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Autore: MissysP    02/12/2012    5 recensioni
Questa storia è una College!AU.
Pepper è la nuova studentessa, appena arrivata, e Tony è "costretto" a farle da guida turistica. I due non si prendono subito in simpatia, ma si sa che Tony Stark è un tipo irresistibile. E il loro primo incontro è originale.
Tratto dalla storia:|«In genere non sono le donne a correrti dietro, Stark?» chiese sarcasticamente lei, camminando velocemente.
«Che cosa te lo fa pensare?» rispose con un’altra domanda. «Ehi, un attimo!» esclamò, fermandosi di colpo. E anche Virginia fece lo stesso, voltandosi verso di lui. Tony sembrava aver raggiunto l’illuminazione da come gongolava compiaciuto.
«Ora ho capito tutto! Sei gelosa!» esclamò il ragazzo additandola. Lei alzò un sopracciglio scettica e riprese a camminare, scuotendo la testa.
«Oh, mi hai scoperta! Sono gelosa del grande Anthony Edward Stark,» borbottò sarcastica, alzando gli occhi al soffitto bianco del corridoio.|
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The first meeting

Era seduto come sempre sulla sua scomoda e dura sedia color giallo limone. Un orrore per gli occhi. Nella segreteria c’era il solito via e vai di studenti, con la vecchia segretaria Betty dietro la sua scrivania che picchiettava sui tasti del computer con troppa lentezza.

