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Autore: virgily    11/12/2012    9 recensioni
-Aspetta!- aveva perfino allungato la mano, sporgendosi al di fuori della sua finestra. E quando si accorse di essere riuscita nel suo intento, spingendolo a ritornare da lei avvicinandosi ulteriormente, si portò le braccia al petto, osservando fugacemente il giovane, che agile e aggraziato volò verso di lei, fluttuando nel vuoto
-Qu-Qual è il tuo nome?- sussurrò appena, bofonchiando in preda alla timidezza, fissandosi i piedi scalzi e pallidi. I suoi capelli, come una soffice barriera color nocciola, si era parata innanzi il suo ovale candido e teso, impedendole di poterlo guardare in viso quando le rispose dolcemente:
-Jack Frost…- con un groppone in gola, Hannabelle Pierce sollevò di scatto lo sguardo. Le labbra rosse dischiuse, quasi spalancate, gli occhi sgranati. Il suo verde malinconico affondò in quell'azzurro chiarissimo portandosi via anche tutto il suo fiato, tutte le sue energie. Era lui… lì, alla sua finestra.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And all along I believed I would find you
Cap.1


Veloce, cullato dal vento, vegliato dalla luna. Volava nel cielo, mimetizzandosi tra le nuvole e le altre stelle che ricoprivano il manto corvino della notte. Non aveva una meta precisa, non l’aveva mai avuta. Come una amorevole carezza, la brezza scompigliò i suoi capelli argentei, candidi come neve appena caduta. Nei suoi occhi, profondi ed enigmatici, si poteva intravedere il pallido riflesso di piccole casupole di legno in mezzo al bosco di pioppi che stava appena sorvolando con distaccata malinconia. Non aveva mai avuto una casa, un luogo caldo e accogliente in cui stare. Lui non conosceva il caldo. Cominciò una lenta discesa, planando leggiadro, sorretto da quell’invisibile presenza che sentiva penetrargli nella carne, intaccandogli le ossa. Sotto i raggi della pallida luna, il candore della sua pelle assumeva una connotazione eterea, quasi trasparente per quanto fosse sottile al di sotto delle sue vesti macchiate di brina. Ed era questo quello per cui era nato: portare il gelo ovunque andasse. O almeno questo è quello che aveva sempre pensato. Con piedi nudi e passo silenzioso, affondò nell’umida terra, avanzando per i stretti sentieri della foresta, agitando il bastone ricurvo. Il giaccio intaccò le superfici delle cortecce, intorpidendone le radici. Piccole candide gemme di velluto colarono con armonica dolcezza dal cielo, accompagnandolo sino alle porte del villaggio. Camminava pesantemente, le labbra dischiuse in un triste e amaro sorriso: c’erano dei bambini, due gemelli che giocavano mansueti tra i cespugli, e alla visione di quella soffice neve i loro occhietti scuri si sgranarono di colpo, colmandosi di languido stupore. Avranno avuto al massimo otto anni, e a malapena riuscivano a camminare nei loro grandi scarponi di cuoio. Le sciarpe di lana avvolgevano i piccoli ovali, nascondendo al loro interno le labbra e le narici arrossate dal freddo. Erano basiti, folgorati da quei minuscoli cristalli che si scioglievano sulle loro guance. Erano felici. E non potevano vederlo, non potevano ringraziare colui che aveva provocato il loro ingenua meraviglia
-Ronald? Zachary?! Eccovi qui! È un’ora che vi cerco!- sottile, scandita da una lieve risata, la voce di una donna si fece avanti, mostrando al contrario una fanciulla dalla mantella rossa e le guance rosee. Quasi per istinto, avvertita quella nuova presenza, lo spirito dell’inverno immediatamente arretrò di qualche passo, nascondendosi dietro il primo albero vicino. Sapeva benissimo che comunque non sarebbe riuscita a vederlo, ma allora perché avvertiva questo bisogno di celarsi? Che fosse paura? Ma di cosa poteva aver mai paura? Di due grandi occhi verdi come una brughiera in primavera? Di una bocca fine e rossiccia? No, no di certo!
