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Autore: MissTostaPayne    08/12/2012    6 recensioni
“Non so ancora con chi ho il piacere di pranzare” fa lui, sorridendo.
“In effetti tu non lo sai ancora, ma hai l’onore di parlare con la regina d’Inghilterra” rispondo io con fare teatrale.
“Elisabetta II?”
“In persona.”
Fa un fischio. “Le devo fare l’inchino?”
“Stia pur comodo”
Sogghigna.
“E, mi dica, che ci fa così lontana dalla sua patria?”
“Sono a New York per un viaggio d’affari” improvviso.
“Alla sua età?”
“Ehi, mi sta dando della vecchia?”
“Non mi permetterei mai!”
“Potrei farla processare!”
“Non siamo nel suo campo d’azione, ricorda?”
“Acciminchia!” borbotto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Don’t touch my Giovanna!

Solletico. Io odio il solletico. E lo sento proprio sotto al naso. Ma chi acciminchia mi fa il solletico sotto il naso?
Apro gli occhi e capisco ho la faccia affondata in una marea di riccioli. Alzo la testa di scatto, non vorrei mica annegare. Poi mi ricordo di botto dove mi trovo. La mia mente sembra quasi una macchina da scrivere. Matrimonio. Treno. Harry. Vecchietta decrepita. Bacio. Oh cazzo!
La massa di riccioli fa un movimento indecifrato e mi accorgo che la testa di Harry è appoggiata alla mia spalla. Ecco perché vedevo riccioli ovunque prima!
Aspé. La testa di Harry è appoggiata alla mia spalla. Mmm. Beh è del tutto naturale, no? Il treno può aver fatto una curva troppo secca e tac! La testa è caduta casualmente.
Si è sicuramente successo così.
Fisso torva la sua testa, in cerca di altre soluzioni possibili. Ho già considerato gli alieni, gli spiriti e le fatine dei denti (qualunque cosa centrino in questo momento), quando lui alza la testa, strizzando gli occhi per la luce del tramonto che entra dal finestrino.
“Ehii” borbotta “che mi sono perso?”
Scruto attenta fuori dal finestrino “Mmm a quanto pare siamo quasi già arrivati a Chicago”
“Ah-ah!” mi punta contro l’indice “Beccata! Anche tu hai fatto un pisolino, a quanto pare”
Sorride. È sicuro di aver già vinto.
Alzo le mani in segno di resa. “Lo ammetto. Però è solo per colpa dei tuoi riccioli, sono vergognosamente morbidi. Mi sembrava quasi di sentirli fare swisssh come quelli della tipa bionda della pubblicità! Non lo ritenevo possibile, lo confesso”
Lui mi fissa confuso “Hai usato i miei capelli come cuscino?”
Porca paletta. Devo ricordarmi di fare una preghierina per ricordare a chiunque ci sia lassù di darmi una forma di intelligenza superiore a quella di un bradipo.
“Solo perché tu ti sei appropriato della mia spalla!” cerco di ritrovare un minimo di dignità.
“Oddio!” salta sul sedile “Sul serio?”
E poi si mette a osservare attentamente il mio decolleté. Ora, non che io sia incredibilmente dotata ma essendo donna la cosa non mi lascia indifferente. Non in senso positivo, sia chiaro, non sono ancora una zoccola.
“Vuoi una foto?” chiedo con le sopracciglia alzate.
“A posto così, grazie” non alza nemmeno lo sguardo, sto pervertito.
“Auaioh!” gli tiro una schiaffetto sulla guancia.
Lui si risveglia di scatto “Che c’è?” fa, innocente.
“Ma dico, ci conosciamo da neanche mezza giornata e tu già miri ai piani alti? Gli uomini sono tutti uguali.”
Lui mi guarda stupito per un attimo. Poi grida “Ma no! Che hai capito? Stavo solo controllando di non averti sbavato la maglietta!”