La donna indossava ogni giorno vestiti diversi con un foulard fosforescente di colore improponibili legato al collo; gli occhiali in bilico sulla punta del naso aquilino e i capelli gonfi e grigi che si mimetizzavano perfettamente con i muri di quella scuola.
Nell’attesta Tony esplorava il soffitto sul quale era presente sempre una nuova crepa e qualche strana macchia non identificata. Il vociare degli studenti svanì quasi subito al suono della campanella e, mentre gli altri ragazzi scappavano, in ritardo, nelle loro aule, Tony era costretto a rimanere in quella stanza grigia che odorava di vecchio, in attesa che il preside Rosse lo convocasse nel proprio ufficio.
Con la coda dell’occhio vide la vecchia segretaria tirare fuori dal cassetto il suo fedele cruciverba. Infinito e iniziato da una settimana e mezzo e il ragazzo scosse la testa.
Già, per Tony era una delle tante altre giornate che erano destinate e finire nella noia più totale.
«Betty!» esclamò lui, facendo sobbalzare la povera dona che alzò di scatto il capo. Tony esibì uno dei suoi sorrisi migliori e si avvicinò alla scrivania.
«Quanto devo aspettare?» domandò seccato da quell’attesa più lunga del solito.
Ormai lui e il preside avevano una loro routine: al suono della campanella l’uomo usciva dal suo ufficio, lo guardava per una frazione di secondo e poi lo cacciava con la sua punizione. Punizione che, naturalmente, mancava di svolgere.
«Signor Stark la prego di non essere impaziente…» mormorò la donna colta da un rossore sulle guance. Tony sorrise compiaciuto. Il suo fascino non aveva eguali, era capace di conquistare qualunque donna volesse. Si alzò e si avvicinò alla donna, che non gli aveva tolto gli occhi di dosso.
«Betty, cara Betty, te l’ho mai detto che adoro i tuoi foulard?» domandò pacatamente, poggiandosi al bancone con un gomito. La segretaria arrossì ancora di più e ridacchiò civettuola, sfiorandosi il foulard rosa shocking, che sfoggiava quel giorno.
«Che gentleman!» esclamò la donna.
«E mi dica…» incominciò il ragazzo, ma fu interrotto da una voce maschile familiare. Il ragazzo si portò sull’attenti raddrizzandosi e voltandosi come se fosse stato un soldatino che eseguisce gli ordini. Dietro di lui c’era il preside Rosse che lo guardava con cipiglio severo .
«Signor Stark i suoi metodi di sottrarsi alle sue punizioni, che per altro non svolge, sono davvero molto originali. Devo ammettere di essere davvero colpito dal suo modo di sgusciare via. I miei complimenti più sinceri,» si complimentò l’uomo con un evidente tono di sarcasmo. Rivolse un’occhiataccia alla sua segretaria, che nascose all’istante  l’oggetto incriminatorio, il suo cruciverba.
«Venga, nel mio ufficio c’è la sua punizione ad attenderla,» lo esortò a seguirlo con un cenno del capo.
Il ragazzo lo seguì, ansioso di  mettere fine a quella giornata. Il preside ghignò e dopo aver lanciato un’atra occhiataccia alla donna, raggiunse Stark, chiudendosi la porta alle spalle. Vide il ragazzo fermo poco più avanti di lui, dalla sua espressione sorpresa, si poteva capiva che non si aspettasse di ritrovarsi davanti a una ragazza.
Una ragazza dai capelli rossi, lunghi e legati in una morbida treccia posta sulla spalla sinistra; occhi color del cielo, con qualche lentiggine sulle gote appena visibili e la sua figura era slanciata. Una ragazza che attirava l’attenzione di tutti.
La ragazza in questione si voltò verso di loro e sorrise cordiale salutando con un cenno della mano.
«Buongiorno,» salutò. Tony era rimasto ancora ad osservarla e il preside Rosse si stampò sul volto un sorriso ambiguo, mentre si avvicinava alla propria scrivania. Si sedette al suo posto ed esortò anche Stark a fare altrettanto.
«La prego signor Stark, abbiamo tutto il tempo che vogliamo e quindi può accomodarsi,» esordì l’uomo facendogli cenno con la mano. Tony si sedette rigidamente sulla poltrona accanto alla ragazza, scocciato di aver fatto la figura dell’idiota. Guardò il preside con irritazione e si ricordò, mentalmente, di vendicarsi.
«Signorina Potts le presento il signor Stark,» disse rivolgendosi alla ragazza. «Signor Stark le presento la signorina Virginia Potts. E’ nuova, si è appena trasferita,» continuò. I due ragazzi si guardarono per un fugace secondo e ritornarono a squadrare l’uomo.
«Il signor Stark, quest’oggi e per il resto della settimana, sarà la sua guida per aiutarla ad orientarsi nella nostra scuola Signoria Potts,» spiegò compiaciuto, senza alcun dubbio. Tony alzò un sopracciglio scettico, mentre la ragazza continuava a sorridere cordiale.
«Mi dispiace Ros, ma anche questa volta passo. Per quanto la signorina Virginia Potts possa essere uno schianto, a proposito complimenti dolcezza, avrei altri impegni per il resto della giornata e fare da babysitter alla nuova bambina non mi va proprio,» sbuffò il ragazzo, rimettendosi in piedi e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. Con un ultimo sorriso di circostanza rivolse un cenno di saluto al preside e alla ragazza e si voltò per uscire da quell’ufficio.
«Signor Stark non es-»
«Signor Stark, pensavo che potesse aiutarmi ad orientarmi in questa grande scuola. Temo la sola idea di poter girare per i corridoi senza la minima idea di dove andare e nel frattempo potremmo conoscerci anche meglio, non trova?» domandò la ragazza.
Nel suo tono si percepì quella nota maliziosa e Tony si bloccò, con la mano sulla maniglia. Si voltò con il volto illuminato da quella proposta così deliziosa.
«Perché no? Ros ho cambiato idea! Per una volta sarò lieto di portare a termine la mia punizione,» annuì soddisfatto. Virginia si alzò e lo raggiunse, mentre Tony le aprì la porta.
«Grazie Signor Rosse! Sono più che certa che in questa scuola mi troverò a mio agio,» annunciò la ragazza prima di varcare la porta dell’ufficio seguita dal suo accompagnatore. Il preside vide la porta chiudersi di nuovo e con un grosso sospiro si abbandonò contro lo schienale della poltrona.
 
