16.
Epilogo
–
Sognando
l’America
Don’t
give up
‘Cause
you have friends
Don’t
give up
You’re
not beaten yet
Don’t
give up
I
know you can make it good
Peter
Gabriel – “Don’t give up”
Riccardo
aveva sempre pensato agli addii come dei momenti in cui il cuore ti
veniva
strappato dal petto con una forza bruta incredibile. Si era sempre
immaginato
un’atmosfera tagliente, una canzone come “Wish you
were here” dei Pink Floyd in
sottofondo, mentre le lacrime cominciavano a scorrere come fiumi in
piena.
Sì,
questi erano gli addii che Ricca aveva sempre preso in considerazione:
un’accozzaglia di cliché e stereotipi degni della
peggiore commedia
hollywoodiana.
Guardò
ancora una volta il grosso tabellone che stava davanti a lui: Los Angeles. 19:20.
America.
Sognare
l’America era una tradizione radicata nelle persone da secoli
e secoli, fin dal
momento in cui il Nuovo Continente era stato scoperto e le leggende
misteriose
su di esso avevano iniziato a viaggiare per chilometri e chilometri.
L’America
rappresentava quel luogo di rinascita in cui la gente avrebbe potuto
riscattarsi, reinventarsi, ricrearsi completamente per risorgere una
volta per
tutte dalle proprie ceneri. L’America era un sogno lontano,
quasi
irraggiungibile.
E
così, proprio come centinaia di altri uomini, Riccardo e
Matteo avevano deciso
di sognare l’America: si
erano
guardati negli occhi, mentre i cronisti li bombardavano di domande
relative
allo scioglimento dei Mad, e avevano capito di aver il disperato
bisogno
dell’America e di tutto ciò che essa
rappresentava.
Alla
fine avevano mollato, pensò Riccardo sconfortato. Aveva
abbandonato, dopo
alcuni ostacoli, la musica e il suo gruppo, senza farsi troppe domande,
senza
pensarci su due volte: era stata la scelta giusta? Non lo sapeva,
Ricca, e probabilmente
non avrebbe mai saputo rispondere a quel quesito esistenziali; tutto
ciò che il
suo torturato cuore gli stava domandando, ora, era di cercare un nuovo
appiglio
per poter ricominciare.
Il
batterista si strinse nella sua felpa nera, il freddo
dell’aeroporto lo faceva
sentire ancora più insicuro, rendendogli impossibile pensare
a qualcosa che non
fosse gli errori commessi durante la sua carriera come musicista.
«Ragazzi,
credo che sia ora di andare a fare il check-in»
mormorò Anne, la voce bassa di
chi non avrebbe veramente voluto dire ciò che ha appena
pronunciato. Riccardo
si rese conto che doveva essere un dolore immenso quello che Anne stava
provando nel dover lasciare il suo migliore amico.
E
fu allora che Ricca si voltò verso Davide.
Gli
occhi del chitarrista sembravano aver perso ogni traccia di energia:
spenti,
vuoti; gli occhi di chi ha appena conosciuto una delusione immensa, di
chi ha
perso la cosa per cui ha sempre lottato e combattuto. Davi si era
semplicemente
spento, come uno di quei macchinari tecnologici che, con un semplice
pulsante,
puoi disattivare. Da quando aveva dovuto annunciare al pubblico, in
un’intervista riservata a pochi giornalisti, il definitivo
scioglimento dei
Mad, il suo amico sembrava essersi trasformato in un’altra
persona, la quale
non conservava nulla di Davide, se non il ricordo.
Anne,
per fortuna, le stava sempre vicino, senza mai lasciarlo solo,
accudendolo come
si faceva come i bambini piccoli e bisognosi e donandogli tutto
l’affetto che
sembrava bramare. Era diventata, Anne, una madre, un’amica,
un’amante.
Ehi,
Davide, amico mio.
Dove sono finiti i sorrisi solari che
riuscivi a strapparmi anche quando le nuvole riempivano il cielo in
inverno?
Ehi,
Davide, amico mio. Dov’è
finito il tuo riso inconfondibile, quello di un mezzo bambino e per
l’altra
metà un demonio, che sembrava espandersi come una malattia e
indurre tutto
l’universo a ridere?
Dove
sei? Dove sei, dove sei, dove
sei, Davide, amico mio?
Riccardo
avrebbe voluto afferrarlo per le spalle e scuoterlo, sperando di
risvegliarlo
da quello stato di catalessi nel quale sembrava essere caduto. Ma come
poteva
infierire su Davi quando era stato proprio lui
ad ucciderlo? Sì, Riccardo sapeva di essere
colpevole; era consapevole di
essere stato la causa del crepacuore del suo amico perché,
se lui e Matteo non
avessero abbandonato i Mad, ora Davide avrebbe avuto ancora la voglia
di
illuminare il mondo con la sua energia.
Ed
è per questo, amico mio, che
devo partire per sognare l’America.
