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Autore: Mistful    27/06/2007    32 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco a voi l'ultimo capitolo

Ecco a voi l'ultimo capitolo! Tra qualche giorno inserirò in coda al cap.11 una cosina scritta da Maya sul suo Draco, quindi magari tornate a leggere tra un po' ^_^
E ora buona lettura :)

 

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

Sommario:

Chi ama chi? Chi è dalla parte di chi?

Spero che ogni risposta vi piaccia

perchè è stata davvero una faticaccia.

 

 

Capitolo Ventidue

Fine

 

I recognise the way you make me feel

It's hard to think that you might not be real

I sense that now the water's getting deep

I try to wash the pain away from me

[Riconosco come mi fai sentire / E' difficile credere che tu possa non essere vero / Sento che l'acqua ora diventa più alta / Cerco di lavare via il dolore ]

 

Hermione strinse Ron più forte per tenerlo giù. La sua mente stava andando in frantumi per il panico, e ogni coccio era intollerabile. Non riusciva a guardare Voldemort - Dio, non era neanche umano, sembrava la versione in carne e ossa di una delle creature che vedeva nei cartoni animati quando era piccola - e non riusciva a guardare Lupin che si contorceva con gli occhi chiusi e della schiuma agli angoli della bocca. Cercò di guardare Malfoy, di osservare il suo viso e cogliere un'espressione che lasciasse intendere che c'era una spiegazione, e si accorse in un'improvvisa ondata di tradimento che si era davvero fidata di lui.

"Lo ammazzo," le ringhiò Ron nell'orecchio.

"Zitto," sussurrò disperata Hermione. Chissà se Voldemort poteva sentirli? Come avrebbero fatto a uscire?

"Per quanto encomiabile sia il tuo entusiasmo," disse Voldemort, e la sua voce fece rabbrividire Hermione: sembrava parlasse in Serpentese anche quando parlava in inglese. "Direi che possiamo continuare a interrogare il licantropo insieme al suo prezioso amico Black. Portateli nella mia stanza." Hermione vide lo sguardo rapido di Peter Minus, e Voldemort spiegò con una nota di spossatezza. "Probabilmente ti è più nota come aula di Incantesimi, Codaliscia."

La testa di Codaliscia sobbalzò nervosamente. "Oh sì mio Signore. Certo!"

"Quanto a te, Malfoy," e a quel punto la speranza affogò nell'indignazione di Hermione, "apprezzo molto la tua crudeltà, ma potrebbe essere meglio utilizzata. Dopotutto sappiamo bene che Harry Potter è vicino. Non ci resta che aspettare che sia lui a raggiungerci."

Fece un gesto uscendo e Malfoy lo seguì. Hermione li guardò andarsene con sollievo, sentendo l'orrore e il disgusto passare in secondo piano e lasciarle un unico impulso: cercare un modo per scappare.

Ron alzò di nuovo la testa incoscientemente. Hermione lo tirò in basso, ma vide gli occhi di Lupin spalancarsi, e fu certo che stavolta almeno una persona li aveva visti.

"Ti dirò una cosa, Peter," disse Lupin come se niente fosse, nonostante la sua voce fosse fioca per il dolore e avesse ancora della schiuma agli angoli della bocca. "Hai sempre pensato che essere un licantropo fosse molto simile ad essere un Animago, solo... meno piacevole e meno programmato. Non è così."

Peter Minus tremò, confuso, guardando i suoi compagni Mangiamorte in cerca di aiuto.

"No?" disse alla fine.

Lupin rotolò, si alzò e spezzò le manette in un'unica agile mossa, quindi fu in piedi davanti a Peter. Hermione non aveva mai visto il tranquillo professor Lupin così: le sue spalle e la scintilla nei suoi occhi le ricordarono una bestia feroce.

"No," disse, e la sua voce si fece grave. "Io sono sempre un lupo mannaro, e né le manette né la Cruciatus possono tenermi a bada a lungo."

Alzò lo sguardo solo un momento. Hermione vide le sue labbra muoversi con chiarezza.

Disse col labiale "Scappate."

Poi Lupin balzò, e appena Peter Minus cadde ai suoi piedi e tutti i Mangiamorte puntarono le bacchette, Hermione tirò su Ron con la forza e approfittò di quel momento di distrazione per fuggire dalla Torre scendendo le scale.

Dopo aver attraversato un po' di corridoi cominciarono a barcollare per l'insano desiderio di scappare e per via dei terribili pensieri che avevano in mente.

"Lo uccido, quel bastardo di Malfoy," disse Ron, e sembrava dicesse su serio. "Lo inseguirò e lo ucciderò. Che cosa ha fatto a Harry?"

"Niente," rispose Hermione. Vide lo sguardo stupito di Ron e ricambiò con uno impaziente. "Avrebbe detto a Voldemort... no, davvero Ron, te lo garantisco, se avesse saputo dov'era Harry, gliel'avrebbe detto. Devono essersi divisi, e questo significa che dobbiamo tornare in Sala Grande e dirlo subito a Harry."

Soppresse un fremito al pensiero di quello che avrebbe dovuto dirgli. Lei, Hermione Granger, da tutti ritenuta intelligente, si era davvero fidata di quello stronzo di Malfoy, e Dio solo sapeva se Harry avesse fatto di peggio.

Non poteva pensarci in quel momento. Doveva riflettere. Lupin aveva rinunciato alla sua unica possibilità di fuga per darne una a loro.

Camminarono in fretta fino alla Sala Grande. Hermione cercò di non pensare che ogni rumore fosse un Mangiamorte, e continuò a cercare incantesimi nella propria mente. Non le era mai sembrata così vuota.

Quando sentirono un rumore dall'alto Ron le afferrò le spalle per spingerla dietro di sé. Lei lo spinse via e afferrò la bacchetta.

Rimasero a guardare entrambi, ed era Harry. Aveva la bacchetta puntata, una manica nera era a brandelli e penzolava mostrando uno sfregio insanguinato sul braccio. La forma delle sue spalle le ricordò Lupin in procinto di saltare, e i suoi occhi bruciavano in modo strano su un viso pallido e teso.

Non l'aveva mai visto così.

Per un attimo pensò che lo sapesse, e si ritrovò a parlare rapidamente, disperata, così che non avrebbero dovuto affrontare l'argomento.

"Abbiamo visto Lupin. Hanno preso lui e Sirius, li stanno portando nell'aula di Incantesimi, c'è anche Voldemort, Voldemort è a Hogwarts, Harry, che cosa facciamo adesso? Non abbiamo trovato Silente. Credo che ci siano solo Mangiamorte."

Desiderò non aver aperto bocca quando si accorse di quanto era deprimente ciò che aveva da dire, quindi guardò il viso ancora più deprimente di Harry.

"Ho incontrato Silente," disse con voce piatta. "E' morto."

L'enormità di quel disastro ingoiò tutto il resto. Hermione rimase immobile e perse ogni pensiero.

Cercò di racimolare parole da un mare di disperazione. "Allora non c'è nessuno che possa aiutarci."

Il viso bianco di Harry fu stravolto dall'ira, come la benzina a contatto col fuoco. Hermione quasi si schermò da lui. Pensò per un attimo che Harry fosse una delle cose di cui aver paura in quel luogo di terrore che era stato Hogwarts, e che tutto ciò che avesse osato sfidarlo sarebbe stato distrutto.

"Chi ci ha mai aiutati?" ringhiò Harry. "Quando mai Silente ci ha aiutati? Siamo soli e per me è meglio così. Possiamo farcela. Ora, dov'è Draco?"

Hermione se n'era quasi dimenticata. Strinse i pugni, forte, come se potesse sbriciolare l'intera faccenda prima che si abbattesse su Harry.

Ron la precedette. "Probabilmente Malfoy sta torturando ancora un po' Lupin. L'abbiamo visto farlo la prima volta... mentre se ne stava praticamente a braccetto con Tu-Sai-Chi."

*

Sulle prime Harry non assorbì le parole. Una parte di lui era rimasta in quella stanza a guardare quel viso avvizzito, imprigionato nell'ostinata determinazione a vivere. Una parte di lui stava pensando se avesse avuto la bacchetta in mano, io sarei...

Non fece che fissare stupidamente Ron per qualche minuto, e poi all'improvviso comprese, tutto in un momento, e si infuriò terribilmente.

Afferrò Ron per la maglia e lo spinse contro il muro.

"Ritira tutto!" gridò.

"No! lasciami andare, sei fuori di testa? L'abbiamo visto entrambi, Hermione, diglielo..."

"Non è vero! Dì che non è vero!"

"Ti prego, calmati," sibilo Hermione, afferrando impotente le mani di Harry. "Ti prego, ti prego, fermati. Harry, è vero. L'ho visto. Mi dispiace, ma è vero."

Lasciò andare la maglietta di Ron e fece un passo indietro, senza fiato. Guardò il viso sconvolto di Hermione e desiderò scappare via da loro - i suoi migliori amici! - e mettersi le mani sulle orecchie. Non era vero.

"Perché dovrebbe torturare Lupin?" domandò.

"Per scoprire dove fossi tu," disse Ron.

"Non dire cazzate! Lo sa dove sono."

"Sì, Harry," rispose Hermione con voce tremante, e lui fissò gli occhi sul viso di lei, pregando che gli venisse in mente una qualche spiegazione. Hermione lo fissò con occhi imploranti. "Solo che... Voldemort ha detto che loro sapevano già dov'eri, e che Malfoy si stava comportando in modo crudele. E tu sai che può esserlo, Harry..."

"Ma non fino al punto di torturare Lupin! Lupin gli piace!"

"Harry," spiegò Hermione, con la voce rotta. "Non c'è altra spiegazione. Non può essere Polisucco, e Voldemort lo ha chiamato per nome. Ha usato la Cruciatus su Lupin. L'ho visto. Era lui, e io continuavo a cercare di guardarlo in faccia, per capire se fosse tutta una finta, ma non vedo come potrebbe esserlo. Harry, so cosa provi per lui, ma è lui la spia"

"No, non è lui," disse Harry automaticamente, e poi si fermò perché non sapeva come dire a Ron e Hermione chi era la spia.

Quando si fermò fu assalito da un dubbio.

Chi diceva che c'era solo una spia? Non avrebbe forse avuto senso? Nessun avrebbe mai messo in discussione la presenza di Silente... tranne un Serpeverde. I Serpeverde erano sempre stati ostili a Silente, i Serpeverde avrebbero potuto essere una falla nel piano... a meno che Silente non avesse il supporto di una persona di cui loro si fidavano.

"Non lo hai visto in viso," aggiunse, con meno sicurezza, ma non ebbe bisogno dell'espressione triste di Hermione per avere una risposta alla sua tacita domanda. Si ricordò di quando una volta aveva riconosciuto Draco che si allontanava nell'oscurità, il primo anno. Draco era decisamente inconfondibile.

Quindi doveva esserci una spiegazione.

"Lo conosco!" protestò violentemente contro i suoi stessi pensieri.

"Già, siete amici da quanto, sei mesi interi?" sbottò Ron. "Noi siamo amici da sette anni, e siamo immersi in molti più guai di quanti potrebbe procurarcene Draco Malfoy. Dobbiamo decidere cosa fare."

Harry sentì il nitido impeto di determinazione sopraffare ogni pensiero. Di quello fu molto grato: dell'impossibilità di pensare nella fretta di agire.

"Hai ragione," disse brevemente. "Ci serve o Sirius o Lupin: questo lo sappiamo. Se sono insieme li possiamo recuperare entrambi... poi si vedrà. Ho il Mantello dell'Invisibilità. Andiamo nell'aula di Incantesimi."

Mentre dispiegava il mantello, gli occhi di Hermione si illuminarono. "Ce l'hai la mappa?"

"Io..." Harry pensò alla mappa giallognola abbandonata per terra in quella stanza, e si maledisse. Non sarebbe tornato lassù, e Ron e Hermione non potevano vedere cosa si era lasciato alle spalle. "Non c'è più."