Se vabbé. “E io sono Maria Teresa di Calcutta.”
“Giurin giurello, parola di bidello!”
“Non mi sono mai fidata dei bidelli”
“Fai bene, sono dei gran spioni.”
“Ehi, non insultare la Giovanna!”
“Scusa!”
“Ti perdono, va là”
“Perché sono figo?”
“Idiota” trattengo un sorriso e gli tiro una pacca dietro alla nuca.
“Ahia”
“Ci sto quasi prendendo gusto” affermo.
“Ma fra tutte quelle che c’erano proprio la violenta dovevo beccare io?” si lamenta.
“Ma fra tutti quelli che c’erano proprio il maniaco?” lo imito. Sorride, scuotendo la testa.
Il treno intanto è entrato nella stazione e si ferma con un ciocco tremendo. La gente intorno a noi inizia a recuperare i bagagli e a infilarsi i cappotti in una grande confusione generale.
“Che succede?” chiedo, voltando la testa a destra e a manca come un orologio a cucù impazzito. Mmm pensandoci meglio forse è meglio il pendolo, dà meglio l’idea. Però né il cucù né il pendolo hanno la testa. Ma ditemi perché mi devo complicare la vita con le metafore, porca trota!
“C’è una sosta di due ore in città.” Risponde Harry, alzandosi a raccogliere la sua roba. Ancora una volta sembra essere abituato a fare questo viaggio. Tira giù anche il mio trolley azzurro che gli cade in testa con un tonfo.
“Cacchiarola ma cosa hai messo qua dentro?”
“Cemento e qualche mattone, non si sa mai cosa mi serve quando sono lontana da casa” rispondo con fare innocente.
Ridacchia e si incammina per il corridoio. Per un attimo ho paura che mi lasci sola. Cioè spero che mi lasci sola. Spero.
Poi dice “Ti aspetto giù”
“Ok” mormoro. E mi sento come salvata da quel mare in tempesta che è poi la mia vita. L’immagine di Harry come salvagente rosso gigante mi fa scoppiare a ridere da sola.
Quanto dovevo sembrargli disperata? Aveva intuito anche solo minimamente la mia solitudine?
Mi do una sistemata veloce e scendo, guardandomi attorno come se fossi improvvisamente atterrata sulla Luna.
Harry mi osserva divertito. “Allora primo giudizio di Chicago..?”
“Totalmente negativo.” affermo convinta “È tutto così cupo e grigio.. e poi c’è una puzza!”
Scoppia a ridere “Bene! Vorrà dire che ti convincerò io.”
“E come, se mi è consentito chiederlo?”
“Ti porto fuori a cena, ovviamente”
“Wow, a lume di candela? Ricordati che al primo appuntamento deve essere tutto perfetto” rispondo con un sorriso sarcastico.
“Lo sarà, Connie” sussurra, sfiorandomi l’orecchio con le sue labbra. Rabbrividisco senza volere. Strano come suona bene il mio stupido nome detto da lui..
Mi prende la mano gelata e la scalda con la sua, mentre mi porta verso il ristorante misterioso.
La curiosità ha la meglio su di me, lo ammetto. Mi conduce verso un sacco di stradine secondarie e il mio senso dell’orientamento non fatica a perdere il filo. Adesso per tornare al treno dipendo totalmente da Harry, che, tanto per ricordarmelo, ho conosciuto al massimo sei ore fa.
La mia parte razionale ha quasi avuto la meglio su di me e sto per lasciargli la mano e correre via, quando lui si volta e con gli occhi che brillano mormora: “Adesso devi chiudere gli occhi, sarà una sorpresa”
Brutto segno. Bruttissimo. Le sorprese nella mia vita non sono mai positive.
Lo guardo, esitante.
“Fidati” sorride lui.
“Va bene..” chiudo le palpebre e piombo nell’oscurità più totale.
