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Autore: AnnabelleTheGhost    06/12/2012    2 recensioni
Shawn è un ragazzo diciottenne impulsivo e violento.
Quando la sua fidanzata viene brutalmente assassinata, la sua vita viene sconvolta e decide di fare giustizia da solo.
Ma lei non sarà l'unica a morire.
Il killer colpirà di nuovo...
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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3. Impossibilità
 
Una cameriera spagnola di mezz’età camminava per le strade di buon’ora in modo da arrivare in tempo nello stabile in cui lavorava. Era albeggiato da poco e l’oscurità sonnacchiosa si discostava dal mondo con lentezza. La gonna maldestramente annodata in vita frusciava, facendo rabbrividire le gambe e le mani che tenevano la borsa erano pallide a causa dell’esposizione al freddo.
Appena imboccò una strada un po’ più isolata delle altre per affrettare l’arrivo le scivolò la borsa dalle dite intirizzite e cadde a terra, producendo un rumore insolito, come se avesse urtato qualcosa.
La donna si inginocchiò per prenderla ma ciò che le si presentò davanti la fece ruzzolare a terra e gelare il sangue nelle vene.
La borsa era caduta in una pozza di sangue rappreso che circondava il corpo di una ragazza inerme. Un buco profondo e scuro si apriva nel petto, lasciando alla vista un cuore squartato. La camicetta era stata strappata e i bottoni giacevano parzialmente sul petto e altri chissà dove sull’asfalto. Un seno fuorisciva, lasciato alla vista e al freddo. Il corpo era ricoperto di lividi e le mani si trovavano accanto al ventre, colorate di rosso cremisi. Una di queste copriva uno squarcio sull’anca.
La donna era rimasta paralizzata e ciò che usciva dalle sue labbra era una frase ripetuta all’infinito, l’ultima lettera che legava con la prima dell’altra parola. «¿Por qué Dios mío? ¿Por qué Dios mío? ¿Por qué Dios mío?»
In meno di mezz’ora arrivò la polizia e riuscì a identificare il cadavere. Nel giro di due ore tutti gli amici e i parenti più stretti di Katia Marshall erano divenuti a corrente della notizia.
Alle undici del mattino Shawn era ancora immobile, nella stessa posizione col quale era stato colto dalla telefonata della cugina di Katia che, trattenendo le lacrime, gli aveva comunicato che era morta.
«Come, morta? La gente non muore così da un giorno all’altro!»
«È stata assassinata. Brutalmente».
La linea era caduta e la chiamata si era conclusa lì.
La notizia era arrivata anche alle orecchie di sua madre, che si era precipitata fuori di casa per andare a dare il proprio sostegno ai Marshall.
E Shawn era rimasto solo e pietrificato. Aveva la schiena ingobbita, gli avambracci lasciati a penzolare inanimati sulle cosce e uno sguardo vitreo incapace di vedere realmente la camera intorno a sè.
Shawn non riusciva ad accettare la notizia: il cervello aveva completamente rifiutato l’accesso di quell’improponibile dato. Katia non poteva essere morta. Loro due avevano litigato e dopo un litigio arriva sempre la riappacificazione. Katia non poteva morire: doveva prima mettere le cose a posto con Shawn.
Ma loro due si erano lasciati, cosa che Shawn ancora non aveva capito. Non c’era niente lasciato in sospeso. Era stato tutto troncato, lasciando dolore da entrambe le parti. Niente era rimasto incompiuto.
Il destino non segue una logica e Shawn doveva capire che quel cadavere ormai probabilmente portato in obitorio era reale come l’aria che respirava.
La vita di Katia aveva incontrato la fine e lui doveva rassegnarsi.
Ma come poteva? Katia era ancora giovane e doveva portare a termine tante cose! Doveva conservare altro tempo da trascorrere con lui...
I pensieri dentro di Shawn ronzavano come in uno sciame disorientato e il ronzio di ogni pensiero offuscava l’altro, creando solo confusione e disperazione.
La porta della stanza si aprì e sua sorella Monica entrò. «Shawn, ho appena saputo» mormorò. Si sedette accanto a lui sul letto, tentando di non farlo sobbalzare. I bracciali sul suo polso destro tintinnarono quando si portò indietro i lunghi capelli biondi, esattamente del colore del fratello.
«Mi dispiace tantissimo» continuò, avvicinandosi di più e mettendo un braccio sulle spalle del fratello. «Mamma mi ha detto tutto. Non devi preoccuparti: la polizia sta facendo tutto il possibile. Vedrai che prenderanno presto il colpevole...»
«Non mi importa» sussurrò con voce atona.
«Cosa?» domandò interdetta.
