoto.
L’ho capito sin da subito: la solitudine ricercata è solo una richiesta di aiuto. E’ un bambino Quillsh! Nei comportamenti, nei gesti … il suo strano modo di sedersi, ricordano molto quelli di un bambino. E’ un bambino che non piange, che non sa dischiudere emozioni semplicemente perché  non l’ha mai potuto apprendere.
La sua razionalità rappresenta l’’ostacolo ma anche la sua protezione contro la sofferenza.
Anche così va bene lo stesso: L è sempre L, no? Ciò che conta davvero è non abbandonarlo al se stesso, e vedrai che alla lunga imparerà ad apprezzare i sentimenti.
Ma lui già lo fa, dico bene Wammy?                                                                                                                                             
Non ho bisogno di aggiungere altro se non grazie Quillsh. Di tutto.                        
Ora tocca a te prenderti cura del mio cagnolino.”

 


La porta automatica si apre con uno scatto metallico. Watari si volta sulla sedia girevole:                              
-Ryuzaki? Che cosa c’è?                                                                                                                                        
Il ragazzo è insolitamente in piedi davanti a lui. Non parla, lo guarda soltanto. L’inglese aggrotta la fronte: - Allora che ti prende?                                                                                                                                
-Watari …
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fiato alle trombe mie cari lettori!! Posso affermare senza dubbio il termine di questa fic!! Sono felice e triste allo stesso tempo!!
Tuttavia questo è il momento dei ringraziamenti!!                                                     
Un particolare grazie va a coloro che hanno recensito la storia: MadLucy, chiaraelle99 e ParaJey99. Mi inchino a voi.                                                 
Ringrazio anche Metal Fearless e _montblanc_ , per aver messo la storia tra le preferite.
Un bacione a DPotter e Ketry per aver inserito la fic nelle seguite (oltre alle sopracitate ParaJey99 e chiaraelle99).
E ovviamente non potevo mancare voi lettori assidui ed anonimi, i quali avete seguito la storia fino alla fine.
Davvero grazie! E mi auguro che in futuro possa scrivere ancora.

L’autrice Donychan.
  
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