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Autore: TheOnlyWay    06/12/2012    9 recensioni
Harry si limitò a rimanere in completo silenzio, ma aumentò la presa sulla mano di Celine. Lei era certa che l’unico motivo che lo tratteneva dallo scoppiare a ridere fosse la signora Darling, appena ricomparsa con il vassoio.
Riusciva a malapena a tenerlo in equilibrio e Julian non sembrò nemmeno accorgersene, visto che andò a sedersi sulla poltrona davanti a Celine.
Harry alzò gli occhi al cielo e borbottò un “coglione” che probabilmente sentì soltanto la sua finta fidanzata.
Si alzò e raggiunse la signora Darling, che camminava ancora più lentamente del solito per evitare di ribaltare tutto il contenuto del vassoio a terra.
«Lasci che l’aiuti, signora. Vada pure a sedersi.»
L’anziana donna sembrò riflettere qualche istante, poi sorrise, perché Harry era stato così gentile e lei proprio non era abituata a ricevere attenzioni di quel genere. Il suo Julian, a volte, era un po’ distratto. Ma Harry era uno che prestava attenzione ai dettagli, e aveva inquadrato alla perfezione il nipote della donna.
Perciò posò il vassoio sul tavolino, tornò a sedersi accanto a Celine e le posò la mano sulla coscia con un fare un po’ possessivo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Changes

 
 
