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Autore: La neve di aprile    10/12/2012    4 recensioni
È una giovane donna dall’intelligenza spietata, Narcissa, e l’alba dei suoi sedici anni l’ha vista sbocciare in una bellezza fulgida e remota. [Fanfiction partecipante all'iniziativa del Collection of Starlight "Addobba l'albero di Natale con il COS!"]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Disclaimers
Narcissa Black, Lucius Malfoy © J.K.Rowling

Questa fanfiction è il tributo di una fan e non rivendica alcun diritto sull’opera citata, né persegue finalità lucrative. 

Non si ritiene infranto alcun copyright o altro diritto depositato.


L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (La neve di aprile).

Partecipante all'iniziativa "Addobba l'albero con il Cos!"


III giorno
Parola: campanella.

Warning: prequel.

Prompt: "Una coscienza pulita è un Natale perenne" - B. Franklin.
Fandom: Harry Potter
 
 


Bianca come la neve

 
 
Narcissa ha la pelle bianca come neve.
Si muove silenziosa per i corridoi della residenza londinese di famiglia senza guardare in faccia nessuno, ignorando gli squittii terrorizzati degli elfi domestici che la scansano e spariscono attraverso pertugi di cui ignora – e preferisce continuare ad ignorare –  l’esistenza.
 
“Non puoi continuare così, dovrai fermarti prima o poi.”
 
La voce stridula di sua madre la insegue, lasciandole sulla pelle una sgradevole sensazione d’oppressione. È qualcosa che ricorda vagamente il malessere dopo uno schiantesimo ben eseguito.
Conosce la donna che l’aveva messa al mondo, sa che mai arriverebbe al punto da costringerla in casa veramente.
È troppo ben educata per potersi sbilanciare e punirla, nonostante stia consapevolmente facendo qualcosa che non approva.
Per questo non le risponde, scendendo rapidamente la scalinata che dal piano padronale sfocia negli stucchi dorati di un salone pronto a gremirsi di chiacchiere di convenienza e sorrisi ipocriti. Ora, nel pomeriggio acceso di luce metallica, un pugno in pieno stomaco nonostante sia la vigilia di Natale, la sua vastità ha qualcosa di desolante che la spinge inconsciamente ad accelerare il passo.
È una giovane donna dall’intelligenza spietata, Narcissa, e l’alba dei suoi sedici anni l’ha vista sbocciare in una bellezza fulgida e remota.
Degna erede di un sangue così puro da perdere le proprie origini agli albori del mondo magico, ha imparato nel freddo umido dei sotterranei di Slytherin che tante volte un silenzio ben calcolato è la migliore delle risposte che si possa offrire.
Lo sdegno e l’indifferenza sono verdi e argento come i blasoni della sua casata; è un serpente e una serpe non ruggisce alla maniera chiassosa dei leoni.
Una serpe non corre il rischio di suonare ridicola, ma calcola e valuta con l’attenzione che i Gryffindor sacrificano il nome di quello che amano chiamare coraggio.
 
“Narcissa Black, ora basta!”
 
Più che un ordine, è un pigolio straordinariamente acuto e sdegnato.
Sospira scocciata, avvolgendo in pieghe morbide uno scialle scuro attorno al collo sottile. Il mantello d’inchiostro ondeggia alle sue spalle quando rallenta, sfilando dinnanzi al grande specchio che troneggia nei pressi del grande portone buio.
Qualche elfo domestico lo ha sapientemente decorato con ghirlande di un verde troppo cupo e un oro troppo spento per riuscire a trasmettere l’idea di calore che la tradizione voleva associata al Natale. L’inverno di quella casa è ben più freddo di quello che imbianca le strade oltre la gabbia di mattoni e incantesimi; il suo riflesso è impeccabile, pennellate rosa antico di furia domata sugli zigomi alti ravvivano il netto contrasto tra la bocca morbida e l’inflessibile sguardo verde chiaro.
 
“Si, madre?”
 
Crescere con troppi fratelli molto più viziati di lei le ha insegnato a non cedere di un solo millimetro sui suoi bisogni.
Lysandra Black preme una mano sul petto, teatrale donnicciola destinata a competere con l’ombra di chi quel nome l’ha portato troppe generazioni addietro per poter svestire la gloria dorata delle cose irrimediabilmente perdute e, per questo, inarrivabili.
La sua rassegnazione è insopportabile a Narcissa che invece è la prima, nella stirpe dei Black, e nonostante tutto ha scelto di competere  con un esercito di fantasmi a cui non disposta a cedere un solo grammo di grandezza.
 
“Dove stai andando?”
“Ho appuntamento con Lucius Malfoy a Diagon Alley.”
 
