Ecco a voi l'ultimo capitolo! Tra qualche
giorno inserirò in coda al cap.11 una cosina scritta da Maya sul suo Draco,
quindi magari tornate a leggere tra un po' ^_^
E ora buona lettura :)
Underwater Light
By Maya
Tradotta da Luciana
Beta: Vale
Sommario:
Chi ama chi? Chi è dalla parte di chi?
Spero che ogni risposta vi piaccia
perchè è stata davvero una faticaccia.
Capitolo Ventidue
Fine
I recognise the way you make me feel
It's hard to think that you might not be real
I sense that now the water's getting deep
I try to wash the pain away from me
[Riconosco come mi fai
sentire / E' difficile credere che tu possa non essere vero / Sento che l'acqua
ora diventa più alta / Cerco di lavare via il dolore ]
Hermione strinse Ron più forte per tenerlo giù. La sua mente stava
andando in frantumi per il panico, e ogni coccio era intollerabile. Non riusciva
a guardare Voldemort - Dio, non era neanche umano,
sembrava la versione in carne e ossa di una delle creature che vedeva nei
cartoni animati quando era piccola - e non riusciva a guardare Lupin che si
contorceva con gli occhi chiusi e della schiuma agli angoli della bocca. Cercò
di guardare Malfoy, di osservare il suo viso e cogliere un'espressione che
lasciasse intendere che c'era una spiegazione, e si accorse in un'improvvisa
ondata di tradimento che si era davvero fidata di lui.
"Lo ammazzo," le ringhiò Ron nell'orecchio.
"Zitto," sussurrò disperata Hermione. Chissà se
Voldemort poteva sentirli? Come avrebbero fatto a uscire?
"Per quanto encomiabile sia il tuo entusiasmo," disse
Voldemort, e la sua voce fece rabbrividire Hermione: sembrava parlasse in
Serpentese anche quando parlava in inglese. "Direi che possiamo continuare
a interrogare il licantropo insieme al suo prezioso amico Black. Portateli
nella mia stanza." Hermione vide lo sguardo rapido di Peter Minus, e
Voldemort spiegò con una nota di spossatezza. "Probabilmente ti è più nota
come aula di Incantesimi, Codaliscia."
La testa di Codaliscia sobbalzò nervosamente. "Oh sì mio
Signore. Certo!"
"Quanto a te, Malfoy," e a quel punto la speranza affogò
nell'indignazione di Hermione, "apprezzo molto la tua crudeltà, ma
potrebbe essere meglio utilizzata. Dopotutto sappiamo bene che Harry Potter è
vicino. Non ci resta che aspettare che sia lui a raggiungerci."
Fece un gesto uscendo e Malfoy lo seguì. Hermione li guardò
andarsene con sollievo, sentendo l'orrore e il disgusto passare in secondo
piano e lasciarle un unico impulso: cercare un modo per scappare.
Ron alzò di nuovo la testa incoscientemente. Hermione lo tirò in
basso, ma vide gli occhi di Lupin spalancarsi, e fu certo che stavolta almeno
una persona li aveva visti.
"Ti dirò una cosa, Peter," disse Lupin come se niente
fosse, nonostante la sua voce fosse fioca per il dolore e avesse ancora della
schiuma agli angoli della bocca. "Hai sempre pensato che essere un
licantropo fosse molto simile ad essere un Animago, solo... meno piacevole e
meno programmato. Non è così."
Peter Minus tremò, confuso, guardando i suoi compagni Mangiamorte
in cerca di aiuto.
"No?" disse alla fine.
Lupin rotolò, si alzò e spezzò le manette in un'unica agile mossa,
quindi fu in piedi davanti a Peter. Hermione non aveva mai visto il tranquillo
professor Lupin così: le sue spalle e la scintilla nei suoi occhi le
ricordarono una bestia feroce.
"No," disse, e la sua voce si fece grave. "Io sono
sempre un lupo mannaro, e né le manette né
Alzò lo sguardo solo un momento. Hermione vide le sue labbra
muoversi con chiarezza.
Disse col labiale "Scappate."
Poi Lupin balzò, e appena Peter Minus cadde ai suoi piedi e tutti
i Mangiamorte puntarono le bacchette, Hermione tirò su Ron con la forza e
approfittò di quel momento di distrazione per fuggire dalla Torre scendendo le
scale.
Dopo aver attraversato un po' di corridoi cominciarono a barcollare
per l'insano desiderio di scappare e per via dei terribili pensieri che avevano
in mente.
"Lo uccido, quel bastardo di Malfoy," disse Ron, e
sembrava dicesse su serio. "Lo inseguirò e lo ucciderò. Che cosa ha fatto
a Harry?"
"Niente," rispose Hermione. Vide lo sguardo stupito di
Ron e ricambiò con uno impaziente. "Avrebbe detto a Voldemort... no,
davvero Ron, te lo garantisco, se avesse saputo dov'era Harry, gliel'avrebbe
detto. Devono essersi divisi, e questo significa che dobbiamo tornare in Sala
Grande e dirlo subito a Harry."
Soppresse un fremito al pensiero di quello che avrebbe dovuto
dirgli. Lei, Hermione Granger, da tutti ritenuta intelligente, si era davvero
fidata di quello stronzo di Malfoy, e Dio solo sapeva se Harry avesse fatto di
peggio.
Non poteva pensarci in quel momento. Doveva riflettere. Lupin
aveva rinunciato alla sua unica possibilità di fuga per darne una a loro.
Camminarono in fretta fino alla Sala Grande. Hermione cercò di non
pensare che ogni rumore fosse un Mangiamorte, e continuò a cercare incantesimi
nella propria mente. Non le era mai sembrata così vuota.
Quando sentirono un rumore dall'alto Ron le afferrò le spalle per
spingerla dietro di sé. Lei lo spinse via e afferrò la bacchetta.
Rimasero a guardare entrambi, ed era Harry. Aveva la bacchetta
puntata, una manica nera era a brandelli e penzolava mostrando uno sfregio
insanguinato sul braccio. La forma delle sue spalle le ricordò Lupin in
procinto di saltare, e i suoi occhi bruciavano in modo strano su un viso
pallido e teso.
Non l'aveva mai visto così.
Per un attimo pensò che lo sapesse, e si ritrovò a parlare
rapidamente, disperata, così che non avrebbero dovuto affrontare l'argomento.
"Abbiamo visto Lupin. Hanno preso lui e Sirius, li stanno
portando nell'aula di Incantesimi, c'è anche Voldemort, Voldemort è a Hogwarts, Harry, che cosa facciamo
adesso? Non abbiamo trovato Silente. Credo che ci siano solo Mangiamorte."
Desiderò non aver aperto bocca quando si accorse di quanto era
deprimente ciò che aveva da dire, quindi guardò il viso ancora più deprimente
di Harry.
"Ho incontrato Silente," disse con voce piatta. "E'
morto."
L'enormità di quel disastro ingoiò tutto il resto. Hermione rimase
immobile e perse ogni pensiero.
Cercò di racimolare parole da un mare di disperazione.
"Allora non c'è nessuno che possa aiutarci."
Il viso bianco di Harry fu stravolto dall'ira, come la benzina a
contatto col fuoco. Hermione quasi si schermò da lui. Pensò per un attimo che
Harry fosse una delle cose di cui aver paura in quel luogo di terrore che era
stato Hogwarts, e che tutto ciò che avesse osato sfidarlo sarebbe stato
distrutto.
"Chi ci ha mai aiutati?" ringhiò Harry. "Quando
Hermione se n'era quasi dimenticata. Strinse i pugni, forte, come
se potesse sbriciolare l'intera faccenda prima che si abbattesse su Harry.
Ron la precedette. "Probabilmente Malfoy sta torturando
ancora un po' Lupin. L'abbiamo visto farlo la prima volta... mentre se ne stava
praticamente a braccetto con Tu-Sai-Chi."
*
Sulle prime Harry non assorbì le parole. Una parte di lui era
rimasta in quella stanza a guardare quel viso avvizzito, imprigionato
nell'ostinata determinazione a vivere. Una parte di lui stava pensando se avesse avuto la bacchetta in mano, io sarei...
Non fece che fissare stupidamente Ron per qualche minuto, e poi
all'improvviso comprese, tutto in un momento, e si infuriò terribilmente.
Afferrò Ron per la maglia e lo spinse contro il muro.
"Ritira tutto!" gridò.
"No! lasciami andare, sei fuori di testa? L'abbiamo visto
entrambi, Hermione, diglielo..."
"Non è vero! Dì che non è vero!"
"Ti prego, calmati," sibilo Hermione, afferrando
impotente le mani di Harry. "Ti prego, ti prego, fermati. Harry, è vero.
L'ho visto. Mi dispiace, ma è vero."
Lasciò andare la maglietta di Ron e fece un passo indietro, senza
fiato. Guardò il viso sconvolto di Hermione e desiderò scappare via da loro - i
suoi migliori amici! - e mettersi le mani sulle orecchie. Non era vero.
"Perché dovrebbe torturare Lupin?" domandò.
"Per scoprire dove fossi tu," disse Ron.
"Non dire cazzate! Lo sa dove sono."
"Sì, Harry," rispose Hermione con voce tremante, e lui
fissò gli occhi sul viso di lei, pregando che gli venisse in mente una qualche
spiegazione. Hermione lo fissò con occhi imploranti. "Solo che...
Voldemort ha detto che loro sapevano già
dov'eri, e che Malfoy si stava comportando in modo crudele. E tu sai che può
esserlo, Harry..."
"Ma non fino al punto di torturare Lupin! Lupin gli
piace!"
"Harry," spiegò Hermione, con la voce rotta. "Non
c'è altra spiegazione. Non può essere Polisucco, e Voldemort lo ha chiamato per
nome. Ha usato
"No, non è lui," disse Harry automaticamente, e poi si
fermò perché non sapeva come dire a Ron e Hermione chi era la spia.
Quando si fermò fu assalito da un dubbio.
Chi diceva che c'era solo una spia? Non avrebbe forse avuto senso?
Nessun avrebbe mai messo in discussione la presenza di Silente... tranne un
Serpeverde. I Serpeverde erano sempre stati ostili a Silente, i Serpeverde
avrebbero potuto essere una falla nel piano... a meno che Silente non avesse il
supporto di una persona di cui loro si fidavano.
"Non lo hai visto in viso," aggiunse, con meno
sicurezza, ma non ebbe bisogno dell'espressione triste di Hermione per avere
una risposta alla sua tacita domanda. Si ricordò di quando una volta aveva
riconosciuto Draco che si allontanava nell'oscurità, il primo anno. Draco era
decisamente inconfondibile.
Quindi doveva esserci una spiegazione.
"Lo conosco!" protestò violentemente contro i suoi
stessi pensieri.
"Già, siete amici da quanto, sei mesi interi?" sbottò
Ron. "Noi siamo amici da sette anni, e siamo immersi in molti più guai di
quanti potrebbe procurarcene Draco Malfoy. Dobbiamo decidere cosa fare."
Harry sentì il nitido impeto di determinazione sopraffare ogni
pensiero. Di quello fu molto grato: dell'impossibilità di pensare nella fretta
di agire.
"Hai ragione," disse brevemente. "Ci serve o Sirius
o Lupin: questo lo sappiamo. Se sono insieme li possiamo recuperare entrambi...
poi si vedrà. Ho il Mantello dell'Invisibilità. Andiamo nell'aula di
Incantesimi."
Mentre dispiegava il mantello, gli occhi di Hermione si
illuminarono. "Ce l'hai la mappa?"
"Io..." Harry pensò alla mappa giallognola abbandonata
per terra in quella stanza, e si maledisse. Non sarebbe tornato lassù, e Ron e
Hermione non potevano vedere cosa si era lasciato alle spalle. "Non c'è
più."
Hermione sembrava delusa, ma annuì. Harry guardò il suo viso
assorto e capì che stava già calcolando le loro probabilità di successo.
Avrebbe vinto. Non c'era altra scelta.
