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Autore: este    07/12/2012    2 recensioni
SPOILER 4X08
Kurt, i suoi pensieri e i suoi ricordi prima, durante e dopo la Klaine Call.
"Come può la tua vita andare avanti quando qualcosa di più grande continua a tenerti legato al passato?
Come può il tuo cuore battere per tenere in vita te e solo te quando è nelle mani di un’altra persona?
Come può il dolore essere tanto forte da marchiarti l’anima come fosse l’unica cosa che prova la tua esistenza e nello stesso momento darti una felicità che credevi non ti sarebbe più stato concesso di provare?
Come si può vivere per sé stessi, quando qualcun altro vive per te e tramite te?"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la prima storia Klaine - anzi, la prima storia in assoluto - che scrivo. Finora avevo sempre scritto di sport. Di calcio, in particolare. Ma mi sono resa conto che non si può restare chiusi in un unico campo di interesse. Soprattutto chi, allo scrivere, vuole dedicarci la vita.
Questo telefilm, questi personaggi sono entrati nela mia vita per caso, ma sono diventati l'esempio puro di quello che io intendo per 'amore'.
E una notte, pochi giorni fa, fiumi di parole hanno iniziato a inondarmi il cervello, chiedendo di essere scritte.
Io l'ho fatto, e questo è il risultato. E' stata un'esigenza quasi fisica.
Se qualcuno passerà di qua, per curiosità o anche solo per farsi una grassa risata alle mie spalle, sarà il benvenuto.

Alla mia bSis, che ha avuto l'anteprima mondiale e assoluta e che mi ha fatto il miglior complimento che abbia mai ricevuto: 'Sei splendida quando scrivi'.
E a due occhi azzurri che da oggi mi guardano da lassù.




Quella sarebbe stata la notte più lunga della sua vita.
Non la peggiore, o almeno, non tra le peggiori. A quelle era sopravvissuto.
La prima notte dopo la morte di sua madre.
La prima notte dopo l’infarto di suo padre.
La notte in cui un ragazzo dagli occhi gentili aveva pronunciato poche semplici parole che avevano distrutto il suo mondo.

Quindi no, non sarebbe stata la notte peggiore.
Kurt provò a fare mente locale, mentre guardava il soffitto con aria assente. La giornata era cominciata come tutte le altre. Come tutte le altre da quella notte. Non aveva permesso a sé stesso di annullarsi completamente. Andava a lavorare, interagiva con gli altri, cercava di godersi quello che la sua vita attuale gli offriva. Chi lo conosceva però, avrebbe notato il vuoto nei suoi occhi, i sospiri profondi che ogni tanto gli facevano tremare il petto, il suo perdersi temporaneamente su pensieri indefiniti, quando credeva che nessuno facesse caso a lui. Non stava bene, ma cercava di funzionare.
Era come se stesse sostenendo una lunga corsa, come se la vita fosse un autobus impazzito sempre pochi metri davanti a lui e lui cercasse con tutte le sue forze di stare al passo senza però mai dare l’impressione di voler salire sopra sul serio.
 
“Spesso è il non perdonare che ci trattiene.”
Kurt era arrabbiato. Moltissimo. Una rabbia fatta soprattutto di dolore.
Era arrabbiato ed era giusto che lo fosse. Si era innamorato – follemente, al primo sguardo – era stato tradito e ora era arrabbiato. Di solito è così che funziona. Di solito.
Perché una rabbia come quella, che nasce dalla peggiore delle colpe, porta irrimediabilmente all’odio.
Lui lo odiava?
Certo che no, gli disse la voce della sua coscienza, quasi scandalizzata al solo pensiero. Era deluso, ferito, furioso ma non lo odiava. Non poteva odiarlo. Non ne era capace.
Il problema era che nessuno aveva mai scritto il regolamento del “comportamento perfetto da tenere in caso di tradimento”.
Quella frase, quel consiglio datogli con un sorriso dolce e gentile, gli aveva dato modo di pensare. Si era reso conto di essersi chiuso nella suo bolla di risentimento ed era come se chissà quale legge dell’universo lo obbligasse ad essere arrabbiato.
Lo era, certo.
Ma spesso l’amore, della legge dell’universo, semplicemente se ne sbatte.
 
