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Autore: Mahiv    06/12/2012    0 recensioni
Elena era corsa via prima che potessi anche solo cercare di parlare.
Potevo sentire i suoi passi incerti ed affrettati dirigersi verso l'uscita, per poi fermarsi di colpo, e cambiare direzione.
Per un momento sperai che tornasse da me, che non mi lasciasse da solo e con quel cadavere fra le braccia.
Per un momento.
Poi la sentii scendere in cantina, e mi sentii così stupido che il dolore affogó nella rabbia.
Non aveva alcun diritto di farmi sentire così, quella stupida ragazzina.
Lasciai il corpo senza vita di Dana, o Dorleen, o Dorian, e , barcollando, mi avviai verso la cantina.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tintinnio dei cubetti mi distendeva davvero i nervi. 
Mi bastava avere un bicchiere con del ghiaccio, farlo oscillare in senso orario, ed ecco che ero già più calmo.
Ma nel bicchiere c'era anche del bourbon, quindi tanto meglio.
Sbuffai, divertito dai miei stessi pensieri.
Se avessi parlato con Elena della sorta di calmante che era per me quel rumore, lei mi avrebbe semplicemente dato dell'alcolizzato.
Per qualche secondo il suono tintinnante del ghiaccio che cozzava sul cristallo fu coperto dalla mia risata, poi il sorriso mi si congeló sulle labbra.
Elena...
Erano passate quasi due settimane da quando il caro Stefan era stato chiuso in cantina, e lei  non accennava a volersi muovere da dalla porta che lo separava da lui. 
Tipico di loro.
Stefan aveva ormai poche forze, visto la sua ostinazione nel rifiutare sangue, ed avere una tentazione come Elena costantemente accanto non doveva affatto aiutarlo.
Non che mi interessasse, ero solo infastidito da come quella ragazzina non avesse considerazione che di lui. 
Mi si avvicinava ancora meno di prima, e solo per sapere novità sul suo tenero recluso.
Quando mi sedevo fuori dalla cantina accanto a lei, tentando di stare un po' in sua compagnia, o quando, alla sera, andavo ad augurarle buonanotte, venivo scacciato, o bellamente ignorato.
Le poche volte in cui riuscivo ad avere una conversazione con lei, questa mi raccontava di come stesse soffrendo il mio fratellino, di come io non facessi niente per aiutarlo, di come io dovessi sentirmi responsabile. 

Al diavolo.

Con un sospiro seccato fermai il movimento del polso che faceva ondeggiare il bicchiere, e presi l'ultimo sorso di bourbon. 
«Io non ti voglio qui!»
Un urlo proveniente dallo scantinato mi fece sobbalzare. 
Che diavolo stava combinando quella ragazzina?
In un attimo poggiai il bicchiere e raggiunsi la porta che avrebbe dovuto dividerci da Stefan.
Sì, avrebbe dovuto, perchè era aperta.
E chi, se non la cara Elena Gilbert poteva trovarsi oltre essa brandendo una bottiglia di sangue?
«Se ci tieni tanto a fare la martire, Elena, posso sempre aiutarti io.»
Si giró di scatto, non essendosi accorta del mio arrivo.
«Non si nutre, Damon, dobbiamo fare qualcosa!»
Mi feci avanti e le afferrai un polso.
«Noi non dobbiamo proprio niente. È una sua scelta, e se è tanto stupido da farla, allora benvenga. Non è affar tuo.» 
La trascinai fuori dalla personale prigione di mio fratello, che nel frattempo ci osservava impassibile.
«Lasciami!»
Richiusi bene la porta, continuando a tenere il polso di Elena.
«Ah sta zitta.»
La portai sulla soglia della stanza di Stefan, e lasciai la presa su di lei. 
«Ora, se non ti è di troppo disturbo, ti chiederei di rimanere chiusa qui fino a quando le tendenze suicide non avranno preso il volo, pensi di poterlo fare?»
Conoscendo la risposta chiusi velocemente la porta, per poi far girare la chiave.
«Fammi un fischio se dovesse succedere.»

***

Mi ero proprio stancato.
A che gioco stava giocando
Erano più di cinque ore che l'avevo chiusa lì, e lei non aveva nemmeno provato a chiedermi di uscire, o a sbraitare ed inveire contro di me come al suo solito.
Se n'era stata buona a fare chissà cosa, o a rimuginare, arte che si apprende per forza di cose, frequentando Stefan.
Era dannatamente noioso, così.
In più avevo davvero voglia di vederla.
 