Hermione sembrava delusa, ma annuì. Harry guardò il suo viso assorto e capì che stava già calcolando le loro probabilità di successo.

Avrebbe vinto. Non c'era altra scelta.

Avvolse il mantello attorno a tutti e tre, e quando cinse Hermione con un braccio ripensò a ciò che aveva appena fatto con quella mano e alla faccia che avrebbe fatto Hermione se l'avesse saputo.

Draco avrebbe capito... Ma Draco era...

Salirono le scale vicini vicini e attraversarono i corridoi di Hogwarts, consci che la sola eco dei loro passi avrebbe potuto tradirli, ma Harry non riusciva a smettere di pensare a un tradimento molto diverso.

Il giorno in cui avevano lasciato Hogwarts, Draco aveva scritto una lettera che non aveva voluto far vedere a Harry. Aveva detto che era per Narcissa, ma aveva già spedito un Gufo a sua madre il giorno prima.

Se fosse stata una bugia. Se fosse stata tutta una bugia.

Draco non aveva mostrato alcun interesse fino... beh, fin quando non avevano chiuso Hogwarts e non aveva perso il contatto con i Serpeverde. Fin quando Hogwarts non era finita e Harry, forse, era diventato una moneta di scambio più pregiata per Voldemort ed era passato dal grado di amico a quello di...

Doveva smetterla!

Qual era esattamente il motivo per cui Draco aveva cambiato idea? Silente non l'aveva mai amato, non più di Dudley. Era improbabile che Draco fosse stato sopraffatto dal fascino di Harry.

Le dita di Hermione si chiusero sul suo braccio un secondo dopo aver visto i Mangiamorte. Puntò la bacchetta e Pietrificò il primo.

Il secondo si voltò e Hermione lo colpì con lo stesso incantesimo, Ron colpì il terzo e Harry afferrò il mantello dell'ultimo mentre indietreggiava e usò un'ultima volta l'Incantesimo Pietrificante.

Poi Harry tornò al primo, gli alzò la testa per i capelli e la sbatté forte contro la pietra.

"Harry!"

"Chiunque potrebbe passare e annullare l'incantesimo," spiegò senza emozioni. "Dubito che abbiano con sé dei Medimaghi, e voglio liquidare ogni Mangiamorte. Siamo in guerra."

Hermione si inumidì le labbra. "Non colpirli troppo forte. Potresti causare danni cerebrali."

"Non credo che loro si preoccuperebbero così teneramente per te," disse Harry. Si sentì stordito mentre guardava l'espressione inorridita sul viso di Hermione. Non capiva perché la prendesse così. Ciò che diceva aveva senso.

Non pensare a Silente. Non pensare a Draco.

Colpì il muro con la testa del secondo uomo.

Quando ebbe finito si alzò in piedi. Hermione indietreggiò appena da lui, ma Harry sentì una mano sulla schiena. Fissò sconvolto gli occhi di Ron.

"Cerca di stare calmo, Harry," disse Ron. "Noi siamo con te."
"Certo che lo siamo," confermò Hermione, con la voce sempre più sicura mentre parlava. "Hai fatto solo quello che dovevi."

"So che siete dalla mia parte," disse loro Harry. "Grazie."

Erano solo in tre, erano gli amici di cui poteva fidarsi completamente, e andava bene così. Era giusto. Sarebbe riuscito ad andare avanti fino al covo di Voldemort, con la sicurezza che loro gli avrebbero guardato le spalle.

Si fermarono fuori alla porta dell'aula di Incantesimi.

"Continuo a credere che non fosse Draco," disse Harry a bassa voce, e aprì la porta.

*

La stanza vuota e oscura fu una specie di anticlimax. Rimasero sotto il mantello per qualche minuto, esitando e analizzando ogni dettaglio della stanza. Le sedie e i banchi dell'aula della McGranitt erano stati tolti di mezzo, e la stanza sembrava più grande che mai.

In fondo c'era un trono, e dritto sul pavimento c'era quello che pareva essere uno scettro.

Harry si sentì perso. Si era aspettato... che ci fosse qualcosa, qualcosa contro cui combattere, e non poté far altro che restare immobile e chiedersi se non fosse una trappola, o se non avessero spostato Sirius e Lupin da qualche altra parte.

Fu Hermione a rompere la protezione del Mantello dell'Invisibilità e ad entrare nell'aula di Incantesimi. Li guardò da dietro le spalle con gli occhi spalancati.

"O mio Dio," disse. "Non può essere. L'incanto Captus."

"Il che cosa?" chiese Ron.

Ma Harry ricordava. Ricordava una riunione del Giovane Ordine e una riflessione su cosa stesse facendo Voldemort con gli studenti scomparsi, e Hermione e Draco colmi di informazioni su quell'incantesimo.

Questo non significava che Draco fosse colpevole. Anche Hermione l'aveva saputo.

Riusciva a sentire con chiarezza la voce di Draco nella sua mente, lenta e precisa. Si pensa che la Magia Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni all'interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può portarsi in tasca, che i Dissennatori possono custodire e da cui non si può scappare.

Lasciò Ron col mantello e raggiunse il punto dov'era Hermione, fissando ciò che stava fissando lei. Eccola lì, la sfera Captus, sola e incustodita. Era una sfera tonda, di un blu opaco, montata sul suo piedistallo di metallo. L'idea di Voldemort di uno scettro, con una pietra che conteneva centinaia di anime.

Gli tornò di nuovo in mente la voce di Draco. Il vantaggio per noi sta nel fatto che... forse possiamo liberarli.

"Se rompo la sfera," si sentì chiedere Harry, "tornano liberi?"

"Harry, non ci provare!" esclamò Hermione. "Potresti ucciderli tutti. E' una magia molto antica e non ho idea di cosa fare per liberarli. Dobbiamo portarla all'Ordine della Fenice: loro sapranno come comportarsi. Quindi dobbiamo trovare urgentemente Lupin o Sirius. Tutte le loro vite dipendono da questo. Dobbiamo uscire tutti da qui."

Ron stava ripiegando il mantello, Hermione fissava la sfera. Harry li guardò entrambi, cercando di valutare le loro possibili reazioni, e capì che non gli importava.

"Sì, dobbiamo uscire tutti," disse lentamente. "Incluso Draco."

"Harry, per-!" esplose Ron. "Ha permesso che i suoi preziosi amichetti venissero chiusi lì dentro! So che ti piaceva, ma devi affrontare i fatti!"

Già, i fatti. Draco non era mai stato interessato a farsi degli amici, prima del Torneo Tremaghi... che era stato organizzato da Silente. Draco aveva scritto una lettera e aveva mentito al riguardo. Draco aveva ammesso di essere razzista. Draco non si era mai interessato così fino a quando Harry non era stato la sua ultima risorsa...

Ricordò il viso di Draco, teso in un momento di sgradevole intensità.

Non ti azzardare a morire.

Non ci credeva.

Ma se Silente li aveva traditi, chiunque poteva farlo.

Harry esitò.

"Faccia un passo indietro dalla sfera Captus, signor Potter," disse una voce nell'ombra. "Non vorrei che le venissero in mente strane idee."

Harry riconobbe la voce immediatamente. Erano anni che non la sentiva, anni, e l'odio di anni gli si dischiuse nel petto e si trasformò in furia omicida mentre Voldemort usciva dall'invisibilità e avanzava verso la luce.

Restò a fissare Harry con quelle due fessure rosse che non si chiudevano mai. Il suo volto era quasi troppo disumano per mostrare trionfo.

In quel momento Harry voleva solo una cosa: ucciderlo.

Hai ucciso i miei genitori. Hai ucciso Cedric. Hai reso desolato il mio mondo, hai distrutto la mia scuola e io ti ucciderò, bastardo...

Poi vide chi c'era dietro Voldemort.

Stava ancora camminando verso la luce, la testa biondo pallido chinata, il caratteristico passo lento. Si mosse col suo solito portamento aristocratico.

Capì come mai Hermione e Ron ne erano stati così sicuri, anche senza guardarlo in viso. Ma Harry conosceva Draco molto meglio.

Non fu una sorpresa incrociare due occhi grigi e gelidi, e guardare un viso uguale a quello di Draco, solo più vecchio e diverso, come se qualcuno avesse sbagliato volontariamente i particolari.

"Salve, Potter," disse Lucius Malfoy.

*

I Mangiamorte cominciarono lentamente ad emergere dagli incantesimi di invisibilità, uno per uno, e in un angolo recondito della mente di Harry crebbe la certezza di quanto l'avessero completamente fregato, e la determinazione a distruggerne il maggior numero possibile.

Al centro della scena c'era un solo pensiero allarmato che correva e correva nella sua mente.

Questa cosa ucciderà Draco.

L'avrebbe ucciso. In un luogo ancora più inaccessibile della sua testa c'era la soddisfazione di poter dimostrare a Ron e Hermione che Draco era innocente, ma innocente o no, ne sarebbe morto.

La morte era imminente e lui si preoccupava per i sentimenti di Draco.

Almeno Draco era al sicuro... e ti prego, ti prego, fa' che sia al sicuro, perché ora era certo che Sirius e Lupin erano già nella sfera, e Ron e Hermione erano in trappola insieme a lui. Tutto ciò che amava, tranne quell'unica persona, era lì... e i Mangiamorte li stavano attorniando.

Harry puntò la bacchetta.

"Oh, avanti, perchè tanta fretta?" gli disse Voldemort. "Uccidete gli altri due se si muove," aggiunse disinvolto ai mangiamorte, che si appressarono ancora di più. Harry sentì Ron e Hermione avvicinarsi a lui, caldi alle sue spalle. "Questo non è un piccolo battibecco, né una riunione segreta in un cimitero che possa essere interrotta. Ho vinto io, Harry Potter. Il mondo magico è mio. E intendo godermelo."

"Perché?" urlò Harry. "Cos'è, ti fa sentire importante? Sei tornato dalla morte per circondarti di una grossa gang di bulli e torturare chi è più piccolo di te? E' patetico. Tu sei patetico. Lo sei sempre stato."

Vide le lunghe dita di Voldemort stringere la bacchetta, e si fece coraggio. Quasi voleva che Voldemort usasse la Cruciatus. Sarebbe stato un altro motivo per odiarlo.

Fissò quegli occhi rossi, osò farlo, e poi udì la porta dietro di lui aprirsi.

"Harry!" disse Draco, con tono irritato e casuale. "Perché diavolo stai gridando, i Mangiamorte potrebbero... oh."

Harry lasciò perdere Voldemort e si girò verso Draco che sbiancava man mano che comprendeva la situazione.

"In effetti," disse Draco con cautela, "vedo che sei impegnato. Credo che me ne andrò."

Cazzo, ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarlo.

Harry l'aveva pensato poco prima, senza capire davvero cosa significasse. Adesso lo sapeva: aveva pronunciato la formula e aveva avuto davvero l'intenzione di uccidere, e aveva visto quel corpo afflosciarsi subito dopo, sapendo che era stato lui.   

L'intenzione ce l'aveva ancora. Nessuno cercò di far del male a Draco. Voldemort inclinò il capo. "E' il giovane Malfoy, vero?" disse, come se si stessero scambiando i convenevoli durante il tè, ma con un inquietante piacere dietro quelle maniere educate. "Entra pure. Sarà interessante."

Draco avanzò confuso. Era così pallido da sembrare malato, e Harry ricordò che era la prima volta che vedeva Voldemort, e immaginò che quella visione dovesse occupare gli occhi e la mente fino all'esclusione di tutto il resto, fino...

Fino a quando Draco non guardò accanto a Voldemort, e il suo viso cambiò completamente. Harry pensò che non fosse più consapevole della presenza di Voldemort, né della sua, né di quella di qualsiasi altra cosa a parte la gioia e l'incredulità che si rincorrevano sul suo viso facendolo sorridere, con molta esitazione, come se temesse che qualcuno potesse rubargli quel sorriso se fosse stato troppo evidente.