«Complimenti bellezza, sei una che arriva al sodo, non è vero?» domandò maliziosamente il ragazzo, mettendole un braccio attorno alle spalle. Gesto che infastidì la ragazza. Virginia si sottrasse da quel abbraccio e fulminò il ragazzo con un’occhiataccia.
«Non pensare di poterti prendere certe libertà. Una cosa: azzardati un’altra volta e te lo amputo quel braccio,» sibilò la ragazza raddrizzando le spalle ed incamminandosi verso l’uscita delle segreteria. Tony rimase sorpreso da quel comportamento, ma subito la inseguì, sotto lo sguardo divertito della signora Betty.
«Ehi un attimo!» esclamò correndole dietro.
«In genere non sono le donne a correrti dietro, Stark?» chiese sarcasticamente lei, camminando velocemente.
«Che cosa te lo fa pensare?» rispose con un’altra domanda. «Ehi, un attimo!» esclamò, fermandosi di colpo. E anche Virginia fece lo stesso, voltandosi verso di lui. Tony sembrava aver raggiunto l’illuminazione da come gongolava compiaciuto.
«Ora ho capito tutto! Sei gelosa!» esclamò il ragazzo additandola. Lei alzò un sopracciglio scettica e riprese a camminare, scuotendo la testa.
«Oh, mi hai scoperta! Sono gelosa del grande Anthony Edward Stark,» borbottò sarcastica, alzando gli occhi al soffitto bianco del corridoio. Era normale che lo conoscesse, insomma chi non lo conosceva? Era il figlio del più grande armatore di tutto il mondo, figlio di Howard Stark.
«Non è che sei una stalker?» chiese Tony, correndole a fianco indispettito dal comportamento della ragazza. Lui era Tony Stark e le donne facevano la fila per passare anche solo pochi minuti in sua compagnia. La ragazza che aveva davanti a lui, invece, sembrava solamente desiderosa di sbarazzarsi al più presto di lui. Un atteggiamento che non poteva tollerare.
«Certo, come se tu fossi il centro della mia vita. Per favore!» esclamò nauseata al solo pensiero. «Ho altre cose da fare e di gran lunga migliori».
«Tipo?»
«Tipo pensare a raggiungere la prossima lezione,» lo liquidò prima di svoltare l’angolo, lasciandolo indietro.
«Sicura di non voler passare del tempo insieme?» la stuzzicò il ragazzo, una volta che l’ebbe raggiunta.
«Perfettamente… e ora… addio!» disse la ragazza fermandosi davanti ad una porta beige. Senza dargli nemmeno il tempo di aggiungere una parola, la ragazza sparì dietro di essa e lasciandolo da solo.
Tony Stark era stato appena rifiutato.
 
Il giorno dopo, per Virginia, fu uguale a quello precedente. Essere la nuova arrivata non ti permette di passare inosservata e lei non amava stare sotto i riflettori. E molti ragazzi continuavano ad adocchiarla sghignazzando per chissà cosa. Ma a lei non interessava. Panta rei, tutto scorre. Presto tutti avrebbero ripreso a comportarsi normalmente e l’avrebbero lasciata in pace.
«Tu sei l’alunna nuova vero?» domandò un ragazzo, spuntandole alle spalle, davanti al suo armadietto. Lei non lo guardò nemmeno e finì di sistemare i libri nell’armadietto.
«A quanto pare…» mormorò controvoglia.
«E quale sarebbe il tuo nome?»
«Potts,» rispose con un tono di sufficienza.
«Oh, andiamo! Perché non ci conosciamo meglio?»
«Smamma Smith, sei stato respinto!» esclamò la voce familiare di Stark. La ragazza sbuffò e sbattendo l’anta dell’armadietto lo chiuse e si voltò e se ne andò, lasciando i due ragazzi da soli.
«Volevo essere gentile!» esclamò il ragazzo che si chiamava Smith.
«Anche tu, se non sbaglio, sei stato rifiutato, Stark!» Virginia non perse nemmeno tempo a controllare se Stark la stesse seguendo o meno. Camminava dritta e senza guardare qualcuno in particolare. Però non gli sfuggì la risata mal trattenuta alle sue spalle.
«Siamo di fretta, Pepper? La campanella ancora non è suonata,» disse Tony. A quel soprannome la ragazza si fermò e Tony le andò addosso.
«Come mi hai chiamata?» domandò incredula.
«Pepper e ti sta anche molto bene. Un soprannome molto azzeccato non trovi?» rispose divertito. Le prese i libri che aveva in mano e con una mano la spinse per i corridoi, trascinandosela dietro.
«Non farlo, mai più!» esclamò con un tono perentorio.
«Va bene, Pep».
«Davvero smettila!» non le piaceva tutta quella confidenza che si permetteva.
«Siamo un po’ suscettibili stamattina,» osservò lui. Qualcosa le diceva che non avrebbe smesso di chiamarla in quel modo.
«Dove stiamo andando?» domandò, preferendo cambiare discorso. Si riprese i libri e guardò biecamente il suo accompagnatore.
«Alla tua prossima lezione,» rispose con un tono ovvio. La canzonò con uno sguardo sarcastico e rise divertito.
«E come sai qual è la mia prossima lezione?» volle sapere irritata.
«Ma come, mi sembri una ragazza sveglia… E ieri c’eri anche tu nell’ufficio del preside,» le ricordò. E Virginia si limitò a sbuffare scocciata dal comportamento troppo sfacciato di quel ragazzo. Tuttavia non poté che sentirsi lusingata da quelle attenzioni che le rivolgeva.
«Di solito ti comporti così?» volle sapere lei.
«Con le ragazze? No, di solito sono un galantuomo. Ma con te sembra non funzionare,» rispose con semplicità. La ragazza non poté trattenere una risata divertita. In fondo le piaceva quel ragazzo, tralasciando i suoi modi di fare dispotici.