La giovane, probabilmente la sorella maggiore dei due bambini, avanzò in direzione di questi brandendo un cestino ricolmo di viveri, e da esso ne tirò furi due caramelle. Inginocchiandosi al fianco dei fratellini, glieli porse con gentilezza. E mentre di due piccoli cominciavano a scartare con foga l’involucro del colorato dolciume, lei si assicurò che le loro vesti fossero ancora presentabili e soprattutto che fossero belle calde
-Mi raccomando, non dite nulla alla mamma che vi ho fatto mangiare questi prima di cena…- disse sollevandosi da terra, lasciando che il vento le tirasse via il cappuccio purpureo che mascherava la lunga chioma bruna che andò a fluire lungo le sue spalle e le clavicole ben coperte.
-S-Si sorellona! Saremo muti come una tomba!- bofonchiò uno dei gemelli, abbassandosi con la mano guantata la pesante sciarpa di lana rossa che gli impediva di gustarsi con tranquillità il suo dolce. Alla sua espressione buffamente impegnata nel divorare la caramella, la giovane rise, nascondendo il movimento lento delle sue labbra al di là delle dita pallide e affusolate. E nel frattempo, con ambo le mani posate sulla corteccia del verde pioppo e la testa che faceva capolino dal tronco, il giovane spiritello osservò la grazia di quei gesti quotidianamente amorevoli: le carezze, i sorrisi. In un qualche senso, quella visione quasi riusciva a scaldarlo pochissimo, quasi impercettibilmente. Ma una scintilla si era accesa, non ne aveva alcun dubbio.
-Su, andiamo altrimenti papà ci sgriderà..- offrendogli ambo le mani, la ragazza afferrò quelle piccole e paffute dei due fratellini, intrecciando le loro dita con le sue
-Hai visto? Nevica!- ridacchiò l’altro gemello, che avendo trangugiato tutto d’un fiato il tanto amato dolciume, era tornato a lasciarsi incantare dalla visione di tutti quei piccoli batuffoli bianchi che continuavano a cadere dalle nuvole violacee. Arrestandosi di colpo, anche la maggiore si era fermata a guardare la neve, gustandola come delizia per i suoi occhi. Respirò profondamente, lasciandosi gonfiare i polmoni di quel freddo che quasi stava aspettando. Dischiuse gli occhi scrollandosi le spalle, sorridendo dolcemente.
-Meglio andare. Altrimenti Jack Frost ci trasformerà tutti in pupazzi di neve- si rivolse ai fratelli con tono fintamente minaccioso, fissandoli guardinga con le palpebre che si erano ridotte in due piccole fessure dalle quali i suoi occhi parevano due piccoli puntini.
-Oh no! Oh no andiamo!-all’unisono i due pargoli cominciarono a trascinarla via, portandosi dietro una nuvola di risate genuine e ingenue. E fu proprio in quel momento che il guardiano uscì dal suo nascondiglio, mostrando i segni della sorpresa sul suo viso. Lei, quella ragazza… Sapeva il suo nome. Era strano, non ricordava di aver mai sentito qualcuno pronunciarlo. La scintilla si fece sentire di nuovo, irradiandogli lo sguardo. Strinse il suo bastone tra le dita, e richiamando il vento, si librò in aria in direzione del villaggio. Lo avrebbe sorvolato tutto, in lungo e in largo sbandierando i suoi grandi occhi cristallini. Lei sapeva di lui, credeva in lui. E l’avrebbe trovata. 