Avvolse il mantello attorno a tutti e tre, e quando cinse Hermione
con un braccio ripensò a ciò che aveva appena fatto con quella mano e alla
faccia che avrebbe fatto Hermione se l'avesse saputo.
Draco avrebbe capito... Ma Draco era...
Salirono le scale vicini vicini e attraversarono i corridoi di
Hogwarts, consci che la sola eco dei loro passi avrebbe potuto tradirli, ma
Harry non riusciva a smettere di pensare a un tradimento molto diverso.
Il giorno in cui avevano lasciato Hogwarts, Draco aveva scritto
una lettera che non aveva voluto far vedere a Harry. Aveva detto che era per
Narcissa, ma aveva già spedito un Gufo a sua madre il giorno prima.
Se fosse stata una bugia. Se fosse stata tutta una bugia.
Draco non aveva mostrato alcun interesse fino... beh, fin quando
non avevano chiuso Hogwarts e non aveva perso il contatto con i Serpeverde. Fin
quando Hogwarts non era finita e Harry, forse, era diventato una moneta di
scambio più pregiata per Voldemort ed era passato dal grado di amico a quello
di...
Doveva smetterla!
Qual era esattamente il motivo per cui Draco aveva cambiato idea?
Silente non l'aveva mai amato, non più di Dudley. Era improbabile che Draco
fosse stato sopraffatto dal fascino di Harry.
Le dita di Hermione si chiusero sul suo braccio un secondo dopo
aver visto i Mangiamorte. Puntò la bacchetta e Pietrificò il primo.
Il secondo si voltò e Hermione lo colpì con lo stesso incantesimo,
Ron colpì il terzo e Harry afferrò il mantello dell'ultimo mentre
indietreggiava e usò un'ultima volta l'Incantesimo Pietrificante.
Poi Harry tornò al primo, gli alzò la testa per i capelli e la
sbatté forte contro la pietra.
"Harry!"
"Chiunque potrebbe passare e annullare l'incantesimo,"
spiegò senza emozioni. "Dubito che abbiano con sé dei Medimaghi, e voglio
liquidare ogni Mangiamorte. Siamo in guerra."
Hermione si inumidì le labbra. "Non colpirli troppo forte.
Potresti causare danni cerebrali."
"Non credo che loro si preoccuperebbero così teneramente per
te," disse Harry. Si sentì stordito mentre guardava l'espressione
inorridita sul viso di Hermione. Non capiva perché la prendesse così. Ciò che
diceva aveva senso.
Non pensare a Silente. Non pensare a Draco.
Colpì il muro con la testa del secondo uomo.
Quando ebbe finito si alzò in piedi. Hermione indietreggiò appena
da lui, ma Harry sentì una mano sulla schiena. Fissò sconvolto gli occhi di
Ron.
"Cerca di stare calmo, Harry," disse Ron. "Noi
siamo con te."
"Certo che lo siamo," confermò Hermione, con la voce sempre più
sicura mentre parlava. "Hai fatto solo quello che dovevi."
"So che siete dalla mia parte," disse loro Harry.
"Grazie."
Erano solo in tre, erano gli amici di cui poteva fidarsi
completamente, e andava bene così. Era giusto. Sarebbe riuscito ad andare
avanti fino al covo di Voldemort, con la sicurezza che loro gli avrebbero
guardato le spalle.
Si fermarono fuori alla porta dell'aula di Incantesimi.
"Continuo a credere che non fosse Draco," disse Harry a
bassa voce, e aprì la porta.
*
La stanza vuota e oscura fu una specie di anticlimax. Rimasero
sotto il mantello per qualche minuto, esitando e analizzando ogni dettaglio
della stanza. Le sedie e i banchi dell'aula della McGranitt erano stati tolti
di mezzo, e la stanza sembrava più grande che mai.
In fondo c'era un trono, e dritto sul pavimento c'era quello che
pareva essere uno scettro.
Harry si sentì perso. Si era aspettato... che ci fosse qualcosa,
qualcosa contro cui combattere, e non poté far altro che restare immobile e
chiedersi se non fosse una trappola, o se non avessero spostato Sirius e Lupin
da qualche altra parte.
Fu Hermione a rompere la protezione del Mantello dell'Invisibilità
e ad entrare nell'aula di Incantesimi. Li guardò da dietro le spalle con gli
occhi spalancati.
"O mio Dio," disse. "Non può essere. L'incanto
Captus."
"Il che cosa?" chiese Ron.
Ma Harry ricordava. Ricordava una riunione del Giovane Ordine e
una riflessione su cosa stesse facendo Voldemort con gli studenti scomparsi, e
Hermione e Draco colmi di informazioni su quell'incantesimo.
Questo non significava che Draco fosse colpevole. Anche Hermione
l'aveva saputo.
Riusciva a sentire con chiarezza la voce di Draco nella sua mente,
lenta e precisa. Si pensa che
Lasciò Ron col mantello e raggiunse il punto dov'era Hermione,
fissando ciò che stava fissando lei. Eccola lì, la sfera Captus, sola e
incustodita. Era una sfera tonda, di un blu opaco, montata sul suo piedistallo
di metallo. L'idea di Voldemort di uno scettro, con una pietra che conteneva
centinaia di anime.
Gli tornò di nuovo in mente la voce di Draco. Il vantaggio per noi sta nel fatto che... forse
possiamo liberarli.
"Se rompo la sfera," si sentì chiedere Harry,
"tornano liberi?"
"Harry, non ci provare!" esclamò Hermione.
"Potresti ucciderli tutti. E' una magia molto antica e non ho idea di cosa
fare per liberarli. Dobbiamo portarla all'Ordine della Fenice: loro sapranno
come comportarsi. Quindi dobbiamo trovare urgentemente Lupin o Sirius. Tutte le
loro vite dipendono da questo. Dobbiamo uscire tutti da qui."
Ron stava ripiegando il mantello, Hermione fissava la sfera. Harry
li guardò entrambi, cercando di valutare le loro possibili reazioni, e capì che
non gli importava.
"Sì, dobbiamo uscire tutti," disse lentamente.
"Incluso Draco."
"Harry, per-!" esplose Ron. "Ha permesso che i suoi
preziosi amichetti venissero chiusi lì dentro! So che ti piaceva, ma devi
affrontare i fatti!"
Già, i fatti. Draco non era mai stato interessato a farsi degli
amici, prima del Torneo Tremaghi... che era stato organizzato da Silente. Draco
aveva scritto una lettera e aveva mentito al riguardo. Draco aveva ammesso di
essere razzista. Draco non si era mai interessato così fino a quando Harry non
era stato la sua ultima risorsa...
Ricordò il viso di Draco, teso in un momento di sgradevole
intensità.
Non ti azzardare a morire.
Non ci credeva.
Ma se Silente li aveva traditi, chiunque poteva farlo.
Harry esitò.
"Faccia un passo indietro dalla sfera Captus, signor
Potter," disse una voce nell'ombra. "Non vorrei che le venissero in
mente strane idee."
Harry riconobbe la voce immediatamente. Erano anni che non la
sentiva, anni, e l'odio di anni gli si dischiuse nel petto e si trasformò in
furia omicida mentre Voldemort usciva dall'invisibilità e avanzava verso la
luce.
Restò a fissare Harry con quelle due fessure rosse che non si
chiudevano mai. Il suo volto era quasi troppo disumano per mostrare trionfo.
In quel momento Harry voleva solo una cosa: ucciderlo.
Hai ucciso i miei genitori. Hai ucciso Cedric. Hai reso desolato
il mio mondo, hai distrutto la mia scuola e io ti ucciderò, bastardo...
Poi vide chi c'era dietro Voldemort.
Stava ancora camminando verso la luce, la testa biondo pallido
chinata, il caratteristico passo lento. Si mosse col suo solito portamento
aristocratico.
Capì come
Non fu una sorpresa incrociare due occhi grigi e gelidi, e
guardare un viso uguale a quello di Draco, solo più vecchio e diverso, come se
qualcuno avesse sbagliato volontariamente i particolari.
"Salve, Potter," disse Lucius Malfoy.
*
I Mangiamorte cominciarono lentamente ad emergere dagli
incantesimi di invisibilità, uno per uno, e in un angolo recondito della mente
di Harry crebbe la certezza di quanto l'avessero completamente fregato, e la
determinazione a distruggerne il maggior numero possibile.
Al centro della scena c'era un solo pensiero allarmato che correva
e correva nella sua mente.
Questa cosa ucciderà Draco.
L'avrebbe ucciso. In un luogo ancora più inaccessibile della sua
testa c'era la soddisfazione di poter dimostrare a Ron e Hermione che Draco era
innocente, ma innocente o no, ne sarebbe morto.
La morte era imminente e lui si preoccupava per i sentimenti di
Draco.
Almeno Draco era al sicuro... e ti prego, ti prego, fa' che sia al sicuro, perché ora era certo che
Sirius e Lupin erano già nella sfera, e Ron e Hermione erano in trappola
insieme a lui. Tutto ciò che amava, tranne quell'unica persona, era lì... e i
Mangiamorte li stavano attorniando.
Harry puntò la bacchetta.
"Oh, avanti, perchè tanta fretta?" gli disse Voldemort.
"Uccidete gli altri due se si muove," aggiunse disinvolto ai mangiamorte,
che si appressarono ancora di più. Harry sentì Ron e Hermione avvicinarsi a
lui, caldi alle sue spalle. "Questo non è un piccolo battibecco, né una
riunione segreta in un cimitero che possa essere interrotta. Ho vinto io, Harry
Potter. Il mondo magico è mio. E intendo godermelo."
"Perché?" urlò Harry. "Cos'è, ti fa sentire importante? Sei tornato dalla morte per
circondarti di una grossa gang di bulli e torturare chi è più piccolo di te? E'
patetico. Tu sei patetico. Lo sei sempre stato."
Vide le lunghe dita di Voldemort stringere la bacchetta, e si fece
coraggio. Quasi voleva che Voldemort usasse
Fissò quegli occhi rossi, osò farlo, e poi udì la porta dietro di
lui aprirsi.
"Harry!" disse Draco, con tono irritato e casuale.
"Perché diavolo stai gridando, i Mangiamorte potrebbero... oh."
Harry lasciò perdere Voldemort e si girò verso Draco che sbiancava
man mano che comprendeva la situazione.
"In effetti," disse Draco con cautela, "vedo che
sei impegnato. Credo che me ne andrò."
Cazzo, ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarlo.
Harry l'aveva pensato poco prima, senza capire davvero cosa
significasse. Adesso lo sapeva: aveva pronunciato la formula e aveva avuto
davvero l'intenzione di uccidere, e aveva visto quel corpo afflosciarsi subito
dopo, sapendo che era stato lui.
L'intenzione ce l'aveva ancora. Nessuno cercò di far del male a
Draco. Voldemort inclinò il capo. "E' il giovane Malfoy, vero?"
disse, come se si stessero scambiando i convenevoli durante il tè, ma con un
inquietante piacere dietro quelle maniere educate. "Entra pure. Sarà
interessante."
Draco avanzò confuso. Era così pallido da sembrare malato, e Harry
ricordò che era la prima volta che vedeva Voldemort, e immaginò che quella visione
dovesse occupare gli occhi e la mente fino all'esclusione di tutto il resto,
fino...
Fino a quando Draco non guardò accanto a Voldemort, e il suo viso
cambiò completamente. Harry pensò che non fosse più consapevole della presenza
di Voldemort, né della sua, né di quella di qualsiasi altra cosa a parte la
gioia e l'incredulità che si rincorrevano sul suo viso facendolo sorridere, con
molta esitazione, come se temesse che qualcuno potesse rubargli quel sorriso se
fosse stato troppo evidente.
Disse senza fiato, "Papà?"
Harry guardò il viso di Lucius e fu di nuovo violentemente conscio
di quanto si somigliassero quel viso che amava e quell'altro che odiava. Il
viso di Lucius era solo più composto, con lineamenti forse meno appuntiti, di
una bellezza più convenzionale. Non c'era niente di lui nell'aspetto tagliente
e affamato di Draco, simile a quello di un animale famelico in cerca di una
casa.