Perché, ora che il tempo era passato, e il dolore cieco e la furia avevano perso un po’ della loro intensità, la sua mente riusciva a focalizzarsi anche su altro. Sulla bellezza dei momenti che avevano condiviso insieme. Sulla purezza dell’amore che provavano l’uno per l’altro, nonostante tutto. Sul loro essere perfetti. Sul modo in cui le loro mani si trovavano naturalmente, senza che il cervello desse alle braccia un preciso ordine. Sul modo in cui mentre camminavano, sempre inconsciamente, finivano per sfiorarsi, come a sincerarsi che l’altro fosse sempre presente, lì vicino.
Erano anime sorelle e questo era troppo grande, troppo immenso e – spesso – troppo spaventoso per poter essere cancellato da qualsiasi tipo di errore umano.
 
Così, aveva preso il coraggio a quattro mani e lo aveva chiamato. Voleva accettare le sue scuse, voleva togliersi almeno un po’ di quel risentimento dal cuore. Perché era stanco di pensare alla persona che più amava al mondo in quel modo. E sapeva che, prendendo quella decisione, avrebbe fatto del bene anche a lui. Perché, nonostante la rabbia, non riusciva a impedirsi di fare qualcosa che avrebbe fatto star bene lui.
Così aveva composto quel numero che conosceva maledettamente bene e lo aveva chiamato, sicurissimo che avrebbe risposto, perché – Dio, rispondeva sempre. Questo doveva concederglielo.
Qualunque cosa facesse, ovunque si trovasse, lui rispondeva sempre. Anche nel cuore della notte.
Era come se Blaine – Blaine, erano settimane che non permetteva alla sua mente di pensare quel nome – avesse un sesto senso speciale che lo avvertiva nel momento esatto in cui Kurt aveva bisogno di lui.
Un sesto senso perpetuo, attivo anche nel sonno.
Kurt poteva giurare che gli occhi di Blaine addirittura si aprissero il secondo prima che il telefono cominciasse a squillare. Blaine, semplicemente, sapeva.
 