«Davvero Tony, smettila di seguirmi come un cagnolino fedele!» esclamò Pepper. La settimana di punizione era passata da ben tre mesi, ma comunque Tony continuava a seguirla, come un’ombra. Questo aveva suscitato molte chiacchiere su di loro e lei odiava essere al centro dell’attenzione.

Pepper camminava a passo spedito fra i corridoi che avevano assunto una nota natalizia, in previsione delle festività. C’erano molte ghirlande appese dovunque, sulle porte e sulle pareti, e il solito albero di abete, non ancora addobbato, all’ingresso della scuola.
«Non è colpa mia se la povera Betty si è confusa con gli orari di questo semestre e non è colpa mia, quindi, se abbiamo tutte le ore in comune,» ci tenne a specificare il ragazzo che la seguiva.  
«Mi sembrate due bambini voi due,» intervenne Rhodey che osservava quella scena abbastanza divertito.
«Chi dei due sarebbe più infantile? Ti ricordo, Rhodey, che il signorino qua presente ha fatto gli occhi dolci alla segretaria del preside e ha approfittato della situazione per raggiungere i suoi subdoli scopi!» quasi urlò la ragazza, infervorata da quel comportamento poco corretto da parte del compagno. Tony, però, non sembrava pentirsi delle sue azione e si limitò a scuotere le spalle, attribuendo poca importanza alla reazione dell’amica.
«In effetti, Tony, ha un poco esagerato…» concordò Rhodey e Tony gli riservò un’occhiata offesa.

«Grazie per l’appoggio Rhodes! Non dovresti essere il mio migliore amico?» domandò Tony.
«Va bene, va bene. Ho capito che cosa succede ad intromettersi in una vostra discussione, per cui me ne vado. Ci sentiamo,» li salutò prima di lasciarli da soli, pronti a discutere ancora. Ma furono interrotti dal suono della campanella.
«Non finisce qua, Stark!» sibilò Pepper, entrando in classe. Si diresse al suo solito posto e quella a fianco a lei fu occupato da Tony. I due si guardarono negli occhi in silenzio, ma Pepper si limitò a prestare attenzione al professore, che fece il suo ingresso in quel momento.
«Signor Stark il preside la desidera nel suo ufficio, ora,» esordì il professore. Pepper si voltò verso il compagno di banco e lo guardò con un’espressione contrariata. Che cosa aveva combinato quella volta?
«Che hai fatto questa volta?» chiese con tono seccato.
«Niente!» borbottò, contrariato dalla poca fiducia che Pepper gli attribuiva. Lei, però, non gli credette ed alzò un sopracciglio.  Tony sbuffò e si diresse nell’ufficio del preside, pensando a che cosa avesse fatto.

Bussò alla porta e non attese nemmeno che il signor Rosse lo invitasse ad entrare. Aprì la porta, ma rimase sorpreso nel vedere che insieme al preside c’erano anche due poliziotti ed Obadiah seduti in quella stanza. Si voltarono tutti verso di lui, guardandolo con un’espressione preoccupata.
«Che cosa succede?» domandò il ragazzo confuso. Chiuse la porta e rimase in piedi a guardarli uno per uno in faccia. Aveva un brutto presentimento e gli venne la pelle d’oca.
«Siediti Tony, ti dobbiamo parlare di una cosa importante,» lo esortò il preside. Nella sua voce non c’era cenno di divertimento, soddisfazione e qualunque altra emozione che potesse rasentare la felicità che il ragazzo si potesse trovare in guai seri. E per una volta lui lo ascoltò senza fiatare. Si sedette su una sedia e riprese a guardare i volti degli uomini, che evitavano il suo sguardo.
«Tony…» esordì Stane e il ragazzo gli diede completa attenzione.
«I tuoi genitori…» continuò, ma sembrava non avere la forza di continuare ad andare avanti. Tony non capiva, non lo aveva mai visto così abbattuto e indeciso. Era successo, sicuramente, qualcosa di grave.
«I miei genitori?»