Shawn voltò la testa, unico movimento nel giro di oltre tre ore e osservò la sorella con occhi spenti e labbra digrignate in un’espressione rabbiosa. «NON MI IMPORTA SE PRENDERANNO IL COLPEVOLE!» urlò, scrollandosi il braccio della sorella di dosso. «NON MI FOTTE DI NIENTE! KATIA NON TORNERA’ SE UN LURIDO FIGLIO DI PUTTANA SARA’ MESSO DIETRO LE SBARRE. NON ME LA PORTERA’ INDIETRO!»
Monica era indietreggiata istintivamente. I boccoli argentati alle orecchie traballarono e le labbra bordeaux si aprirono in un tentativo di parlare. «Shawn, hai ragione ma...»
Il ragazzo si alzò dal letto con impeto e guardò la sorella con occhi di fuoco. «MA COSA? TU CHE CAZZO NE SAI DELL’AMORE SE TI VENDI COME UNA PUTTANA DA QUATTRO SOLDI?»
Monica sgranò gli occhi e si alzò pure lei dal letto. Assottigliò le palpebre, come un serpente pronto all’attacco. «Non ti permettere di insinuare queste porcherie su di me!» strillò.
«Ah, no? E, dimmi, con quanti uomini sei stata a letto questo mese? E quanti di questi avevano la tua età?»
«Fottiti, Shawn. Tu e il tuo “amore” del cazzo». Monica sbattè le zeppe sul pavimento con furia. «Rimani qui a rimuginare come un coglione! Non me ne potrebbe fregar di meno!»
Si allontanò e sbattè la porta tanto forte da far tremare gli infissi che la reggevano.
Shawn crollò a terra, distrutto. Non voleva litigare con la sorella, non in un momento del genere. O forse sì, le cose che aveva detto le pensava davvero. Era... quel senso strano che gli faceva formicolare le mani. Voleva fare a botte con qualcuno. Uccidere qualcuno. Perché una vita si ripaga con un’altra vita.
Strizzò gli occhi. Non riusciva a piangere, la violenza gli scorreva per le vene e se non si fosse sfogato sarebbe imploso.
E poi gli venne l’idea. Come un lampo, gli folgorò il cervello, paralizzando i pensieri-ronzanti. Sapeva di chi era la colpa di quello che era successo. Era così chiaro, lampante. Avrebbe vendicato Katia e l’avrebbe fatto subito.
Uscì di casa così com’era senza indossare un giubbotto o delle scarpe meno rovinate. Nel tragitto, tutti i momenti passati con Katia gli scorrevano nel cervello come una vecchia pellicola rovinata. Il primo bacio davanti al cancello di casa sua, l’incontro al parco, gli appuntamenti al cinema e gli sguardi che si scambiavano quando le loro mani si sfioravano sul pacco dei pop-corn. I loro corpi vicini, uno sull’altro, quel giorno nello stanzino della palestra. Gli occhi di lei sulla strada del ritorno, che imploravano il suo amore e un bacio soltanto. Le loro mani unite, avvinghiate strette come se nessuna forza al mondo potesse separarle. I capelli di lei che gli frustravano il viso nelle serate fredde mentre lui la teneva stretta per riscaldarla.
Ma i ricordi caldi e piacevoli vennero sostituiti da quelli brutti, che con violenza si facevano spazio nella sua mente. I lividi sulle gambe. Le lacrime sul punto di sgorgare. La matita sbavata. Il bagno allagato. E lei, Sofia, che ammirava la scena, trionfante.
Appena pensò a quella spregevole ragazza la vista si annebbiò di rosso e bussò con più forza del dovuto alla porta a cui era diretto.
«Arrivo, arrivo!» esclamò una voce da dentro.
Venne ad aprire la porta una bionda con una mascherina sui capelli arruffati. Il viso era rosso per i segni del cuscino e indossava ancora un pigiama di cotone rosa che aderiva alle sue curve nonostante il tessuto fosse morbido.
Gli occhi di lei si illuminarono quando videro Shawn. «Che ci fai qui?» chiese.
Poi notò il suo sguardo e i ricordi avvolsero anche lei. Iniziò a sudare freddo e a guardarlo con timore.
Lui aveva i denti stretti, dai quali faceva passare a stento l’aria. Impose la sua presenza dentro quella casa, urtando la ragazza nonostante non gli fosse stato concesso di entrare.
«E così dormi beata, eh?»
«Non so di cosa tu stia parlando, Shawn».
Sofia tremava.
«Tanti sogni d’oro alla stronzetta senza cuore» cantilenò.
«Io... davvero non capisco. Ti prego, va’ via».