Disse senza fiato, "Papà?"

Harry guardò il viso di Lucius e fu di nuovo violentemente conscio di quanto si somigliassero quel viso che amava e quell'altro che odiava. Il viso di Lucius era solo più composto, con lineamenti forse meno appuntiti, di una bellezza più convenzionale. Non c'era niente di lui nell'aspetto tagliente e affamato di Draco, simile a quello di un animale famelico in cerca di una casa.

Ora c'erano fame e speranza sul volto di Draco. Lucius lo fissò gelido.

"C-cioè, Padre," farfugliò brevemente Draco, gli occhi ancora inchiodati al viso di suo padre. "Pensavo fossi morto," continuò quasi sussurrando.

"Chiaramente no," disse Lucius. "Non hai mai saputo quando tenere la bocca chiusa, Draco. Noto con dispiacere che non sei cambiato negli anni."

"Scusami," disse automaticamente Draco.

Sembrava ancora stordito, ma era l'unico che si muoveva. Tutti gli altri erano come immobilizzati davanti al rifiuto assoluto di Draco di riconoscere che al mondo esistessero altre persone oltre a suo padre. Harry vide qualche Mangiamorte muoversi, ma Draco era il figlio di Lucius Malfoy ed erano incerti sul da farsi.

Lucius no. "Vieni qui, Draco. Non è il momento per le tue chiacchiere senza fine."

Il viso di Draco cominciò a schiarirsi. "Pensavo fossi morto. Tu... ti ho visto morire!"

Non lo disse con diffidenza. Harry aveva incontrato Lucius Malfoy solo poche volte, e ne fu certo. Nessuno nel ruolo di un padre avrebbe potuto credere che l'emozione giusta da mostrare davanti a un figlio perso da tempo fosse il fastidio.

"Sì. Ti sei rivelato un testimone eccellente. Ci è bastato creare una tempesta, incantare la barca in modo che si spezzasse, creare una visione del Signore Oscuro, e tu, prevedibilmente, hai reagito in modo eccessivo."

Era strano. Harry li aveva visti insieme solo una volta prima di allora, il secondo anno, quando la sua preoccupazione più grande era stata Draco che rideva di lui perché aveva della fuliggine nei capelli. Ora erano tutti davanti a Voldemort e ai suoi scagnozzi, che continuavano a comparire nella stanza sempre più numerosi, e nonostante la rabbia che gli montava dentro Harry riuscì comunque a capire... perché Draco era come era.

Non perché Lucius fosse cattivo, ma perché aveva la deformazione del politico e cercava le debolezze di tutti quelli con cui entrava in contatto. Non gli era sfuggito un solo punto debole dell'unica persona al mondo che lo amava. Li aveva visti tutti e aveva fatto soffrire Draco per ciascuno di quelli.

Non aveva capito proprio niente di Draco, e Draco continuava a muoversi verso di lui come un uccellino ipnotizzato da un serpente. Perché non avrebbe dovuto? Harry si era seduto accanto a lui e gli aveva accarezzato i capelli mentre Draco aveva lasciato che le sue illusioni su suo padre sgorgassero liberamente, e non aveva mai corretto neanche una di quelle affermazioni in cui Draco si ostinava tanto disperatamente a credere. Aveva pensato che per lui sarebbe stato meno doloroso credere a delle bugie, che non avrebbe fatto male a nessuno.

Anche Silente aveva pensato che l'inganno fosse la cosa migliore.

"Perché avreste dovuto fare una cosa del genere?" chiese Draco.

A quel punto parlò Voldemort, come offeso che qualcuno potesse mettere in discussione le sue decisioni. "Tuo padre era troppo in vista e la sua fedina troppo sporca perché potesse essermi utile nella sua posizione. Inoltre non è mai stato uno dei miei servi più affidabili. Avevo bisogno che mi dimostrasse la sua lealtà, e mi serviva un assistente appena più competente di Codaliscia." Rivolse a Lucius un'occhiata superficiale. "Direi che ha provato di essere all'altezza, in questo modo."

Nemmeno il Signore Oscuro riuscì a far spostare lo sguardo di Draco da suo padre, ma mentre Voldemort parlava la sua espressione mutò.

Si rivolse a Lucius. "Hai finto di morire per fare da inserviente?"

Harry per poco non si mise a ridere. Era così assurdo e così da Draco, e Lucius aveva ottenuto molto più di quanto non gli spettasse per contratto.

"Lucius," tuonò Voldemort. "Hai intenzione di zittire quel piccolo insolente, o devo farlo io?"

"Chiedo scusa, mio Signore," si affrettò a dire Lucius. "Draco, so che non sei così poco intelligente. Me l'hai dimostrato negli ultimi due anni."

"Davvero? Pensavo di aver solo reagito in modo eccessivo." La voce di Draco era asciutta, tuttavia continuava a muoversi verso suo padre.

Harry non poteva muoversi, non poteva afferrare l'idiota e tenerlo fermo, perché i Mangiamorte avevano l'ordine di uccidere Hermione e Ron se solo muoveva un muscolo. Poteva solo guardare.

"No," disse Lucius rilassato. "Mi hai sorpreso, a dire il vero. Non hai pensato a ciò che facevi, ovviamente, ma hai ottenuto qualcosa, Draco. Hai riunito i tuoi compagni dietro di te. Per quanto fossero sbagliate le tue azioni hai fatto qualcosa, e l'hai fatto bene... e per un motivo ammirevole. Per la famiglia, per vendicarmi."

"Sì," rispose lentamente Draco. "L'ho fatto per te."

Harry non aveva mai sentito Lucius parlare come un politico, come un oratore, con la voce piena, suadente e convincente. Sospettava che lo stesso valesse per Draco... o almeno che Lucius non l'avesse mai usata con lui.

"Ma ora capisci che non era necessario. Tu non hai mai voluto allearti con degli sporchi traditori, con degli sciocchi che gettano fango sul mondo magico con ogni concessione ai sudici Mezzosangue. È giunto il momento di lasciarli, Draco. E' giunto il momento di mostrarmi di cosa sei davvero capace."

Probabilmente era la lode più grande che Lucius avesse mai fatto a suo figlio, ma Harry notò che gli occhi di Draco avevano finalmente trovato qualcosa di più importante su cui posarsi rispetto a suo padre.

La sfera Captus.

Proprio come Hermione, la riconobbe subito.

"Avete preso i miei Serpeverde," disse, fingendo di rivolgersi ad altre persone quando invece parlava solo con suo padre. "Avete preso mia..."

A quel punto ci fu un'altra apparizione inattesa. L'incantesimo di invisibilità si dissolse e rivelò un'altra dozzina di Mangiamorte, come se l'invisibilità fosse un'onda che si ritirava dalla stanza.

Narcissa Malfoy comparve dietro suo marito.

Harry sentì un'altra fitta di tradimento. Lei gli era piaciuta. Dio, quanto erano stati stupidi e ciechi.

Però... no. Nel suo sogno aveva urlato. L'avevano torturata. Non era stata presa di sua volontà.

Ora appariva un po' rigida, come se il corpo le facesse ancora male, ma restò ferma accanto a suo marito e il suo viso era calmo.

"Draco, per favore, vieni qui," disse, e il timbro della sua voce cambiò come se la gola le si fosse ristretta. "So che forse non ti piace l'idea, ma non abbiamo scelta. Ha vinto lui, e abbiamo una possibilità di sopravvivere. Lo stesso vale per i ragazzi che mi hai mandato... se scegliamo il partito vincente.

Quindi l'avevano presa con la forza. Stava usando la logica di Silente, la logica della sopravvivenza. Harry non capì se Draco ne fosse influenzato o no. I suoi occhi continuavano a spostarsi da suo padre a sua madre.

I Lestrange si materializzarono dietro i genitori di Draco. Vide la smorfia sulla bocca di Draco quando guardò il viso folle di Bellatrix Lestrange. Avevano tutti lo stesso sangue, e il sangue era sempre stato molto importante per Draco.

"E' giunta l'ora di scegliere la tua famiglia," disse Lucius con la sua voce allettante. "E poi... non puoi credere sul serio che questo gruppo di stupidi amanti dei Mezzosangue pensasse davvero che fossi uno di loro. Non si sono mai fidati di te. Ti sei reso schiavo per loro, e pensavano tutti che tu fossi l'infame spia di Hogwarts."

Draco si mosse, ma non verso suo padre. Si girò e lanciò un'occhiata verso Harry, calda come un bacio.

"Non Harry," rispose, sicuro come il sole. "Lui è mio amico."

Neanche quando suo padre parlò smise di guardarlo. Sembrava ancora sopraffatto dallo shock e dalla paura, ma nei suoi occhi c'era una fiducia dura come l'acciaio.

Quello era il momento di dire qualcosa, di accusare il padre di Draco anche se non l'aveva mai fatto prima, di dire che non aveva mai pensato davvero... Era quello il momento, con Draco sull'orlo dell'indecisione, in cui Harry avrebbe dovuto parlare.

Ma non aveva idea di cosa dire.

"Ne sei sicuro, Draco?" indagò Lucius. "Li ho sentiti parlare. Credi che il tuo... amico Harry Potter ti dirà che non ha mai dubitato di te, nemmeno per un momento?"

Un dubbio annebbiò il volto di Draco, e quando Harry non parlò continuarono a fissarsi con l'intensità di una preghiera, e la fiducia nei suoi occhi si infranse.

"Non sei mai stato uno di loro, e loro lo sapevano. Sei uno di noi. Sei mio figlio. Hai solo la tua famiglia. Non deludermi, Draco. Vieni qui!"

Devi parlare, pensò Harry furioso, rivolto a se stesso, ma troppo stravolto per riuscire ad aprire bocca. Silente aveva parlato, e con lui Lucius e Narcissa. Non significava niente. Non significava amore.

Draco spostò un po' il viso da Harry, e Harry lo vide farsi più scuro. Un sorriso lento e freddo si impadronì delle sue labbra, simile a quello sul viso di suo padre, simile a quello di Bellatrix. In quell'istante sembrò il prodotto perfetto del loro sangue puro, uno specchio rivolto verso i suoi antenati.

"Eccomi, Padre," disse, e avanzò fino a suo padre.

"Molto commovente," osservò Voldemort. "Ora, a meno che nessun altro Mangiamorte intenda mettere in scena una melodrammatica riunione di famiglia, potremmo dedicarci alle cose serie?"

Harry continuava a guardare Draco. Aveva abbassato gli occhi, come imposte chiuse su delle finestre, in attesa di balzare o chissà cosa. Draco non era mai stato bravo a nascondere le cose troppo a lungo. Harry lo guardò, e Draco alzò gli occhi. Non sembrava pronto a perdonare Harry per aver dubitato di lui. Sembrava impotente, straziato, e pronto a uccidere.

Harry incrociò il suo sguardo mentre un brivido fiero lo attraversava. Io ti conosco.

"Sono rimasto aggrappato alla barca rotta per ore prima che venissero a salvarmi," disse Draco ripensandoci.

Persino Voldemort lo guardò quando parlò, incapace di credere che avesse scelto quel momento per lamentarsi. Gli occhi di Draco erano ancora fissi su quelli di Harry oltre le spalle di Lucius.

Harry fece un passo in avanti, con prudenza. Nessuno se ne accorse.

"Ho gridato fino a perdere la voce. Pensavo che... dato che eri morto, forse ero morto anch'io ed ero già all'inferno."

Harry fece un altro passo avanti. Gli occhi di Voldemort si assottigliarono per un attimo da far fermare il cuore, quindi si spostarono al suono dello scatto esasperato di Lucius.

"Vieni al punto, Draco."

Un altro passo con gli occhi di Draco fissi su di lui, solo i suoi. Un altro passo verso di lui.

Harry, non ci provare!

Ma qualcuno doveva farlo.

Potresti uccidere tutti.