Ora c'erano fame e speranza sul volto di Draco. Lucius lo fissò
gelido.
"C-cioè, Padre," farfugliò brevemente Draco, gli occhi
ancora inchiodati al viso di suo padre. "Pensavo fossi morto,"
continuò quasi sussurrando.
"Chiaramente no," disse Lucius. "Non hai mai saputo
quando tenere la bocca chiusa, Draco. Noto con dispiacere che non sei cambiato
negli anni."
"Scusami," disse automaticamente Draco.
Sembrava ancora stordito, ma era l'unico che si muoveva. Tutti gli
altri erano come immobilizzati davanti al rifiuto assoluto di Draco di
riconoscere che al mondo esistessero altre persone oltre a suo padre. Harry vide
qualche Mangiamorte muoversi, ma Draco era il figlio di Lucius Malfoy ed erano
incerti sul da farsi.
Lucius no. "Vieni qui, Draco. Non è il momento per le tue
chiacchiere senza fine."
Il viso di Draco cominciò a schiarirsi. "Pensavo fossi morto.
Tu... ti ho visto morire!"
Non lo disse con diffidenza. Harry
aveva incontrato Lucius Malfoy solo poche volte, e ne fu certo. Nessuno nel
ruolo di un padre avrebbe potuto credere che l'emozione giusta da mostrare
davanti a un figlio perso da tempo fosse il fastidio.
"Sì. Ti sei rivelato un testimone eccellente. Ci è bastato
creare una tempesta, incantare la barca in modo che si spezzasse, creare una
visione del Signore Oscuro, e tu, prevedibilmente, hai reagito in modo
eccessivo."
Era strano. Harry li aveva visti insieme solo una volta prima di
allora, il secondo anno, quando la sua preoccupazione più grande era stata
Draco che rideva di lui perché aveva della fuliggine nei capelli. Ora erano
tutti davanti a Voldemort e ai suoi scagnozzi, che continuavano a comparire
nella stanza sempre più numerosi, e nonostante la rabbia che gli montava dentro
Harry riuscì comunque a capire... perché Draco era come era.
Non perché Lucius fosse cattivo, ma perché aveva la deformazione
del politico e cercava le debolezze di tutti quelli con cui entrava in
contatto. Non gli era sfuggito un solo punto debole dell'unica persona al mondo
che lo amava. Li aveva visti tutti e aveva fatto soffrire Draco per ciascuno di
quelli.
Non aveva capito proprio niente
di Draco, e Draco continuava a muoversi verso di lui come un uccellino
ipnotizzato da un serpente. Perché non avrebbe dovuto? Harry si era seduto
accanto a lui e gli aveva accarezzato i capelli mentre Draco aveva lasciato che
le sue illusioni su suo padre sgorgassero liberamente, e non aveva mai corretto
neanche una di quelle affermazioni in cui Draco si ostinava tanto
disperatamente a credere. Aveva pensato che per lui sarebbe stato meno doloroso
credere a delle bugie, che non avrebbe fatto male a nessuno.
Anche Silente aveva pensato che l'inganno fosse la cosa migliore.
"Perché avreste dovuto fare una cosa del genere?" chiese
Draco.
A quel punto parlò Voldemort, come offeso che qualcuno potesse
mettere in discussione le sue decisioni. "Tuo padre era troppo in vista e
la sua fedina troppo sporca perché potesse essermi utile nella sua posizione.
Inoltre non è mai stato uno dei miei servi più affidabili. Avevo bisogno che mi
dimostrasse la sua lealtà, e mi serviva un assistente appena più competente di
Codaliscia." Rivolse a Lucius un'occhiata superficiale. "Direi che ha
provato di essere all'altezza, in questo modo."
Nemmeno il Signore Oscuro riuscì a far spostare lo sguardo di
Draco da suo padre, ma mentre Voldemort parlava la sua espressione mutò.
Si rivolse a Lucius. "Hai finto di morire per fare da inserviente?"
Harry per poco non si mise a ridere. Era così assurdo e così da
Draco, e Lucius aveva ottenuto molto più di quanto non gli spettasse per
contratto.
"Lucius," tuonò Voldemort. "Hai intenzione di
zittire quel piccolo insolente, o devo farlo io?"
"Chiedo scusa, mio Signore," si affrettò a dire Lucius.
"Draco, so che non sei così poco intelligente. Me l'hai dimostrato negli
ultimi due anni."
"Davvero? Pensavo di aver solo reagito in modo
eccessivo." La voce di Draco era asciutta, tuttavia continuava a muoversi
verso suo padre.
Harry non poteva muoversi, non poteva afferrare l'idiota e tenerlo
fermo, perché i Mangiamorte avevano l'ordine di uccidere Hermione e Ron se solo
muoveva un muscolo. Poteva solo guardare.
"No," disse Lucius rilassato. "Mi hai sorpreso, a
dire il vero. Non hai pensato a ciò che facevi, ovviamente, ma hai ottenuto qualcosa, Draco. Hai riunito i
tuoi compagni dietro di te. Per quanto fossero sbagliate le tue azioni hai
fatto qualcosa, e l'hai fatto bene... e per un motivo ammirevole. Per la
famiglia, per vendicarmi."
"Sì," rispose lentamente Draco. "L'ho fatto per
te."
Harry non aveva mai sentito Lucius parlare come un politico, come
un oratore, con la voce piena, suadente e convincente. Sospettava che lo stesso
valesse per Draco... o almeno che Lucius non l'avesse mai usata con lui.
"Ma ora capisci che non era necessario. Tu non hai mai voluto
allearti con degli sporchi traditori, con degli sciocchi che gettano fango sul
mondo magico con ogni concessione ai sudici Mezzosangue. È giunto il momento di
lasciarli, Draco. E' giunto il momento di mostrarmi di cosa sei davvero
capace."
Probabilmente era la lode più grande che Lucius avesse mai fatto a
suo figlio, ma Harry notò che gli occhi di Draco avevano finalmente trovato
qualcosa di più importante su cui posarsi rispetto a suo padre.
La sfera Captus.
Proprio come Hermione, la riconobbe subito.
"Avete preso i miei Serpeverde," disse, fingendo di
rivolgersi ad altre persone quando invece parlava solo con suo padre.
"Avete preso mia..."
A quel punto ci fu un'altra apparizione inattesa. L'incantesimo di
invisibilità si dissolse e rivelò un'altra dozzina di Mangiamorte, come se
l'invisibilità fosse un'onda che si ritirava dalla stanza.
Narcissa Malfoy comparve dietro suo marito.
Harry sentì un'altra fitta di tradimento. Lei gli era piaciuta.
Dio, quanto erano stati stupidi e ciechi.
Però... no. Nel suo sogno aveva urlato. L'avevano torturata. Non
era stata presa di sua volontà.
Ora appariva un po' rigida, come se il corpo le facesse ancora
male, ma restò ferma accanto a suo marito e il suo viso era calmo.
"Draco, per favore, vieni qui," disse, e il timbro della
sua voce cambiò come se la gola le si fosse ristretta. "So che forse non
ti piace l'idea, ma non abbiamo scelta. Ha vinto lui, e abbiamo una possibilità
di sopravvivere. Lo stesso vale per i ragazzi che mi hai mandato... se
scegliamo il partito vincente.
Quindi l'avevano presa con la forza. Stava usando la logica di
Silente, la logica della sopravvivenza. Harry non capì se Draco ne fosse
influenzato o no. I suoi occhi continuavano a spostarsi da suo padre a sua
madre.
I Lestrange si materializzarono dietro i genitori di Draco. Vide
la smorfia sulla bocca di Draco quando guardò il viso folle di Bellatrix
Lestrange. Avevano tutti lo stesso sangue, e il sangue era sempre stato molto
importante per Draco.
"E' giunta l'ora di scegliere la tua famiglia," disse
Lucius con la sua voce allettante. "E poi... non puoi credere sul serio
che questo gruppo di stupidi amanti dei Mezzosangue pensasse davvero che fossi
uno di loro. Non si sono mai fidati di te. Ti sei reso schiavo per loro, e
pensavano tutti che tu fossi l'infame spia di Hogwarts."
Draco si mosse, ma non verso suo padre. Si girò e lanciò
un'occhiata verso Harry, calda come un bacio.
"Non Harry," rispose, sicuro come il sole. "Lui è
mio amico."
Neanche quando suo padre parlò smise di guardarlo. Sembrava ancora
sopraffatto dallo shock e dalla paura, ma nei suoi occhi c'era una fiducia dura
come l'acciaio.
Quello era il momento di dire qualcosa,
di accusare il padre di Draco anche se non l'aveva mai fatto prima, di dire che
non aveva mai pensato davvero... Era quello il momento, con Draco sull'orlo
dell'indecisione, in cui Harry avrebbe dovuto parlare.
Ma non aveva idea di cosa dire.
"Ne sei sicuro, Draco?" indagò Lucius. "Li ho
sentiti parlare. Credi che il tuo... amico Harry Potter ti dirà che non ha mai
dubitato di te, nemmeno per un momento?"
Un dubbio annebbiò il volto di Draco, e quando Harry non parlò
continuarono a fissarsi con l'intensità di una preghiera, e la fiducia nei suoi
occhi si infranse.
"Non sei mai stato uno di loro, e loro lo sapevano. Sei uno
di noi. Sei mio figlio. Hai solo la tua famiglia. Non deludermi, Draco. Vieni
qui!"
Devi parlare, pensò Harry furioso, rivolto a se stesso, ma troppo
stravolto per riuscire ad aprire bocca. Silente aveva parlato, e con lui Lucius
e Narcissa. Non significava niente. Non significava amore.
Draco spostò un po' il viso da Harry, e Harry lo vide farsi più
scuro. Un sorriso lento e freddo si impadronì delle sue labbra, simile a quello
sul viso di suo padre, simile a quello di Bellatrix. In quell'istante sembrò il
prodotto perfetto del loro sangue puro, uno specchio rivolto verso i suoi antenati.
"Eccomi, Padre," disse, e avanzò fino a suo padre.
"Molto commovente," osservò Voldemort. "Ora, a meno
che nessun altro Mangiamorte intenda mettere in scena una melodrammatica
riunione di famiglia, potremmo dedicarci alle cose serie?"
Harry continuava a guardare Draco. Aveva abbassato gli occhi, come
imposte chiuse su delle finestre, in attesa di balzare o chissà cosa. Draco non
era mai stato bravo a nascondere le cose troppo a lungo. Harry lo guardò, e
Draco alzò gli occhi. Non sembrava pronto a perdonare Harry per aver dubitato
di lui. Sembrava impotente, straziato, e pronto a uccidere.
Harry incrociò il suo sguardo mentre un brivido fiero lo
attraversava. Io ti conosco.
"Sono rimasto aggrappato alla barca rotta per ore prima che
venissero a salvarmi," disse Draco ripensandoci.
Persino Voldemort lo guardò quando parlò, incapace di credere che
avesse scelto quel momento per lamentarsi. Gli occhi di Draco erano ancora
fissi su quelli di Harry oltre le spalle di Lucius.
Harry fece un passo in avanti, con prudenza. Nessuno se ne
accorse.
"Ho gridato fino a perdere la voce. Pensavo che... dato che
eri morto, forse ero morto anch'io ed ero già all'inferno."
Harry fece un altro passo avanti. Gli occhi di Voldemort si
assottigliarono per un attimo da far fermare il cuore, quindi si spostarono al
suono dello scatto esasperato di Lucius.
"Vieni al punto,
Draco."
Un altro passo con gli occhi di Draco fissi su di lui, solo i
suoi. Un altro passo verso di lui.
Harry, non ci provare!
Ma qualcuno doveva farlo.
Potresti uccidere tutti.
L'emozione illuminò il viso di Draco, una sensazione bianca e
calda che sarebbe potuta essere amore, odio o puro sollievo di poter finalmente
agire.
"Va' all'inferno, papà," disse, e colpì suo padre in
pieno viso.