“Non sbirciare”
“E tu non farmi sbattere contro un palo, và”
Ridacchia piano.
Per un momento sento solo silenzio poi le mani di Harry mi prendono dolcemente le spalle da dietro, guidandomi in avanti e poi facendomi girare un paio di volte a destra. O era a sinistra?
E all’improvviso più niente. Non sento più le sue mani. Silenzio. Vuoto. Buio.
E uno qui potrebbe considerarmi una cretina perché mi ostino a non aprire gli occhi quando con tutte le probabilità di questo mondo sono stata abbandonata in mezzo a una strada di una città sconosciuta e considerato il fatto che ho un terrore tremendo del buio (non esagero. Anche la mia cuginetta di tre anni mi considera una fifona).
Beh non so cosa abbia in testa ma me ne sto immobile con gli occhi chiusi per un tempo che pare interminabile.
Mi mordo il labbro inferiore, nervosa, mentre mi scaldo le braccia. Ma cosa mi è saltato in testa? Andare in giro per Chicago con un ragazzo. Proprio io che mi consideravo così razionale e con i piedi per terra!
Stupida. Stupida. Stupida.
“Harry..” sussurro, e senza rendermene conto mi metto a gridare “Harry, Harry, HARRY!”
Stringo forte i pugni, conficcando le unghie nei palmi,  e strizzo gli occhi.
“Ehi, sono qui” mormora all’improvviso la sua voce. Le sue mani avvolgono i miei pugni ancora stretti e li sciolgono. Apro gli occhi, quasi sorpresa di sentirlo ancora lì, e incrocio il suo sguardo di smeraldo, leggermente preoccupato.
Non so veramente cosa mi prenda ma devo essere molto spaventata perché gli salto con le braccia al collo, stritolandolo.
“Ehi” ripete lui, ricambiando l’abbraccio inaspettato da entrambi.
“Dove diavolo ti eri cacciato?” esclamo contro la sua felpa.
Mi stacco da lui all’improvviso, così come mi ci ero lanciata. Lo guardo perplessa e, senza lasciarlo rispondere,  dico una cosa senza senso del tipo “perché hai su solo una felpa a dicembre?” o qualcosa del genere.
Lui scoppia a ridere “Mi stai facendo preoccupare, Connie”
“Ero nel panico più totale! Mi hai lasciato qui da sola senza dirmi niente!” esclamo mettendomi a gesticolare come un’ossessa. Se sta pensando di chiamare un’ambulanza non lo biasimo.
Invece mi afferra le mani e dice: “Stavo solo preparando la sorpresa! Mi dispiace”
Non riesco a rispondere. Forse il freddo mi ha dato alla testa e sto per collassare al suolo.
Poi mi torna in mente una cosa e strillo “Scusa!” portandomi una mano alla bocca.
“Per cosa?” Sembra divertito.
“Ho aperto gli occhi” rispondo semplicemente.
Lui sgrana gli occhi per un momento. Poi sorride, guardando altrove e massaggiandosi distrattamente il petto.
“Che c’è?” chiedo.
“Niente..” mormora lui, tornando a guardarmi “è strano.. ho il cuore a mille..è da un po’ che non succedeva”
Mi appoggio al muro che ho scoperto avere vicino per non cadere stesa al suolo.
Io che non mi sono mai innamorata, rimanendo sempre rifugiata nel mio mondo, io che non sono mai nemmeno uscita con un ragazzo al liceo, ora sto tremando per qualche parola detta da questo ragazzo di cui non so praticamente nulla. Non so da dove viene, quando è nato, se preferisce il gelato alla fragola o al cioccolato, i cani o i gatti, l’inverno o l’estate, eppure sono qui con il fiato corto e le guance arrossate, non certo per il freddo pungente.
“Tutto ok?” mi accorgo che mi sta fissando.
“Ehm si.. ho un po’ di mal di testa” mento.
“Che stupido! Vieni il ristorante è questo” fa lui sorridendo.