L'emozione illuminò il viso di Draco, una sensazione bianca e calda che sarebbe potuta essere amore, odio o puro sollievo di poter finalmente agire.

"Va' all'inferno, papà," disse, e colpì suo padre in pieno viso.

Lucius cadde ai piedi del Signore Oscuro, che quasi perse l'equilibrio, e Draco lo sovrastò pronto a colpire ancora. I Mangiamorte si affollarono accanto al loro padrone in un'ondata caotica.

Fu solo un attimo.

Hai fatto la tua scelta, hai sfruttato la tua occasione.

Harry si lanciò in avanti e spinse giù la sfera Captus dal piedistallo. Cadde sul pavimento e si ruppe in mille pezzi.

*

Era stata colpita con il Confundus. Ginny si ricordava almeno quello, ricordava la lista di sintomi che sua madre le aveva mostrato. Questo è ciò che potrebbero cercare di farti degli estranei, sentirai queste cose e dovrai cercare di pensare, dovrai proteggerti!

Semplice, come le mamme babbane che insegnano ai loro figli a non accettare passaggi dagli sconosciuti. Solo che lei non era riuscita a proteggersi.

Aveva visto... non si sarebbe mai sognata di essere in pericolo, e invece...

Ma tutte le altre cose che pensava di ricordare erano impossibili. Il terrore annebbiato era il prodotto di un incantesimo, così come la loro situazione. Non poteva permettersi di perdersi in sogni orribili. Non con Dean che era sempre accanto a lei, e aveva bisogno del suo aiuto. Lui era rimasto ancora più disorientato dall'incantesimo Confundus e da ciò che era successo, e anche quello le faceva pensare a sua madre.

I figli di Babbani erano protetti dall'assenza di magia durante l'infanzia. I loro istinti erano diversi, le loro vite non erano toccate dall'ombra del Signore Oscuro. Una parte di loro non avrebbe mai creduto di poter essere in pericolo.

La cosa la riempiva di tenerezza, e aveva continuato a stringergli la mano ben oltre l'attimo di paura, mormorando parole di conforto senza senso. Lui contraccambiava nello stesso modo, e per giorni avevano intrattenuto conversazioni intere sul nulla.

Era tutto così buio, e il tempo passava in una confusione infinita. Cercare di pensare era come cercare di muoversi sott'acqua, e gli altri prigionieri erano quasi tutti inermi quanto Dean. Qualche volta a Ginny era sembrato di sentire una ragazza sussurrare a dei ragazzini, con una voce furiosa e insistente, ma perlopiù stavano in silenzio, per la disperazione o la confusione dovute alla magia.

Era stata colpita dal Confundus, e ora era imprigionata. Questa era l'unica cosa che sapeva.

Oltre alla confusione e all'affetto, sentiva solo che li stavano osservando. Quella era un'altra delle ragioni per cui erano tutti raggomitolati nell'oscurità e in semi-silenzio: riuscivano a sentire degli occhi maliziosi che li guardavano, come se fossero diventati dei cuccioli da osservare.

Erano come pesci rossi in una palla di vetro, quella prigione tutto il loro mondo.

Poi il mondo era andato in frantumi. L'aveva sentito rompersi intorno a lei, insieme agli ultimi effetti dell'Incantesimo Confundus, e in lei era sbocciata una paura feroce. Aveva sentito il mondo sbriciolarsi, e di certo i cocci di quella distruzione li avrebbero uccisi tutti.

Tenne stretta la mano Dean, senza fiato, come se la libertà fosse diventata un'atmosfera aliena, e appena i suoi occhi si abituarono capì dove si trovavano.

C'erano Mangiamorte ovunque, alcuni caduti su di loro come se fossero esplosi nel mezzo della stanza. Ora Ginny riusciva a vedere Hermione e Ron, che era assolutamente certa non fossero stati presi, e dai quali sarebbe corsa se non avesse dovuto tenere stretto Dean. Riusciva a vedere Voldemort, proprio uguale all'uomo nero che i suoi fratelli le avevano descritto nell'infanzia, e molto diverso da Tom Riddle.

Harry Potter stava davanti a un piedistallo di pietra vuoto, ricoperto di vetri e di liquido. Ginny fissò i cocci ai suoi piedi. Erano usciti tutti da lì dentro, pensò sconvolta, poi si stupì che la sua prima reazione vedendolo non fosse stata di sollievo. Il viso di Harry era pallido e malvagio, pronto a uccidere: non aveva più l'aspetto di un eroe ragazzino.

Draco Malfoy stava accanto a Voldemort e ai Lestrange. Suo padre - suo padre? - evidentemente era stato colpito anche lui dall'eruzione dei prigionieri nella stanza, ma sembrava che Malfoy avesse scelto di stare dalla sua parte.

Quando cominciarono lentamente a comparire i confini della stanza, Ginny vide che i Serpeverde catturati erano giunti alla stessa conclusione. Un silenzio sgomento cadde su di loro, e rimasero al centro della stanza mentre tutti si spostavano scegliendo un lato.

Alcuni di loro guardavano Malfoy in cerca di ordini, ma lui continuava a fissare suo padre. Altri riconobbero chiaramente dei volti di parenti sotto i cappucci neri.

L'esitazione silenziosa durò solo qualche attimo, ma in un momento come quello ogni secondo si caricava di significato dilatandosi.

Una ragazza si alzò lentamente dal pavimento. Ginny riconobbe i capelli neri e il viso duro: era Pansy Parkinson.

"Non m'importa," disse, e Ginny realizzò scioccata che la voce testarda che parlava con i ragazzini nella loro piccola prigione era stata la sua. Guardò Malfoy, poi uno dei Mangiamorte, e avanzò. Ginny non pensava che avrebbe mai udito la voce di un Serpeverde incrinarsi. "Non voglio..."

Pansy si fermò, il volto teso come se stesse trattenendo a fatica le lacrime, ma si allontanò dal gruppetto di Serpeverde per raggiungere il lato illuminato della stanza.

Una volta arrivata inciampò, ma Ron si sporse in avanti e la sostenne. Il fratello maggiore di Ginny tenne le mani stabili sotto le sue braccia finché Pansy non fu in piedi a fronteggiare un Mangiamorte insieme a loro.

I Serpeverde cominciarono a seguirla.

Quelli che erano rimasti indietro esitarono di nuovo quando Malfoy alzò lo sguardo da suo padre e li vide. Ginny vide un lampo di orgoglio sul suo viso nell'accorgersi di dove stava Pansy, e capì di essersi sbagliata.

Lucius Malfoy si stava contorcendo ai suoi piedi. Aveva un labbro insanguinato, e per un momento Ginny si chiese stupidamente come fosse successo. Quindi Lucius si gettò su suo figlio.

Scoppiò il caos.

Tutti passarono in un attimo dall'incertezza alla violenza, e all'improvviso la stanza si riempì di corpi in movimento e l'aria di maledizioni. Ginny vide il contingente dei Serpeverde nel mezzo guidato da qualcuno che le pareva Blaise Zabini verso Voldemort... ma subito strizzò gli occhi e si accorse che si stavano dirigendo verso Malfoy.

Qualcuno le afferrò il braccio e in un secondo prese la bacchetta, prima di girarsi e accorgersi che l'aveva puntata per l'ennesima volta contro Ron.

"Ginny," disse, e l'intensità con cui pronunciò il suo nome significava che le voleva bene e che si era spaventato a morte, "Sei scema? Dobbiamo combattere!"

"Sì!" gridò Ginny. "Ma devo assicurarmi che Dean sia al sicuro, è ancora sotto l'effetto del Confundus..."

"No," replicò Dean, con voce intontita vicino al suo orecchio. "No, sto bene, posso aiutare..."

Ginny si voltò contenta mentre parlava, e guardò i suoi occhi già più decisi per un attimo, prima che un Mangiamorte gridasse "Stupeficium!" e che Dean cadesse a terra ai suoi piedi.

Il Mangiamorte si stava avvicinando, diretto verso due facili prede: una ragazza tremante e un ragazzo incosciente.

Ginny era stanca di essere terrorizzata.

Lo colpì con una Fattura Gambemolli con tutti i riflessi dovuti a una vita insieme a Fred e Gorge, e quando l'uomo stava per cadere sopra Dean, lo colpì molto forte. Con la bacchetta.

Il Mangiamorte cadde di lato, gli occhi gli si chiusero, e Ginny trascinò via Dean e lo attirò come meglio poté sul proprio grembo, rannicchiata su di lui con la bacchetta pronta.

Pensava che Ron avrebbe potuto aiutarla, ma vide che stava affrontando tre Mangiamorte. Ebbe un attimo di paura per lui, ma poi si accorse che uno dei Mangiamorte se la stava vedendo con Pansy Parkinson alle sue spalle che lo colpiva sulla testa con la bacchetta, mentre Hermione avanzava verso un altro con sguardo determinato.

Di conseguenza non aveva alleati. Non aveva altra scelta che proteggere Dean da sola.

Le persone cadute a terra venivano calpestate. Forse anche l'uomo che aveva colpito stava venendo schiacciato da qualcuno in quel momento... ma lui se lo meritava, Dean no. Neanche per sogno avrebbe lasciato che gli succedesse qualcosa.

Ginny sollevò la bacchetta e scagliò ogni incantesimo che le venne in mente.

Intorno a lei continuavano a urlare e morire persone, c'erano alcuni ragazzi molto giovani ancora privi di sensi. Vide il professor Lupin ringhiare mentre ne difendeva otto, e il professor Black ridere e ferire chiunque minacciasse Lupin mentre era distratto. C'erano dei ragazzini accalcati intorno a Pansy Parkinson, e Ron era attaccato a loro. Ginny abbassò lo sguardo un momento e vide due ragazzi del primo anno, uno dei quali cercava di fare scudo alla testa di Dean, ma che in realtà cercavano solo di starle vicini.

Pensò che erano più numerosi dei Mangiamorte, ma molti di loro erano confusi, altri ancora inermi.

Quindi doveva combattere lei.

Per un pelo non imprecò contro Hermione, che le afferrò un braccio mentre le passava accanto. I capelli di Hermione erano una massa increspata attorno a un volto feroce.

"Non vedo Harry!" esclamò. "Cosa gli sta succedendo?"

"Non lo so e non m'importa," disse in fretta Ginny. Hermione riusciva a sembrare scandalizzata persino nel mezzo di una guerra totale. "Cioè... m'importa, è ovvio che m'importa," si corresse Ginny, "ma... non posso fare niente per lui, mentre posso aiutare loro."

Hermione la fissò, poi annuì e si fece strada selvaggiamente tra la folla verso Harry. Ginny le augurò buona fortuna.

"Ginny?" disse dolcemente Dean per terra, lottando per tornare conscio.

Ginny lo sovrastava, aspettando la minaccia successiva.

"Sì," disse, contenta di notare che la propria voce era ferma quanto la sua bacchetta. "Ci sono io con te."

*

Quando Hermione vide un guizzo di capelli biondo pallido il suo cuore mancò un battito: di certo Harry era con Malfoy.

Mentre lottava per avvicinarsi, vide che non era così. Malfoy e suo padre si stavano scagliando l'uno contro l'altro. Preso da quella lotta probabilmente Draco non si era neanche accorto di essersi lasciato Harry alle spalle.

Qualcuno doveva proteggere i più piccoli, qualcuno doveva combattere contro Lucius Malfoy. Ma qualcuno doveva raggiungere Harry. Se avessero perso lui, avrebbero perso la guerra, possibile che nessuno lo capisse?

Dov'era Harry?

"Nox," sibilò Hermione, agitando la bacchetta davanti agli occhi improvvisamente ciechi di un Mangiamorte.

Malfoy non stava nemmeno usando incantesimi contro suo padre. Stavano rotolando l'uno sull'altro, colpendosi con veri pugni, a sangue, come se si odiassero così tanto da non poter sopportare la distanza imposta da una bacchetta. Hermione esitò un attimo per controllare se fosse possibile scagliare una maledizione su Lucius con la certezza di non colpire Draco per sbaglio.