Che giornata detestabile.

Mi portai davanti alla soglia della stanza di mio fratello, e bussai.
«Heilà, siamo ancora vivi lì dentro?»
...Silenzio.
Sbuffai, infastidito.
Dio, quanto sapeva essere irritante.
E poi volevo vederla, dannazione. 
Ma a cosa sarebbe servito, se pochi secondi dopo essere entrato già mi sarei trovato col culo per terra fuori dalla porta?
Metaforicamente parlando, perchè almeno nel piano fisico ero in grado di batterla senza problemi.
Mi passai  una mano fra i capelli, combattuto sul da farsi.
«Ah...ho bisogno di bere.»
Guardai la porta per qualche altro secondo, dopo, sospirando, feci giare nuovamente la chiave nella toppa.
«Esco. Tu fa un po' quel che ti pare. Vai pure a martirizzarti, se non riesci a farne a meno.»

***

Tornai in piena notte, ubriaco, e con una ragazza al mio seguito.
Era una rossa stupida quanto bella, si chiamava Dorleen, o Dana, o Dorian...sempre che fosse un nome da donna.
Scoppiai a ridere a quel pensiero, e lei, ubriaca quanto me, mi seguì a ruota. 
Avanzammo nel corridoio mentre, ridendo, le facevo cenno di non fare alcun rumore.
Questo la fece ridere ancor più sguaiatamente, ma cercai di non farci caso, e la portai nella mia stanza. 
Cominciammo a baciarci appena varcata la soglia, la feci indietreggiare fino a cadere sul letto, e la morsi.
Lei emise un urlo strozzato, più per la sorpresa che per il dolore, era troppo stordita per capire davvero quello che stava succedendo.
Non riuscii a preoccupamene in quel momento.
Le tenni ferma la testa e bevvi avidamente, continuando ad affondare i denti nella pelle del suo collo.
Continuando a bere.
Uccidendola. 
Quando me ne resi conto mi staccai bruscamente da lei.
La guardai con la bocca semiaperta, da cui ancora gocciolavano preziosi rubini, e le sopracciglia aggrottate.
«Non volevo.» Sussurrai.
E faceva male.
Sentii dei passi, ma non mi mossi.
La porta si spalancó.
«Damon, ho sentito dei rumori, cosa-»
Elena si coprì la bocca con la mano, spostando lo sguardo dal corpo esanime sotto di me, al sangue sulle mie labbra, ai miei occhi. 
«Non volevo.» Dissi più forte. 
Lei indietreggió, scuotendo la testa. 
«Elena..»
Pronunciai il suo nome come un lamento, con voce rotta, cercando di allontanarmi da quell'ormai fresco cadavere.
«No! Non...non avvicinarti.»
Mi voltai verso di Elena, non senza una certa fatica. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla ragazza stesa sul mio letto.
«...Cosa?» 
Lei indietreggió ancora.
«Sei un mostro, Damon.»

Rimasi immmobile.
Volevo dirle che non volevo, che volevo solo divertirmi, distrarmi, distrarmi da lei che non pensa ad altro che a mio fratello, da quel dannatissimo dolore all'altezza del petto, da quei sentimenti.
Ma non volevo uccidere quella ragazza.  
Volevo solo qualcuno. Almeno questo mi era lecito desiderarlo, no?
La compagnia di qualcuno che non mi giudicasse.
 
Ma Elena era corsa via prima che potessi anche solo cercare di parlare.
Potevo sentire i suoi passi incerti ed affrettati dirigersi verso l'uscita, per poi fermarsi di colpo, e cambiare direzione.
Per un momento sperai che tornasse da me, che non mi lasciasse da solo e con quel cadavere fra le braccia. 
Per un momento.
Poi la sentii scendere in cantina, e mi sentii così stupido che il dolore affogó nella rabbia.
Non aveva alcun diritto di farmi sentire così, quella stupida ragazzina. 
Lasciai il corpo senza vita di Dana, o Dorleen, o Dorian, e , barcollando, mi avviai verso la cantina.






NdA
Eccomi qui, ho trovato questo capitolo dei meandri del dimenticatoio del mio PC, e ho deciso di postarlo.
E' ambientato dopo la 1x19. Non è granchè, ma spero che sia almeno un tantino apprezzabile xD
Spero di scrivere presto il seguito, e vi ringrazio se deciderete di leggere questo!
Addio!

I Am the Lightning, the rain transformed
   
 
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