Lucius cadde ai piedi del Signore Oscuro, che quasi perse
l'equilibrio, e Draco lo sovrastò pronto a colpire ancora. I Mangiamorte si
affollarono accanto al loro padrone in un'ondata caotica.
Fu solo un attimo.
Hai fatto la tua scelta, hai sfruttato la tua occasione.
Harry si lanciò in avanti e spinse giù la sfera Captus dal
piedistallo. Cadde sul pavimento e si ruppe in mille pezzi.
*
Era stata colpita con il Confundus. Ginny si ricordava almeno
quello, ricordava la lista di sintomi che sua madre le aveva mostrato. Questo è
ciò che potrebbero cercare di farti degli estranei, sentirai queste cose e
dovrai cercare di pensare, dovrai proteggerti!
Semplice, come le mamme babbane che insegnano ai loro figli a non
accettare passaggi dagli sconosciuti. Solo che lei non era riuscita a
proteggersi.
Aveva visto... non si sarebbe mai sognata di essere in pericolo, e
invece...
Ma tutte le altre cose che pensava di ricordare erano impossibili.
Il terrore annebbiato era il prodotto di un incantesimo, così come la loro
situazione. Non poteva permettersi di perdersi in sogni orribili. Non con Dean
che era sempre accanto a lei, e aveva bisogno del suo aiuto. Lui era rimasto
ancora più disorientato dall'incantesimo Confundus e da ciò che era successo, e
anche quello le faceva pensare a sua madre.
I figli di Babbani erano protetti dall'assenza di magia durante
l'infanzia. I loro istinti erano diversi, le loro vite non erano toccate
dall'ombra del Signore Oscuro. Una parte di loro non avrebbe mai creduto di
poter essere in pericolo.
La cosa la riempiva di tenerezza, e aveva continuato a stringergli
la mano ben oltre l'attimo di paura, mormorando parole di conforto senza senso.
Lui contraccambiava nello stesso modo, e per giorni avevano intrattenuto
conversazioni intere sul nulla.
Era tutto così buio, e il tempo passava in una confusione
infinita. Cercare di pensare era come cercare di muoversi sott'acqua, e gli
altri prigionieri erano quasi tutti inermi quanto Dean. Qualche volta a Ginny
era sembrato di sentire una ragazza sussurrare a dei ragazzini, con una voce
furiosa e insistente, ma perlopiù stavano in silenzio, per la disperazione o la
confusione dovute alla magia.
Era stata colpita dal Confundus, e ora era imprigionata. Questa
era l'unica cosa che sapeva.
Oltre alla confusione e all'affetto, sentiva solo che li stavano
osservando. Quella era un'altra delle ragioni per cui erano tutti raggomitolati
nell'oscurità e in semi-silenzio: riuscivano a sentire degli occhi maliziosi
che li guardavano, come se fossero diventati dei cuccioli da osservare.
Erano come pesci rossi in una palla di vetro, quella prigione
tutto il loro mondo.
Poi il mondo era andato in frantumi. L'aveva sentito rompersi
intorno a lei, insieme agli ultimi effetti dell'Incantesimo Confundus, e in lei
era sbocciata una paura feroce. Aveva sentito il mondo sbriciolarsi, e di certo
i cocci di quella distruzione li avrebbero uccisi tutti.
Tenne stretta la mano Dean, senza fiato, come se la libertà fosse
diventata un'atmosfera aliena, e appena i suoi occhi si abituarono capì dove si
trovavano.
C'erano Mangiamorte ovunque, alcuni caduti su di loro come se
fossero esplosi nel mezzo della stanza. Ora Ginny riusciva a vedere Hermione e
Ron, che era assolutamente certa non fossero stati presi, e dai quali sarebbe
corsa se non avesse dovuto tenere stretto Dean. Riusciva a vedere Voldemort,
proprio uguale all'uomo nero che i suoi fratelli le avevano descritto
nell'infanzia, e molto diverso da Tom Riddle.
Harry Potter stava davanti a un piedistallo di pietra vuoto,
ricoperto di vetri e di liquido. Ginny fissò i cocci ai suoi piedi. Erano
usciti tutti da lì dentro, pensò sconvolta, poi si stupì che la sua prima
reazione vedendolo non fosse stata di sollievo. Il viso di Harry era pallido e
malvagio, pronto a uccidere: non aveva più l'aspetto di un eroe ragazzino.
Draco Malfoy stava accanto a Voldemort e ai Lestrange. Suo padre -
suo padre? - evidentemente era
stato colpito anche lui dall'eruzione dei prigionieri nella stanza, ma sembrava
che Malfoy avesse scelto di stare dalla sua parte.
Quando cominciarono lentamente a comparire i confini della stanza,
Ginny vide che i Serpeverde catturati erano giunti alla stessa conclusione. Un
silenzio sgomento cadde su di loro, e rimasero al centro della stanza mentre
tutti si spostavano scegliendo un lato.
Alcuni di loro guardavano Malfoy in cerca di ordini, ma lui
continuava a fissare suo padre. Altri riconobbero chiaramente dei volti di
parenti sotto i cappucci neri.
L'esitazione silenziosa durò solo qualche attimo, ma in un momento
come quello ogni secondo si caricava di significato dilatandosi.
Una ragazza si alzò lentamente dal pavimento. Ginny riconobbe i
capelli neri e il viso duro: era Pansy Parkinson.
"Non m'importa," disse, e Ginny realizzò scioccata che
la voce testarda che parlava con i ragazzini nella loro piccola prigione era
stata la sua. Guardò Malfoy, poi uno dei Mangiamorte, e avanzò. Ginny non
pensava che avrebbe mai udito la voce di un Serpeverde incrinarsi. "Non
voglio..."
Pansy si fermò, il volto teso come se stesse trattenendo a fatica
le lacrime, ma si allontanò dal gruppetto di Serpeverde per raggiungere il lato
illuminato della stanza.
Una volta arrivata inciampò, ma Ron si sporse in avanti e la
sostenne. Il fratello maggiore di Ginny tenne le mani stabili sotto le sue
braccia finché Pansy non fu in piedi a fronteggiare un Mangiamorte insieme a
loro.
I Serpeverde cominciarono a seguirla.
Quelli che erano rimasti indietro esitarono di nuovo quando Malfoy
alzò lo sguardo da suo padre e li vide. Ginny vide un lampo di orgoglio sul suo
viso nell'accorgersi di dove stava Pansy, e capì di essersi sbagliata.
Lucius Malfoy si stava contorcendo ai suoi piedi. Aveva un labbro
insanguinato, e per un momento Ginny si chiese stupidamente come fosse
successo. Quindi Lucius si gettò su suo figlio.
Scoppiò il caos.
Tutti passarono in un attimo dall'incertezza alla violenza, e
all'improvviso la stanza si riempì di corpi in movimento e l'aria di
maledizioni. Ginny vide il contingente dei Serpeverde nel mezzo guidato da
qualcuno che le pareva Blaise Zabini verso Voldemort... ma subito strizzò gli
occhi e si accorse che si stavano dirigendo verso Malfoy.
Qualcuno le afferrò il braccio e in un secondo prese la bacchetta,
prima di girarsi e accorgersi che l'aveva puntata per l'ennesima volta contro
Ron.
"Ginny," disse, e l'intensità con cui pronunciò il suo
nome significava che le voleva bene e che si era spaventato a morte, "Sei
scema? Dobbiamo combattere!"
"Sì!" gridò Ginny. "Ma devo assicurarmi che Dean
sia al sicuro, è ancora sotto l'effetto del Confundus..."
"No," replicò Dean, con voce intontita vicino al suo
orecchio. "No, sto bene, posso aiutare..."
Ginny si voltò contenta mentre parlava, e guardò i suoi occhi già
più decisi per un attimo, prima che un Mangiamorte gridasse "Stupeficium!" e che Dean cadesse a
terra ai suoi piedi.
Il Mangiamorte si stava avvicinando, diretto verso due facili
prede: una ragazza tremante e un ragazzo incosciente.
Ginny era stanca di essere terrorizzata.
Lo colpì con una Fattura Gambemolli con tutti i riflessi dovuti a
una vita insieme a Fred e Gorge, e quando l'uomo stava per cadere sopra Dean,
lo colpì molto forte. Con la bacchetta.
Il Mangiamorte cadde di lato, gli occhi gli si chiusero, e Ginny
trascinò via Dean e lo attirò come meglio poté sul proprio grembo, rannicchiata
su di lui con la bacchetta pronta.
Pensava che Ron avrebbe potuto aiutarla, ma vide che stava
affrontando tre Mangiamorte. Ebbe un attimo di paura per lui, ma poi si accorse
che uno dei Mangiamorte se la stava vedendo con Pansy Parkinson alle sue spalle
che lo colpiva sulla testa con la bacchetta, mentre Hermione avanzava verso un
altro con sguardo determinato.
Di conseguenza non aveva alleati. Non aveva altra scelta che
proteggere Dean da sola.
Le persone cadute a terra venivano calpestate. Forse anche l'uomo
che aveva colpito stava venendo schiacciato da qualcuno in quel momento... ma
lui se lo meritava, Dean no. Neanche per sogno avrebbe lasciato che gli
succedesse qualcosa.
Ginny sollevò la bacchetta e scagliò ogni incantesimo che le venne
in mente.
Intorno a lei continuavano a urlare e morire persone, c'erano
alcuni ragazzi molto giovani ancora privi di sensi. Vide il professor Lupin
ringhiare mentre ne difendeva otto, e il professor Black ridere e ferire
chiunque minacciasse Lupin mentre era distratto. C'erano dei ragazzini
accalcati intorno a Pansy Parkinson, e Ron era attaccato a loro. Ginny abbassò
lo sguardo un momento e vide due ragazzi del primo anno, uno dei quali cercava
di fare scudo alla testa di Dean, ma che in realtà cercavano solo di starle
vicini.
Pensò che erano più numerosi dei Mangiamorte, ma molti di loro
erano confusi, altri ancora inermi.
Quindi doveva combattere lei.
Per un pelo non imprecò contro Hermione, che le afferrò un braccio
mentre le passava accanto. I capelli di Hermione erano una massa increspata
attorno a un volto feroce.
"Non vedo Harry!" esclamò. "Cosa gli sta succedendo?"
"Non lo so e non m'importa," disse in fretta Ginny.
Hermione riusciva a sembrare scandalizzata persino nel mezzo di una guerra
totale. "Cioè... m'importa, è ovvio che m'importa," si corresse
Ginny, "ma... non posso fare niente per lui, mentre posso aiutare loro."
Hermione la fissò, poi annuì e si fece strada selvaggiamente tra
la folla verso Harry. Ginny le augurò buona fortuna.
"Ginny?" disse dolcemente Dean per terra, lottando per
tornare conscio.
Ginny lo sovrastava, aspettando la minaccia successiva.
"Sì," disse, contenta di notare che la propria voce era
ferma quanto la sua bacchetta. "Ci sono io con te."
*
Quando Hermione vide un guizzo di capelli biondo pallido il suo
cuore mancò un battito: di certo Harry era con Malfoy.
Mentre lottava per avvicinarsi, vide che non era così. Malfoy e
suo padre si stavano scagliando l'uno contro l'altro. Preso da quella lotta
probabilmente Draco non si era neanche accorto di essersi lasciato Harry alle
spalle.
Qualcuno doveva proteggere i più piccoli, qualcuno doveva
combattere contro Lucius Malfoy. Ma qualcuno doveva raggiungere Harry. Se
avessero perso lui, avrebbero perso la guerra, possibile che nessuno lo
capisse?
Dov'era Harry?
"Nox,"
sibilò Hermione, agitando la bacchetta davanti agli occhi improvvisamente
ciechi di un Mangiamorte.
Malfoy non stava nemmeno usando incantesimi contro suo padre.
Stavano rotolando l'uno sull'altro, colpendosi con veri pugni, a sangue, come
se si odiassero così tanto da non poter sopportare la distanza imposta da una
bacchetta. Hermione esitò un attimo per controllare se fosse possibile
scagliare una maledizione su Lucius con la certezza di non colpire Draco per
sbaglio.