A un certo punto vide Peter Minus emergere alle spalle di Draco, e puntò la bacchetta verso di lui, solo per vederlo svenire. Narcissa Malfoy stava su di lui con la bacchetta alzata.

Disse, "Non osare toccare mio figlio."

Lucius Malfoy sputò del sangue in faccia a suo figlio. "Bene, la mia famiglia è un gruppo di traditori," cominciò, quando Draco gli si buttò addosso cogliendolo di sorpresa con un pugno che lo lasciò stordito.

All'improvviso Malfoy si alzò e corse verso di lei, e Hermione si bloccò per lo shock quando puntò la bacchetta contro di lei e gridò:

"Incendio!"

Si voltò appena in tempo per vedere i capelli di Bellatrix Lestrange scoppiare in fiamme, ma si rigirò subito dopo per allontanarsi dalle sua urla, ritrovandosi schiacciata contro la spalla massiccia di Malfoy.

"Attenta, Granger, stupida stronza!" sbottò. Aveva il labbro spaccato in due punti, il viso pieno di graffi e dei segni rossi sulla gola lasciati dal suo stesso padre quando aveva cercato di strangolarlo.

Ebbe appena il tempo di schiantare il signor Lestrange alle spalle di Malfoy. Lasciò che gli angoli della bocca le si curvassero all'insù.

"Attento, Malfoy, stupido bastardo."

Gli occhi di Malfoy brillarono e si mossero da suo padre, caduto, a lei, rapidi come insetti in un improvviso raggio di luce. Hermione rimase sorpresa nello scoprire che si sentiva più sicura con lui al suo fianco, come se fosse un alleato valido quanto un Grifondoro.

"Harry mi ammazzerebbe se lasciassi che ti torcessero uno solo di quei capelli crepi," mormorò, poi la sua voce si fece più intensa. "Harry. E' rimasto solo?"

"Ero leggermente occupata! Centinaia di persone sono esplose nella stanza!" strillò Hermione sovrastando i rumori della battaglia.

"Dobbiamo andare a prenderlo. Presto..."

Colse lo sguardo di Hermione prima ancora di accorgersene lui stesso. Hermione restò immobile per un attimo cruciale alla visione di Narcissa Malfoy per terra con del sangue tra i capelli chiari, e Lucius in piedi col volto gelido e la bacchetta puntata contro il suo unico figlio.

Avrebbe voluto gridare qualcosa a Draco ma aveva la bocca secca e non poté far altro che guardare, e guardarono entrambi. Era solo, come realizzò in una frazione di secondo, che non c'era tempo, e Lucius Malfoy era deciso.

"Avada Kedavra!"

Lo ha fatto. Draco è suo figlio e l'ha fatto, gridò qualcosa dentro la mente di Hermione, che desiderò tanto poter tornare al sicuro dai suoi genitori, e che fosse tutto un incubo, desiderò di non dover guardare Malfoy morire davanti ai suoi occhi.

Qualcuno si era accorto del pericolo prima di entrambi. Mentre Hermione guardava, certa di ciò che avrebbe visto, registrò con la coda dell'occhio due figure robuste che correvano verso di loro più velocemente di quanto le avesse mai viste muoversi.

Tiger arrivò troppo tardi.

Goyle riuscì in qualche modo a fare da scudo a Malfoy prima che la maledizione lo colpisse, ed ecco che Malfoy non era morto davanti ai suoi occhi. Era inginocchiato per terra accanto a Goyle, e Goyle era morto.

Hermione si mise una mano sulla bocca per impedirsi di urlare. Si morse il palmo e cercò di tenere stretta la bacchetta, e non fece altro che guardare il viso teso di Malfoy e pensare ridicolmente: sembra così giovane. Gli aveva attribuito mille caratteristiche sinistre, mentre era solo giovane e sconvolto da quanto il mondo potesse ferirlo, e Gregory Goyle, steso lì per terra, era solo un ragazzone.

Hermione voleva mettersi a piangere. Incrociò gli occhi di Tiger e vi vide riflesso il suo stesso orrore; poi tornò a guardare in viso Draco.

Draco si alzò, lasciando il suo amico morto per terra. La sua espressione le ricordò quella di Harry poco prima: lo sguardo di chi aveva attraversato il fuoco e ne era uscito di acciaio. Non sembrava più né giovane né triste.

Il trionfo stava scomparendo dal viso logoro di Lucius Malfoy. Non ha abbastanza energia per usare di nuovo la Maledizione Che Uccide, realizzò lentamente Hermione. Non ha la magia, non ha la forza.

Draco era disperato e a pezzi e furioso e sicuro. Non esitò, ne per amore né per pietà.

"Avada Kedavra," disse.

Ci fu un getto di luce verde.

Solo dopo che Lucius fu caduto a terra Hermione si rese conto che non avrebbe mai pensato che Malfoy potesse davvero scagliare una Maledizione Senza Perdono. Non con il sangue e con la magia, non tanto da uccidere suo padre.

Eppure lo aveva fatto, e ora non avrebbe mai più potuto fingere che non ci fosse stato un attimo in cui aveva voluto vedere morto suo padre più di qualsiasi cosa al mondo.

Un attimo dopo l'Ordine della Fenice irruppe nella stanza come un miracolo, e cominciò a farsi largo attraverso i Mangiamorte. Snape era in testa.

Hermione non avrebbe mai dimenticato la faccia di Draco quando capì che se avesse aspettato solo un altro istante forse non sarebbe stato costretto a farlo.

Indugiò, spaccata in due dalla paura e dalla compassione, e fu allora che sentì lo schianto terribile proveniente dal lato della stanza in cui Harry e Voldemort stavano combattendo l'uno contro l'altro.

Gli occhi di Draco, fissi su un punto remoto, tornarono concentrati. Strinse il braccio di Tiger, le dita bianche mentre affondavano nella sua pelle.

"Resta qui," ordinò. "Non metterti nei guai per me!" Guardò il viso ammutolito e testardo di Tiger e lo scosse. "Resta con lui," ringhiò. "Qualcuno deve restare con lui. Non puoi lasciare che la gente lo calpesti."

"E tuo padre?" si lasciò sfuggire Hermione, solo per desiderare subito dopo di mordersi la lingua.

"Lui se lo merita," disse aspro Draco. "Merita di peggio. Dobbiamo andare ad aiutare Harry."

A quel punto lo schianto diventò un tuono, si scambiarono uno sguardo e presero a correre, anche se Hermione era certa che ormai non avrebbero più potuto aiutarlo.

*

Alla fine, come all'inizio, erano solo loro.

Harry vide il ricordo dell'inizio in quegli occhi stretti e attenti, vide le dita di Voldemort stringersi attorno alla bacchetta con piccoli tocchi esitanti, come un uomo con un'amante desiderata a lungo, e sentì un'ondata di pura irritazione sovrastare l'ira costante.

A quella cosa era stato concesso di orchestrare la sua vita sin quasi da quando era nato.

Si era chiesto, a volte, se fosse capace di uccidere. Ora lo sapeva. Aveva ucciso Silente. Aveva amato Silente.

Aveva dovuto farlo.

Quell'essere aveva ucciso i suoi genitori, rapito i suoi amici e causato una guerra che aveva minacciato tutti coloro che amava, ed era disgustoso. Andava distrutto. Era tutto molto semplice.

Harry strinse forte la bacchetta e restò calmo, cercando di leggere sul viso di fronte a lui la sua prossima mossa.

In quel posto nuovo e freddo si rese conto che Voldemort aveva un aspetto grottesco. Aveva marciato nel sangue ed era risorto dalla morte per diventare quella cosa, quando una volta era stato umano, ed eccolo lì tutto soddisfatto di sé. Dov'era la vittoria?

"Ho atteso questo momento per molto tempo," sussurrò Voldemort, la voce grave e quasi intima.

"L'ho detto che sei patetico," disse Harry.

Nella sua mente non c'erano altro che quell'unico impulso di uccidere, e tutti i modi in cui avrebbe potuto farlo.

Avrebbe scelto qualcosa di semplice. Come una madre che difende suo figlio. Come prima, quando la bacchetta di Silente era semplicemente stata fuori dalla sua portata.

... se non fosse stato per quello Harry sarebbe morto, perché Silente era troppo potente, esattamente come Voldemort in quel momento. Non sarebbe stato un gioco pieno di effetti speciali sotto gli occhi del preside, come estrarre una spada da un cappello. Harry aveva approfittato di una piccola casualità e aveva desiderato poter chiudere gli occhi, ma non aveva potuto, era dovuto rimanere concentrato, e quando aveva alzato la bacchetta lo aveva guardato negli occhi e aveva detto...

Si udì il suono della Maledizione Che Uccide, come un suggerimento per Harry, e Harry sentì una fitta di terrore al pensiero di chi potesse esser stato colpito.

Non c'era modo di saperlo, e la Maledizione Che Uccide non avrebbe funzionato in quel frangente.

Voldemort non aspettava altro, e aveva la bacchetta in mano. Ma duellare con Harry gli avrebbe creato qualche problema, e quella poteva essere una possibilità.

Voldemort non vedeva l'ora di ucciderlo, ma erano anni che Voldemort non vedeva l'ora di uccidere Harry, e quella voglia doveva essere invecchiata con lui. Sollevò la bacchetta e aprì le labbra, e Harry, che stava aspettando quel momento, sollevò la bacchetta e parlò a sua volta. 

Le loro bacchette restarono congelate, la magia tremò fino alla paralisi proprio come era successo il quarto anno, e Voldemort restò con la propria magia incatenata a quella di Harry, senza altre difese. La battaglia si era concentrata nel centro della stanza, e persino Nagini era occupata a strisciare tra i corpi mordendo.

Non aveva la magia e non aveva i suoi servi.

Harry aveva ucciso Silente. Questo non era niente.

All'improvviso fu tutto chiaro a quella macchina assassina che era diventata la sua mente. Voldemort era fisicamente vulnerabile. Sedici anni prima era stato il suo corpo a essere distrutto, e il suo nuovo corpo, acquistato col sangue di Harry, lo rendeva di nuovo carne e ossa.

Qualsiasi cosa fatta di carne e ossa poteva essere uccisa, e lui era pronto a farlo. Voleva farlo. D'un tratto pensò a come venivano uccise le persone a cui veniva tolta la magia nelle favole babbane: mai con la magia, sempre fisicamente. Spinte in un forno, fatte rotolare in un barile fino alla morte, fatte sfrecciare in cielo e poi fracassare al suolo...

Un piano cominciò a prendere forma nella mente di Harry.

Sentì delle grida alle sue spalle, grida e lampi di luce che trasformavano in un campo di battaglia quella che sarebbe dovuta essere un'aula. C'erano persone che stavano morendo. Doveva porre fine a tutto questo subito.

I fantasmi presero ad affiorare dalla bacchetta di Voldemort, ma aveva ucciso parecchie persone negli ultimi anni, quindi erano sconosciuti, pallidi sconosciuti che sussurravano incoraggiamenti di cui non aveva bisogno, persone che non poteva salvare.

Silente non si era mai aspettato che provasse a sconfiggerlo. C'era una cosa che quelle persone non capivano.

La linea di magia che univa le bacchette stava vacillando. Non avrebbe retto.

Se ne accorse anche Voldemort, e cominciò a sorridere, un sorriso lento e terribile.

"Vuoi dire qualche ultima parola?"

Non voleva che i suoi ultimi pensieri riguardassero Voldemort. Non ne valeva la pena, così in quel millesimo di secondo prima del dolore e dell'oscurità pensò a tutte le persone che aveva perso nel tumulto urlante della guerra. Non aveva il tempo di chiedersi se stessero bene, poteva solo chiamare i loro nomi, per ricordare che esistevano anche loro oltre a Voldemort, e che erano più importanti di lui.

Ron, Hermione, Sirius, Draco.