 
Celine non era una persona disordinata. Non lo era mai stata, nemmeno da piccola, quando tutto ciò che importava erano le sue Barbie e i vestitini dai delicati colori pastello.
Lei era una di quelle poche bambine – forse l’unica – che utilizzava per davvero i cassetti e l’armadio della casa di Barbie, anziché buttare tutto alla rinfusa in uno scatolone.
Appendeva tutti i capi con cura, per evitare che si rovinassero e poi nascondeva la casa nel fondo del suo armadio. Non voleva che sua cugina Tiffany la trovasse, perché quella bambina, più piccola di qualche anno ma terribilmente perfida, avrebbe fatto qualunque cosa per appropriarsene.
Era fatta così, Tiffany: voleva tutto ciò che rendeva felice gli altri. Chissà, magari sperava che averlo avrebbe reso più felice anche lei, ma proprio non capiva che non serviva a nient’altro se non a raccogliere l’astio di chi la circondava.
Crescendo, le cose non erano cambiate poi molto.
Celine era ancora ordinata ma, al posto dei vestiti delle Barbie, ad essere tenuti sotto chiave erano i suoi, di vestiti. Non voleva correre il rischio che Tiffany, la quale sembrava piuttosto interessata ad ottenere la sua approvazione, potesse metterci sopra le sue grinfie da strega.
«Ma dove l’avrò messo?»
Il telefono squillava a vuoto da una decina di secondi, e lei non lo trovava. Possibile che fosse diventata disordinata tutto d’un tratto?
Ripensò a cosa aveva fatto la sera prima: era rientrata a casa tardi, dopo la sfilata. A proposito, se mai avesse trovato il telefono, doveva ricordarsi di chiamare Alan e licenziarsi. Accantonò per un momento il pensiero delle sue dimissioni e si concentrò sul resto della serata.
Allora, era rientrata, si era spogliata e aveva appoggiato la borsa sulla scrivania. Era certa di aver preso il telefono, perché Harry l’aveva chiamata per “fare due chiacchiere”.
Harry.
Quel ragazzo non la convinceva per niente. Era troppo sicuro di sé, per i gusti di Celine. Più di una volta si era chiesta se durante i concerti servissero due fari: uno per lui e uno per il suo ego.
Era così presuntuoso, per avere appena diciotto anni.
Diciotto anni. Decisamente troppo piccolo, per lei. A ventiquattro anni, non poteva certo invaghirsi di un ragazzino. Anche se aveva quella voce roca e profonda che di certo non sembrava appena maggiorenne. Per di più, Celine aveva scoperto che parlare con lui la tranquillizzava parecchio.
Si, perché ormai era fin troppo abituata ad essere sballottata da una parte all’altra, per prove di abiti, trucco dell’ultimo minuto, un boccolo fuori posto. Ad ogni problema si accompagnava un tono di voce stridulo, frettoloso ed estremamente fastidioso.
Harry, invece, dava l’impressione che avrebbe parlato con la stessa calma anche se fosse finito il mondo: lui non si sarebbe interrotto fino a che non avesse terminato la frase.
Il punto non era la lentezza di Harry. Il punto era che lei non trovava il telefono e che poteva anche darsi che la chiamata fosse importante.
Sotto il cuscino!
Alla fine, troppo stanca, aveva salutato Harry con un mugugno e un “’Notte” al quale lui aveva risposto con un “Sogni d’oro, dolcezza” e aveva infilato il telefono sotto il cuscino, per niente intenzionata ad uscire dal letto.
«Parlo con Joanne Stevenson?»
Celine rimase basita per qualche istante, domandandosi chi diavolo fosse dall’altro capo del telefono.
«Pronto? Mi sente? Parlo con Joanne Stevenson? Chiamo per l’appartamento…»
«Oh, certo! Mi scusi, signora Darling.»
«L’ho disturbata?»
Catherine Darling era un’anziana vedova di ottantanove anni, che aveva deciso di lasciare la casa in cui aveva sempre abitato, per ritirarsi nella pace di una casa di riposo fuori città.
L’aria di Londra l’aveva stancata, aveva detto, quando aveva parlato con Celine la prima volta. Dopo un colloquio durato un’ora e mezza, la signora Darling aveva detto che avrebbe dato sue notizie molto presto.
«Affatto. Mi dica tutto, signora Darling.»
«Le affitterò la casa, signorina Stevenson. Le chiedo solo di non cambiare troppe cose. Sa, il mio caro marito ed io l’abbiamo arredata con amore e…»
«Non si preoccupi. Adoro la casa così com’è. Non cambierò niente, glielo prometto.» mormorò Celine, un po’ triste. Le faceva una tenerezza incredibile, quella signora. Era sola, e voleva solo che i ricordi della sua casa rimanessero intatti. E lei avrebbe fatto in modo di non sconvolgerla troppo.
«La chiamo anche per un altro motivo, signorina.» continuò l’anziana vedova. «Ho parlato con mio nipote, ha detto che avrebbe bisogno di una mano, al panificio. È disposto ad assumerla a tempo pieno, non appena avrà deciso cosa fare.»
Celine sorrise. Perfetto: due dei suoi problemi principali avevano appena trovato una soluzione.
Ringraziò la signora Darling e si accordò con lei per vedersi il pomeriggio successivo.
Dopodiché si buttò sul letto, affondò la faccia nel cuscino e represse un urlo di pura felicità.
Finalmente se ne sarebbero andate da lì, lei e Lottie. Quasi non ci sperava più.
Sarebbero state libere dal giogo opprimente di sua madre, dalle invidie di Tiffany e dalle cattiverie dello zio Max.
Si era presentata come Joanne Stevenson proprio per evitare che qualcuno potesse ricollegare il suo nome alla famosa modella “Celine Gaillard” o alla figlia della psicopatica signora Gaillard, che tutti conosceva e tutto sapeva.
E comunque, dubitava che in quella zona un po’ remota di Londra, qualcuno potesse riconoscerla per davvero. Sarebbe stato lo stesso per Lottie. Bastava che si presentasse come Lottie Stevenson, e nessuno avrebbe fatto domande su due giovani sorelle che si trasferivano nell’appartamento della vecchia vedova.
Cercò velocemente il numero di Alan e fece partire la telefonata. Lui rispose al secondo squillo e Celine se lo immaginò, mentre camminava lungo il suo ufficio, con l’auricolare bluetooth che ormai sembrava incorporato al suo orecchio e un bicchierone di Starbucks, che qualche sventurata stagista gli aveva portato.
«Celine, tesoro, a cosa devo quest’onore?» cinguettò, con la sua voce un po’ acuta. Celine storse il naso. Come aveva potuto sopportarlo tanto a lungo?
«Mi licenzio.»
«Non scherzare, tesoro.»
«Sono seria. Mi licenzio.» poi, senza dargli possibilità di replica, attaccò. Sapeva che l’avrebbe chiamata altre cento volte, per supplicarla di cambiare idea, ma lei non aveva alcuna intenzione di ascoltare le sue lagne. Impostò la deviazione chiamate, poi cercò il numero di Harry.
Lui ci impiegò un po’ più di tempo per rispondere, e quando lo fece, la sua voce sembrò risuonare dall’oltretomba. Celine ridacchiò.
«Verresti con me domani?» domandò direttamente, senza girarci troppo intorno. Una cosa che accomunava le sorelle Gaillard, era l’essere senza peli sulla lingua.
«Ma hai visto che ore sono?» protestò Harry, con veemenza.
«Si, e quindi? Tanto prima o poi dovevi svegliarti. Allora, vieni o no?»
«Sai che questa frase potrebbe essere fraintesa?» ribatté Harry, malizioso. Celine sbuffò.
«Risparmia queste battute pessime per le tue fan arrapate, grazie. Io non arrossisco di certo.»
«Oh, che palle che sei.»
«Disse colui che chiama la gente alle due di notte.»
«Ripeto: sei una palla.»
«Harry, dobbiamo andare avanti ancora per molto?» bofonchiò Celine, molto vicina a perdere la pazienza. Harry rise.
«Ti dispiace?»
«Avrei da fare. Allora? Vieni o no?» ripeté, per la terza volta.
«Certo. Ma dove?»
«È una sorpresa. Torna pure a dormire, buonanotte.»
«Ciao, dolcezza.» Harry riattaccò e Celine rimase a guardare il telefono con aria pensierosa. Perché mai aveva sentito il bisogno di avere Harry accanto? Perché non chiedere a Lottie? Era nell’altra stanza e non ci sarebbe voluto niente, a raccontarle il suo piano nei dettagli.
No, rifletté, ancora non poteva dirle niente, fino a che non fosse stata completamente certa della cosa.
Ma perché Harry?
Oh, be’, poco importava. Ormai l’aveva chiamato. Per lo meno si sarebbe divertita, visto che lui di certo non pensava che l’avrebbe trascinato da un’anziana signora per contrattare sull’affitto.  
 