«Sono morti, Tony,» rispose Rosse, guardandolo negli occhi.
In quel momento esatto il ragazzo sentì la terra mancargli sotto i piedi, il suo mondo aveva incominciato ad oscillare e a distorcersi in onde che gli procuravano la nausea. Non ci poteva credere, non ci voleva credere. Non era possibile che una cosa del genere potesse capitare proprio a lui.
«E… E come è successo?» domandò lui, trovando difficile anche solo parlare. Era totalmente scioccato.
«Un incidente… in macchina… i freni si sono rotti,» spiegò uno dei due poliziotti. Era incerto su come dargli quella notizia, ma era il suo lavoro.
«Un incidente…?» domandò incredulo. Non era possibile che fossero morti in un incidente. Suo padre non aveva mai sbagliato nessun calcolo di progettazione. Era impossibile, si rifiutava di accettare tutto ciò.
«Sai questo che cosa significa?» domandò Obadiah e Tony alzò di scatto la testa.

Certo che lo sapeva. Era dannatamente consapevole che da quel momento in poi la sua vita sarebbe stata completamente stravolta.
Non riuscì a sopportare tutta quell’attenzione e provò l’impellente bisogno di scappare da lì. Di andarsene da qualche parte, dove nessuno lo potesse trovare.
«Tony!» urlarono all’unisono tutti i presenti della stanza, ma lui non diede retta a nessuno e continuò a correre, senza una meta precisa.

 
«Tony?» domandò una voce femminile e familiare. Tony era rannicchiato sul cornicione del tetto. Le gambe penzolavano e oscillavano nel vuoto, mentre il ragazzo era assorto nei suoi pensieri.

La voce di Pepper lo riscosse, facendolo tornare alla realtà.
«Pepper?» la chiamò, rivelando il suo nascondiglio. La ragazza gli andò incontro e sorrise sollevata nel vederlo tutto intero. Non poté evitare di preoccuparsi, però, nel vederlo lì sull’orlo di un edificio molto alto.

«Tony potresti scendere per favore?» gli chiese gentilmente la ragazza, ma lui non le rispose. Pepper non insistette e non disse nulla, nemmeno cosa ci facesse sul tetto della scuola.
Pepper gli poggiò il suo cappotto sulle spalle, riparandolo dal freddo.
«Vuoi restare da solo?» domandò cautamente la ragazza.
«No,» rispose lui istintivamente. E finalmente cercò il suo sguardo ceruleo. Uno sguardo comprensivo e preoccupato. Tony si stupì di quei sentimenti nei suoi confronti. Loro non erano mai andati d’accordo e spesso e volentieri, finivano sempre per litigare. Leggere nel suo sguardo tutta quell’apprensione gli fece confondere ancora di più.

Avere qualcuno al suo fianco in quel momento era importante per lui, doveva sfogarsi con qualcuno.
«Che cosa ci fai qua?» le domandò.
«Sono venuta a cercarti, ero preoccupata. Hai saltato ben due ore di lezione, cosa che non fai mai, visto che mi assilli ogni santo giorno,» rispose con un sorriso sulle labbra.