"Addio," disse Harry. Interruppe il contatto per un attimo, e puntò la bacchetta verso un punto proprio sopra la testa di Voldemort. "Accio muro!"

L'intera parete sud di Hogwarts crollò su entrambi.

*

Tutti si fermarono mentre le pietre cadevano accanto a loro, e Hermione e Draco stavano già correndo verso il rumore del muro che crollava.

"Incantesimi di supporto!" gridò Lupin a Sirius e al mondo in generale, e mentre Hermione e Draco correvano, Hermione capì che erano gli incantesimi del loro schieramento che tenevano su il pavimento che stavano calpestando e il soffitto sulle loro teste.

Davanti a loro c'erano macerie, e oltre quelle il cielo notturno. Le stelle guardavano impassibili le rovine di Hogwarts.

I Mangiamorte avevano smesso di lanciare incantesimi. Quelli di loro che erano ancora vivi avevano lasciato cadere le bacchette e si stringevano le braccia con il Marchio Nero, come se la morte del loro padrone avesse lasciato loro una ferita. L'Ordine della Fenice, senza perdere un colpo tra battaglia e stasi, cominciò ad accerchiarli.

Hermione avrebbe voluto perdersi nel trionfo. Avrebbe voluto trovare Ron e dargli pugni sul braccio e urlare e dire Ce l'ha fatta, lo sapevo che ci sarebbe riuscito! Invece corse accanto a Draco Malfoy verso il cumulo di pietre - la tomba di pietre, continuava a pensare, mentre la sua mente cercava di nascondersi dal mondo - che Harry aveva buttato giù.

Arrivarono fin troppo in fretta. Hermione vide i blocchi enormi che avevano sorretto Hogwarts, vide un ammasso di mattonelle di pietra e capì che chiunque sotto quel peso sarebbe morto schiacciato.

Oh, Dio. Oh, Dio.

Sentì qualcuno gridare dietro di loro, e riconobbe la voce di Pansy Parkinson. Doveva aver trovato Goyle, pensò tristemente.

C'erano solo la notte improvvisamente silenziosa e quel cumulo di enormi, stupide pietre. Non era così che doveva andare.

Si sporse e toccò il braccio di Draco.

"Ce l'ha fatta," sussurrò, e all'improvviso si ritrovò a dover soffocare le lacrime. "Lo sapevo che ce l'avrebbe fatta!"

Draco le rivolse uno sguardo freddo.

"Cerca di frenare questo assurdo sentimentalismo," la schernì lui. "Lo sapevo anch'io che ce l'avrebbe fatta. Adesso tiriamolo fuori."

Hermione lo fissò, incapace di dire ciò che era ovvio, specie perché era chiaro che la calma che gli stava deformando sgradevolmente il viso non era altro che l'anticamera della disperazione, ma altre persone cominciarono ad ammassarsi intorno a loro e qualcuno parlò.

Era Blaise Zabini. "Cosa vuoi fare, tirarlo fuori per poi sotterrarlo di nuovo?"

"Sta' zitto!" ordinò Draco, gettandosi su Zabini con uno slancio di aggressività quasi consolante. "Non è morto!"

"Draco," disse Hermione, e Draco la guardò.

Anche se erano circondati dalla morte, Hermione si accorse che una parte di lui era sorpresa per la familiare intimità del suo nome sulla sua bocca. Non le importava. Era troppo occupata a non sentire ciò che stava dicendo.

"Credo... che abbia ragione. Queste pietre sono enormi. Gli avrebbero spezzato la schiena... gli avrebbero rotto tutte le ossa del corpo..."

Doveva averlo saputo, prima di tirare giù il muro. Hermione si spinse la mano sulla bocca mentre cercava di non pensarci, di non immaginare cosa aveva dovuto provare Harry. Fu così grata a Ron per le braccia forti che le scivolarono intorno all'improvviso, e per le mani che si chiusero sulle sue. Lo sentì tremare con lo stesso terrore inorridito.

Draco aveva un'espressione crudele. "Non m'importa! Siamo maghi, Granger, nel caso te lo fossi dimenticato. Non fa niente se ha il cranio fracassato, l'importante è che arriviamo in tempo. E ora aiutami a tirarlo fuori!"

Hermione si appoggiò a Ron per un breve e dolce momento, come se aver vinto significasse potersi riposare. Poi aprì gli occhi e guardò la notte, i feriti e i morti, e Draco Malfoy coperto di sangue e di sporco, che si tagliava le mani mentre cercava di sollevare un masso da solo.

"Siamo maghi," disse Hermione. "Possiamo fare di meglio."

Cominciarono tutti a far levitare le pietre. All'inizio furono solo Hermione, Draco, Ron e Pansy Parkinson, quindi si unirono degli altri. Presto la notte si riempì di macigni volanti, alcuni dei quali finirono contro gli altri muri per la fretta. Quei rumori e i mormorii furono gli unici suoni mentre lavoravano in silenzio, con una fretta disperata.

Individuarono il primo corpo. Era abbandonato come un pupazzo, un enorme fantoccio nero usato per spaventare i bambini alle feste, e per un attimo tutti indietreggiarono, senza osare toccarlo. Dicevano che se lo si chiamava arrivasse, e che non morisse mai...

Hermione d'un tratto si infuriò con se stessa per essere stata così stupida.

Fece un passo avanti e si rese conto che Draco ne aveva fatto uno nello stesso momento. Lui sembrava più calmo di lei, ma il suo viso era tetro. Sentì Ron alle spalle, e tutti e tre insieme sollevarono quella cosa inumana e rotta e la gettarono via come spazzatura.

E quella fu la fine del mago cattivo.

Harry era sotto di lui, il volto insanguinato. Era immobile.

Hermione fu sopraffatta dalla tenerezza, cruda come una ferita aperta. Non voleva che nessuno lo toccasse: non voleva che Ron la consolasse, non voleva più guardare Harry. Aveva di nuovo rotto gli occhiali, pensò stupidamente. Si rompeva sempre gli occhiali.

Hermione si mise a piangere. Draco imprecò, inginocchiato accanto al cadavere - a Harry - col respiro come a singhiozzi, ma gli occhi privi di lacrime.

"Andate a chiamare Madama Chips," ringhiò rivolto a tutti, e afferrò il braccio di Harry.

Hermione gridò sentendo le ossa del braccio di Harry scricchiolare e stridere, come qualcosa di troppo frantumato per poter essere mai riaggiustato.

"Non puoi mostrare un po' di rispetto?"

"No," disse Draco. "No, non voglio. Non è morto, non è morto perché lo dico io! Cazzo, Harry, apri gli occhi!"

Non assomigliava affatto alla vittoria che si era immaginata Hermione, col loro castello mezzo distrutto e gente che continuava a morire.

Non ci furono miracoli. Harry non aprì gli occhi.

Ma quando Madama Chips spinse via una Hermione in lacrime e un Draco imprecante, si mise al posto di Draco accanto a Harry e premette brevemente due dita sul collo di Harry, disse che sentiva un battito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Epilogo

 

This is what I know now

My salvation lies in your love

 

[Questo è quanto so adesso / Il tuo amore è la mia salvezza]

 

 

Harry aprì gli occhi.

Sbatté le palpebre e cercò di mettere a fuoco. Era un mattino grigio e nuvoloso, notò attraverso le finestre dell'infermeria. Sembrava che la luce del sole si fosse arresa, e ricadeva poco lontano dal suo letto. Si sentiva come se qualcuno gli avesse triturato le ossa con un mortaio e un pestello.

Draco era seduto su una sedia accanto al letto, piegato in avanti a guardarlo con occhi chiari. A Harry ricordava un po' un avvoltoio appollaiato su un albero nell'attesa paziente che il suo pranzo morisse.

Harry gli sorrise meglio che poté, e la tensione scivolò via dalle spalle di Draco.

"Draco," disse, testando la propria voce e trovandola incrinata ma ancora funzionante. "Cos'è successo?"

"Beh, non so proprio come dirtelo, Harry, ma dopo che hai ucciso Voldemort Peter Minus ha preso il comando e ha trionfato su tutta la linea. Ci ha concesso di vivere come suoi schiavetti malvagi."

Harry rise con cautela, nonostante il vago presentimento che così facendo si sarebbe di nuovo rotto le costole. Il viso di Draco si addolcì ulteriormente, le rughe causate dall'amarezza e dalla stanchezza si distesero finché non tornò quasi normale, familiare e amato.

"Come ti senti?" chiese, e senza tracce di ostilità o ironia la sua stanca voce strascicata suonò quasi dolce.

Harry si sollevò con molta prudenza, quindi si rilassò in posizione seduta contro i cuscini. "Sono... un po' sorpreso di non essere morto," rispose sinceramente. "Com'è successo, secondo te?"

"Crediamo che Voldemort ti abbia salvato," disse Draco. "E' caduto su di te, ed era alto due metri con una testa gigante. Il suo corpo ti ha protetto dal peggio. Ti prego, Harry, non morire per l'ironia."

Harry alzò solo le sopracciglia. Stava ancora cercando di testare tutte le ossa del suo corpo, che insistevano nel fargli notare che erano rotte e che curarle era una pia illusione, pronta a scomparire ad ogni movimento improvviso. Se era stato protetto dal peggio, il peggio doveva essere...

Morire fracassato.

, ricordò Harry. L'ho fatto.

Bene. Andava fatto.

"Chi... chi altro è morto?" chiese, temendo la risposta.

"Weasley e Granger stanno bene," disse subito Draco. "E anche il professor Black e il professor Lupin."

Per un attimo provò solo sollievo, poi si ricordò che stavolta non si era trattato di un gruppetto in pericolo: stavolta c'era stata una guerra.

"Chi è morto?"

"Calì Patil e Lavanda Brown," rispose secco Draco. "Natalie McDonald... pensiamo che lei e Malcolm Baddock stessero cercando di proteggersi a vicenda. Nessuno dei due ci è riuscito. Non so quali altri Grifondoro conosci."

"Dimmi tutti i nomi," disse Harry.

Cercò una magra consolazione nell'idea che quella sarebbe stata l'ultima lista di persone che non era riuscito a salvare.

Draco obbedì, la voce piatta come se avesse già memorizzato la lista. Harry lo ascoltò, cogliendo nomi che conosceva tra gli estranei che non aveva salvato. Persone della scuola. Persone dell'Ordine della Fenice.

"Aspetta," disse. "Cosa? L'Ordine della Fenice? Come hanno fatto ad arrivare?"

"Oh, è stato un miracolo, sono arrivati al momento giusto, un segno del cielo," rispose Draco loquace. Allo sguardo scettico di Harry, aggiunse: "Ho mandato un Gufo a Snape dalla guferia quando ci siamo separati. Io... nessuno doveva sapere dove fosse andato, aveva usato incantesimi per non farsi trovare, ma mi aveva lasciato un indirizzo e io gli avevo dato la mia parola che non l'avrei detto a nessuno. Per questo... ti ho mentito sulla lettera che stavo scrivendo, e ti ho mentito sul perché volessi che ci dividessimo. E' stata una stupidaggine. Facevi bene a dubitare di me."

Harry non chiese come facesse a sapere che aveva sospettato della lettera. Sospettava che Draco avesse analizzato ogni ragione per cui Harry avesse potuto non fidarsi di lui, oltre ad imparare a memoria le liste dei caduti.

"No, non dubitavo," disse, e si sporse impacciato per toccare la mano di Draco.

Draco la allontanò leggermente, e tornò a leggere la sua lista invisibile. Harry lasciò cadere la mano.

Ernie McMillan. Nymphadora Tonks. Millicent Bulstrode.

"E Pansy è ...?" chiese quando Draco fece una pausa in quella lista che sembrava interminabile, senza finire la frase. Se erano potute morire tante persone, Harry sentiva che anche solo dirlo avrebbe potuto farlo succedere.

