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Autore: Aven90    06/12/2012    2 recensioni
Prefazione. Ebbene sì! Si torna alla carica con un argomento ad alta tensione! La trama è pressappoco questa: il commissario Svente è uno stacanovista, e nessuno si è mai lamentato di lui.
Ma stavolta una brutta gatta da pelare lo costringerà a scendere a patti col nemico. Riusciranno i nostri eroi a salvare tutti i prigionieri di uno psicopatico?
Genere: Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Durante le vacanze di Natale, Alexander si aspettava di dormire un po’ di più. Era un suo diritto, e comunque sua madre non aveva motivo di svegliarlo. Da parte sua, Elisabeth era solita come tutte le mattine ritirare la posta che andava accumulandosi davanti casa.

“Uhm… uh, bolletta! Forse potrei… ALEEEEEX!” urlò da fuori al giovane, di appena quindici anni, il quale dalla sua catalessi sentì a malapena quell’urlo spacca timpani, tuttavia si costrinse ad alzarsi. Pur avendo fatto tardi la sera prima, in quanto aveva insistito nel vedere lo zio esibirsi e addirittura seduto in prima fila. Era normale quindi, dopo il casino ascoltato la sera prima, tutti i rumori al di sopra dei cinque decibel gli martellavano nelle orecchie.

Ricevette un effetto peggiore del consueto, ecco.

“C’accade, màààà? Non vedi che sto dormendo?” protestò il ragazzo.

Elisabeth urlò da sotto la sua finestra, in quanto era una di quelle villette a schiera, quindi non c’era da stupirsi se la madre era messa sotto la finestra e parlavano in quel modo “Certo che lo vedo, tesoro! Però mi piacerebbe che tu pagassi questa bolletta, perché non credo possa pagarsi da sola, a meno che non miracoli e le escano le gambe, pertanto puoi pensarci tu, per favore? Così ti impratichisci!”

Alexander mise la testa fuori, guardando la madre coi suoi occhi azzurri, gli stessi occhi di lei, ghiaccio contro ghiaccio. O mare contro mare. Cielo contro cielo.

Insomma, azzurri.

“Tu dove devi andare?” chiese Alexander in tono polemico.

Elisabeth ridacchiò, era insopportabile quando lo faceva, retaggio di quando era ragazzina.

“Tè con le amiche! Zia Jane torna dalla Svezia per Natale, e siccome l’aereo atterrerà alle dieci di oggi io e zia Maggie abbiamo deciso di farle una sorpresa andandola a prendere!”

Alexander sbuffò: né Jane né Margaret detta Maggie per qualche strano motivo che risale ai tempi dell’adolescenza erano sorelle di sua madre, però il “legame” era, a detta di Elisabeth, lo stesso, anche se Jane era venuta in quindici anni sì e no due volte, entrambe per Natale.

E zia Jane era anche lesbica, pertanto Alexander non aveva cugini in dote da torturare.

“E va bene, mi hai fregato, per oggi. Dammi questa bolletta e i soldi” disse sconfitto il figlio, il quale affondò il volto sul cuscino, tormentato da quei pensieri.

Elisabeth sorrise e passò il tutto dal finestrino. Così al figlio non rimase altro che vestirsi e andare alla posta, che si trovava ad alcuni minuti a piedi di distanza.

Lectala cambiava, per le feste: da paesino noioso alla periferia della grande città di Musgans, a dicembre diventava un paese rosso/verde noioso, alla periferia della grande città.

Cioè non cambiava, ma con un paio di luci in più.

“Spero che anche per le feste le poste siano ap…” rimase a bocca aperta quando vide un nugolo di persone spintonarsi per entrare nel piccolo ingresso.