Lanciandosi tra i tetti a spiovente delle Tudor Houses che si ergevano nel mezzo della foresta, lo spirito dell’inverno seguiva pedissequamente il cammino che i tre fratelli avevano percorso poco prima, correndo mano nella mano sotto quella neve che lui stesso aveva portato con sé. Sul fondo della strada, c’era la casa tirata su con legna e argilla, dal cui comignolo si levava un leggero ed ovattato fumo grigio, colmo di fuliggine. Era proprio lì che li aveva visti entrare, chiudendosi la pesante porta alle spalle. Si era avvicinato, librandosi in aria per potersi affacciare alla piccola finestra, al secondo piano dell’abitazione, dalla quale intravide la fioca luce ocra di una lanterna. Era una camera, piuttosto piccina, riempita da due piccoli letti, un comodino di legno grezzo e una poltroncina di manifattura scadente. Le gonfie coperte di lana scure racchiudevano al loro interno i corpicini asciutti e infreddoliti dei due gemelli che aveva osservato silenziosamente qualche ora prima, alle soglie del bosco. Le loro teste ricciolute e brune facevano capolino dalle morbide lenzuola, esponendo due paia di occhi curiosi e furbi, totalmente svogliati di sopirsi subito. Seduta, con il capo chino, lei era intenta a ricamare. Le gambe erano nascoste sotto la lunga e ampia gonna di mussola e velluto bluastro, le spalle abbracciate da uno scialle di lana. Ora aveva i capelli appena raccolti ai lati della testa. Dal riflesso del suo sguardo, Jack riuscì ad intravedere il colore lucido e verdognolo delle sue iridi
-Noi non abbiamo sonno!- bofonchiò uno dei fratelli, sollevandosi dal giaciglio di destra, incrociando le mani al petto, sporgendo all’infuori il labbro inferiore
-Ronald non fare i capricci. Sei un bambino grande adesso…- lo ammonì con tenerezza la maggiore, sollevando appena lo sguardo, sorridendogli appena
-Ma è vero Hannabelle! Non è colpa nostra se non siamo stanchi, oh!- imitando il suo gemello, anche il secondo bambino si sollevò di scatto. E in quel medesimo istante, il viso di Jack s’accostò ulteriormente al vetro di quella finestra che lo separava dalla scena a cui stava assistendo: ecco svelato il nome di colei che credeva in lui. Il sopracciglio fine e scuro della giovane s’inarcò verso l’alto, e le sue labbra si gonfiarono di uno sbuffo divertito e rassegnato al tempo stesso. Si levò dalla poltrona polverosa, posando sulla seduta rigida i suoi strumenti di cucito. Prese un respiro profondo, socchiudendo gli occhi, come se si stesse concentrando: s’incurvò con la schiena e le spalle verso il basso, ingobbendosi. Le mani strette al petto, con le dita fine e pallide che parevano roteare su se stesse
-Sapete che cosa succede ai bambini che non vogliono dormire le notti d’inverno in cui nevica?- domandò alzando di qualche tonalità la voce, rendendola sgradevole, inquietante. Portandosi le coperte sino al mento, i ragazzini scossero il capo
-Ai bimbi cattivi che non dormono, Jack Frost entra nelle loro camere, e li  trasforma in statue di ghiaccio! Allora, volete che lo chiami, così che vi trasformi in due piccoli ghiaccioli?- saltellando in punta di piedi, la giovane s’avviò alla finestra con tutto l’intento di spalancarla e spaventare i due piccoli
-Nooo! No ti prego no!- e con le labbra dischiuse in due piccole grandi “O”, Ronald e Zachary si nascosero sotto le coperte, promettendo di fare di bravi. Con una gentile espressione soddisfatta, la sorella fece retro front e si chinò sui loro volti, baciandogli la testa. Cingendo con le mani il lume che sostava nel mezzo del comodino in legno che separava i due lettini, la bruna osservò un’ultima volta le sue due piccole pesti, i quali erano immediatamente crollati con il capo affondato nel guanciale. L’angolo destro delle sue labbra si sollevò appena, e volgendo le spalle contro quella finestra, dalla quale uno spirito continuava a guardarla, uscì dalla cameretta per dirigersi in quella immediatamente adiacente, la sua camera. Al di fuori, irrigidendosi di colpo, Frost strinse i denti al vedere la sua esile figura fuoriuscire dal suo campo visivo. Fece un balzo ben assestato, aggrappandosi al cornicione della seconda finestra, osservando l’ambiente piccolo, piuttosto spoglio e solitario. La piccola fiammella ballava a ritmo del silenzio che l’avvolgeva, e dopo essersi svestita velocemente, ora Hannabelle restava immobile, accovacciata con le gambe al petto sopra il suo morbido giaciglio. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, lucido. La camicia da notte color panna scendeva morbida lungo il suo corpo, gonfiandosi e allungandosi lungo le coperte verdognole. Era in notti come quella, con la neve che cadeva malinconica dal cielo, la luna coperta delle nuvole e il silenzio che si faceva pesante, che la giovane si sentiva particolarmente sola. Le sue coetanee, passavano interi pomeriggi a filare e tessere, bisbigliando tra loro di baci rubati. Lei, al contrario, ricamava silenziosamente, abbassando di volta in volta lo sguardo. Era troppo pacata, tranquilla… Invisibile per essere notata da qualcuno. Voleva vivere come le sue amiche, libere, con la testa fra le nuvole, persa in cuoricini rosa, ma non le era concesso. Era la figlia del pastore del villaggio dopotutto, doveva vivere in funzione della sua famiglia. Al di là di quel vetro, Jack vide con chiarezza, il percorso invisibile di una gemma incolore lungo la sua guancia rotonda. Trattenne il fiato, posando istintivamente la mano su quella superficie liscia e trasparente, come se il suo intento fosse quello di cogliere immaginariamente quella piccola gemma con le punta delle dita. Immediatamente, dai polpastrelli vellutati del ragazzo, un freddo incessante congelò in pochissimi istanti l’intera finestra. Lo spesso strato di ghiaccio gli annebbiò la vista, impedendogli di vedere. Fece aderire allora l’intero palmo, quasi applicandovici una lieve pressione. Digrignò i denti, scocciato. Come suo solito aveva rovinato tutto, e adesso non vedeva più nulla. Un rumore curioso, e una sagoma scura apparve al di là di quella spessa barriera viscida. Jack non capì con certezza di cosa si trattasse, e quasi per assicurarsene, avvicinò il viso ad essa.