Ma Draco disse, "Sta benissimo. Le farà piacere sapere che me l'hai chiesto, anche se temo che niente smuoverà Weasley dal primo posto della sua classifica di Grifondoro Migliori, a questo punto. Ovviamente ha preso un colpo in testa che non è stato curato."

"Ron? Davvero?" chiese Harry, fissandolo.

"Non temere, non credo che abbia in mente di far lasciare Granger e Weasley, specie considerato il fatto che si sta chiedendo se sia il caso di farsi tramortire dal suo pezzo di Tassogrosso pur di evitare i MAGO."

"I MAGO?" ripeté Harry. "Faremo lo stesso i MAGO?"

Era troppo stanco per fare appello all'indignazione, ma sentì comunque che era decisamente troppo.

"Passeremo tuta l'estate a scuola per farli," confermò Draco. "Granger è disgustosamente felice. E' tutta colpa del nostro nuovo preside."

La testa di Harry cominciò a pulsare, come se tutte quelle nuove informazioni stessero picchiando contro una porta per irrompere nella sua mente.

"Chi è il nostro nuovo preside?"

Draco sollevò un sopracciglio. "Il professor Lupin."

"Oh," disse Harry, e poi, riuscendo a racimolare un po' di vago piacere: "Oh. Bene."

"Sapevo che saresti stato contento. Ovviamente per me è uno scandalo. Avrebbe dovuto essere il professor Snape. Almeno avrebbe potuto prendere la cattedra di Difesa dalle Arti Oscure, ora che Silente è morto."

Era come se qualcuno stesse aprendo e chiudendo delle persiane nella mente di Harry. Quando si aprivano vedeva l'infermiera impietosamente immobile, quando si chiudevano nient'altro che il ricordo di quella notte, quando Silente...

"Allora lo sai," disse lentamente.

"So che è morto," rispose Draco. "Conosco l'incantesimo per cancellare gli incantesimi lanciati da una bacchetta. Me l'ha insegnato Snape. Torna molto utile."

Si sfilò la bacchetta di Harry da un passante dei jeans e, dopo un momento, Harry la accettò.

"Li avevano colpiti tutti col Confundus," proseguì Draco. "Nessuno ricorda con certezza cosa ha visto. Non ti crederebbe nessuno. Non sospettavo... non mi era mai piaciuto, e ho sospettato di chiunque. E' morto in battaglia, e questo è quanto."

Harry si schiarì la gola e disse la verità a Draco, perché Draco l'avrebbe compresa completamente.

"L'ho ucciso," disse. "Ho dovuto farlo."

Draco annuì, accettando senza scomporsi la rabbia che avrebbe fatto ritrarre chiunque altro. Qualcosa disturbò la calma del suo viso, ma quell'emozione passò troppo in fretta perché Harry potesse identificarla.

"Ho ucciso mio padre," replicò Draco. "Ho voluto farlo."

Harry avrebbe voluto dire qualcosa. Dire che era felice che Lucius fosse morto non gli sembrava appropriato, così il silenzio si protrasse, diventando teso come la corda di uno strumento musicale, finché non emerse un suono rotto.

Proveniva da Draco. "Ha ucciso Goyle," disse, e la voce gli si spezzò. "Voleva uccidere me, e Goyle mi si è messo davanti, e io non capisco perché l'abbia fatto!"

"Tuo padre?"

"Goyle! Non capisco. E' morto per causa mia e ancora non capisco perché l'ha fatto!"

Harry non era certo di capirlo lui stesso. Di certo non sapeva quale fosse la cosa giusta da dire, non a Draco così addolorato e confuso, e che lo guardava arrabbiato in cerca di risposte.

"Ti voleva bene," disse.

Gli occhi di Draco erano desolati.

"Io volevo bene a mio padre," disse. "Non posso... Non ho mai saputo amare nessun altro. Lui mi guardava e mi istruiva quando ero piccolo, e io pensavo che... non lo so, pensavo che mi avrebbe amato, se solo l'avessi reso abbastanza fiero! Era un bastardo, era pronto a strisciare e a uccidere per ottenere ciò che voleva, e adesso capisco che si possa uccidere, ma che io sia dannato se mai capirò lo strisciare. Non mi avrebbe mai amato, e Goyle è morto per me, e io avevo sbagliato tutto."

Harry si tese per provare una certa teoria, e vide Draco allontanare di nuovo la mano.

"Ora capisci meglio."

"Sono sempre lo stesso," disse Draco. Sembrava tormentato e infelice, come se si stesse prendendo gioco di se stesso con estrema crudeltà, come se la voce di suo padre gli risuonasse ancora nelle orecchie. "Sarei diventato un Mangiamorte se non se ne fosse andato. L'avrei fatto, pur di guadagnarmi la sua approvazione. Avrei percorso quella strada pensando che lui sapesse cosa fosse giusto, e se mai mi fossi accorto che le cose non stavano così sarebbe stato troppo tardi. Ancora non so come comportarmi. Ancora non conosco le parole giuste."

"Un mio amico è morto per me, perché mi sono raccontato delle bugie stupide e patetiche su mio padre e non l'ho ucciso il primo momento che l'ho visto, e non capisco nemmeno perché mai qualcuno dovrebbe aver fatto una cosa simile per me!"

Draco evitò il suo sguardo e cercò di ricomporsi. "Non per mettere su un dramma in tre atti mentre sei ancora a letto," disse dopo un attimo. "Volevo solo dirti perché... sai. Non funzionerebbe."

Ci fu un attimo di silenzio. Harry aspettò che Draco gli rivolgesse un'occhiata prudente, quindi lo guardò storto.

"Ma perché dici tante cazzate?" chiese. 

*

Hermione, che andava a controllare Harry una volta all'ora, aprì la porta e vide Harry e Draco nel mezzo di quella che sembrava una conversazione intensa. Il suo primo pensiero fu schiantare Draco e metterlo in un angolo così che potesse riflettere sulle ragioni per cui importunare un invalido era un'idea deplorevole.

Il secondo fu chiudere la porta il più lentamente possibile e appoggiarvisi contro.

Ron la fissò.

"Perché non entriamo?"

"Come? Niente! Nessun motivo. Facciamo una passeggiata!" suggerì vivacemente Hermione.

Ron la guardò dubbioso. "Io credo di voler entrare," disse con un tono che indicava che la signora Weasley non aveva tirato su uno stupido.

"Non puoi! Ehm, cioè, Harry è sveglio!"

"E allora?" disse Ron. "Meglio così. Andiamo piuttosto d'accordo quando è conscio, ricordi?"

"Ok, Ron, ascoltami: non ti devi agitare."

"Agitare?" esclamò Ron. "Non mi agiterò. Perché?" Ad ogni parola alzava la voce. "Per che cosa dovrei agitarmi?!"

Hermione prese un ampio respiro. "Niente," rispose. "Non piaceva neanche a me... oddio, non sono ancora sicura di apprezzare, ma Harry l'ha presa sul serio, e dopotutto non è così male. Hanno uno strano modo di andare d'accordo che sembra funzionare, e almeno ora sono sicura che..."

"Hermione, se stai cercando di dirmi che Harry sta avendo un momento privato lì dentro, basta dirlo."

Il corridoio fuori all'infermeria non era abbastanza grande da contenere lo stupore di Hermione. Ron assunse un'aria lievemente compiaciuta.

"Me n'ero accorto. Sai, non sono stupido."

Hermione non riusciva a chiudere la bocca. Rimase aperta. "Te n'eri accorto davvero?"

"Beh, Harry aveva detto che c'era qualcuno, e da quel momento ho pensato che fosse ovvio."

"Io... suppongo di sì..."

"E per me hai ragione," continuò Ron allegramente. "Poteva andare peggio."

"Tu credi?" Hermione considerò l'orribile eventualità che stesse pensando a Snape.

"Non vado matto per i Serpeverde, ma, beh, se hanno scelto lo schieramento giusto direi che non importa a quale casa appartengono. E poi sono mesi che Harry si accampa nei sotterranei dei Serpeverde metà del tempo." Le rivolse un sorrisino dispettoso. "Dai, non ci vuole un genio per fare due più due."

"Beh... beh, certo che no," rispose Hermione, e riuscì a riprendere il controllo dei propri muscoli facciali abbastanza da rivolgergli un sorriso di approvazione. "Stai dimostrando grande sensibilità, Ron. Devo ammetterlo, non me lo aspettavo."

Si tirò le maniche sfilacciate del maglione, cosa che per Hermione era il modo di Ron Weasley di lisciarsi le penne.

"Sono tollerante, è un mio pregio," la informò. "Comunque devo dire che lei mi piace. Certo, dovrebbe trovarsi dei nuovi amici, ma d'altronde anche Harry è amico di Malfoy, quindi non gli darà fastidio."

Hermione ci impiegò un attimo a sprofondare.

"Scusa?" disse. "Cosa hai detto? Lei... di chi stai parlando?"

Ron la squadrò. "Di Pansy Parkinson, ovviamente. E' l'unica ragazza nel gruppo di Serpeverde che frequenta Harry, no?"

Nel giro di due minuti a Hermione vennero in mente un centinaio di frasi che iniziavano con: E' assolutamente vero, Ron, ma...

"Stai pronunciando il mio nome invano, Weasley?" chiese una voce allegra, e Hermione sollevò inorridita gli occhi occupati a contemplare intensamente il pavimento verso Pansy Parkinson, che stava attraversando il corridoio.

Francamente Hermione preferiva Draco. Almeno Draco apriva un libro una volta ogni tanto, e non indossava quelle minigonne scioccanti.

Mentre Hermione lottava contro visioni tremende di Draco Malfoy in minigonna inguinale, sentì Pansy avviare quella che sembrava una chiacchierata amichevole con il suo ragazzo. Una parte della sua mente notò che Ron aveva appena detto che le piaceva. Quella sgualdrina.

"Ho portato dei cioccolatini," lo informò Pansy. "E non ne ho mangiato neanche uno. Ho visto, uhm... la Weasley femmina e Patil che portavano in giro i loro feriti sul lago in una specie di festa dell'amore per i nostri eroi di guerra, e ho pensato che fosse il momento giusto per venire a dar da mangiare allo sciocco idiota."

"Sai che Harry è sveglio?" chiese Ron.

"E' sveglio?" chiese Pansy. Si fermò a riflettere. "Allora saranno occupati, lì dentro. Dovrò mangiarli tutti io."

Aprì la scatola. Hermione notò che Ron era più confuso di prima.

E così Seamus e Dean erano di nuovo in piedi. Erano gli ultimi feriti gravi, a parte Harry. Seamus era stato costretto a farsi ricrescere le ossa di entrambe le gambe, e Dean era stato a letto due giorni per smaltire l'effetto della Cruciatus. Ginny aveva dormito sul mantello accanto al suo letto in infermeria.

Forse Seamus avrebbe potuto consolare un po' Padma. Stava sempre zitta, da quando...

Hermione si scrollò dalla mente il pensiero di Calì, e pensò di nuovo a Seamus e Dean. Loro camminavano, e Harry era sveglio. Era più di quanto avessero sperato meno di una settimana prima.

Stavano guarendo. Si sarebbero rimessi tutti.

Sentiva di voler bene a tutti, persino a Pansy Parkinson, che ora stava provocando Ron con la sua scatola di cioccolatini.

"Non ne vuole," si intromise fermamente.

"Esatto," disse Ron, fissandoli con aria ingorda. "Non ne voglio neanche uno."

Pansy aveva colto la preoccupazione di Hermione dal suo tono di voce. "Non preoccuparti," disse, con un tono maliziosamente divertito e quindi simile a quello di Draco. "Sono piuttosto soddisfatta del mio Tassorosso."

"Zacharias Smith?"

Pansy scelse un altro cioccolatino. "Certo, quello."

La mente di Ron, momentaneamente distratta dal cioccolato, virò nuovamente verso il punto di partenza. Hermione sapeva che quel momento sarebbe arrivato.