Quindi non fu sorpreso quando udì un timido ‘Pronto?’ dall’altro capo del telefono. Si era preso un secondo per respirare, mentre aspettava che Blaine si allontanasse da quel vociare che riusciva ad udire in sottofondo. E quando Kurt capì che erano soli, semplicemente glielo disse.
…ti credo. E sto cercando di perdonarti, ma ancora..non ci riesco’.
Ancora. Per un momento maledì la sua debolezza.  Era una parola carica di speranza e lui non voleva dare speranze. Vero che non voleva dare speranze?
La voce della sua coscienza proruppe in una sonora risata. Smetti di prenderti per il culo da solo, socio.
Aveva detto quello che doveva. Ma non si sentiva bene come sperava. Perché c’era qualcos’altro, molto altro dentro di lui, che urlava, smanioso di uscire dalle sue labbra.
Kurt capì di non poter combattere più a lungo. Di non voler combattere più a lungo.
‘Mi manchi da impazzire’.
E in quel momento non biasimò sé stesso. Faceva male, ma doveva ammettere i suoi sentimenti. Era stufo di mentire. Stufo di obbedire a quella legge dell’universo.
‘Sei ancora il mio migliore amico’.
Quasi sorrise mentre lo disse. Era vero. Erano migliori amici, lo erano sempre stati, dalla prima volta che avevano parlato. Si conoscevano come non conoscevano nessun altro. Certo, poi si erano innamorati, ma quel sentimento di fondo non era scomparso. Semplicemente, avevano trovato l’uno nell’altro la realizzazione di ogni tipo di rapporto che un essere umano può desiderare avere nella propria vita. Erano amici, confidenti, amanti.
Forse era anche a causa di questo che le loro vite avevano perso la direzione, non appena avevano smesso di esserci l’uno per l’altro.
Si erano trovati soli. Irrimediabilmente.
Quindi Kurt non fu sorpreso di udire la risposta di Blaine, appena sussurrata.
E tu sei il mio’.
Era tutto quello che gli serviva sapere. Era tutto quello che voleva sapere. Non era giusto uccidere un legame del genere. Sarebbe stato un insulto verso tutti coloro che cercano disperatamente una persona speciale per tutta la vita senza trovarla mai.
Voleva continuare ad essere il suo migliore amico. Era un’esigenza primaria, una necessità quasi fisica, e adesso Kurt la sentiva forte come non era mai stata. Era l’unico modo per far si che tutto quello che avevano condiviso non venisse spazzato via. Era l’unico modo per sperare di ricominciare.
Perché era stupido continuare a nasconderlo. Voleva ricominciare.
Per questo gli stava proponendo di vedersi per Natale. Per questo gli stava elencando tutte le cose che avrebbero potuto fare insieme. Era una cosa naturale, parlare con Blaine con quella leggerezza. Era naturale scherzare con lui e ritornare un po’ la persona che era, con la battuta sempre pronta, il sorriso malizioso.
In quel momento però, accadde una cosa che Kurt non si aspettava.
Blaine rise. Blaine stava ridendo.
Una risata roca, respirata attraverso il pianto, quasi strozzata alla fine. Ma pur sempre una risata.
Era come il suono di una campana spezzata. Fragile, delicata, sul punto di andare in mille pezzi in ogni momento.
Era come le gocce di pioggia che tintinnano sul cristallo.
E Kurt in quel momento lo percepì. Forte come non mai.
Kurt percepì il dolore di Blaine.
Fu una consapevolezza che gli tolse il fiato.  Blaine non aveva parlato, non gli aveva giurato amore eterno, non si stava scusando con parole dolci ed epiche. Aveva semplicemente riso, ma paradossalmente, in quel momento, Kurt capì come non mai quanto Blaine lo amasse.
Com’era possibile avere una tale adorazione per qualcuno? Come può il cuore umano contenere tanta venerazione per una persona? Com’era possibile riuscire a comunicarlo anche attraverso una semplice risata?
In qualche angolo del suo cuore Kurt fu fiero di aver ispirato quasi senza accorgersene un simile sentimento.
Ed era come se quella risata avesse attraversato i kilometri che li separavano, avesse fatto breccia nel suo rancore, avesse annullato tutto il resto e si fosse presentata davanti a lui sussurrandogli: grazie. Non abitavo quelle labbra da troppo tempo.
Ed in quel momento, con quella consapevolezza, Kurt ricominciò a sentire l’aria riempirgli i polmoni.
Gli sembrava di essere stato in apnea per mesi.
Era più di quanto in quel momento potesse sopportare. Aveva bisogno di riflettere, aveva bisogno di stare solo. E soprattutto, aveva paura di lasciarsi scappare qualcosa che non poteva lasciarsi scappare. Continuare a parlare sarebbe stato pericoloso.
Voleva concludere quella telefonata. Gli aveva augurato felice Ringraziamento e stava per mettere giù quando, maledettamente, Blaine disse un’ ultima cosa.
‘’Ti amo da morire’.
 
Come può la tua vita andare avanti quando qualcosa di più grande continua a tenerti legato al passato?
Come può il tuo cuore battere per tenere in vita te e solo te quando è nelle mani di un’altra persona?
Come può il dolore essere tanto forte da marchiarti l’anima come fosse l’unica cosa che prova la tua esistenza e nello stesso momento darti una felicità che credevi non ti sarebbe più stato concesso di provare?
 
Come si può vivere per sé stessi, quando qualcun altro vive per te e tramite te?
 
Non poteva restare in silenzio. Non poteva tacere. Non sarebbe cambiato nulla, non avrebbe risolto nulla, ma il dolore era insopportabile. Come fai a negarti il sollievo, in un momento simile, quando lo vedi lì, a portata di mano? Come fai a negarlo a te e alla persona che soffre con te?
Perciò lo disse. Come l’aveva detto in passato, come avrebbe voluto dirlo fino alla fine dei suoi giorni.
Dirlo sempre e solo a lui.
Ti amo anche io’.
Il sospiro di Blaine fu l’ultima cosa che si concesse di sentire.
 