Si
rendeva conto, ora, che gli addii che su cui aveva sempre fantastico
erano
irreali, dei semplici ghirigori romanzati, dei quadri ben dipinti ma
assolutamente astratti.
Un
addio non stava nel numero di lacrime che venivano versate e nemmeno
significava un abbraccio disperato, no: era di più, molto di
più.
Un
addio era la fine di un ciclo e
l’inizio di una nuova
fase.
Addio
non era semplicemente morte, dolore, sconfitta, perdita, ma anche la
voglia di
tentare di nuovo, riscoperta, rinascita, speranza.
Sì,
perché era proprio speranza quel ronzio che Riccardo
continuava a sentire
dentro il suo corpo: nonostante fosse affogato nella melma, avesse
toccato
l’apice per poi ridiscendere nell’anonimato, il
batterista aveva ancora voglia
di combattere, di riprovare, perché la vita, in fondo, altro
non era che porte
che si sbattevano in faccia e altre che, invece, si aprivano.
E
lui non aveva nessuna intenzione di fermarsi.
Diede
la carta d’identità e il biglietto alla signorina
che, con educazione
esemplare, gli chiese di appoggiare il bagaglio sul tappetino rullante.
Ricca
guardò la sua valigia sparire dietro una fila di strisce in
plastica, pensando
che l’avrebbe ritrovata in un altro continente.
America.
Non
avrebbe mai potuto scoprire se ciò che lui e Matteo stavano
per fare era una
pazzia oppure il giusto cambiamento. Era sicuro, però, che
dovevano di nuovo
imparare a sognare.
E
questo gli bastava, perché Riccardo, Riccardo non si sarebbe
mai arreso.
****
Riccardo
e Matteo è un calcolo
perfetto che dà come risultato Amore.
Era
questo ciò che Matte pensava mentre si avvicinava al Gate
d'imbarco che
avrebbero dovuto prendere per salire sull’aereo. Aveva dovuto
attendere anni
prima di sentirsi finalmente completato, compreso e amato; poi era
arrivato
quel ragazzo strano con i capelli verdi e l’animo tormentato,
che aveva deciso
di impadronirsi del suo cuore senza chiederlo due volte. E ora stava
per andare
a vivere in America con lui.
Verso
il Nulla.
Andare
verso il Nulla era una cosa che Matteo sapeva fare alla perfezione,
quindi non
si preoccupava troppo di cosa lo avrebbe atteso: se fossero rimasti in
Italia i
media avrebbero continuato a rendergli la vita un inferno, tra
interviste e
foto di paparazzi. Anne e Davide si tenevano per mano, uniti come mai
prima
d’allora, in attesa del fatidico saluto che tutti sapevano
sarebbe arrivato.
Matteo aveva cercato di rimandare il più possibile il
momento dell’addio, ma
ora, in fila per imbarcarsi, non poteva più fingere di avere
ancora del tempo a
disposizione.
«Beh,
è ora di salutarsi...» concluse spostando il peso
da una gamba all’altra, le
mani in tasca.
Dio,
Matteo trattieniti. Nessuna
tragedia greca, per favore.
Anne
era stata per più di cinque anni la sua migliore amica, la
sua unica
confidente, la ragazza che lo aveva sostenuto sempre e comunque,
nonostante
tutto il resto del mondo fosse contro di lui, anche quando faceva uno
dei suoi
errori tremendi... Lei era sempre lì, pronta a tendergli una
mano e ad aiutarlo
a rimettersi in piedi. Anne era stata il suo unico punto di
riferimento. E ora
come poteva semplicemente stringerle la mano e mormorarle un
“Arrivederci”?
Prima
ancora che potesse pronunciare una sola parola si ritrovò le
braccia di Anne al
collo, le sue labbra sul suo collo e il suo corpo aderito al suo.
Ehi,
Anne, amica mia. Non ti sto
lasciando, piccola bambina. La nostra storia non ha qua il suo epilogo,
questo
è solo uno di quei climax che devono accadere.
Ehi,
Anne, bambina mia. Sei la
stella polare della mia vita, quando avrò bisogno di un
aiuto chiamerò il tuo
nome e tu correrai, perché è questo che sai fare
meglio.
Ehi,
Anne, mio piccolo amore. Il
mio umile cuore ti chiede perdono, sanguina e piange, spera che tu non
sia
troppo delusa.
Ehi,
Anne, mia dolce bambina. Mia
piccola, piccola, piccola amica.
E,
nonostante si fosse ripromesso di non piangere, Matteo si
abbandonò alle
lacrime non appena sentì la sua migliore amica fare lo
stesso, mentre lo
stringeva forte a sé, quasi a non volerlo lasciare.
C’erano
amicizie che duravano per sempre, nonostante la distanza, nonostante i
litigi,
nonostante le delusioni, nonostante le circostanze: Matteo ed Anne non
si
sarebbe mai divisi, mai, perché i loro cuori sarebbero
sempre stati legati. Per
sempre.
«Devo
andare, piccola Anne...» riuscì a mormorare tra un
singhiozzo e l’altro.