"Un momento," disse. "Se tu sei qui..." Pansy sorrise e dimostrò il suo assenso colpendolo con la scatola di cioccolatini. "Sì, ma se tu sei qui... allora chi c'è lì dentro con Harry?"

Hermione corse a spalmarsi di nuovo sulla porta.

"Non entrare!"

"Entra," lo incoraggiò Pansy, prima di essere colta da un rimorso di coscienza. Gli porse la sua scatola di cioccolatini. "E' meglio se prendi un cioccolatino, prima," aggiunse gentilmente. "Prendine uno al liquore. Credo che ne avrai bisogno."

*

"Come, prego?" disse Draco, con sgradevole e gelida educazione.

Harry lo guardò e non trovò nessuna parola adatta. Nonostante quello, era sicuro.

"Hai ragione, sei stupido," disse.

"Tu sei un romantico, ecco il tuo problema," osservò asciutto Draco.

"E così amavi tuo padre. Succede alla maggior parte della gente, lui era un bastardo e tu hai fatto la cosa giusta. Non importa quello che pensi avresti fatto se le cose fossero andate diversamente. Hai fatto la cosa giusta."

Sembrava che Draco avesse già una risposta sulla punta della lingua, ma non ebbe mai il tempo di pronunciarla. Madama Chips aggiunse l'ultimo tocco di charme all'infermeria grigia uscendo dalla stanza dei medicinali con un catino pieno di liquido puzzolente.

"Dov'è quel Dean Thomas? Non salterà di nuovo la sua dose di Sciroppo Rinvigorente," annunciò vivace. Dette a Harry un'occhiata attenta prima di comunicare la sua diagnosi. "Sei sveglio."

"Ehm, sì."

"Così va meglio," disse severamente Madama Chips. "Ora magari il signor Malfoy tornerà nel suo letto e cercherà di dormire. Scusatemi."

Lasciò la stanza, intenzionata a rinvigorire Dean con ogni mezzo necessario. La udirono rimproverare degli studenti per essersi aggirati nei pressi dell'infermeria, e la porta si richiuse con un botto.

Draco era un po' arrossito.

"Sono solo passato un momento mentre andavo da un'altra parte. E' la mia prima visita, in effetti," assicurò a Harry. "Quella donna è pazza. Passa tutto il giorno in quella stanza a mescolare sciroppi, intrugli di latte e vino speziato e cose varie... È colpa dei fumi," aggiunse irritato. "Fondono il cervello. E smettila di sorridere."

Harry non smise. Era solo un sorrisino, il massimo che poteva permettersi quando continuava a tornargli in mente la lista di persone che non aveva salvato, ma aveva appena recuperato la sensazione che aveva avuto proprio prima di quella notte piena di morte, quella che un giorno sarebbe stato ridicolmente felice.

C'era tempo adesso, tutto il tempo del mondo. L'orrore incalzante non sarebbe durato per sempre. Col tempo l'avrebbe superato.

Si accorse che una delle ragioni per cui il cielo era scuro era che dietro le finestre stavano levitando alcuni massi enormi. Si udì un rumore improvviso, come... qualcuno che giocava all'autoscontro con enormi blocchi di granito .

"Fa' attenzione, Black!" risuonò dal basso la voce inconfondibile di Snape.

"Chi ha detto che è stato un incidente?" esultò Sirius. "Preso di nuovo!"

La gioia si rovesciò su Harry come un'ondata di acqua calda quando capì cosa stavano facendo.

Hogwarts sarebbe tornata in piedi. La stavano ricostruendo.

"E poi qualcuno doveva restare qui per impedire che dei ragazzini innocenti vedessero accidentalmente il tuo pigiama!" annunciò Draco, con l'aria di chi aveva appena giocato la carta vincente. "Pensavo di aver bruciato tutte le cose di quel genere nel tuo armadio, e invece no, Granger se ne esce con quella... quella mostruosità e sostiene che è il tuo preferito. Ho gridato, ho cercato di stracciartelo di dosso, ma Granger ha frainteso completamente."

Harry abbassò gli occhi sul proprio pigiama e ricordò di averlo nascosto sotto un cuscino per salvarlo dal suo triste destino. Era stato... Dio, sembravano passati anni.

Certe cose non cambiavano mai.

"Non ti rimangerai la parola," disse bruscamente. "Te lo impedirò. Sei mio, cazzo."

Draco lo fissò. "Dimmi che non devo spiegarti che... quello che ho detto sul treno non era una proposta di matrimonio. Dimmelo, Harry."

"Non che tu abbia detto molto sul treno, sai?"

"Infatti. Te l'ho detto," disse Draco. "Non conosco le parole."

"Non importa. Ho capito cosa volevi dire," disse Harry. "E ci credevi davvero. L'unica cosa che è cambiata è che non moriremo. Hai paura?"

"Mi hai visto fallire," gli disse Draco, con lo stesso sorriso beffardo di suo padre. "E' una cosa che mi riesce molto bene. I miei fallimenti sono spettacolari."

"Correrò il rischio."

Draco continuava a guardarlo come se fosse stato un animale selvaggio scappato da una gabbia. "Cambierai idea."

Harry notò che non aveva detto che lui avrebbe cambiato idea.

"Draco Malfoy, stupido idiota. Sei fortunato, perchè io sono ancora più testardo di te."

Si aggrappò alla testiera e si tirò su, e la sua schiena lanciò un lungo e silenzioso urlo di agonia. Draco si alzò dalla sedia, la voce improvvisamente acuta per l'ansia.

"Harry, smettila! Abbiamo dovuto far ricrescere quasi tutte le tue ossa... Harry, ti fai male!"

Tutte le ossa di Harry gridarono violentemente che erano d'accordo con lui. Harry sussultò appena mise i piedi a terra, poi cercò di reggere il proprio stesso peso. Sembrò riuscirci.

Draco era in piedi e lo guardava incerto. Harry immaginò che dovesse essere combattuto tra la logica che gli diceva di non toccare Harry e l'impulso irritato di buttarlo di nuovo sul letto.

Sfortunatamente, Draco non diede retta all'impulso. Harry fece un passo verso di lui e vacillò per il dolore indistinto e, d'un tratto, un dubbio reale. Era sicuro, ma... se per caso...?

"Dove sono i miei occhiali?" domandò. Se avesse potuto vedere, ne sarebbe stato certo.

La certezza lo investì, calda e avvolgente come la felicità, quando Draco parlò improvvisamente in tono deciso.

"Non ti servono gli occhiali," disse. "Mi avvicino io."

Invase lo spazio personale di Harry, così vicino che Harry sentì il suo respiro pizzicargli il petto. Le sue mani erano alzate in un gesto di resa, a un millimetro dalla pelle di Harry.

Harry mise le mani sui fianchi di Draco e annullò quell'ultima distanza. Stare in piedi gli provocava un dolore sordo in tutto il corpo, ma aveva le mani premute contro la pelle calda tra i jeans di Draco e la sua maglietta, e sentiva il respiro di Draco sulla guancia. In fin dei conti ne valeva la pena.

"Non è stata colpa tua, per Goyle," disse piano. "E'... Dio, è terribile, ma non è stata colpa tua. Anch'io mi sono fidato troppo di una persona, ma non per questo smetterò di fidarmi di chiunque. Non posso... idiota, credi di essere l'unico a non saper dire le cose? Sono stato cresciuto in un sottoscala, non potrei... non voglio una persona normale."

Era certo che Draco stesse alzando le sopracciglia a quel complimento bizzarro, ma persino il dolore si ritirò in un angolino della sua mente quando Draco inspirò lentamente, e all'improvviso strinse forte le spalle di Harry. Troppo forte. Harry apprezzò.

Draco allineò il viso davanti al suo e fece scivolare la bocca sulla sua per un lento bacio improvviso. La stretta di Harry sui suoi fianchi si fece possessiva: adesso ne era sicuro.

"C'è di più," sussurrò Draco nel mezzo del bacio. "Sono disgustoso. Mi vergogno di me."

"Che altro?" lo incalzò Harry. Il suo petto era pieno di calore, in qualche modo: il suo sangue pulsava per l'impulso di agire, eppure era contento anche solo di starsene fermo a guardare Draco che cercava le parole.

"Io," disse Draco. "Io, c'è qualcosa che dovrei... Mi piace il tuo stupido modo di vestirti. Mi piace persino il fatto che i tuoi capelli sono sempre orrendi. Harry, sono un uomo malato."

Harry indietreggiò di un centimetro mentre realizzava gradualmente quello che Draco stava cercando di dire.

"Ti piaccio," disse, e quasi rise.

Draco aveva un'aria mortificata. "Era palesemente ovvio."

"Già, assolutamente. Come ho potuto essere così cieco? Era proprio ovvio che ‘non mi parlare, non mi toccare, non mi guardare' significava ‘Vieni, ti voglio.'"

Era probabile che Harry stesse sogghignando leggermente. Draco continuò ad arrossire.

"Sta' zitto. Torna a letto," mormorò. "Pensavo fossi pazzo di me. Dov'è l'adulazione? Dov'è l'adorazione? Pensavo che sarei stato il tuo idolo di alabastro..."

Lo baciò di nuovo, probabilmente per fargli smettere di ridere così tanto.

"Invece no, e non dire mai più quelle cose," gli ordinò Harry.

Draco approfittò sfacciatamente del suo stato di debolezza per stringergli le spalle e spingerlo giù sul letto. In qualche modo ci finì sopra anche lui.

Harry fu estremamente grato per la morbidezza del cuscino sotto di sé, ma lo fu ancora di più per Draco su di lui, che lo stava guardando con aria molto delusa mentre giocherellava coi bottoni della camicia del pigiama.

"Comunque," osservò Draco, "ho deciso che dato che ci sarà un semestre estivo e tutto il resto, tutte le partite di Quidditch sono da considerarsi nulle. Quindi i Serpeverde sono ancora in gara per la Coppa delle Case. Quest'anno la vinceremo. Aspetta e vedrai."

La camicia di Harry era ormai aperta.

"Giochi proprio sporco, Draco Malfoy," disse Harry.

C'era luce nell'infermeria, perché il cielo era ormai sgombro di pietre. Evidentemente Lupin aveva interrotto i lavori di ricostruzione per sgridare Snape e Sirius. C'era abbastanza luce per vedere una cosa così ovvia.

Cominciava già a respirare a fatica, ma sollevò la mano e spinse all'indietro una ciocca di capelli di Draco, facendogli spuntare uno sguardo distratto e sorpreso sul viso. Per una sciocchezza simile.

Dire certe cose come se niente fosse era difficile, ma voleva segnare quel momento.

"Draco," disse Harry. "Io..."

"Zitto," gli disse Draco, e appena Harry corrugò la fronte lui rise e lo baciò di nuovo, trattenendo tra i denti il suo labbro inferiore come se non volesse far finire il bacio. Stava ridendo ed era senza fiato e ancora scosso dal bacio quando abbassò gli occhi su Harry, mentre la luce rendeva i suoi capelli dorati.

"Cioè, non ora, Harry," mormorò. "Voglio imparare le parole."

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

Voglio ringraziare tutti i lettori e le lettrici, per l'incoraggiamento e l'entusiasmo. Grazie a tutte, le fedelissime e le saltuarie, perché senza di voi il mio lavoro non avrebbe alcun senso.
Sono piuttosto fiera di questa traduzione, in cui ho portato avanti strenuamente la mia battaglia personale contro la congiuntivite acuta, la d eufonica e i calchi sintattici spudorati, ma allo stesso tempo so che senza l'aiuto di una persona che stimo tantissimo, e cioè Vale, il risultato finale sarebbe stato molto meno bello, molto più imperfetto e ruvido e sgraziato.

Per me non è semplice fare dichiarazioni di affetto e di stima, ma devo dire che più e più volte mi sono ritrovata a pensare "come ho *fatto* prima senza di lei?". Quindi grazie di cuore, è stato un vero spasso lavorare con te :)

Alla prossima! ♥

 

  
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