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Autore: La Mutaforma    04/12/2012    9 recensioni
“La cosa che più mi fa rabbia è che non riesco ad odiarti completamente. Ho paura di essermi innamorata come una stupida”
Altair tacque, e la osservò. “Nessuno si innamora in modo intelligente”
[...] La nave non giungeva e fuori la pioggia si versava sui tetti e sulle persone. Non era un bel giorno per cominciare il suo viaggio. E allora rimandava. E ogni volta che rimandava Altair la osservava in silenzio, chiedendosi quanto ancora sarebbe durato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Maria Thorpe
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Let the sky fall, when it crumbles

We will stand tall

Face it all together 

-Adele, Skyfall-

 

 

Bouchart è morto.

La gente mormorava di questo per le strade Kyrenia. Maria Thorpe sorrideva sotto il cappuccio, e attendeva al molo l’arrivo della sua nave.

“Brutto tempo vero per salpare?”

Altair comparve accanto a lei come se si fosse magicamente materializzato al suo fianco.

“Dannato Assassino! La smetti di comparire così all’improvviso?”

Il siriano prese qualche passo sul pontile; le assi di legno scricchiolarono sotto i suoi passi. “Io non partirei oggi. Il cielo è pesante”

“La mia nave non è la tua nave” precisò Maria. L’altro fece una bassa risata, e si voltò verso di lei, gli occhi scuri che sembravano indagare tra i suoi pensieri.

“Hai atteso a lungo, aspettare un altro giorno non sarà così insopportabile”

“Non vedo l’ora di non vedere più il tuo brutto ghigno, assassino. È quasi più spaventoso della tua lama”

Altair non rispose e le voltò le spalle, allontanandosi nell’aria salata.

Maria sospirò, poi si arrese e lo seguì a testa bassa. Anche ora, pur non essendo legata, non poteva staccarsi da quell’uomo.

Chiuse gli occhi, per non vedere il suo disonore, e si lasciò guidare dai passi di Altair.

 

Pensò acremente che con la morte di Bouchart non c’era più nessun legame con i templari, né per necessità né per vendetta.

Con un sospiro, Maria pensò che ancora una volta nella sua vita non conosceva il suo posto nel mondo.

“Sei silenziosa” osservò Altair, assente, senza fermarsi né voltarsi indietro per incontrare i suoi occhi.

“Deve essere la tua presenza a farmi quest’effetto”

“Prego?”

“Non ho nulla da dirti, Assassino” tagliò corto la giovane donna, sputando quelle parole come veleno. Un veleno a cui Altair sembrava essere immune.

Eppure Maria notò una lieve variazione della sua andatura, come se improvvisamente avesse accelerato il passo.

“A volte vorrei colmare il silenzio…” sussurrò lui, a testa bassa, senza motivo.

“Non credevo che il silenzio ti infastidisse”

Non ci fu più nulla da replicare.

Maria rivolse una pigra occhiata alla città: Kyrenia era come tutti i giorni, non più grigia del solito. Il cielo era gravoso, tristo. Del colore del piombo e delle spade.

Il cielo perfetto per una battaglia. O per un timido e disinteressato duello verbale.

“Però ogni tanto comunicare non sarebbe male” rifletté lei. Odiava i silenzi lunghi e inutili. Ad Altair sfuggì un breve sorriso.

“Per cominciare potresti rallentare il passo. Hai vergogna di farti vedere accanto ad una donna che non è la tua schiava?” lo provocò lei, ironizzante.

Forse non del tutto.

L’assassino si fermò per strada e voltò il capo verso di lei. Maria lo sorprese con in volto un sorriso lieve, non di scherno o di cattiveria.

Era quasi come se stesse sorridendo; anzi, stava sorridendo per davvero, abilità che fino ad allora la templare non credeva avrebbe mai riscontrato in lui.

Il siriano attese che lo raggiungesse, poi riprese a camminare al suo fianco.

“Ah, sono contro la schiavitù, dovresti saperlo”

A Maria quasi sfuggì una battutaccia, ma si morse la lingua.

Era stufa di litigare se vinceva sempre lui. Era stufa di perdere.

“…Stupido moralismo da assassino” biascicò. Altair non diede segno di ascoltarla.

 

La pioggia li colse stanchi e impreparati. Altair fece un rapido scatto e cominciò a correre, sotto l’ombra dei letti sporgenti, dove la pioggia non lo bagnava; poi, si lanciò nella prima porta divelta che trovo; un umido fienile. Maria, correndo alla cieca alle sue spalle, si bagnò dalla testa ai piedi, come l’assassino poté notare dopo averla vista entrare nel fienile. La sua tunica bianca completamente zuppa aderiva al corpo snello e tonico, e Altair finse di non notarlo, voltando lo sguardo.

Maria bestemmiò nella sua lingua, e sciolse la treccia stretta a crocchia intorno alla testa, lasciando ricadere sulla schiena una cascata di riccioli castani.

“Ecco perché ti considero l’essere vivente più inutile sulla Terra! Potevo partire e prendere quella dannata nave. Adesso non sarei qui bloccata dalla pioggia insieme a te” disse lei, rabbiosa.

Altair strisciò silenziosamente al suo fianco, sulla paglia.