Rimasero in silenzio a guardarsi e poi Tony le fece segno di sedersi al suo fianco. Pepper non si rifiutò e non disse nulla. Aveva compreso che qualcosa non andava, non le aveva risposto per le rime ed era strano per Tony Stark.
Rimasero l’una affianco all’altra, su quel tetto a guardare il cielo grigio di inizio dicembre. Tony la guardò di sottecchi e le fu grato. Avvolse le sue spalle nel suo giubbotto e restarono spalla contro spalla per tutto il tempo.
«I miei genitori sono morti,» disse d’un tratto Tony. Pepper sussultò sorpresa da quelle parole e lo guardò in faccia.
«M-mi dispiace…» balbettò la ragazza sottovoce, arrossendo e dandosi dell’idiota per non saper dire di meglio.
«Non importa».
«Ma… erano i tuoi genitori…» notò la ragazza.
«Ma non c’erano mai per me, mi trascuravano ed ho imparato a crescere da solo, senza l’aiuto di nessuno,» le spiegò il ragazzo. Tony ritornò ad osservare il sole pallido che si faceva strada fra le spesse nuvole in cielo.  
«Io erediterò l’azienda di famiglia, sai? Obadiah me lo ha detto poco fa, entrambi lo sapevamo».
«Ma i tuoi genitori sono appena morti e non puoi pensare di andare a lavorare così giovane,» ribatté la ragazza. Tony arricciò le labbra nel tentativo di imitare un sorriso, ma non ci riuscì.

«Poco importa, il mondo va avanti, no?» rispose con amarezza. Solo in quel momento Pepper si accorse che Tony non stava piangendo la scomparsa dei suoi genitori, ma non ebbe il coraggio di chiedergli niente. Aveva la sensazione che a modo suo Tony soffriva e lei non voleva infierire.
«Come farai con la scuola?»
«Non mi serve continuare a frequentarla,» rispose.  «Ho già preso la laurea in ingegneria».
Pepper sgranò gli occhi sbalordita, era incredibile. «Davvero?»
«Allora non mi conosci tanto come vuoi farmi credere…» la prese in giro il ragazzo.
«Tre mesi non mi sembrano tantiper conoscere qualcuno veramente…» fu la risposta di lei. Tony increspò le labbra e calò nuovamente il silenzio.

 
«Vieni a lavorare per me,» propose Tony, mentre si dirigevano verso l’uscita del college.
Pepper fu sorpresa da quella proposta e si voltò, alla ricerca dei suoi occhi. Non capiva se stesse dicendo la verità oppure la stava prendendo in giro. Si fermò in mezzo al giardino, con la folla di studenti che le passavano attorno e Tony fece lo stesso. Si fermò al suo fianco e rimasero semplicemente a guardarsi, escludendo il resto.
«Dici davvero?»
«Si»
«Non posso,» disse dopo un attimo di esitazione. Abbassò lo sguardo verso terra, osservando con finte interesse la punta delle sue scarpe. Si sentiva a disagio per quella proposta ed in colpa per aver rifiutato. Era consapevole che non si sarebbero visti, forse mai più, ma non riusciva a lasciare gli studi dando così una delusione a sua madre che aveva fatto molti sacrifici per farla entrare in quella scuola.
«Non puoi o non vuoi?» le chiese. «In fondo capirei se tu non volessi venire a lavorare per me, l’ho ammetto: ho un brutto caratteraccio ma…»
«Non posso,» lo interruppe, sorridendogli divertita. «Non sei male, in fondo».

Tony le sorrise ed annuì. Si voltò per andarsene, ma si voltò e l’abbracciò di slancio, stringendola forte a sé.
«Grazie, Pepper,» le sussurrò all’orecchio e poi le fece l’occhiolino. «Cerca di resistere, lo so che sarà impossibile vivere senza di me!» esclamò Tony scoppiando a ridere e poi se ne andò, lasciandola da sola. Pepper sorrise scuotendo la testa, le sarebbe mancato quella testa matta.