A un certo punto vide Peter Minus emergere alle spalle di Draco, e
puntò la bacchetta verso di lui, solo per vederlo svenire. Narcissa Malfoy
stava su di lui con la bacchetta alzata.
Disse, "Non osare toccare mio figlio."
Lucius Malfoy sputò del sangue in faccia a suo figlio. "Bene,
la mia famiglia è un gruppo di traditori," cominciò, quando Draco gli si
buttò addosso cogliendolo di sorpresa con un pugno che lo lasciò stordito.
All'improvviso Malfoy si alzò e corse verso di lei, e Hermione si
bloccò per lo shock quando puntò la bacchetta contro di lei e gridò:
"Incendio!"
Si voltò appena in tempo per vedere i capelli di Bellatrix
Lestrange scoppiare in fiamme, ma si rigirò subito dopo per allontanarsi dalle
sua urla, ritrovandosi schiacciata contro la spalla massiccia di Malfoy.
"Attenta, Granger, stupida stronza!" sbottò. Aveva il
labbro spaccato in due punti, il viso pieno di graffi e dei segni rossi sulla
gola lasciati dal suo stesso padre quando aveva cercato di strangolarlo.
Ebbe appena il tempo di schiantare il signor Lestrange alle spalle
di Malfoy. Lasciò che gli angoli della bocca le si curvassero all'insù.
"Attento, Malfoy, stupido bastardo."
Gli occhi di Malfoy brillarono e si mossero da suo padre, caduto,
a lei, rapidi come insetti in un improvviso raggio di luce. Hermione rimase
sorpresa nello scoprire che si sentiva più sicura con lui al suo fianco, come
se fosse un alleato valido quanto un Grifondoro.
"Harry mi ammazzerebbe se lasciassi che ti torcessero uno
solo di quei capelli crepi," mormorò, poi la sua voce si fece più intensa.
"Harry. E' rimasto solo?"
"Ero leggermente occupata! Centinaia di persone sono esplose
nella stanza!" strillò Hermione sovrastando i rumori della battaglia.
"Dobbiamo andare a prenderlo. Presto..."
Colse lo sguardo di Hermione prima ancora di accorgersene lui
stesso. Hermione restò immobile per un attimo cruciale alla visione di Narcissa
Malfoy per terra con del sangue tra i capelli chiari, e Lucius in piedi col
volto gelido e la bacchetta puntata contro il suo unico figlio.
Avrebbe voluto gridare qualcosa a Draco ma aveva la bocca secca e
non poté far altro che guardare, e guardarono entrambi. Era solo, come realizzò
in una frazione di secondo, che non c'era
tempo, e Lucius Malfoy era deciso.
"Avada Kedavra!"
Lo ha fatto. Draco è suo figlio e l'ha fatto, gridò qualcosa dentro
la mente di Hermione, che desiderò tanto poter tornare al sicuro dai suoi
genitori, e che fosse tutto un incubo, desiderò di non dover guardare Malfoy
morire davanti ai suoi occhi.
Qualcuno si era accorto del pericolo prima di entrambi. Mentre
Hermione guardava, certa di ciò che avrebbe visto, registrò con la coda
dell'occhio due figure robuste che correvano verso di loro più velocemente di
quanto le avesse mai viste muoversi.
Tiger arrivò troppo tardi.
Goyle riuscì in qualche modo a fare da scudo a Malfoy prima che la
maledizione lo colpisse, ed ecco che Malfoy non era morto davanti ai suoi
occhi. Era inginocchiato per terra accanto a Goyle, e Goyle era morto.
Hermione si mise una mano sulla bocca per impedirsi di urlare. Si
morse il palmo e cercò di tenere stretta la bacchetta, e non fece altro che
guardare il viso teso di Malfoy e pensare ridicolmente: sembra così giovane. Gli aveva attribuito mille
caratteristiche sinistre, mentre era solo giovane e sconvolto da quanto il
mondo potesse ferirlo, e Gregory Goyle, steso lì per terra, era solo un
ragazzone.
Hermione voleva mettersi a piangere. Incrociò gli occhi di Tiger e
vi vide riflesso il suo stesso orrore; poi tornò a guardare in viso Draco.
Draco si alzò, lasciando il suo amico morto per terra. La sua
espressione le ricordò quella di Harry poco prima: lo sguardo di chi aveva
attraversato il fuoco e ne era uscito di acciaio. Non sembrava più né giovane
né triste.
Il trionfo stava scomparendo dal viso logoro di Lucius Malfoy. Non
ha abbastanza energia per usare di nuovo
Draco era disperato e a pezzi e furioso e sicuro. Non esitò, ne
per amore né per pietà.
"Avada Kedavra,"
disse.
Ci fu un getto di luce verde.
Solo dopo che Lucius fu caduto a terra Hermione si rese conto che
non avrebbe mai pensato che Malfoy potesse davvero scagliare una Maledizione
Senza Perdono. Non con il sangue e con la magia, non tanto da uccidere suo
padre.
Eppure lo aveva fatto, e ora non avrebbe mai più potuto fingere
che non ci fosse stato un attimo in cui aveva voluto vedere morto suo padre più
di qualsiasi cosa al mondo.
Un attimo dopo l'Ordine della Fenice irruppe nella stanza come un
miracolo, e cominciò a farsi largo attraverso i Mangiamorte. Snape era in
testa.
Hermione non avrebbe mai dimenticato la faccia di Draco quando
capì che se avesse aspettato solo un altro istante forse non sarebbe stato
costretto a farlo.
Indugiò, spaccata in due dalla paura e dalla compassione, e fu
allora che sentì lo schianto terribile proveniente dal lato della stanza in cui
Harry e Voldemort stavano combattendo l'uno contro l'altro.
Gli occhi di Draco, fissi su un punto remoto, tornarono concentrati.
Strinse il braccio di Tiger, le dita bianche mentre affondavano nella sua
pelle.
"Resta qui," ordinò. "Non metterti nei guai per
me!" Guardò il viso ammutolito e testardo di Tiger e lo scosse.
"Resta con lui,"
ringhiò. "Qualcuno deve restare con lui. Non puoi lasciare che la gente lo
calpesti."
"E tuo padre?" si lasciò sfuggire Hermione, solo per
desiderare subito dopo di mordersi la lingua.
"Lui se lo merita," disse aspro Draco. "Merita di
peggio. Dobbiamo andare ad aiutare Harry."
A quel punto lo schianto diventò un tuono, si scambiarono uno
sguardo e presero a correre, anche se Hermione era certa che ormai non
avrebbero più potuto aiutarlo.
*
Alla fine, come all'inizio, erano solo loro.
Harry vide il ricordo dell'inizio in quegli occhi stretti e
attenti, vide le dita di Voldemort stringersi attorno alla bacchetta con
piccoli tocchi esitanti, come un uomo con un'amante desiderata a lungo, e sentì
un'ondata di pura irritazione sovrastare l'ira costante.
A quella cosa era stato concesso di orchestrare la sua vita sin
quasi da quando era nato.
Si era chiesto, a volte, se fosse capace di uccidere. Ora lo
sapeva. Aveva ucciso Silente. Aveva amato
Silente.
Aveva dovuto farlo.
Quell'essere aveva ucciso i suoi genitori, rapito i suoi amici e
causato una guerra che aveva minacciato tutti coloro che amava, ed era
disgustoso. Andava distrutto. Era tutto molto semplice.
Harry strinse forte la bacchetta e restò calmo, cercando di
leggere sul viso di fronte a lui la sua prossima mossa.
In quel posto nuovo e freddo si rese conto che Voldemort aveva un
aspetto grottesco. Aveva marciato nel sangue ed era risorto dalla morte per
diventare quella cosa, quando una volta era stato umano, ed eccolo lì tutto
soddisfatto di sé. Dov'era la vittoria?
"Ho atteso questo momento per molto tempo," sussurrò
Voldemort, la voce grave e quasi intima.
"L'ho detto che sei patetico," disse Harry.
Nella sua mente non c'erano altro che quell'unico impulso di
uccidere, e tutti i modi in cui avrebbe potuto farlo.
Avrebbe scelto qualcosa di semplice. Come una madre che difende
suo figlio. Come prima, quando la bacchetta di Silente era semplicemente stata
fuori dalla sua portata.
... se non fosse stato per quello Harry sarebbe morto, perché
Silente era troppo potente, esattamente come Voldemort in quel momento. Non
sarebbe stato un gioco pieno di effetti speciali sotto gli occhi del preside,
come estrarre una spada da un cappello. Harry aveva approfittato di una piccola
casualità e aveva desiderato poter chiudere gli occhi, ma non aveva potuto, era
dovuto rimanere concentrato, e quando aveva alzato la bacchetta lo aveva
guardato negli occhi e aveva detto...
Si udì il suono della Maledizione Che Uccide, come un suggerimento
per Harry, e Harry sentì una fitta di terrore al pensiero di chi potesse esser
stato colpito.
Non c'era modo di saperlo, e
Voldemort non aspettava altro, e aveva la bacchetta in mano. Ma
duellare con Harry gli avrebbe creato qualche problema, e quella poteva essere
una possibilità.
Voldemort non vedeva l'ora di ucciderlo, ma erano anni che
Voldemort non vedeva l'ora di uccidere Harry, e quella voglia doveva essere
invecchiata con lui. Sollevò la bacchetta e aprì le labbra, e Harry, che stava
aspettando quel momento, sollevò la bacchetta e parlò a sua volta.
Le loro bacchette restarono congelate, la magia tremò fino alla
paralisi proprio come era successo il quarto anno, e Voldemort restò con la
propria magia incatenata a quella di Harry, senza altre difese. La battaglia si
era concentrata nel centro della stanza, e persino Nagini era occupata a
strisciare tra i corpi mordendo.
Non aveva la magia e non aveva i suoi servi.
Harry aveva ucciso Silente. Questo non era niente.
All'improvviso fu tutto chiaro a quella macchina assassina che era
diventata la sua mente. Voldemort era fisicamente vulnerabile. Sedici anni
prima era stato il suo corpo a essere distrutto, e il suo nuovo corpo,
acquistato col sangue di Harry, lo rendeva di nuovo carne e ossa.
Qualsiasi cosa fatta di carne e ossa poteva essere uccisa, e lui
era pronto a farlo. Voleva farlo. D'un tratto pensò a come venivano uccise le
persone a cui veniva tolta la magia nelle favole babbane: mai con la magia,
sempre fisicamente. Spinte in un forno, fatte rotolare in un barile fino alla
morte, fatte sfrecciare in cielo e poi fracassare
al suolo...
Un piano cominciò a prendere forma nella mente di Harry.
Sentì delle grida alle sue spalle, grida e lampi di luce che
trasformavano in un campo di battaglia quella che sarebbe dovuta essere
un'aula. C'erano persone che stavano morendo. Doveva porre fine a tutto questo subito.
I fantasmi presero ad affiorare dalla bacchetta di Voldemort, ma
aveva ucciso parecchie persone negli ultimi anni, quindi erano sconosciuti,
pallidi sconosciuti che sussurravano incoraggiamenti di cui non aveva bisogno,
persone che non poteva salvare.
Silente non si era mai aspettato che provasse a sconfiggerlo.
C'era una cosa che quelle persone non capivano.
La linea di magia che univa le bacchette stava vacillando. Non
avrebbe retto.
Se ne accorse anche Voldemort, e cominciò a sorridere, un sorriso
lento e terribile.
"Vuoi dire qualche ultima parola?"
Non voleva che i suoi ultimi pensieri riguardassero Voldemort. Non
ne valeva la pena, così in quel millesimo di secondo prima del dolore e
dell'oscurità pensò a tutte le persone che aveva perso nel tumulto urlante
della guerra. Non aveva il tempo di chiedersi se stessero bene, poteva solo
chiamare i loro nomi, per ricordare che esistevano anche loro oltre a
Voldemort, e che erano più importanti di lui.
Ron, Hermione, Sirius, Draco.
"Addio," disse Harry. Interruppe il contatto per un
attimo, e puntò la bacchetta verso un punto proprio sopra la testa di
Voldemort. "Accio
muro!"