***

Kurt distolse gli occhi dal soffitto e seppellì il viso nel cuscino. Faceva freddo, ma da qualche parte nel suo petto, si irradiava uno strano calore. Vivo. Era vivo. Aveva dimenticato quanto piacevole fosse quella sensazione.
Certo, sapere che era merito di Blaine se adesso si sentiva così non gli faceva molto piacere.
Perché quello che aveva fatto non riusciva proprio a lasciarselo alle spalle.
Sospirando stancamente, si alzò dal letto e guardò fuori dalla finestra. Era notte fonda.
Coraggio, si disse. Un po’ di auto-analisi ti farà solo del bene.
Kurt iniziò a pensare a quei giorni, quelli prima di quella notte. Fu difficile, perché aveva sempre impedito alla sua mente di andare a riposarsi in quei ricordi così felici, quando l’apatia e l’inconsistenza della sua vita erano troppo forti, e il cuore gli faceva più male del solito.
Ma si costrinse, stringendo i denti, a ritornare a quei tempi.
Perché doveva per forza essere successo qualcosa. Qualcosa che aveva spinto Blaine a fare quello che aveva fatto. Qualcosa che, anche per un momento, gli aveva fatto perdere la sicurezza e la fiducia nel loro rapporto. Qualcosa che gli aveva fatto credere, per un attimo, che forse loro due non erano destinati a stare insieme per sempre.
Kurt storse il naso. Era stato Blaine a spingerlo ad andare a New York. Era stato Blaine ad assicurargli che era il momento di partire e inseguire i propri sogni. Che era pronto per farlo.
Blaine aveva sempre avuto un’incrollabile fiducia in lui. Non aveva dubitato mai delle sue capacità. Anche quando tutto andava male, Blaine lo guardava con uno sguardo che sembrava dire: come puoi credere anche solo per un secondo che non ce la farai? Tu sei la persona che io amo.
Kurt sorrise tristemente. Sapeva quanto fosse costato a Blaine lasciarlo andare. Nei giorni prima della partenza, più e più volte lo aveva sorpreso a fissare il vuoto con un espressione indecifrabile negli occhi. Aveva l’aria di qualcuno a cui stessero estirpando il cuore con le mani senza anestesia.
Era una cosa che non si poteva fingere.
Questo era bastato a Kurt per farlo vacillare dal suo proposito. Ma non appena Blaine se ne era accorto si era infuriato come non mai.
Erano quelli i momenti in cui Kurt non sapeva quale divinità ringraziare per avergli inviato quell’essere perfetto che sembrava avere l’unico scopo di amarlo.
Perfetto non proprio, si corresse.O almeno, perfetto fino a quel giorno.
Forse era quello il problema. Kurt aveva idealizzato Blaine fino alle estreme conseguenze. Così bello, brillante, talentuoso, generoso, dolce. Era facile dimenticare che restava pur sempre un ragazzo, con i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi errori da commettere. Aveva tanti difetti, come tutti.
Ma mai nella sua vita Kurt aveva visto qualcuno prodigarsi tanto per un'altra persona così come Blaine aveva sempre messo lui in cima alla lista delle sue priorità.
Aveva cambiato scuola. Aveva lasciato i suoi amici. Stava addirittura per perdere un occhio, per lui. Ma mai, mai, gliel’aveva fatto pesare. Come se, in quegli occhi azzurri che lo fissavano, trovasse la ricompensa per ogni cosa.
 
I suoi occhi. Erano tra le cose che Kurt maggiormente amava di lui. Forse li amava un pochino di più di tutto il resto.
Erano di un colore strano, indefinito. Qualcosa che assomigliava al miele e al caramello, ma molto più luminoso. Sembrava il colore dei rami degli alberi colpiti dal sole in primavera.  Con piccole increspature di verde tutt’intorno.
Erano quanto di più bello avesse mai visto.
E ci era voluto tempo, tempo passato a fissarli, tempo perso ad affogarci dentro, prima che Kurt un giorno riuscisse a cogliere il segreto di quell’indefinito. Lo capì un mattino presto, prestissimo, in cui non riusciva a dormire e, ovviamente, pensando a Blaine, si era affacciato alla finestra per godersi in diretta la fine della notte.
Smise di respirare.
Perché Blaine aveva gli occhi del colore dell’alba che sorge.
 