«Congratulazioni studenti per il vostro diploma!» esclamò il preside dall’alto del palcoscenico per poi proseguire con un applauso che coinvolse tutto il suo pubblico. Gli studenti balzarono in piedi, impazienti di mostrare tutta la loro gioia per aver concluso il loro percorso di studio. E contemporaneamente lanciarono il proprio Berretto Universitario verso il cielo, che si tinse di rosso, verde, giallo e altri colori.
Gli occhi cerulei di Virginia Potts erano rivolti verso l’alto, con il sorriso sulle labbra. Finalmente era finita, finalmente c’è l’aveva fatta.
«Virginia,» la chiamò una voce familiare. La ragazza si voltò e il suo sorriso si allargò ancora di più. Raccolse il suo cappello, giallo limone, da terra e si avvicinò alla persona che l’aveva chiamata, a braccia aperte.
«Mamma!» esclamò la ragazza abbracciandola forte. La donna si strinse a lei, con gli occhi lucidi e le gote rosse. Il cappello stile anni ’50 era ingombrante e spettinò la figlia. Le due donne si separarono e la madre prese dalla borsa un fazzoletto per asciugarsi le lacrime che le rigavano il volto.
«Mamma non fare così, altrimenti mi commuovo anche io!» esclamò Pepper ed anche i suoi occhi si velarono di lacrime, ma riuscì a trattenerle.
«Non posso! Sono troppo felice!» esclamò rincominciando a piangere. «Sono orgogliosa di te!»
«Oh, grazie mamma! Per tutto!»
«Tieni,» disse la madre porgendole un biglietto aereo e Pepper rimase a bocca aperta. Guardò la madre con stupore, ma glielo restituì subito.
«Non posso, hai già fatto molto per me!» disse. «Chissà quanto ti sarà costato».

«Ma io voglio che lo accetti, è giusto così,» insistette.
«No, mamma. Davvero, non posso,» ripeté Pepper, intestardita.
«Sempre la stessa storia,» disse una voce alle sue spalle. Pepper sussultò spaventata da quell’intrusione e si voltò di scatto. Davanti a lei c’era Tony, in tutta la sua bellezza. Le sorrideva con quella nota sarcastica che lo caratterizzava. Era cambiato in quei due anni di lontananza.
Sul viso spuntava un’ombra a causa della barba, i capelli si erano allungati ma avevano quell’aria da ribelle, proprio come lui. Al contrario, però, indossava uno smoking elegante, grigio, una cravatta azzurrina e la camicia bianca.
«Tony!» esclamò Pepper sorpresa. Non  si sarebbe mai aspettata una sua visita, sapeva che era impegnato ultimamente. In quei due anni di lontananza erano riusciti a sentirsi tramite mail e le lunghe telefonate che si facevano a vicenda.
«E potevo perdermi il secondo giorno più importante della tua vita?» domandò umilmente lui. Pepper sorrise divertita.
«E quale sarebbe il primo giorno più importante?» domandò incrociando le braccia al petto.
«Ma che domanda! Naturalmente quando mi hai conosciuto!» esclamò offeso, con una mano sul petto. Pepper scosse la testa, ma non smise di ridere.
«Quanto è vero! Come ho fatto a vivere senza di te in questi due anni?»
«Che fai, prendi in giro? Ed io che ero venuto fino a qua per chiederti di lavorare per me!» disse scuotendo la testa tristemente. Scosse le spalle.
«Va bé,» concluse. «Allora ci sentiamo!»
Prima che potesse andarsene Pepper lo afferrò per una manica del vestito. Tony sfoggiò un sorriso di vittoria che volentieri Pepper glielo avrebbe tolto a schiaffi.
«Davvero?»
«Siamo allo stesso punto dell’altra volta»
La ragazza non rispose, guardandolo attentamente negli occhi. Tony corrispose a quello sguardo, mentre la madre di Pepper li osservava. Non aveva capito chi fosse quel ragazzo, ma era certa che fra lui e la figlia c’era qualcosa. Che fossero fidanzati? Eppure non le aveva detto nulla.
«Accetto» si affrettò a rispondere.
«Questa volta la risposta mi piace»
 
E fu da allora che Pepper e Tony avevano incominciato la loro vita assieme, innamorandosi l’una dell’altro, Passo dopo passo, giorno dopo giorno.


 

Angolo autrice 
Va bene! E alla fine sono ritornata con un’altra storia su Iron Man. Ultimamente questo film sta diventando un’ossessione! ^^
Ultimamente ho letto tante storie sul primo incontro fra Tony e Pepper e mi è venuta di scriverne una anche a me. Spero che possa piacere.
Qualche piccolo dettaglio riguardo la storia: il Berretto universitario (si quel cappello tipico americano che utilizzano in America) si chiama anche Pileo o anche Feluca. Per quanto riguarda il colore dei vari cappelli dipende dalla facoltà che un ragazzo sceglie.
Mi rendo conto che sono solo 10 anni che quei due si conoscono, ma ci tengo a specificare, per l’appunto, che questa storia è una specie di AU
Bene con questo ho finito e spero di non aver dimenticato nulla J
Un bacione, Missys
  
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