L'intera parete sud di Hogwarts crollò su entrambi.
*
Tutti si fermarono mentre le pietre cadevano accanto a loro, e
Hermione e Draco stavano già correndo verso il rumore del muro che crollava.
"Incantesimi di supporto!" gridò Lupin a Sirius e al
mondo in generale, e mentre Hermione e Draco correvano, Hermione capì che erano
gli incantesimi del loro schieramento che tenevano su il pavimento che stavano
calpestando e il soffitto sulle loro teste.
Davanti a loro c'erano macerie, e oltre quelle il cielo notturno.
Le stelle guardavano impassibili le rovine di Hogwarts.
I Mangiamorte avevano smesso di lanciare incantesimi. Quelli di
loro che erano ancora vivi avevano lasciato cadere le bacchette e si
stringevano le braccia con il Marchio Nero, come se la morte del loro padrone
avesse lasciato loro una ferita. L'Ordine della Fenice, senza perdere un colpo
tra battaglia e stasi, cominciò ad accerchiarli.
Hermione avrebbe voluto perdersi nel trionfo. Avrebbe voluto
trovare Ron e dargli pugni sul braccio e urlare e dire Ce l'ha fatta, lo sapevo che ci sarebbe riuscito! Invece corse
accanto a Draco Malfoy verso il cumulo di pietre - la tomba di pietre,
continuava a pensare, mentre la sua mente cercava di nascondersi dal mondo -
che Harry aveva buttato giù.
Arrivarono fin troppo in fretta. Hermione vide i blocchi enormi
che avevano sorretto Hogwarts, vide un ammasso di mattonelle di pietra e capì
che chiunque sotto quel peso sarebbe morto schiacciato.
Oh, Dio. Oh, Dio.
Sentì qualcuno gridare dietro di loro, e riconobbe la voce di Pansy
Parkinson. Doveva aver trovato Goyle, pensò tristemente.
C'erano solo la notte improvvisamente silenziosa e quel cumulo di
enormi, stupide pietre. Non era così che doveva andare.
Si sporse e toccò il braccio di Draco.
"Ce l'ha fatta," sussurrò, e all'improvviso si ritrovò a
dover soffocare le lacrime. "Lo sapevo
che ce l'avrebbe fatta!"
Draco le rivolse uno sguardo freddo.
"Cerca di frenare questo assurdo sentimentalismo," la
schernì lui. "Lo sapevo anch'io che ce l'avrebbe fatta. Adesso tiriamolo
fuori."
Hermione lo fissò, incapace di dire ciò che era ovvio, specie
perché era chiaro che la calma che gli stava deformando sgradevolmente il viso
non era altro che l'anticamera della disperazione, ma altre persone
cominciarono ad ammassarsi intorno a loro e qualcuno parlò.
Era Blaise Zabini. "Cosa vuoi fare, tirarlo fuori per poi
sotterrarlo di nuovo?"
"Sta' zitto!" ordinò Draco, gettandosi su Zabini con uno
slancio di aggressività quasi consolante. "Non è morto!"
"Draco," disse Hermione, e Draco la guardò.
Anche se erano circondati dalla morte, Hermione si accorse che una
parte di lui era sorpresa per la familiare intimità del suo nome sulla sua
bocca. Non le importava. Era troppo occupata a non sentire ciò che stava
dicendo.
"Credo... che abbia ragione. Queste pietre sono enormi. Gli
avrebbero spezzato la schiena... gli avrebbero rotto tutte le ossa del
corpo..."
Doveva averlo saputo, prima di tirare giù il muro. Hermione si
spinse la mano sulla bocca mentre cercava di non pensarci, di non immaginare
cosa aveva dovuto provare Harry. Fu così grata a Ron per le braccia forti che
le scivolarono intorno all'improvviso, e per le mani che si chiusero sulle sue.
Lo sentì tremare con lo stesso terrore inorridito.
Draco aveva un'espressione crudele. "Non m'importa! Siamo
maghi, Granger, nel caso te lo fossi dimenticato. Non fa niente se ha il cranio
fracassato, l'importante è che arriviamo in tempo. E ora aiutami a tirarlo
fuori!"
Hermione si appoggiò a Ron per un breve e dolce momento, come se
aver vinto significasse potersi riposare. Poi aprì gli occhi e guardò la notte,
i feriti e i morti, e Draco Malfoy coperto di sangue e di sporco, che si
tagliava le mani mentre cercava di sollevare un masso da solo.
"Siamo maghi," disse Hermione. "Possiamo fare di
meglio."
Cominciarono tutti a far levitare le pietre. All'inizio furono
solo Hermione, Draco, Ron e Pansy Parkinson, quindi si unirono degli altri.
Presto la notte si riempì di macigni volanti, alcuni dei quali finirono contro
gli altri muri per la fretta. Quei rumori e i mormorii furono gli unici suoni
mentre lavoravano in silenzio, con una fretta disperata.
Individuarono il primo corpo. Era abbandonato come un pupazzo, un
enorme fantoccio nero usato per spaventare i bambini alle feste, e per un
attimo tutti indietreggiarono, senza osare toccarlo. Dicevano che se lo si
chiamava arrivasse, e che non morisse mai...
Hermione d'un tratto si infuriò con se stessa per essere stata
così stupida.
Fece un passo avanti e si rese conto che Draco ne aveva fatto uno
nello stesso momento. Lui sembrava più calmo di lei, ma il suo viso era tetro.
Sentì Ron alle spalle, e tutti e tre insieme sollevarono quella cosa inumana e
rotta e la gettarono via come spazzatura.
E quella fu la fine del mago cattivo.
Harry era sotto di lui, il volto insanguinato. Era immobile.
Hermione fu sopraffatta dalla tenerezza, cruda come una ferita
aperta. Non voleva che nessuno lo toccasse: non voleva che Ron la consolasse,
non voleva più guardare Harry. Aveva di nuovo rotto gli occhiali, pensò
stupidamente. Si rompeva sempre gli occhiali.
Hermione si mise a piangere. Draco imprecò, inginocchiato accanto
al cadavere - a Harry - col
respiro come a singhiozzi, ma gli occhi privi di lacrime.
"Andate a chiamare Madama Chips," ringhiò rivolto a
tutti, e afferrò il braccio di Harry.
Hermione gridò sentendo le ossa del braccio di Harry scricchiolare
e stridere, come qualcosa di troppo frantumato per poter essere mai
riaggiustato.
"Non puoi mostrare un po' di rispetto?"
"No," disse Draco. "No, non voglio. Non è morto,
non è morto perché lo dico io! Cazzo, Harry, apri gli occhi!"
Non assomigliava affatto alla vittoria che si era immaginata
Hermione, col loro castello mezzo distrutto e gente che continuava a morire.
Non ci furono miracoli. Harry non aprì gli occhi.
Ma quando Madama Chips spinse via una Hermione in lacrime e un
Draco imprecante, si mise al posto di Draco accanto a Harry e premette
brevemente due dita sul collo di Harry, disse che sentiva un battito.
Epilogo
This is what I know now
My salvation lies in your
love
[Questo è quanto so
adesso / Il tuo amore è la mia salvezza]
Harry aprì gli occhi.
Sbatté le palpebre e cercò di mettere a fuoco. Era un mattino
grigio e nuvoloso, notò attraverso le finestre dell'infermeria. Sembrava che la
luce del sole si fosse arresa, e ricadeva poco lontano dal suo letto. Si
sentiva come se qualcuno gli avesse triturato le ossa con un mortaio e un
pestello.
Draco era seduto su una sedia accanto al letto, piegato in avanti
a guardarlo con occhi chiari. A Harry ricordava un po' un avvoltoio appollaiato
su un albero nell'attesa paziente che il suo pranzo morisse.
Harry gli sorrise meglio che poté, e la tensione scivolò via dalle
spalle di Draco.
"Draco," disse, testando la propria voce e trovandola
incrinata ma ancora funzionante. "Cos'è successo?"
"Beh, non so proprio come dirtelo, Harry, ma dopo che hai
ucciso Voldemort Peter Minus ha preso il comando e ha trionfato su tutta la
linea. Ci ha concesso di vivere come suoi schiavetti malvagi."
Harry rise con cautela, nonostante il vago presentimento che così
facendo si sarebbe di nuovo rotto le costole. Il viso di Draco si addolcì
ulteriormente, le rughe causate dall'amarezza e dalla stanchezza si distesero
finché non tornò quasi normale, familiare e amato.
"Come ti senti?" chiese, e senza tracce di ostilità o
ironia la sua stanca voce strascicata suonò quasi dolce.
Harry si sollevò con molta prudenza, quindi si rilassò in
posizione seduta contro i cuscini. "Sono... un po' sorpreso di non essere
morto," rispose sinceramente. "Com'è successo, secondo te?"
"Crediamo che Voldemort ti abbia salvato," disse Draco.
"E' caduto su di te, ed era alto due metri con una testa gigante. Il suo
corpo ti ha protetto dal peggio. Ti prego, Harry, non morire per
l'ironia."
Harry alzò solo le sopracciglia. Stava ancora cercando di testare
tutte le ossa del suo corpo, che insistevano nel fargli notare che erano rotte
e che curarle era una pia illusione, pronta a scomparire ad ogni movimento
improvviso. Se era stato protetto dal peggio, il peggio doveva essere...
Morire fracassato.
Sì, ricordò Harry. L'ho fatto.
Bene. Andava fatto.
"Chi... chi altro è morto?" chiese, temendo la risposta.
"Weasley e Granger stanno bene," disse subito Draco.
"E anche il professor Black e il professor Lupin."
Per un attimo provò solo sollievo, poi si ricordò che stavolta non
si era trattato di un gruppetto in pericolo: stavolta c'era stata una guerra.
"Chi è morto?"
"Calì Patil e Lavanda Brown," rispose secco Draco.
"Natalie McDonald... pensiamo che lei e Malcolm Baddock stessero cercando
di proteggersi a vicenda. Nessuno dei due ci è riuscito. Non so quali altri
Grifondoro conosci."
"Dimmi tutti i nomi," disse Harry.
Cercò una magra consolazione nell'idea che quella sarebbe stata
l'ultima lista di persone che non era riuscito a salvare.
Draco obbedì, la voce piatta come se avesse già memorizzato la
lista. Harry lo ascoltò, cogliendo nomi che conosceva tra gli estranei che non
aveva salvato. Persone della scuola. Persone dell'Ordine della Fenice.
"Aspetta," disse. "Cosa? L'Ordine della Fenice?
Come hanno fatto ad arrivare?"
"Oh, è stato un miracolo, sono arrivati al momento giusto, un
segno del cielo," rispose Draco loquace. Allo sguardo scettico di Harry,
aggiunse: "Ho mandato un Gufo a Snape dalla guferia quando ci siamo
separati. Io... nessuno doveva sapere dove fosse andato, aveva usato
incantesimi per non farsi trovare, ma mi aveva lasciato un indirizzo e io gli
avevo dato la mia parola che non l'avrei detto a nessuno. Per questo... ti ho
mentito sulla lettera che stavo scrivendo, e ti ho mentito sul perché volessi
che ci dividessimo. E' stata una stupidaggine. Facevi bene a dubitare di
me."
Harry non chiese come facesse a sapere che aveva sospettato della
lettera. Sospettava che Draco avesse analizzato ogni ragione per cui Harry
avesse potuto non fidarsi di lui, oltre ad imparare a memoria le liste dei
caduti.
"No, non dubitavo," disse, e si sporse impacciato per
toccare la mano di Draco.
Draco la allontanò leggermente, e tornò a leggere la sua lista
invisibile. Harry lasciò cadere la mano.
Ernie McMillan. Nymphadora Tonks. Millicent Bulstrode.
"E Pansy è ...?" chiese quando Draco fece una pausa in
quella lista che sembrava interminabile, senza finire la frase. Se erano potute
morire tante persone, Harry sentiva che anche solo dirlo avrebbe potuto farlo
succedere.
