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Autore: Nina Ninetta    06/12/2012    3 recensioni
*IN PAUSA*
Questa è una storia che ho scritto un pò di tempo fa e vorrei riproporla qui. Narra le vicende di personaggi come Nina Williams, Jin, Kazuja, Xiaoyu, ma anche Squall, Quistis, Yuna, Rikku, uniti per affrontare un nemico comune, Heihachi Mishima, e i loro nemici di sempre ...
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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DA QUALCHE PARTE NEI BOSCHI INGLESI

La pioggia.
Di notte.
Quella notte.
Pioveva incessantemente da giorni ormai. Particolare minuzioso eppure se lo ricordava bene, lei amava la pioggia e la mestizia che metteva nell’animo umano.
Lei…ma lei chi?
Una bambina di soli otto anni quella sera non aveva avuto bisogno della favola di papà, ci aveva pensato la pioggia. Ma quella notte non udì solo lo scroscio dell’acqua, interrotto da…spari.
E poi…lacrime, qualcuno nel letto accanto al suo aveva preso a piangere.
Lo scorrere della pioggia…singhiozzi…pioggia…singhiozzi…pioggia…pioggia…non pioggia, acqua. Semplice acqua. Quel pensiero la destò dolcemente. Sollevò le palpebre, doloranti. Mugolò, aveva dolore dappertutto.
Allo scrosciare dell’acqua si aggiunse lo scricchiolare del fuoco. Mosse lentamente il capo sulla sinistra, un camino emanava calore. La legna ardeva e scoppiettò un paio di volte. Inevitabilmente ripensò al sogno e agli spari.
Che si fosse solo illusa? Che non fosse nessun frammento di ricordo?
Spostò l’attenzione e studiò scrupolosamente l’intera camera. La testa le doleva e la vista non era completamente nitida. Davanti il camino un dondolo in vimini, immobile, sito accanto ad una finestra.
Di fronte a lei la porta d’ingresso, sulla parete destra un cucinino vecchio stampo e un’altra porta, chiusa: il bagno.
Il getto d’acqua si arrestò. Lei era sdraiata in un letto a due piazze, coperta da un lenzuolo e da una coperta in lana, a quadri gialli e verdi. L’occhio si posò sul maglione che giaceva al suo fianco e il reggiseno scuro, d’istinto si guardò il corpo: aveva una fasciatura che partiva dalla spalla sinistra, passava per il seno e sotto l’ascella destra. Provò a muovere il braccio sinistro ma a stento trattenne un urlo. Le doleva e fu come se il dolore le riaffiorasse alla mente la notte precedente.
Kazuja Mishima!
Tra un po’ sarebbe uscito dalla toilette, doveva andar via. Non era persona da potersi fidare ad occhi chiusi e, conciata com’era, non ci avrebbe messo molto ad ucciderla. Mentre rifletteva si mise seduta e quando fece per alzarsi un tremendo capogiro l’assalì. Si puntellò al camino, respirando affannosamente mentre alla vista, già poco chiara, si sostituiva l’annebbiamento.
- Pessima idea- una voce maschile e forte riempì la stanza, coprendo lo strepitare della legna – vuoi del caffé?- chiese poi Kazuja accostandosi alla cucina e versando in una tazza del liquido nefasto e fumante.
Nessuna risposta. L’uomo sospirò, quindi riprese:
- Sei imbottita di analgesici, ti ho dovuto estrarre il proiettile dalla spalla. Se vuoi un consiglio, è meglio che ti fai vedere da un medico, potrebbe fare infezione, io…-
- Kazuja! Che vuoi?- la voce della ragazza lo interruppe, bruscamente. Non si mosse nella
posizione in cui era, già parlare non credeva le avrebbe richiesto tutta quella fatica, immaginiamoci a voltarsi, per vederlo in viso poi!
Tuttavia ci pensò lui a farsi vedere, raggiungendola.
I capelli corvini erano umidi, i muscoli dell’addome e della braccia messi in risalto perché nudi, al contrario della parte inferiore, dove indossava un paio di pantaloni da tuta. Gli occhi scuri, come i capelli parevano sogghignare.
Il viso di lui, dai tratti marcati, esprimeva sarcasmo puro; quello di lei bianco come un cencio era contratto in una smorfia di uno che trascina un masso enorme su per un pendio.
- Nina Williams…ti ho salvato la vita ieri notte e tutto ciò che sai dire è chiedermi cosa
voglio?- fece per avvicinarsi maggiormente - Siediti, restare in piedi non…- la ragazza si allontanò, evitando che la mano dell’uomo le sfiorasse la spalla destra.