“Neanche Linda e Theodore si spingono in questo modo…” commentò aspro riferendosi alle spinte leggendarie che si scambiavano i piccoli di casa, i suoi fratellini rispettivamente di tre e cinque anni, nati dopo il matrimonio dei suoi genitori, al quale lui aveva fatto da paggio e si era anche addormentato al momento degli anelli. (vedasi l’ultimo capitolo del Romanzo Rosa, ndr. Vedetelo, è sempre Aven production)

Infatti lui era nato prima, ma su quell’argomento non aveva ancora avuto risposte soddisfacenti, come ad esempio in quale contesto era stato concepito. Nonno Mike e papà David erano d’accordo almeno sul fatto di impedirgli di conoscere i fatti, ad esempio il nonno si rifugiava in bagno, mentre il babbo rispondeva con un laconico “Non emularmi, non ci riusciresti”. Ed era immerso da quei pensieri quando il ragazzo chiese timidamente all’ultimo della fila “M-mi scusi…”

“CHE CAZZO VUOI?” rispose quello, sgranando gli occhi presagendo un imminente raptus omicida.

“Il turno della posta” rispose Alexander, abituato a quel tipo di urla e quindi quasi indifferente all’alito e all’onda d’urto dell’urlo che gli scompigliò i capelli.

“Ti l’affare sulu! Ammutta, accussì tràsinu! (Mi dispiace, devi pensarci da solo. Consiglierei una spinta verso l’interno, affinché i soggetti delle prime file possano entrare. Traduzione simultanea offerta da… me, e chi altri? Ndr)”

Ma Alexander, essendo stato cresciuto all’insegna della correttezza verso il prossimo, rifiutò di farlo e quell’uomo parve accorgersene, perché chiese  “Che minchia fai? Picchì ‘unn ammutti? Viri ca si ‘un ammutti un po fari nìante stainnata!” (cosa diamine fai? Per qual cagione non spingi? Guarda che se non lo fai, potresti non concludere nulla alla posta quest’oggi).

Alexander sgranò gli occhi. “Davvero?”

“Ma certo!” rispose l’omone, ora entrato a proprio agio. “Avi quinnic’anni ca fazzu sto travagghio e i bullìatte l’aju sìampre paato! Pecciò…” (Certamente! Sono quindici anni che eseguo codesta pratica e le bollette sono sempre riuscito a pagarle, ordunque…). E così, Alexander, convintosi, si mise a spingere coloro che erano posizionati all’interno della piccola sala, col risultato che alla fine l’ingorgo riuscì in qualche modo a sbloccarsi e tutti ebbero trovato almeno un metro quadrato di loro proprietà. Alcune persone ebbero anche la grazia di avere la poltroncina per sedersi. Alexander le addocchiò e ed essendo lui un ragazzo abbastanza lagnuso, ovvero pigro, un nullafacente e un mangiapane  a ufo (non è la mia autobiografia, non mi chiamo Alexander), fece per sedersi, ma non appena poggiò il suo didietro in quell’arnese freddo e scomodo ma soprattutto blu scolorito e pieno di graffiti, ebbe gli sguardi di tutti puntati addosso, persino quello degli impiegati.

Sentendosi osservato, Alexander chiese “… Che c’è?” sudando freddo.

Una signora sbraitò (traduzione simultanea già pronta, ndr) “Come sarebbe, che c’è? Ti sei seduto su una delle nostre panchine! Certi giovani non hanno più rispetto per gli anziani!”

“Abbia pazienza, è solo un picciotto…” tentò di difenderlo una signora seduta, magari più giovane, però aveva già diritto a sedersi.

“’Un m’intirìassa! S’ava ’nsignare l’educazzione! (= Non me ne importa! Deve imparare che cos’è l’educazione!)” rispose brusca la signora anziana, che dall’alto della sua saggezza aveva anche sbagliato una doppia. 

“Comunque! Nummaro UNO!” urlò uno degli impiegati. Il che significava che il cliente col numero uno dei ticket era chiamato a fare la propria operazione al banco della posta. Alexander cedette alla fine il posto, scavalcò un mucchio di gente e prese il biglietto della macchinetta, essendone lui sprovvisto. Premette il tasto adiacente alla scritta “Pagamenti bollettini” e qualche secondo dopo apparve il ticket apposito.

Bianco.

Alexander si agitò non poco. “Perché a me è apparso bianco?” chiese ad un ragazzo che si trovava accanto la macchina, uno di quelli che potevi trovare ovunque, con gli occhiali, l’aria spiritata di chi non dorme da molto tempo e immobile come uno stoccafisso, in attesa del proprio turno. Metteva quasi inquietudine, con quell’aria triste di chi non poteva essere contraddetto.

