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Autore: ViolaNera    09/12/2012    5 recensioni
«Digli addio anche tu. È al limite.»
Non vorrebbe darlo a vedere, ma sussulta a quelle parole.
Addio.
Dire addio.
Non vuole dire addio. Non può farlo. Non è... pronto.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Islanda, Norvegia, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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L'altra faccia del dolore








Lo trova ritto, immobile come una statua imponente. Lo sguardo indugia sull'ampia schiena rigida, le spalle larghe, la nuca coi suoi corti capelli biondi.

Rimane a fissarlo per qualche lungo minuto, stringendo le mani tra loro e tormentandosi le dita, rabbrividendo nonostante la temperatura mite.

Sa che deve farsi forza ed affiancare l'uomo in piedi; lo sta aspettando, in anticipo come ogni volta e, puntualmente, lui esita ad interrompere il suo momento privato.

Non ha bisogno di sentire la voce profonda o di vedere le labbra muoversi per sapere che sta comunicando, perché lo fa interiormente, in contrasto con lui che invece ha bisogno di parlare per dare forma ai pensieri e renderli concreti.

Sospira rassegnato, alla fine, raggiungendolo a piccoli passi, leggeri e silenziosi sull'erba soffice.

«Eccomi.»

Lo sussurra inutilmente, gli occhi bassi rivolti al mazzo di fiori dai colori vivaci posato accanto ad un piccolo piatto di ceramica bianca, dentro il quale sono disposti ordinatamente alcuni biscotti al burro preparati in giornata.

Deglutisce a fatica, anche dopo tutto quel tempo, anche dopo tutti quegli anni e la tradizione ormai consolidata che li riporta lì, come dandosi appuntamento per salutarlo insieme.

Lo svedese annuisce e sbatte pigramente le palpebre, sempre con lo sguardo fisso alla lapide solitaria posta in quel luogo speciale, sconosciuto, con quel singolo nome inciso sopra dalle sue abili mani.

Un nome che provoca solo nostalgia e ganci crudeli che tirano il cuore.

Un nome che rievoca ricordi di ogni genere, ma che, con il trascorrere degli anni, sembrano essersi ridotti sempre più a quelli positivi, i più dolorosi e difficili da affrontare.

Finlandia alza gli occhi al cielo e tira le labbra tristemente, ricordando la schiena curva dell'uomo accanto a sé, intento a scolpire lettera dopo lettera senza singhiozzare.

Il suo volto era una maschera impassibile di lacrime quando si era rialzato e voltato. Il lavoro era di una precisione incredibile, come se le sue mani non avessero tremato tutto il tempo.

«Un altro compleanno», mormora, un misto di affetto e pena nel tono basso.

Solleva il braccio e posa la mano sulla spalla di Svezia.

Ricorda che a Danimarca piaceva tantissimo sommergere il taciturno fratello di cose buone da mangiare. Le loro feste erano contigue, quindi avevano due giorni di fila per abbuffarsi e stare insieme. Erano belli, quei compleanni, sembravano la celebrazione di tutti, riunioni di famiglia dove c'erano troppi dolci da dividersi.

Era felice di festeggiare con loro e a Svezia faceva piacere averlo lì, anche se si manteneva apparentemente burbero e spesso finivano per rimbeccarsi sulle questioni più insignificanti, ma non sarebbe stato lo stesso se non ci fossero stati scontri, non sarebbero stati loro.

Stai zitto e bevi un po' di più, Berwy!, gli diceva alla fine con un ghigno, allungandogli un boccale di birra. Svezia grugniva, obbediva e riemergeva con il baffo fatto di schiuma, facendoli ridere per diversi minuti e sorridendo anche lui ad occhi bassi.

Dischiude le labbra prendendo un bel respiro e torna a guardare la lapide, allungando la mano che stava sulla spalla dello svedese per fare una carezza gentile alla pietra.

«Ciao, Tanska, siamo qui. Come stai?»

È stupido quando si ferma, prima di continuare il suo monologo. È stupido ma non può farne a meno, perché ci vuole una pausa, anche breve, a quel punto.