Il cuore di Kurt emise un tonfo strano. Era un avvertimento. Stava pericolosamente indugiando in quei luoghi reconditi del suo cervello in cui aveva racchiuso i ricordi di Blaine che più lo facevano soffrire. Questo bastò a scuoterlo e a ritornare con la mente verso zone meno accidentate.
Dunque. Blaine l’aveva convinto a partire. Blaine era rimasto lì, da solo, mentre lui cercava di dare un senso e un ordine alla sua vita.
Era stato fortunato. Certo, non stava facendo quello che aveva sognato da sempre ma forse era vero, spesso i sogni cambiano, mentre cresciamo. E non è detto che  quelli nuovi siano meno intensi dei vecchi. Kurt si era buttato nel suo nuovo sogno con una foga che non sapeva di possedere. Nuova città, nuovo ambiente, nuove conoscenze: sembrava tutto troppo grande e gli faceva paura. Ma, nei momenti di crisi, si ricordava di avere un ‘ancora che lo teneva ben piantato nella realtà e a cui spesso si appoggiava più del dovuto: Blaine. Era Blaine che chiamava ogni volta che gli sembrava di impazzire. Era Blaine che contattava per primo per riferirgli le novità che gli accadevano. Era a Blaine che raccontava minuziosamente i suoi progetti di lavoro, i risultati che otteneva, i complimenti che gli facevano.
Pensandoci bene però.. forse in quel periodo..parlavo davvero un po’ troppo di me, si disse. Non che Blaine gliel'avesse rimproverato o avessero litigato per questo, sia chiaro.
Tuttavia.. Kurt lo capì soltanto in quel momento. Spesso Blaine gli sembrava un po’ troppo silenzioso, durante i suoi sproloqui. Stava in silenzio perché lo ascoltava, certo, ma.. era un silenzio strano. Era un silenzio che aveva il retrogusto della delusione.
Come se Blaine fosse deluso dal fatto che Kurt non avesse colto un suo qualche preciso segnale.
A Kurt ritornò in mente il bisticcio che avevano avuto alcuni mesi prima, quando era tutto un New York di qua eNew York di là e non si era reso conto del disagio che Blaine stava provando. Della paura che Blaine aveva di perderlo.
L’aveva fatto di nuovo? Era talmente preso dalla sua nuova vita da non aver sentito il campanello d’allarme che Blaine stava suonando?
Kurt scavò un po’ più a fondo nella memoria. Ricordava quel periodo. Blaine.. cosa stava facendo Blaine? Ah si, si era candidato come rappresentante d’istituto. Si era tenuto informato su come stessero andando le cose, vero? Gli aveva fatto sentire la sua vicinanza, giusto? Gli aveva fatto le congratulazioni, il giorno in cui era stato eletto, no?
Oh cazzo..l’aveva dimenticato. Certo, Blaine gliel’aveva comunicato e Kurt ne era stato felicissimo, ma quella sera.. lui non aveva risposto al cellulare.
Sei un idiota, si disse mentalmente. C’era rimasto male. Non aveva risposto perché era andato a bere con i colleghi, aveva visto la chiamata e l’aveva deliberatamente ignorata.
D’accordo, FORSE non mi sono comportato in modo esemplare ma tra questo e il tradimento c’è una grande differenza.
Quasi rincuorato da quella conclusione, con un ulteriore sforzo, continuò a ricordare.
 