E Alexander si rivolse proprio a lui, che rispose “Beh, si vede che si è rotta”, con quel tono definitivo che suggeriva che quasi ci si aspettasse il guasto.

Un po’ scostante, anche, pensò Alexander, ma non aveva tutti i torti. Così prese una penna e scrisse un numero a caso, sperando di non essersi sovrapposto a nessuno, perché sarebbe stato imbarazzante che due clienti contemporaneamente rispondessero alla chiamata, quindi confidò nel fatto che molte persone avevano preso più di un numero. Perché succedeva, era il classico modo di fare di chi aveva “impegni” e per non perdere il posto prendeva più numeri.

Nel frattempo, studiò chi veniva prima di lui, uno per uno, o meglio, chi era rimasto al tepore dell’ufficio, perché molti decisero di uscire per fumare o per sbrigare le altre faccende che poco avevano a che fare con la posta.

“Mi tieni il numero? Devo andare a lasciare mio figlio a scuola che è in ritardo!” disse uno a un altro, visto che il figlio stava aspettando  che il padre venisse  a prenderlo a casa per essere lasciato a scuola.

“Devo andare a mangiare al cane prima che si sbafi tutto il frigorifero!”, disse invece una signora, che lasciava l’animale domestico in balìa dell’elettrodomestico. 

“Devo andare a cambiare la flebo alla nonna  prima che muoia!” ricordò invece un altro, il quale evidentemente non aspettava altro che l’ascendente crepasse per sbafarsi l’eredità in bollette.

Oggi come oggi non è più tempo di sesso droga rock’n’roll.

Alexander aveva ancora molto da imparare.

“Beh” esordì il ragazzo occhialuto senza peraltro essere interpellato. “come puoi vedere, ci sono i clienti abituali e quelli nuovi, ed è soprattutto di costoro che ti devi spaventare”

“Perché?” chiese Alex.

“Beh, per prima cosa c’è lo straniero (ne indicò uno): puoi vederlo, indossa un poncho e un cappello da cowboy pur sapendo che non c’entrano un cazzo”

“A-ah” Alexander lo notò, e concluse che quel tizio forse voleva prendere per il culo la città che stava visitando.

“Poi c’è la vecchiaccia rampina” continuò implacabile il tizio.

“Rampina?” chiese Alexander sconvolto da quel neologismo.

“Rompiscatole. Pusillanime. Vive solo per far ammattire l’impiegato. Puoi vederla, è già in azione” e in effetti gli occhi azzurri del figlio di Elisabeth balenarono su una minuta anziana che stolitiava (chiedeva fino a far snervare) sommersa dalle carte burocratiche della sua pensione. L’occhialuto continuò la sua lista nera “Poi c’è il sordo, ovvero colui che ha bisogno che gli si vengano ripetute le cose due volte”

“Davvero?”

“Già, di solito… è lì,  che fa finta di ascoltare le cazzate che si scambiano gli altri esseri” e in effetti un uomo era in mezzo ad altri invece immersi in una accesa discussione sul calcio, ma non vi partecipava. Alexander si appassionò. “E poi?”

“Poi c’è la signora che viene col chihuaua” e indicò una signora con appresso quel tipo di cane posizionato nella borsa, bardato di una pelliccia rossa per via del freddo natalizio che imperversava all’esterno.

L’occhialuto non aveva finito “Di solito viene a pagare qui un omosessuale, devi vederlo!”, come se la cosa avesse la minima importanza.

Alexander infatti non era cresciuto con quel pregiudizio e rispose “Davvero? Io ho una zia lesbica, invece” 

“Ma dai!” il ragazzo era sinceramente stupito.

Alexander chiese “E poi? Ci sono altre categorie dalle quali difendermi?”

“Certo" rispose l'altro "le persone che attaccano bottone per poter far pagare la bolletta al cliente prima di lui! A proposito: puoi pagarmi questa bolletta?”


Fine Capitolo! Questo sarebbe il capitolo 1, gradirei un mezzo parere, o se preferite anche uno intero, l'importante è che vi facciate sentire!

   
 
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