Noto solo adesso il piccolo ristorantino all’angolo. E’ a dir poco stupendo e così caratteristico, tutto addobbato con le luci di Natale.
Sorrido entusiasta “E’ bellissimo!”
Lui ricambia “Sono contento che ti piaccia. Vieni, entriamo”
Apre la porta di legno, facendo suonare una campanella. Dentro è ancora meglio: tanti tavolini di legno nella luce soffusa delle candele appese ovunque e al centro di ogni tavolo.
C’è anche un grande albero pieno di quelle che sembrano palline colorate me che, avvicinandomi meglio, sono in realtà foto di persone ritagliate a cerchio.
“C’è ogni cliente che sia mai entrato qui” spiega Harry, notando il mio sguardo interessato.
“Tutti tutti?”
“Tutti” afferma.
“Wow..” poi mi viene un dubbio “ci sei anche tu?”
Lui sorride e annuisce.
“Dove dove?” passo in rassegna le fotografie, curiosa.
“Qui” mi sposta leggermente a destra e me ne indica una leggermente troppo in alto per il mio metro e sessantacinque scarso.
Mi metto in punta di piedi e tirandola un pochino, me la ritrovo sotto al naso. E il mio cuore cade sotto i piedi.
Harry è più giovane e più felice che mai, con gli occhi verdi che brillano mentre tiene stretta a sé una bellissima ragazza con una treccia bionda e gli occhi grandi e dolci.
Ho improvvisamente la gola secca. Mi sforzo di sorridere mentre chiedo: “Chi è lei?” anche se non sono sicura di volerlo sapere.
“Lei è Nat” risponde solo lui.
Alzo lo sguardo, intenzionata a scoprire di più, ma la domanda mi muore sulle labbra vedendo la sua espressione mentre fissa la fotografia. La conosco bene purtroppo. E’ dolore, puro e incontestabile dolore.
Poi scompare all’improvviso quando si volta di scatto verso di me e dice: “Forza, non perdiamo tempo con queste sciocchezze o perderemo il treno se non ci sbrighiamo a mangiare qualcosa.”
Io sorrido imbarazzata, cercando di rimuovere il suo sguardo dalla mia mente, ma so già che rimarrà impresso lì come scolpito e non riuscirò mai a dimenticarlo.
Il cameriere spuntato dal nulla ci accompagna al piano superiore e ci lascia soli. Dal nostro tavolo c’è una vista spettacolare sulla città, che dall’alto, con tutte le sue luci, inizia a piacermi.
Quando mi volto verso Harry, esattamente di fronte a me, vedo che anche lui ha lo sguardo perso fuori dall’enorme vetrata. Chissà forse sta pensando a quando è venuto con quella ragazza bionda. Con Nat.
Accidenti a me e a tutti questi pensieri.
La cena è a dir poco squisita ma non riesco ad assaporarla bene perché l’umore di Harry è cambiato a vista d’occhio. Si è come chiuso a riccio.
All’inizio pensavo di fargli qualche domanda dato che è il mio turno ma a questo punto ho già cambiato idea e piombiamo in un silenzio che mi mette in estremo imbarazzo.
Dopo un po’ lui guarda l’orologio e annuncia che è meglio se ci mettiamo in cammino per tornare alla stazione, così ci alziamo e scendiamo le scale per tornare al piano terra.
Senza volere, lancio un ultimo sguardo all’albero.
“Haaaaarry!”
Ci voltiamo entrambi verso la voce e Harry viene buttato a terra da una specie di giocatore di rugby formato maxi.
“Mark!” l’urlo di Harry è smorzato dai 150 chili che ha sopra.
“Non saluti più i vecchi amici?” il gigante si rialza e aiuta anche Harry.
“Ho fatto solo una toccata e fuga” risponde lui senza fiato.
“E’ da un po’ che non ci si vede! In effetti da quando..”