Ma Draco disse, "Sta benissimo. Le farà piacere sapere che me
l'hai chiesto, anche se temo che niente smuoverà Weasley dal primo posto della
sua classifica di Grifondoro Migliori, a questo punto. Ovviamente ha preso un
colpo in testa che non è stato curato."
"Ron? Davvero?" chiese Harry, fissandolo.
"Non temere, non credo che abbia in mente di far lasciare
Granger e Weasley, specie considerato il fatto che si sta chiedendo se sia il
caso di farsi tramortire dal suo pezzo di Tassogrosso pur di evitare i
MAGO."
"I MAGO?" ripeté Harry. "Faremo lo stesso i
MAGO?"
Era troppo stanco per fare appello all'indignazione, ma sentì
comunque che era decisamente troppo.
"Passeremo tuta l'estate a scuola per farli," confermò
Draco. "Granger è disgustosamente felice. E' tutta colpa del nostro nuovo
preside."
La testa di Harry cominciò a pulsare, come se tutte quelle nuove
informazioni stessero picchiando contro una porta per irrompere nella sua
mente.
"Chi è il nostro nuovo preside?"
Draco sollevò un sopracciglio. "Il professor Lupin."
"Oh," disse Harry, e poi, riuscendo a racimolare un po'
di vago piacere: "Oh. Bene."
"Sapevo che saresti stato contento. Ovviamente per me è uno
scandalo. Avrebbe dovuto essere il professor Snape. Almeno avrebbe potuto
prendere la cattedra di Difesa dalle Arti Oscure, ora che Silente è
morto."
Era come se qualcuno stesse aprendo e chiudendo delle persiane
nella mente di Harry. Quando si aprivano vedeva l'infermiera impietosamente
immobile, quando si chiudevano nient'altro che il ricordo di quella notte,
quando Silente...
"Allora lo sai," disse lentamente.
"So che è morto," rispose Draco. "Conosco
l'incantesimo per cancellare gli incantesimi lanciati da una bacchetta. Me l'ha
insegnato Snape. Torna molto utile."
Si sfilò la bacchetta di Harry da un passante dei jeans e, dopo un
momento, Harry la accettò.
"Li avevano colpiti tutti col Confundus," proseguì
Draco. "Nessuno ricorda con certezza cosa ha visto. Non ti crederebbe
nessuno. Non sospettavo... non mi era mai piaciuto, e ho sospettato di chiunque. E' morto in battaglia, e questo
è quanto."
Harry si schiarì la gola e disse la verità a Draco, perché Draco
l'avrebbe compresa completamente.
"L'ho ucciso," disse. "Ho dovuto farlo."
Draco annuì, accettando senza scomporsi la rabbia che avrebbe
fatto ritrarre chiunque altro. Qualcosa disturbò la calma del suo viso, ma
quell'emozione passò troppo in fretta perché Harry potesse identificarla.
"Ho ucciso mio padre," replicò Draco. "Ho voluto
farlo."
Harry avrebbe voluto dire qualcosa. Dire che era felice che Lucius
fosse morto non gli sembrava appropriato, così il silenzio si protrasse,
diventando teso come la corda di uno strumento musicale, finché non emerse un
suono rotto.
Proveniva da Draco. "Ha ucciso Goyle," disse, e la voce
gli si spezzò. "Voleva uccidere me, e Goyle mi si è messo davanti, e io
non capisco perché l'abbia fatto!"
"Tuo padre?"
"Goyle! Non capisco. E' morto per causa mia e ancora non
capisco perché l'ha fatto!"
Harry non era certo di capirlo lui stesso. Di certo non sapeva
quale fosse la cosa giusta da dire, non a Draco così addolorato e confuso, e
che lo guardava arrabbiato in cerca di risposte.
"Ti voleva bene," disse.
Gli occhi di Draco erano desolati.
"Io volevo bene a mio padre," disse. "Non posso...
Non ho mai saputo amare nessun altro. Lui mi guardava e mi istruiva quando ero
piccolo, e io pensavo che... non lo so, pensavo che mi avrebbe amato, se solo
l'avessi reso abbastanza fiero! Era un bastardo, era pronto a strisciare e a
uccidere per ottenere ciò che voleva, e adesso capisco che si possa uccidere,
ma che io sia dannato se mai capirò lo strisciare. Non mi avrebbe mai amato, e
Goyle è morto per me, e io avevo sbagliato tutto."
Harry si tese per provare una certa teoria, e vide Draco
allontanare di nuovo la mano.
"Ora capisci meglio."
"Sono sempre lo stesso," disse Draco. Sembrava
tormentato e infelice, come se si stesse prendendo gioco di se stesso con
estrema crudeltà, come se la voce di suo padre gli risuonasse ancora nelle
orecchie. "Sarei diventato un Mangiamorte se non se ne fosse andato.
L'avrei fatto, pur di guadagnarmi la sua approvazione. Avrei percorso quella
strada pensando che lui sapesse cosa fosse giusto, e se mai mi fossi accorto
che le cose non stavano così sarebbe stato troppo tardi. Ancora non so come
comportarmi. Ancora non conosco le parole giuste."
"Un mio amico è morto per me, perché mi sono raccontato delle
bugie stupide e patetiche su mio padre e non l'ho ucciso il primo momento che
l'ho visto, e non capisco nemmeno perché mai qualcuno dovrebbe aver fatto una
cosa simile per me!"
Draco evitò il suo sguardo e cercò di ricomporsi. "Non per
mettere su un dramma in tre atti mentre sei ancora a letto," disse dopo un
attimo. "Volevo solo dirti perché... sai. Non funzionerebbe."
Ci fu un attimo di silenzio. Harry aspettò che Draco gli
rivolgesse un'occhiata prudente, quindi lo guardò storto.
"Ma perché dici tante cazzate?" chiese.
*
Hermione, che andava a controllare Harry una volta all'ora, aprì
la porta e vide Harry e Draco nel mezzo di quella che sembrava una conversazione
intensa. Il suo primo pensiero fu schiantare Draco e metterlo in un angolo così
che potesse riflettere sulle ragioni per cui importunare un invalido era
un'idea deplorevole.
Il secondo fu chiudere la porta il più lentamente possibile e
appoggiarvisi contro.
Ron la fissò.
"Perché non entriamo?"
"Come? Niente! Nessun motivo. Facciamo una passeggiata!"
suggerì vivacemente Hermione.
Ron la guardò dubbioso. "Io credo di voler entrare,"
disse con un tono che indicava che la signora Weasley non aveva tirato su uno
stupido.
"Non puoi! Ehm, cioè, Harry è sveglio!"
"E allora?" disse Ron. "Meglio così. Andiamo
piuttosto d'accordo quando è conscio, ricordi?"
"Ok, Ron, ascoltami: non ti devi agitare."
"Agitare?" esclamò Ron. "Non mi agiterò.
Perché?" Ad ogni parola alzava la voce. "Per che cosa dovrei
agitarmi?!"
Hermione prese un ampio respiro. "Niente," rispose.
"Non piaceva neanche a me... oddio, non sono ancora sicura di apprezzare,
ma Harry l'ha presa sul serio, e dopotutto non è così male. Hanno uno strano
modo di andare d'accordo che sembra funzionare, e almeno ora sono sicura
che..."
"Hermione, se stai cercando di dirmi che Harry sta avendo un
momento privato lì dentro, basta dirlo."
Il corridoio fuori all'infermeria non era abbastanza grande da
contenere lo stupore di Hermione. Ron assunse un'aria lievemente compiaciuta.
"Me n'ero accorto. Sai, non sono stupido."
Hermione non riusciva a chiudere la bocca. Rimase aperta. "Te
n'eri accorto davvero?"
"Beh, Harry aveva detto che c'era qualcuno, e da quel momento
ho pensato che fosse ovvio."
"Io... suppongo di sì..."
"E per me hai ragione," continuò Ron allegramente.
"Poteva andare peggio."
"Tu credi?" Hermione considerò l'orribile eventualità
che stesse pensando a Snape.
"Non vado matto per i Serpeverde, ma, beh, se hanno scelto lo
schieramento giusto direi che non importa a quale casa appartengono. E poi sono
mesi che Harry si accampa nei sotterranei dei Serpeverde metà del tempo."
Le rivolse un sorrisino dispettoso. "Dai, non ci vuole un genio per fare
due più due."
"Beh... beh, certo che no," rispose Hermione, e riuscì a
riprendere il controllo dei propri muscoli facciali abbastanza da rivolgergli
un sorriso di approvazione. "Stai dimostrando grande sensibilità, Ron.
Devo ammetterlo, non me lo aspettavo."
Si tirò le maniche sfilacciate del maglione, cosa che per Hermione
era il modo di Ron Weasley di lisciarsi le penne.
"Sono tollerante, è un mio pregio," la informò.
"Comunque devo dire che lei mi piace. Certo, dovrebbe trovarsi dei nuovi
amici, ma d'altronde anche Harry è amico di Malfoy, quindi non gli darà
fastidio."
Hermione ci impiegò un attimo a sprofondare.
"Scusa?" disse. "Cosa
hai detto? Lei... di chi stai parlando?"
Ron la squadrò. "Di Pansy Parkinson, ovviamente. E' l'unica
ragazza nel gruppo di Serpeverde che frequenta Harry, no?"
Nel giro di due minuti a Hermione vennero in mente un centinaio di
frasi che iniziavano con: E' assolutamente
vero, Ron, ma...
"Stai pronunciando il mio nome invano, Weasley?" chiese
una voce allegra, e Hermione sollevò inorridita gli occhi occupati a
contemplare intensamente il pavimento verso Pansy Parkinson, che stava
attraversando il corridoio.
Francamente Hermione preferiva Draco. Almeno Draco apriva un libro
una volta ogni tanto, e non indossava quelle minigonne scioccanti.
Mentre Hermione lottava contro visioni tremende di Draco Malfoy in
minigonna inguinale, sentì Pansy avviare quella che sembrava una chiacchierata
amichevole con il suo ragazzo.
Una parte della sua mente notò che Ron aveva appena detto che le piaceva.
Quella sgualdrina.
"Ho portato dei cioccolatini," lo informò Pansy. "E
non ne ho mangiato neanche uno. Ho visto, uhm...
"Sai che Harry è sveglio?" chiese Ron.
"E' sveglio?"
chiese Pansy. Si fermò a riflettere. "Allora saranno occupati, lì dentro.
Dovrò mangiarli tutti io."
Aprì la scatola. Hermione notò che Ron era più confuso di prima.
E così Seamus e Dean erano di nuovo in piedi. Erano gli ultimi
feriti gravi, a parte Harry. Seamus era stato costretto a farsi ricrescere le
ossa di entrambe le gambe, e Dean era stato a letto due giorni per smaltire
l'effetto della Cruciatus. Ginny aveva dormito sul mantello accanto al suo
letto in infermeria.
Forse Seamus avrebbe potuto consolare un po' Padma. Stava sempre
zitta, da quando...
Hermione si scrollò dalla mente il pensiero di Calì, e pensò di
nuovo a Seamus e Dean. Loro camminavano, e Harry era sveglio. Era più di quanto
avessero sperato meno di una settimana prima.
Stavano guarendo. Si sarebbero rimessi tutti.
Sentiva di voler bene a tutti, persino a Pansy Parkinson, che ora
stava provocando Ron con la sua scatola di cioccolatini.
"Non ne vuole," si intromise fermamente.
"Esatto," disse Ron, fissandoli con aria ingorda.
"Non ne voglio neanche uno."
Pansy aveva colto la preoccupazione di Hermione dal suo tono di
voce. "Non preoccuparti," disse, con un tono maliziosamente divertito
e quindi simile a quello di Draco. "Sono piuttosto soddisfatta del mio
Tassorosso."
"Zacharias Smith?"
Pansy scelse un altro cioccolatino. "Certo, quello."
La mente di Ron, momentaneamente distratta dal cioccolato, virò
nuovamente verso il punto di partenza. Hermione sapeva che quel momento sarebbe
arrivato.
"Un momento," disse. "Se tu sei qui..." Pansy
sorrise e dimostrò il suo assenso colpendolo con la scatola di cioccolatini.