Il solo pensiero che potesse toccarla la raccapricciava, se la ferita non avesse doluto tanto e le avrebbe permesso di eseguire i suoi colpi mortali senza rischiare di perdere completamente l’uso dell’arto sinistro…ma aveva ancora lo sguardo come arma e fissò i suoi occhi verdi su di lui.
Se le occhiatacce fossero armi, Nina avrebbe ucciso molte più persone di quanto non aveva fatto con armi da fuoco e a mani nude.
Lui ricambiò lo sguardo, abbozzando un sarcastico sorriso, la sua già espressione cinica del viso d’intensificò. Schiuse le labbra per parlare, ma le parole gli morirono in gola. Un’esplosione e la porta d’ingresso si frantumò in mille pezzi.
Tutto ciò che videro inizialmente fu solo del fumo grigio, oltre questo due sagome.
Un uomo e una donna per la precisione, nonostante l’atmosfera caliginosa il perimetro dei corpi era nitido.
Qualche secondo trascorse in assoluto silenzio, poi le sagome s’ingrandirono, fino a oltrepassare la coltre grigiastra e ad apparire allo sguardo dei presenti.
Kazuja si sistemò al meglio per difendersi o attaccare, dipendeva da come si sarebbe svolta la faccenda. La ragazza bionda di lui adesso vedeva solo le spalle, poi tornò a fissare gli ultimi arrivati.
La donna si portò le mani avanti e le scosse:
- No, no, aspetta. Non siamo venuti per combattere. Guardaci, siamo disarmati- aggiunse
sollevando le mani.
Il ragazzo che le era accanto non aprì bocca, se ne stava con le braccia conserte, il viso serio nonostante i lineamenti delicati. I capelli castano chiaro gli scendevano fino alla nuca e gli incorniciavano il viso, le punte ribelli.
Gli occhi color nocciola non esprimevano alcuno stato emozionale particolare e a lungo andare avrebbero imparato che quella era una sua caratteristica. Indossava una canottiera grigia, completata da un giubbotto corto in vita, nero, il collo in pelliccia brizzolata e i pantaloni scuri, adornati in vita da un trio di cinture in metallo, alle quali era attaccata una spada, dalla lama doppia e il manico corvino. Aveva l’aria di essere pesante, ma lui pareva non sentire il fardello.
Intanto la ragazza sembrava molto più preoccupata del suo accompagnatore a spiegare la situazione, ora era avanzata di qualche passo. Una delle sue peculiarità non era certo la bellezza, ma aveva comunque un suo fascino: fisico asciutto, il viso, forse troppo squadrato, era incorniciato da due ciocche di capelli color miele che le scendevano oltre le spalle, i lunghi capelli erano trattenuti sul capo.
Kazuja Mishima scrutò entrambi da capo a piedi. Si fermò al livello della vita e pensò “siamo disarmati? Idioti!”
- Disarmati, eh? Suppongo sia una spada giocattolo quella…- l'uomo con un cenno del capo indicò l’arma trasportata dal ragazzo.
La donna che gli era accanto si affaccio in avanti e scorse la spada, inviando poi un’occhiataccia al padrone dell’arma, aprì la bocca per replicare, si sarebbe arrampicata sugli specchi, data la situazione era inevitabile, ma doveva almeno provarci, altrimenti sarebbero passati al piano B.
Non ce ne fu bisogno: vide la ragazza bionda dietro l’uomo barcollare e istintivamente strillò il suo nome. Kazuja si voltò appena in tempo per afferrare la bella irlandese, prima che si accasciasse al suolo, rischiando per lo più di sbattere la testa o la spalla già malridotta.
Era ginocchioni con Nina adagiata sulle sue cosce quando la donna apparsa dal nulla si avvicinò, chinandosi a sua volta passò la mano sul viso madido di sudore della ragazza bionda.
Lui fece per dire qualcosa, ma lei lo anticipò:
- Ha la febbre molto alta. La ferita deve averle fatto infezione. Dobbiamo subito portarla al ritrovo-
- Conosci il suo nome!? Per chi lavorate? - accennò un ghigno – Ma è ovvio, Heihachi Mishima vi ha mandato ad uccidermi. Ditegli che suo figlio… -
- Squall, prendi Nina- le parole di Kazuja sembrarono disperdersi nell’aria.
Adesso la donna si era alzata e lo guardava dall’alto. Non fece resistenza quando il ragazzo con la spada, Squall, o per lo meno così era stato chiamato, prelevò Nina e si diresse oltre l’uscio , o quel che ne rimaneva.
Anche Kazuja adesso era in piedi, di fronte alla donna che non spiccicò parola se non dopo che Squall fosse uscito.
Si presentò con il nome di Quistis Trepe, senza abbassare lo sguardo dinnanzi a quel Kazuja Mishima che la sovrastava in altezza peso e stazza. 

  
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