“Eh già” taglia corto Harry.
“Beh che modi sono questi? Non ti ho insegnato proprio niente eh? Non mi presenti la tua amica?” e detto questo gli assesta una pacca micidiale sulla spalla.
“Lei è Cornelia” risponde, grattandosi distrattamente la nuca.
Arriccio il naso, infastidita. “Chiamami Connie” dico porgendo la mano al baffuto amico di Harry.
Lui la stringe facendo un sorrisone a settantaquattro denti. “Piacere, Connie. Io sono Mark”
“Senti, amico, noi dobbiamo scappare oppure perderemo il treno per San Francisco. Mi dispiace ma mi fa piacere di averti rivisto. Prometto che passerò più spesso a trovarti.”
“Hai dato la tua parola, ricordatelo.” fa Mark e poi si abbracciano.
“Arrivederci signorina” mi apre la porta, galante.
“Arrivederci Mark, spero di rivederla! E grazie mille per la cena, era tutto delizioso” gli sorrido ed esco.
“Forza, la stazione non è così vicina” mi dice Harry e si incammina girando l’angolo velocemente. Lancio un ultimo sguardo al ristornate e poi mi getto al suo inseguimento, avendo paura di perderlo di vista.
“E’ simpatico il tuo amico” butto lì per intavolare una conversazione.
“Mmm” mugugna lui.
“Lo conosci da tanto?”
“Già”
“Poi mi dovrai dare l’indirizzo”
“D’accordo”
Ed ecco ancora il silenzio imbarazzante.
Mi blocco di botto in mezzo alla strada. Si ferma anche lui, sorpreso.
“Ti sei pentito vero?” dico con un sorriso amaro.
“Cosa?”
“Ti sei pentito di avermi incontrata, non è così?” ripeto.
“No, perché mai dovrei esserlo scusa?”
“Beh direi che il tuo comportamento lo conferma alla grande” abbasso la testa per nascondere gli occhi lucidi. Perché mai mi venga da piangere poi, lo so solo io.
Chissà come gli sembrerò stupida in questo momento. Come una bambina che fa i capricci, proprio come mi aveva definita lui la prima volta che ci siamo rivolti la parola.
Anche quella volta rideva di me.
“Ma cosa stai dicendo?” esclama lui afferrandomi i polsi e piantandosi con la faccia a pochi centimetri dalla mia. Spero che il buio nasconda le mie guance bagnate.
“La verità” borbotto ma mi si spezza la voce.
All’improvviso mi stringe forte in un abbraccio, bloccando le mie braccia contro il suo petto.
“Mi dispiace, scusami” sussurra al mio orecchio. “è solo colpa mia, tu non centri niente”
Fa una piccola pausa e poi pronuncia lentamente queste parole: “Io non mi sono mai pentito di averti incontrata... e perseguitata in un certo senso, né mai me ne pentirò. Non me andrò via, a meno che tu me lo chieda.”
Tiro su col naso. “Allora non andartene” mormoro e poi affondo la testa nell’incavo del suo collo vergognandomi di ciò ho appena detto.
Lo sento alzare la testa verso il cielo, poi dice: “Guarda, sta nevicando”
Lo imito anch’io puntando il naso all’insù, verso le stelle.
Carramba qua se non ci muoviamo diventiamo due pupazzi di neve!” esclamo.
Lui scoppia a ridere. “Quante esclamazioni hai ancora in serbo per me?”
“Quante sarai pronto ad ascoltarne”








SCUSATE SONO IMPERDONABILEE D:
È da quasi due settimane che non aggiorno ma in mia discolpa posso dire che il liceo mi sta uccidendo e che ho colto il primo giorno di pausa per scrivere il nuovo capitolo :)
Che è uscito fuori ‘na mierda (?) AHAH
Vabbé dai spero che a voi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate :3
Un bacio, Chiara <3
  
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