«Mi stai implorando?» Shawn rise, allungando un lato della bocca in modo sadico e inquietante. «Tu hai ascoltato lei quando ti implorava?»
Sofia perse diversi toni di colore e indietreggiò di un passo. «Ti giuro che io e le altre non le torceremo più un capello. Hai la mia parola».
«Non le potrai mai più fare del male, stronza. È MORTA! Capisci cosa significa?»
Sofia iniziò a battere i denti. Il suo cuore pompava più forte e la cassa toracica si espandeva più rapidamente del normale. «Morta? Io non lo sapevo. Mi sono svegliata adesso!»
«Ah, non lo sapevi, eh? Ma lo sapevi benissimo quando l’hai incontrata da sola, ieri sera, e l’hai uccisa!»
«Stai delirando! Shawn, calmati. Io non c’entro in tutto questo!»
Sofia ansimava. Gli occhi erano diventati un pallino in quell’oceano bianco e nè i denti nè le mani avrebbero smesso di tremare.
Anche Shawn tremava, ma d’ira. Avanzò di un passo. Lei strisciò la pantofola destra indietro.
«E quando l’hai minacciata di farla fuori, c’entravi in tutto questo o no?»
«Io... Shawn, te lo giuro. Te lo giuro su tutto quello che vuoi! Non sono stata io! Sono rimasta tutta la notte a casa!»
«Balle!»
Il cuore di Sofia batteva come le ali di un colibrì, il suo cervello era entrato in panico. Si ricordava perfettamente ciò che era successo il giorno prima nel bagno. Non si sarebbe mai scordata quella paura e il dolore dei capelli che tiravano, tiravano come se fossero in procinto di staccarsi uno a uno dal cranio.
«Ragiona! Non posso essere stata io! Non ammazzerei una mosca!»
«Sei solo una schifosa bugiarda» rispose. E il momento tanto temuto da Sofia arrivò: Shawn sferrò un pugno. Lei chiuse gli occhi e si stupì di non provare dolore. La mano di lui aveva colpito la parete. Ciò sarebbe stato fonte di sollievo se non avesse reso lampante una cosa: Sofia era spalle al muro.
Non riuscì a trattenere le lacrime e lo guardò come un condannato a morte osserva il suo boia. «Sono innocente. Ti scongiuro! Le mie amiche te lo potranno dire!» mormorò, ormai quasi priva di voce.
Ma lui non la sentì e il secondo colpo la centrò in pieno viso.
Si accasciò a terra, in ginocchio, mettendo le mani sul naso sanguinante, inumidite dalle lacrime.
«Lacrime di coccodrillo» rise Shawn e le diede un colpo in testa che la fece sbattere contro la parete. Il quarto colpo fu una sberla, che le stampò le cinqua dita di lui sul viso e la fece coricare supina sul pavimento insolitamente caldo. Quel calore era dato da un liquido rosso e viscoso che le aveva sporcato i capelli. Sofia era incredula, ma soprattutto dolorante. Gli occhi erano verso l’alto e vedeva l’altra parte dell’ingresso; il suo aggressore non riusciva a rientrare nel suo campo visivo.
«Non hai una sorta di déjà vu?» le domandò, non appena le sferrò un calcio nel torace. Lei si piegò e sputò sangue sul parquet. Le mani, tremanti, si posarono sulle labbra, quasi tentando di frenare il reflusso sanguigno ma invano. Vennero solo sommerse da altro plasma, che scivolò dai palmi, infilandosi tra le dita e i polsi.
La vista iniziò ad essere annebbiata quando le venne spaccato il labbro e gli arti inferiori non provavano più niente. C’erano ottime probabilità che si fosse rotta una gamba.
Dentro di sè Sofia pregava che quella tortura avesse fine e che, se doveva morire, spirasse il prima possibile.
Ma Shawn non era intenzionato a finirla. «Verrai ripagata con la tua stessa moneta. E giustizia sarà fatta».
Le sirene della polizia suonavano nella notte ma Sofia e Shawn erano isolati dal mondo esterno, incapaci di sentire nulla all’infuori di sangue e dolore.



Nota dell'autrice: riecco Shawn il Violento alla riscossa! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ho cercato di dare il massimo in descrizioni scabrose e violenza ma non sono riuscita a fare di meglio.... Non so se aggiungere "violenza" tra gli avvertimenti o cose del genere. Accetto consigli!
Sofia mi sta proprio antipatica ma, in effetti, mi è quasi dispiaciuto per lei, dato che è stata pestata a sangue... Ma abituatevi a questo genere di cose perché Shawn è una mina vagante!
Alla prossima! Chi sarà il misterioso assassino di Katia? 
  
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