 
 
***
 

 
Ci siamo.
Ho appena finito di pubblicare “Diario di una Psicopatica” (cliccate sul titolo per andare alla storia) e sono praticamente in lutto.
Perciò, siccome ho la preoccupante tendenza ad innamorarmi pazzamente dei personaggi “secondari” della storia, ecco che vi ripropongo una mini long – o spin off – in cui i protagonisti, questa volta, sono Harry e Celine.
È dal primo capitolo del Diario che penso che sarebbero perfetti insieme e visto che l’autrice sono io, ecco qui anche la loro versione dei fatti.
Niente, non sarà tanto lunga (altrimenti sarebbe long e non mini. Come sono simpatica, vero?) e gli aggiornamenti saranno sempre di giovedì e saranno regolari, perché la storia è già scritta. (Quasi tutta, ma ora di settimana prossima dovrei averla finita.)
Poi, quando avrò finito di pubblicare questa e l’altra long che ho in corso, Wedding? No, thank you. (anche qui stessa cosa, cliccate sul titolo per andare alla storia)  comincerò a postare la nuova long, che ho quasi finito di scrivere e che si intitola Pretending.
Ah, ecco, quasi mi dimenticavo.
Devo fare un ringraziamento speciale a Jas (leggete le sue storie, se non l’avete mai fatto. È davvero bravissima. Anche qui, cliccate sul nome per finire alla sua pagina.) per il banner, che personalmente adoro alla follia.
Spero davvero tanto che la storia vi piaccia e vi invito a farmi sapere che ne pensate!
Vi adoro,
Fede.  
 
Ultimissima cosa, vi lascio i miei contatti di Facebook, Twitter e Ask.
   
 
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