Uno sfrigolio acuto colse improvvisamente l’attenzione della piccola ancora spersa nei suoi pensieri. Sollevò lo sguardo, posando le sue iridi umide e raggianti sulla sua finestra, che in men che non si dica si cristallizzò, avvolta dal ghiaccio. Un brivido freddo le percosse la spina dorsale. Cosa stava succedendo? Cos’era quella chiazza curiosa che cominciò a macchiare la parete vitrea ormai completamente congelata? Hannabelle balzò giù dal letto, avvicinandovisi piano. Aveva paura, e si chiese seriamente se non si fosse addormentata all’improvviso e quello fosse soltanto un incubo. Facendosi sempre più vicina, riconobbe che quello era il contorno di una mano che pareva posata sul vetro ghiacciato della piccola apertura, e l’ombra disegnava le fattezze di una persona. Si abbandonò all’idea che tutto ciò che stava accadendo sotto i suoi occhi fosse soltanto un sogno, il quale tuttavia valeva la pena di essere continuato. Chi mai poteva avere il potere di volare innanzi la sua finestra? Con esitazione, le dita sottili e tremanti della ragazza sfiorarono appena quella stessa finestra, adagiando successivamente l’intera mano all’altezza di quella impressa sul vetro, facendola combaciare con quella figura. Non era la mano di un adulto, ma superava di poco la grandezza della sua, piccola, abituata a cucire, a coccolare le guance dei suoi fratelli. Probabilmente la persona dall’altro lato di quell’opaco muro doveva aver percepito la sua presenza, poiché la sua sagoma, lentamente, quasi si fece più nitida. Hannabelle aveva il fiato corto, il cuore che batteva forte nel petto. Prese un respiro profondo e con uno scatto impulsivo e repentino, passò la mano libera sulla lunghezza della finestra, ripulendola della fastidiosa condensa che le impediva di vedere chi fosse il suo visitatore notturno.
Silenzio, e il suo cuore perse un battito. Bianchi come la neve erano i capelli che incorniciavano un viso pallidissimo, dai lineamenti affilati, puramente maschili. Due cristalli di acqua purissima sostavano incastonati nelle sue cavità orbitali, e le sue labbra appena violacee si erano dischiuse di colpo. La ragazza ebbe un sussulto, e fremendo come una foglia, si scostò rapidamente da quella apertura. Inciampò sui suoi stessi passi, ritrovandosi sul pavimento con il fiatone e i brividi che le graffiavano la pelle. Per l’estenuante respirare, le sue labbra si erano seccate, e la sua gola ardeva. Si portò le mani al viso, pizzicandosi con forza le guance, sino a farle tingere di un vistoso rossore. Provò un discreto dolore. Non era un sogno: era tutto vero! Si rialzò faticosamente, con le gambe ancora tremanti che difficilmente riuscivano a sorreggere il peso del suo gracile corpo. Era ancora lì. Immobile, impietrito al di là del vetro. Chi era? Perché si trovava proprio lì, alla sua finestra? Stringendo la maniglia della finestra tra le dita, la fanciulla l’aprì lentamente, lasciandosi travolgere con silente agonia dal vento sottile e pungente che immediatamente le raffreddò le gote ancora arrossate. Nuvole opache cominciarono a fuoriuscire morbide dalle sue labbra dischiuse per lo stupore: restava sospeso in aria come se quella brezza montana in realtà lo stesse sorreggendo tra le sue invisibili braccia. Aveva un fisico molto asciutto, compatto. Tra le mani stringeva un bastone di legno con la punta ricurva, stringendolo al petto come meccanismo di difesa. Quel ragazzo pareva confuso e sbalordito quanto lei. Sollevò appena lo sguardo, affogando nuovamente in quelle iridi limpide, pure come le acque appena sgorgate di una sorgente in cima ad un monte; cristalline, come i flutti mortali al di sotto di un lago ghiacciato
-Tu, puoi vedermi?- vellutata, calda come una carezza gentile la sua voce giunse alle orecchie di Hannabelle, che sussultando appena, imbarazzata, annuì, abbassando di colpo lo sguardo. Il suo cuore ricominciò a battere, questa volta velocissimo, pulsando il sangue in ogni dove nelle sue vene. Era tutta un tremito, e non per il freddo.