C’era stata quella telefonata. Il lavoro lo stava massacrando e c’era il rischio che saltasse il loro canonico appuntamento telefonico. Quindi l’aveva chiamato a scuola. Neanche il tempo di salutarsi e già il telefono – i telefoni – dell’ufficio avevano cominciato a squillare. Ricordò di aver sentito un marcato accento di frustrazione nella voce di Blaine. Ricordò un sottile velo di – disperazione? possibile? nelle sue parole, mentre gli diceva che gli mancava, tanto, troppo.
Anche lui mi mancava, dannazione. Più di quanto potessi esprimere. Ma ci saremmo visti di lì a breve, e continuare a rimuginare sulla la distanza non sarebbe servito a nulla, vero? 
Ricordò di aver chiuso la conversazione in fretta, bruscamente in effetti. Il dispensatore di pettegolezzi era nei paraggi e Kurt non voleva lasciarselo scappare.
Prima di chiudere la chiamata, però, Kurt ricordò di aver sentito qualcosa. Un suono incomprensibile. Come se Blaine avesse iniziato a dire qualcosa. Cosa, Kurt non poteva saperlo.
Oh.
Forse lo sapeva.
Ti prego, fa che non sia quello, fa’ che non sia quello..
Maledizione. Gli aveva detto ti amo, era chiaro. Blaine glielo diceva sempre, alla fine di ogni telefonata. Glielo diceva come se fosse la cosa più naturale del mondo, con la stessa naturalezza con cui gli chiedeva come stava o con cui gli diceva che gli mancava.
Maledizione. Non aveva risposto al ‘ti amo’ perché doveva andare ad ascoltare le stronzate di uno scemo qualsiasi.
Kurt si mise lentamente le mani nei capelli. Certo, non era ancora una giustificazione valida per quello che Blaine gli aveva fatto ma.. inutile girarci intorno. Erano tante piccole delusioni, tanti malesseri che Blaine non gli aveva confidato e che si erano accatastati gli uni sugli altri.. fino a scoppiare. Nel modo peggiore.
 
Quasi svogliatamente, preparandosi all’impatto con il dolore, Kurt affondò nei ricordi di quella notte.
Quando l’aveva visto comparire sulla soglia di casa, il cuore di Kurt era letteralmente impazzito. Gli sembrava di non aver mai visto niente di più splendido in vita sua. Era l’ultimo ricordo di Blaine che aveva prima di.. beh, prima di quello. Era lì davanti a lui, che gli rivolgeva quel sorriso luminoso che Kurt tanto amava.
Kurt impiegò un po’ di tempo a chiedersi come diavolo ce l’avesse fatta a vivere per tutte quelle settimane senza quella luce di fronte a sé.
Blaine.. era sempre Blaine. Ma era strano – Kurt ora sapeva perché – rigido, con uno strano alone di tristezza in quegli occhi color dell’alba. Aveva l’aria.. colpevole. Anche se cercava di non darlo a vedere.
Quando però si era accomodato di fronte a quel pianoforte, suonando quella canzone, la loro canzone, in quel modo, Kurt aveva già intuito che le cose non sarebbero finite bene. Già lo sapeva che, alla fine di tutto, ci sarebbe stato solo dolore.
Perché il canto di Blaine era stato quello. Era stato puro, accecante, sconvolgente dolore.
Era strano. Kurt aveva ascoltato quell’esibizione una volta sola, eppure era tutto chiaramente impresso nella sua mente. Riusciva anche a ricordare i punti esatti in cui la voce di Blaine si era spezzata. Ricordava come quegli occhi non avessero mollato la presa sui suoi neanche un secondo.
Come se fossero impegnati in una conversazione silenziosa a cui Kurt inizialmente non era riuscito a rispondere.
Perché ora vedeva. Vedeva la verità.
Blaine stava urlando. Blaine, con gli occhi, con la voce, con le mani sui tasti del pianoforte stava lanciando un grido d’aiuto che Kurt non era stato in grado di raccogliere.
Kurt si portò le mani sulle orecchie. Era come se stesse rivivendo quella scena in quel momento. E quel grido era insopportabile. Avrebbe desiderato che qualcuno gli conficcasse una lama nel cervello ripetutamente, pur di sfuggire a quella tortura.
Pian piano iniziò a calmarsi. Il respirò gli si stabilizzò. Si sentiva stanco e spossato.
Era questo che cercavi di dirmi, Blaine?
Era QUESTO quello che hai provato in quel momento?
 