“In alternativa puoi uscire e andare dove ti pare, se ti infastidisce la mia presenza”

“…Sei peggio di un ragazzino capriccioso” concluse Maria, smuovendo la lunga chioma e massaggiandosi le tempie “Smettila di osservarmi. Mi da sui nervi. Terribilmente!”

Era vero, Altair la osservava spesso. Ma non per studiarla. Semplicemente per guardarla, per comprendere i suoi motivi.

La bellezza caotica di quella donna non era oggetto di studio; di contemplazione.

Maria avvertiva quella pesantezza e se ne crucciava, voltando gli occhi per non vedere quanto la stesse fissando.

“Sei bagnata” mormorò con voce ferma l’assassino.

“I miei vestiti si asciugheranno”

“Togliteli” disse, con tono autoritario.

“Non mi spoglio davanti a te. Scordatelo” gli rispose lei, scandendo lentamente ogni sillaba della parola. 

Evidentemente, non era stato così autoritario.

Altair rimase in silenzio, poi si slacciò la cintura di cuoio e la fascia in vita. Infine, con movimenti decisi, sotto gli occhi increduli di Maria, si sfilò la lunga tunica bianca e gliela porse.

“Spogliati. E mettiti questa”

La ragazza lo fissò con disprezzo, poi gli tirò la tunica dalla mano con malagrazia, e gli ordinò di voltarsi di spalle, anche se Altair l’aveva già fatto. La luce di un lampo illuminò la schiena muscolosa dell’assassino.

E nonostante le buone intenzioni, il siriano non poté fare a meno di trattenere gli occhi, e il muto sguardo si posò indietro, nascosto nell’ombra, a contemplare il grigio pallore delle spalle di Maria mentre si infilava la sua tunica.

“E’ larga”

“E’ asciutta”

“E tu?” fece un sarcastico sorriso “Gelerai”

“Un assassino deve esercitare il proprio corpo al caldo e al gelo. Sono abituato”

“Anche i templari lo fanno. Mi hai dato la tunica perché sono una fragile donnina” masticò quelle parole con una cattiveria che non poteva che essere femminile “oppure per galanteria? Le persone come te in Inghilterra le chiamiamo gentleman. O idiot”

“Non sei una fragile donnina” detto da Altair sembrava più dolce, più pacato “Ma qui se ti ammali, muori. Non siamo in Inghilterra”

Maria avrebbe con piacere ribattuto, ma la bloccò un grosso colpo di tosse.

Dopo ciò, replicare sarebbe stato inutile e patetico.

“Un templare in meno ti farebbe comodo, no?”

Ci fu un lungo silenzio, poi Altair si stese nella paglia, con un sospiro. “Durerà a lungo. Dormi, e riposati”

Maria non rispose.

“Partirò” pensò tra sé e sé “E andrò lontano. Non importa dove. Andrò lontano, e fuggirò da qui, come un uccello senza ali. In tutti i modi possibili, me ne andrò. Da questo e da qualunque altro paese”

Si sdraiò lontano da lui, dandogli le spalle.

Perché devi fuggire, se ti ricorderai di lui tutta la vita?

Prima di crollare nel sonno, tra la paglia e l’umidità, osservò la fragile porta di legno sbattuta dalla pioggia e dal vento.

Non può piovere per sempre.

Sognò Altair che la osservava.

Forse sogno non era.

 

Quando riaprì gli occhi, Altair era seduto nella paglia esattamente dove lo aveva lasciato la notte prima. Riconobbe prima la schiena bruna e massiccia, poi i capelli neri e corti che aveva solo intravisto la notte prima. 

“Aspettavi che mi svegliassi?”

Altair aveva lo sguardo perso, distante. “Mi beatificavo della quiete dopo la pioggia. E del tuo silenzio”

La donna brontolò qualcosa in inglese. Poi gli ordinò di non voltarsi, fin quando non gli lanciò sulle spalle la tunica bianca.

“…Immagino che questo sia il tuo modo tutto inglese per ringraziarmi” osservò il siriano, incominciando a vestirsi.

“Vai a fanculo”

Altair rise. “Lo sospettavo”

Quando furono di nuovo faccia a faccia, Maria aveva annodato i lunghi capelli in una treccia confusa, poco ordinata. L’assassino la guardò con una punta di tenerezza, e fece un mezzo sorriso.

“Bene. Adesso andiamo a mangiare. Ah, e stai bene senza cappuccio. Sembri quasi umano” disse Maria, incisiva. L’altro quasi rise, accarezzandosi la barba ruvida sul mento che spuntava dall’ombra che il cappuccio gli gettava sul viso.

“Lo prendo per un complimento”

“E nonostante tutto ti sei coperto il volto. Hai qualche problema con la luce?” Maria non poteva vivere se non ironizzava sulle sue tradizioni da assassino. Non poteva sconfiggerlo in combattimento; in alternativa lo prendeva in giro, fin quando Altair non le avrebbe mozzato la lingua con la lama celata. “Per caso sei timido?”

“Se ti farà sentire più a tuo agio” disse lui, senza smuoversi minimamente, nonostante le sue provocazioni "Cercherò di stare a viso scoperto il più possibile. Lo prometto”

Si allontanarono nella luce del mattino, camminando distanti come due sconosciuti.  

   
 
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