Nuovamente la quiete calò su di loro, e questa volta il silenzio sembrava essere diventato palpabile, dal peso perfettamente percepibile sulle spalle e l’attaccatura del collo. Hannabelle ebbe paura, cosa doveva dire? Come si doveva comportare? Si sentiva così maledettamente frustrata che la vergogna stessa poteva logorarle le membra. Il vento si levò, trascinando con sé il misterioso visitatore notturno, il quale si allontanò piano, senza distogliere gli occhi da lei, che prendendo un coraggio nascosto nelle pareti più intime e profonde del suo stesso essere gridò appena:
-Aspetta!- aveva perfino allungato la mano, sporgendosi al di fuori della sua finestra. E quando si accorse di essere riuscita nel suo intento, spingendolo a ritornare da lei avvicinandosi ulteriormente, si portò le braccia al petto, osservando fugacemente il giovane, che agile e aggraziato volò verso di lei, fluttuando nel vuoto
-Qu-Qual è il tuo nome?- sussurrò appena, bofonchiando in preda alla timidezza, fissandosi i piedi scalzi e pallidi. I suoi capelli, come una soffice barriera color nocciola, si era parata innanzi il suo ovale candido e teso, impedendole di poterlo guardare in viso quando le rispose dolcemente:
-Jack Frost…- con un groppone in gola, Hannabelle Pierce sollevò di scatto lo sguardo. Le labbra rosse dischiuse, quasi spalancate, gli occhi sgranati. Il suo verde malinconico affondò in quell’azzurro chiarissimo portandosi via anche tutto il suo fiato, tutte le sue energie. Era lui… lì, alla sua finestra. Divertito della sua espressione totalmente sconvolta e sbigottita, un sorriso tenero e beffardo al tempo stesso si disegnò su quelle labbra appena tinte di viola per il freddo
-Chiudi la finestra ora, e vai a letto. Altrimenti di trasformerò in una statua di ghiaccio- minacciò con tono assolutamente bonario riprendendo la frase che lei stessa aveva pronunciato ai suoi fratelli, facendo nascere una piccola e melodiosa risata dalla sua bocca rosea e screpolata. Portandosi una mano al viso, nascose quel suono dolce dietro le sue dita candide, quasi translucide. Era bella, ora che pareva essersi rilassata. Cogliendo di quel breve attimo di distrazione, Jack decise che era arrivato il momento per lui di congedarsi, era tardi, e cominciava a vedere i segni del gelo schiarirle la pelle, intorpidendole gli arti
-Buona notte, Hannabelle…- e con una folata di vento, lo spirito dell’inverno si dileguò, perdendosi dietro la luce della pallida luna, unica testimone del loro incontro. In silenzio, affacciata a quella finestra, la fanciulla lo guardò scomparire. Come faceva a conoscere il suo nome? Si chiese chiudendo finalmente la finestra, lasciandosi coccolare dal caldo tepore della sua camera, affondando sotto le morbide coperte di lana. Faticò ad addormentarsi, ovunque guardasse, anche nel buio pregò di ritrovare quelle iridi di cristallo. Prima di crollare, una sola domanda sorvolò la sua mente: Sarebbe mai tornato alla sua finestra?
Con un sorriso timido, pieno di speranza, Hannabelle si addormentò.        
       

*Angolino di Virgy*
Quando ho visto il film mi sono sentita tremendamente affascianata, trascinata in uno stupore che mi mancava da un bel po. 
mi sono sentita proprio come tutti i bimbi in sala che osservavano lo schermo alternando espressioni facciali buffe e e piene di meraviglia di scena in scena...
Spero vivamente che il primo capitolo vi piaccia.
Un bacio. 
-V-

  
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