"Sì, ma se tu sei qui... allora chi c'è lì dentro con Harry?"
Hermione corse a spalmarsi di nuovo sulla porta.
"Non entrare!"
"Entra," lo incoraggiò Pansy, prima di essere colta da
un rimorso di coscienza. Gli porse la sua scatola di cioccolatini. "E'
meglio se prendi un cioccolatino, prima," aggiunse gentilmente.
"Prendine uno al liquore. Credo che ne avrai bisogno."
*
"Come, prego?" disse Draco, con sgradevole e gelida
educazione.
Harry lo guardò e non trovò nessuna parola adatta. Nonostante
quello, era sicuro.
"Hai ragione, sei stupido," disse.
"Tu sei un romantico, ecco il tuo problema," osservò
asciutto Draco.
"E così amavi tuo padre. Succede alla maggior parte della
gente, lui era un bastardo e tu hai fatto la cosa giusta. Non importa quello
che pensi avresti fatto se le cose fossero andate diversamente. Hai fatto la
cosa giusta."
Sembrava che Draco avesse già una risposta sulla punta della
lingua, ma non ebbe mai il tempo di pronunciarla. Madama Chips aggiunse
l'ultimo tocco di charme all'infermeria grigia uscendo dalla stanza dei
medicinali con un catino pieno di liquido puzzolente.
"Dov'è quel Dean Thomas? Non salterà di nuovo la sua dose di
Sciroppo Rinvigorente," annunciò vivace. Dette a Harry un'occhiata attenta
prima di comunicare la sua diagnosi. "Sei sveglio."
"Ehm, sì."
"Così va meglio," disse severamente Madama Chips.
"Ora magari il signor Malfoy tornerà nel suo letto e cercherà di dormire.
Scusatemi."
Lasciò la stanza, intenzionata a rinvigorire Dean con ogni mezzo
necessario. La udirono rimproverare degli studenti per essersi aggirati nei
pressi dell'infermeria, e la porta si richiuse con un botto.
Draco era un po' arrossito.
"Sono solo passato un momento mentre andavo da un'altra
parte. E' la mia prima visita, in effetti," assicurò a Harry. "Quella
donna è pazza. Passa tutto il giorno in quella stanza a mescolare sciroppi,
intrugli di latte e vino speziato e cose varie... È colpa dei fumi,"
aggiunse irritato. "Fondono il cervello. E smettila di sorridere."
Harry non smise. Era solo un sorrisino, il massimo che poteva
permettersi quando continuava a tornargli in mente la lista di persone che non
aveva salvato, ma aveva appena recuperato la sensazione che aveva avuto proprio
prima di quella notte piena di morte, quella che un giorno sarebbe stato
ridicolmente felice.
C'era tempo adesso, tutto il tempo del mondo. L'orrore incalzante
non sarebbe durato per sempre. Col tempo l'avrebbe superato.
Si accorse che una delle ragioni per cui il cielo era scuro era che
dietro le finestre stavano levitando alcuni massi enormi. Si udì un rumore
improvviso, come... qualcuno che giocava all'autoscontro con enormi blocchi di
granito .
"Fa' attenzione, Black!" risuonò dal basso la voce
inconfondibile di Snape.
"Chi ha detto che è stato un incidente?" esultò Sirius. "Preso di nuovo!"
La gioia si rovesciò su Harry come un'ondata di acqua calda quando
capì cosa stavano facendo.
Hogwarts sarebbe tornata in piedi. La stavano ricostruendo.
"E poi qualcuno doveva restare qui per impedire che dei
ragazzini innocenti vedessero accidentalmente il tuo pigiama!" annunciò
Draco, con l'aria di chi aveva appena giocato la carta vincente. "Pensavo
di aver bruciato tutte le cose di quel genere nel tuo armadio, e invece no,
Granger se ne esce con quella... quella mostruosità e sostiene che è il tuo
preferito. Ho gridato, ho cercato di stracciartelo di dosso, ma Granger ha
frainteso completamente."
Harry abbassò gli occhi sul proprio pigiama e ricordò di averlo
nascosto sotto un cuscino per salvarlo dal suo triste destino. Era stato...
Dio, sembravano passati anni.
Certe cose non cambiavano mai.
"Non ti rimangerai la parola," disse bruscamente.
"Te lo impedirò. Sei mio, cazzo."
Draco lo fissò. "Dimmi che non devo spiegarti che... quello
che ho detto sul treno non era una proposta di matrimonio. Dimmelo,
Harry."
"Non che tu abbia detto molto sul treno, sai?"
"Infatti. Te l'ho detto," disse Draco. "Non conosco
le parole."
"Non importa. Ho capito cosa volevi dire," disse Harry.
"E ci credevi davvero. L'unica cosa che è cambiata è che non moriremo. Hai
paura?"
"Mi hai visto fallire," gli disse Draco, con lo stesso
sorriso beffardo di suo padre. "E' una cosa che mi riesce molto bene. I
miei fallimenti sono spettacolari."
"Correrò il rischio."
Draco continuava a guardarlo come se fosse stato un animale
selvaggio scappato da una gabbia. "Cambierai idea."
Harry notò che non aveva detto che lui avrebbe cambiato idea.
"Draco Malfoy, stupido idiota. Sei fortunato, perchè io sono
ancora più testardo di te."
Si aggrappò alla testiera e si tirò su, e la sua schiena lanciò un
lungo e silenzioso urlo di agonia. Draco si alzò dalla sedia, la voce
improvvisamente acuta per l'ansia.
"Harry, smettila! Abbiamo dovuto far ricrescere quasi tutte
le tue ossa... Harry, ti fai male!"
Tutte le ossa di Harry gridarono violentemente che erano d'accordo
con lui. Harry sussultò appena mise i piedi a terra, poi cercò di reggere il
proprio stesso peso. Sembrò riuscirci.
Draco era in piedi e lo guardava incerto. Harry immaginò che
dovesse essere combattuto tra la logica che gli diceva di non toccare Harry e
l'impulso irritato di buttarlo di nuovo sul letto.
Sfortunatamente, Draco non diede retta all'impulso. Harry fece un
passo verso di lui e vacillò per il dolore indistinto e, d'un tratto, un dubbio
reale. Era sicuro, ma... se per caso...?
"Dove sono i miei occhiali?" domandò. Se avesse potuto
vedere, ne sarebbe stato certo.
La certezza lo investì, calda e avvolgente come la felicità,
quando Draco parlò improvvisamente in tono deciso.
"Non ti servono gli occhiali," disse. "Mi avvicino
io."
Invase lo spazio personale di Harry, così vicino che Harry sentì
il suo respiro pizzicargli il petto. Le sue mani erano alzate in un gesto di
resa, a un millimetro dalla pelle di Harry.
Harry mise le mani sui fianchi di Draco e annullò quell'ultima
distanza. Stare in piedi gli provocava un dolore sordo in tutto il corpo, ma
aveva le mani premute contro la pelle calda tra i jeans di Draco e la sua
maglietta, e sentiva il respiro di Draco sulla guancia. In fin dei conti ne
valeva la pena.
"Non è stata colpa tua, per Goyle," disse piano.
"E'... Dio, è terribile, ma non è stata colpa tua. Anch'io mi sono fidato
troppo di una persona, ma non per questo smetterò di fidarmi di chiunque. Non
posso... idiota, credi di essere l'unico a non saper dire le cose? Sono stato
cresciuto in un sottoscala, non potrei... non voglio una persona normale."
Era certo che Draco stesse alzando le sopracciglia a quel
complimento bizzarro, ma persino il dolore si ritirò in un angolino della sua
mente quando Draco inspirò lentamente, e all'improvviso strinse forte le spalle
di Harry. Troppo forte. Harry apprezzò.
Draco allineò il viso davanti al suo e fece scivolare la bocca
sulla sua per un lento bacio improvviso. La stretta di Harry sui suoi fianchi
si fece possessiva: adesso ne era sicuro.
"C'è di più," sussurrò Draco nel mezzo del bacio.
"Sono disgustoso. Mi vergogno di me."
"Che altro?" lo incalzò Harry. Il suo petto era pieno di
calore, in qualche modo: il suo sangue pulsava per l'impulso di agire, eppure
era contento anche solo di starsene fermo a guardare Draco che cercava le
parole.
"Io," disse Draco. "Io, c'è qualcosa che dovrei...
Mi piace il tuo stupido modo di vestirti. Mi piace persino il fatto che i tuoi
capelli sono sempre orrendi. Harry, sono un uomo malato."
Harry indietreggiò di un centimetro mentre realizzava gradualmente
quello che Draco stava cercando di dire.
"Ti piaccio," disse, e quasi rise.
Draco aveva un'aria mortificata. "Era palesemente
ovvio."
"Già, assolutamente. Come ho potuto essere così cieco? Era
proprio ovvio che ‘non mi parlare, non mi toccare, non mi guardare' significava
‘Vieni, ti voglio.'"
Era probabile che Harry stesse sogghignando leggermente. Draco continuò
ad arrossire.
"Sta' zitto. Torna a letto," mormorò. "Pensavo
fossi pazzo di me. Dov'è l'adulazione? Dov'è l'adorazione? Pensavo che sarei
stato il tuo idolo di alabastro..."
Lo baciò di nuovo, probabilmente per fargli smettere di ridere
così tanto.
"Invece no, e non dire mai più quelle cose," gli ordinò
Harry.
Draco approfittò sfacciatamente del suo stato di debolezza per
stringergli le spalle e spingerlo giù sul letto. In qualche modo ci finì sopra
anche lui.
Harry fu estremamente grato per la morbidezza del cuscino sotto di
sé, ma lo fu ancora di più per Draco su di lui, che lo stava guardando con aria
molto delusa mentre giocherellava coi bottoni della camicia del pigiama.
"Comunque," osservò Draco, "ho deciso che dato che
ci sarà un semestre estivo e tutto il resto, tutte le partite di Quidditch sono
da considerarsi nulle. Quindi i Serpeverde sono ancora in gara per
La camicia di Harry era ormai aperta.
"Giochi proprio sporco, Draco Malfoy," disse Harry.
C'era luce nell'infermeria, perché il cielo era ormai sgombro di
pietre. Evidentemente Lupin aveva interrotto i lavori di ricostruzione per
sgridare Snape e Sirius. C'era abbastanza luce per vedere una cosa così ovvia.
Cominciava già a respirare a fatica, ma sollevò la mano e spinse
all'indietro una ciocca di capelli di Draco, facendogli spuntare uno sguardo
distratto e sorpreso sul viso. Per una sciocchezza simile.
Dire certe cose come se niente fosse era difficile, ma voleva
segnare quel momento.
"Draco," disse Harry. "Io..."
"Zitto," gli disse Draco, e appena Harry corrugò la
fronte lui rise e lo baciò di nuovo, trattenendo tra i denti il suo labbro
inferiore come se non volesse far finire il bacio. Stava ridendo ed era senza
fiato e ancora scosso dal bacio quando abbassò gli occhi su Harry, mentre la
luce rendeva i suoi capelli dorati.
"Cioè, non ora,
Harry," mormorò. "Voglio imparare le parole."
Fine
Voglio ringraziare tutti i lettori e le lettrici, per
l'incoraggiamento e l'entusiasmo. Grazie a tutte, le fedelissime e le
saltuarie, perché senza di voi il mio lavoro non avrebbe alcun senso.
Sono piuttosto fiera di questa traduzione, in cui ho portato avanti
strenuamente la mia battaglia personale contro la congiuntivite acuta, la d
eufonica e i calchi sintattici spudorati, ma allo stesso tempo so che senza
l'aiuto di una persona che stimo tantissimo, e cioè Vale, il
risultato finale sarebbe stato molto meno bello, molto più imperfetto e ruvido
e sgraziato.
Per me non è semplice fare dichiarazioni di affetto e di stima, ma
devo dire che più e più volte mi sono ritrovata a pensare "come ho *fatto*
prima senza di lei?". Quindi grazie di cuore, è stato un vero spasso
lavorare con te :)
Alla prossima! ♥