Blaine continuava a non avere scuse. Forse non le avrebbe avute mai. Ma anche Kurt si sentiva colpevole: colpevole di averlo ignorato, colpevole per non aver capito, colpevole per non averlo fermato in tempo. Perché sarebbe bastato lo sguardo giusto, la parola giusta al momento giusto e Blaine non avrebbe fatto nulla.
Era stato Blaine a buttarsi nelle braccia di quel tipo. Ma Kurt sentiva sulle sue mani la sensazione di avergli dato una leggera spinta d’aiuto.
Non aveva capito. Non aveva letto nei suoi silenzi e ora erano entrambi sconfitti.
 
Kurt appoggiò le mani sul marmo alla base della finestra. Le tenebre lì fuori si diradavano lentamente. Stava arrivando il giorno.
Era stata una nottata sfiancante. Kurt avrebbe solo voluto dormire per dieci anni. Ma era servita a fargli capire tutto quello che gli serviva.
Non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro. Non sapeva se avrebbero recuperato quello che avevano perso. Non sapeva cosa avrebbe fatto il giorno in cui avrebbe rivisto quegli occhi davanti ai suoi.
Quello che sapeva era che Blaine lo amava.
E lui amava Blaine.
E che la prossima mossa spettava a Blaine. Perché Blaine avrebbe dovuto riconquistare il suo cuore centimetro dopo centimetro, e guarire ferita su ferita, lasciando meno cicatrici possibili.
Perché Kurt sentiva di avere delle colpe, ma l’errore peggiore lo aveva commesso Blaine. Ed era lui che, a quello, doveva rimediare.
Kurt non avrebbe chiuso quella porta. Avrebbe consegnato a Blaine un mazzo pieno di chiavi, e sarebbe stato compito suo trovare quella giusta.
Come gli aveva detto, tempo prima? E’ una vita che ti aspetto. Doveva solo continuare a cercarlo.
Kurt nel profondo del suo cuore sapeva che prima o poi Blaine ce l’avrebbe fatta. Ma non aveva intenzione di restare passivamente ad aspettare. Non avrebbe permesso a sé stesso di vivere nell’attesa e nella speranza eterna.
Si, Kurt decise di essere egoista.
Se qualcuno avesse mostrato interesse per lui, non l’avrebbe respinto. Se avesse cominciato a sentire qualcosa di speciale per un'altra persona, non avrebbe soffocato quel sentimento.
Perché? Perché non tutti su questa terra hanno un’anima gemella a cui sono destinati. Magari, semplicemente, trovano qualcuno che diventa l’amore della loro vita. E’ un confine sottile. E non è detto che un amore puro, delicato, dolce sia meno importante e meno eterno di quell’amore totalizzante, immenso e a tratti insano che lega due spiriti completamente affini.
Perché quel secondo tipo d’amore è come una lama dal doppio taglio. Può darti la gioia più completa o tagliarti via il cuore pezzo per pezzo. Non è questione di essere coraggiosi o meno. E’ questione di vivere o morire.
Kurt doveva sapere se per lui la felicità sarebbe stata possibile anche con qualcun altro. Doveva sapere se quel tipo d’amore – puro, delicato, dolce – gli sarebbe bastato per vivere pienamente la sua vita.
E non avrebbe preteso che Blaine si annullasse nell’attesa di riconquistarlo. Se anche lui avesse trovato un'altra anima pura da amare, Kurt, semplicemente lo avrebbe lasciato andare.
Sarebbero rimasti legati per sempre. Avrebbero vissuto con il loro amore e alla fine di tutto, da qualche parte, si sarebbero ritrovati, in un posto dove non ci sarebbero stati più tradimenti, incomprensioni e parole vane.
Sarebbero semplicemente rimasti a guardarsi per l’eternità. Alba e cielo, fusi insieme.
 
Kurt avrebbe accettato quello che la vita gli avrebbe offerto, come aveva sempre fatto. E se quella vita, prima o poi, gli avesse riportato Blaine, avrebbe salutato quel giorno come il più felice tra gli uomini.
 
Kurt sospirò stancamente, ma con una punta di sollievo nel cuore. A quel punto, era tutto nella mani di Blaine.
Non smettere di cercarmi, ti prego.
Intanto, l’alba sorgeva. E con gli occhi di Blaine negli occhi, Kurt ricominciò finalmente a vivere.
   
 
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