Il vento soffia così quieto, tra i capelli di Tino, che gli sembra la sua carezza contenta e deve quindi fermarsi per riceverla, sorridere timidamente, godersela.

«Il piccolo sta imparando tante cose nuove ed insiste per andare a parlare di politica ed economia al tuo... suo capo. Ha un sacco di idee, è difficile tenerlo a bada e farlo stare tranquillo, ma è un bravo bambino, è adorabile e noi tutti gli vogliamo bene. Siamo sicuri che ti rappresenterà nel migliore dei modi. È giocoso e saltella ovunque, parla ininterrottamente! Sai, sembra che abbia qualcosa di te, come se l'avesse ereditato e per questo motivo, dopo un po', Norja ha cominciato a dire che non è colpa tua se sei stupido, è la nazione che incarni ad averti rovinato.»

Il sorriso si fa più ampio e si ritrova a ridacchiare. È una risata sincera e argentina, non suona come qualcosa di artefatto.

«È il suo modo per dire che ama la tua allegria, lo conosci», continua accomodante, avvertendo il corpo di Svezia che gli si avvicina un po', arrivando a sfiorarlo con il braccio.

«Più tardi verranno a trovarti Nor e Is. Preferiamo lasciarvi soli, non te la prendere se non rimaniamo mai insieme a loro. Non sta bene ascoltare le cose che dovete dirvi, s-sai.»

La sua voce trema sempre, verso la fine. I suoi occhi vedono annebbiato ogni anno, alla fine.

Si dice che ci riuscirà, prima o poi, a salutarlo e a dare voce ai pensieri di entrambi senza ridursi in lacrime, ma gli manca che risponda per davvero e lo inciti a continuare.

Non ci sono occhi spalancati, curiosi e limpidi, sormontati da sopracciglia buffe. Sta parlando con una lapide e le gambe diventano malferme come la convinzione della voce.

Si zittisce ed i singhiozzi lo scuotono, impedendogli di salutarlo ancora, come in una lettera, fare una bella chiusura dove gli dice che si ricordano di lui, che mai si permetterà di rivolgerglisi usando verbi al passato.

«Ci manchi, Ta. Vorremmo abbracciarti, ma... sei ancora con n-noi...»

È a quel punto che Svezia si volta e lo prende tra le braccia; quando entrambi non riescono più a reggersi in piedi ostentando accettazione e contegno, quando tutti e due hanno raggiunto il limite.

Tino non riesce più a parlare, Berwald non riesce più ad ascoltare.

Si aggrappa alla sua schiena e piange cercando di trattenersi, sempre inutilmente.

Svezia gli tiene la grande mano sulla nuca e continua a guardare la pietra con le sue lettere grandi ed eleganti, le iridi vacillanti dietro le lenti degli occhiali.

Muove le labbra senza parlare, formulando un saluto, un augurio ormai perduto che non riceverà a sua volta.


Buon compleanno, fratello.









-Angolo Autrice-



Se qualcuna di voi sperava in un capitolo speciale diverso, in qualcosa di rasserenante -se non altro- si sbagliava di grosso.

Angst. Angst ovunque.

Inutile dirvi come sia ridotta adesso, ma... dovevo scriverlo.

Dovevo perché mi è venuto in mente e perché credo sia giusto, anche se fa male, mostrarvi questi due e la loro dolcezza; dovevo mostrarvi -come se non si immaginasse- che Danimarca ha lasciato un vuoto in tutti, non soltanto come uomo/padre amato. Tutti soffrono come bestie.


La storia è finita per davvero, adesso, e tirando le fila di tutto quello che è stato scritto spero davvero di aver trasmesso emozioni e che vi sia “piaciuto” soffrire, se l'avete fatto.

Grazie a tutte quelle che hanno letto, aggiunto la storia alle preferite, perso del tempo per commentare e farmi quindi leggere le loro apprezzatissime opinioni.

Dopotutto si pubblica anche per conoscerle, no?


*piccola nota, forse inutile: Tanska, per chi non lo sapesse/avesse capito, è semplicemente Danimarca in finlandese.

   
 
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