Tutto quello che non dovrebbe dire era al tempo stesso tutto quello che vuole dire.
Si toglie il capriccio scacciando ogni rimorso con un battito di ciglia e, approfittando del silenzio allibito della madre, le scocca un sorriso tanto sfacciato da rasentare lo schiaffo morale. Del resto, l’avversione di Lysandra per i Malfoy rasenta la leggenda, per quanto il buon costume le imponga di non lasciar trapelare nulla più di un leggero fastidio facilmente giustificabile con scuse di poco valore.
L’etichetta dell’ipocrisia è un insegnamento prezioso che non ha mancato di tramandare ai figli come fosse un comandamento inviolabile; non può perdere la faccia ora.
Tuttavia esita, lasciando spazio alla figlia di colpire, perché la spietata ferocia degli ultimi nati le è estranea.
 
“Ci vediamo a cena.”
 
Narcissa non concede mai tempo, perché quale che sia la tua battaglia non c’è esitazione che costi più di quanto tu possa permetterti.
Eppure non può fare a me di provare – e soffocare – una fitta di dispiacere che l’accompagna fin tanto che il caotico brulicare di Diagon Alley non si rivela al tocco esperto della punta della sua bacchetta.
Lì, nelle luci dorate che bagnano il selciato traslucido, Lucius Malfoy ha il profilo affilato di un pugnale e la cruda indifferenza di chi quel pugnale te lo conficcherebbe nel cuore senza un istante d’esitazione.
I capelli di luna raccolti, il volto appena arrossato dal freddo pungente e lo sguardo annoiato delle persone nate per avere il mondo ai propri piedi,  allunga una mano verso di lei e si aspetta il suo invito venga colto in fretta.
Narcissa non ha remore nell’abbandonarsi alle dita che la invitano a lasciarsi raccogliere, prive della protezione che invece inguanta di velluto le sue, né ha il buon senso di arrossire quando le labbra di Lucius premono sul dorso più di quanto non sia lecito.
 
“Incantevole come sempre, Miss Black.”
“Mi lusingate, Mister Malfoy.”
 
La cortesia impone loro una referenza che nelle lunghe notte trascorse l’uno accanto all’altra, nel buio della Sala Comune deserta, non avevano mai avuto bisogno di ostentare. Lì, nelle ombre striscianti di un male non ancora sbocciato, le regole sono state infrante per lasciare il posto ai nuovi dettami di un’amicizia in procinto a diventare qualcosa di più. Non si sono mai illusi, sul loro futuro, ma nello scintillio delle decorazioni incantate lungo la via è facile cedere alla lusinga di un sogno ad occhi aperti e passeggiare affiancati fingendo d’avere abbastanza potere da poter decidere di disporre del loro destino senza che nessuno intervenga al posto loro.
 
“Credevo non vi piacesse il Natale.”
“Non mi piacciono le costrizioni.”
“Da quando il Natale è una costruzione?”
 
Un’occhiata da parte di lei vale più di qualsiasi spiegazione una manciata di parole possano comporre. La neve scricchiola timidamente sotto i loro passi, accompagnandoli sotto un tetto di festoni di vischio e nastri scarlatti; la loro giovinezza è una sfida al cielo che va scurendosi man mano che i minuti si trascinano indolenti in un’assenza di parole che non pesa. Il valore del silenzio, il segreto che ogni Slytherin custodisce gelosamente nel buio umido della sua tana priva di finestra.
Tra le fondamenta di Hogwarts, dove niente avrebbe potuto stanarli, due serpi hanno imparato che una luce non ha necessariamente bisogno di una candela, o una stella, per accendersi e brillante.
 
“Ho discusso con mia madre per poter essere qui.”
“Sono pronto a giurare che neppure le avete concesso il tempo di ribattere.”
“Se avesse voluto evitare il problema dal principio, le sarebbe bastato invitarvi alla cena di questa sera.”
“Credevo non vi piacesse il Natale.”
“Vi state ripetendo, e non è da voi. Sono io a confondervi?”
“Le avete detto del nostro incontro, Miss Black?”
“Una coscienza pulita è un Natale perenne, Mister Malfoy, non dimenticatelo mai.”
 
Narcissa ha la pelle bianca come la neve, e come tutte le cose bianche non può permettersi il lusso di lasciare che qualcosa la macchi.
Lucius, dal canto suo, ha fatto del pallore una maschera sotto cui nascondere i più biechi istinti che lo vogliono uomo e giovane.
La campanella di un negozio tintinna argentina, sorprendendolo ancora proteso verso di lei che sorride con il mistero imperscrutabile delle giovani donne vinte dalla malia di un primo amore.
Lì, nella curva mite del sorriso che sfoggia con leggerezza invidiabile, si cela il sapore di un bacio proibito e la sottile meraviglia dell’inaspettato.
 
“Buona Natale, Narcissa.”
 

   
 
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