Sciolse quell’abbraccio –
no, Annie, non
mi lasciare – e notò con stupore che
anche Davide e Riccardo si stavano
stringendo con la forza che solo due uomini sapevano usare.
L’amicizia
è una forza
indistruttibile.
«Chiamateci
quando arrivate!» iniziò la cantante, la voce
spezzata e il tono di una mamma
preoccupata «E ricordatevi di installare Skype, voglio
sentirvi almeno una
volta al giorno! E per le vacanze tornate qua! E poi...» non
riuscì a
continuare, perché un nuovo flusso di lacrime le impedirono
di far uscire la
voce. Davide le mise un braccio intorno alle spalle e le
baciò la testa
dolcemente, come si fa con i bambini piccoli. Matteo non osò
avvicinarsi di
nuovo alla ragazza, altrimenti non sarebbe stato più capace
di lasciarla.
«Tranquilla,
Annie. Non spariremo.»
La
ragazza prese a fare segno di andarsene con la mano, mentre nascondeva
il viso
sul petto di Davi, anche lui con gli occhi lucidi ed umidi.
Arrivederci,
Annie, bambina mia.
Tornerò, ma per ora conserva il ricordo dei tempi andati,
tieni stretto il
profumo del nostro ultimo abbraccio. Tornerò, bambina mia.
Ricca
afferrò la mano di Matte e, insieme, passarono il nastro che
li divideva dai
loro amici. Il cuore che palpitava, il moro si fermò a
salutare ancora una
volta la sua Annie, lo stato d’animo a terra. Non pensava che
gli avrebbe fatto
così male separarsi da quella piccola ragazzina selvaggia e
tutto ciò che lei
aveva significato per lui.
«Non
voltarti più, piccolo...» lo consigliò
Riccardo tenero che, a sua volta, stava
soffrendo la perdita di Davide.
Era
sconvolgente come, ogni volta, condividessero le stesse emozioni e si
capissero
alla perfezione, senza il bisogno di fare troppe domande: bastava
guardarsi
negli occhi e ci si poteva rispecchiare nel compagno.
Continuarono
a camminare attraverso il corridoio rialzato che li avrebbe condotti
all’aereo,
le mani intrecciate, i destini in comune, mentre una parte importante
di loro
rimaneva in aeroporto, insieme ai loro amici. Le lacrime continuavano a
rigare
le guance di Matteo, nonostante egli si stesse sforzando di bloccarle,
perché
doveva essere forte, doveva esserlo, dannazione!
«Buongiorno
e benvenuti.» Li accolse gentilmente una hostess in divisa
blu, il sorriso
cordiale stampato sul volto truccato. Matteo non diede il minimo segno
di vita,
Riccardo rispose al sorriso per poi farsi spazio tra le file di sedili
in cerca
del loro posto.
«Eccoli.»
Si
sedettero, Matteo rigorosamente vicino al finestrino, e rimasero in
silenzio,
entrambi persi nei propri pensieri.
Annie,
piccola mia, già mi manchi.
Forse
stavano commettendo l’errore più grande della loro
vita, forse avrebbero dovuto
continuare a suonare con i Mad e lottare per i loro diritti; eppure,
Matte
sentiva che non avrebbero potuto fare in un altro modo: avevano bisogno
di
nuovi orizzonti.
Quando
l’aereo decollò, Matteo sentì di aver
lasciato a terra un pezzo di sé stesso,
un pezzo che non poteva continuare a portarsi dietro, ma che doveva
perdere,
come la paura. E se per trovare ciò che stava cercando fin
da bambino avrebbe
dovuto volare fino in America, allora tutto quello avrebbe avuto un
senso.
«Cosa
ne sarà di noi, Matte?»
Non
aveva una risposta a quella domanda, Matteo.
Ma
per il momento, gli bastava guardare al futuro.
****
Siamo giunti
all’Epilogo di questa
storia.
Davide ad Anne
rimangono a Torino,
quindi, mentre Riccardo e Matteo volano verso un futuro ignoto.
Probabilmente
mi sembrerà ambiguo, ma è stato scritto
appositamente in questo modo, perché
volevo lasciare lo spazio per immaginarsi cosa sarebbe successo dopo.
Ora passiamo ai
ringraziamenti (ne ho
davvero molti da fare).
Voglio
ringraziare di cuore la mia
amica Vì (grandiosa autrice su efp: Lavisvampita)
che mi ha corretto ogni singolo capitolo di questa storia, aiutandomi e
sostenendomi. Grazie. <3
Ringrazio anche Aniasolary, Postergirl e Miliko
Akiko Chan che hanno letto tutti i capitoli, seguendomi e
sostenendomi
anche quando quasi nessuno leggeva!
Ed infine,
grazie a chiunque abbia
letto questa storia, l’abbia recensita o inserita tra le
Scelte, le Ricordate o
le Preferite.
Spero che questa
storia vi abbia
coinvolti almeno un po’ e vi abbia aiutati a sognare.
Un caloroso
abbraccio,
la vostra Eryca.