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Autore: Califas the great    28/06/2007    2 recensioni
La terra di Ardya è in pericolo, un antico nemico è tornato per attuare la sua vendetta. Il futuro del mondo è nelle mani di Garrey, cavaliere della Fratellanza
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Prologo

Il risveglio dell’Oscuro

 

 

Quella notte i Nani di Thanus avevano lavorato davvero di buona lena, il loro indefesso lavoro, cominciato appena all’alba, era appena terminato, proprio mentre le stelle facevano timidamente capolino nella fredda luce crepuscolare … o per lo meno questo era quello che Thanus immaginava stesse accadendo in superficie, perché lì, nei profondi cunicoli in via di scavo delle miniere di Fortargento il dolce cielo non era per niente visibile. Ma i Nani, si sa, non amano le bellezze dell’ampio cielo stellato e alla luce degli astri hanno più gradito il luccicare delle gemme e dei preziosi metalli quali l’oro, l’argento o il mithrill; Thanus, essendo un Nano, non era da meno, tuttavia non era un individuo avido come la maggior parte degli altri Nani, era solo un uomo ligio al proprio dovere che, in questo caso, era quello di Capomastro, addetto alla supervisione dei lavori nei cunicoli di scavo sud della miniera, a pochi passi dalla Prigione. La squadra aveva lavorato bene ma mancava ancora poco prima che la brocca terminasse … “la brocca” è il nome comunemente usato per indicare il metodo di misurazione del tempo presso i Nani, essi infatti, vivendo sottoterra, non possono avere come punto di riferimento il sole o gli astri, quindi per calcolare il tempo i Nani usano una brocca in terracotta piena d’acqua che abbia però un foro poco sopra la base, il tempo che l’acqua impiega per uscire corrisponde, grossomodo, ad un’ora. Di certo non è un metodo preciso, difatti i Nani preferiscono usare il loro osservatorio per regolare i loro orari, ogni ora viene suonato il grande gong di Fortargento, così che tutti gli abitanti della città conoscano perfettamente l’orario, ma per calcolare i turni di lavoro nei cunicoli lontano dalla città si usa ancora “la brocca”. -Bene ragazzi, direi che abbiamo fatto un ottimo lavoro!- disse Thanus, ma non ebbe il tempo di finire la frase poiché un enorme boato coprì le sue ultime parole, un palo di sostegno si era spaccato e con esso  era crollata un’enorme quantità di massi e detriti, i Nani si ripararono tra alcune insenature nella roccia, sfuggendo così alla frana. Quando la polvere si diradò i Nani rimasero a bocca aperta: la frana aveva rivelato un angusto passaggio che immetteva in un enorme sala, Thanus e i suoi operai afferrarono le lanterne e avanzarono nel cunicolo, come entrarono nel salone la fievole luce delle lanterne fu enormemente amplificata dalle rocce bluastre che costituivano le pareti della caverna, in questo modo la stanza poté essere vista in tutto il suo splendore: il pavimento era di un magnifico marmo bianco, ricoperto da uno spesso strato di polvere che denunciava millenni di abbandono, le grandi colonne di giada erano adornate da immagini di mostri antichi come il tempo che avvolgevano i grandi pilastri con l’ausilio delle loro lunghe spire, il loro volto digrignante bloccato per sempre nel freddo della pietra; e lì, nel centro del salone, troneggiava un’enorme statua di drago ricavata da un’unica pietra nera e fredda come la notte. Incastonata nel petto del dragone si trovava una  gemma, liscia e corvina, la cui forma ricordava vagamente un cuore, dal suo interno si sprigionava una palpitante luce violacea che, ad intermittenza, illuminava le freddi pareti della stanza, quasi come un cuore pulsante. I Nani osservarono estasiati lo spettacolo che si parava innanzi a loro, ma tuttavia ciò che più li colpiva era la pietra, l’unico elemento che tradiva vita in quella stanza dal freddo di morte, tuttavia da essa traspariva una palese malvagità, una malvagità arcana e sconosciuta. Thanus e i suoi osservavano la pietra pulsante, il loro cuore pulsava di bramosia e desiderio, volevano possedere o anche solo toccare quella pietra così sinistra ma così seducente, Thanus avanzò verso il centro della sala, la sua mente lo implorava di non compiere quel gesto sciagurato, ma la sua voce era ormai un sussurro soffocato dal desiderio opprimente di toccare quella antica reliquia di un epoca perduta nel lontano passato…Thanus tese la mano e… all’improvviso un lampo accecante illuminò la stanza, tutti i presenti caddero all’indietro per la sorpresa, quando la luce si assopì i Nani videro chiaramente la statua ricoprirsi di enormi crepe, i frammenti di roccia che cadevano al suolo con fragore rivelavano delle ossa biancheggianti, ormai libero dalla sua prigione di pietra lo scheletro di drago spalancò le immense ali di cui l’unica cosa che rimaneva erano delle membrane, gli occhi, resi vuoti dalla morte, si illuminarono di una tetra luce viola; i Nani non ebbero il tempo di capire cosa fosse accaduto, perché una vampata di fuoco li avvolse, segnando il loro destino…

 

Quella sera, come tutte le notti ormai, Reldar di HÂn-Dun sedeva sulla rudimentale panca in legno che costituiva l’unico arredamento della sua cella ripensando con furibondo senso di impotenza al suo destino… LUI! Reldar, signore dei Valgar e cavaliere negromantico di HÂn-Dun stessa, ora era costretto in quella misera cella dove era stato confinato dopo la sconfitta di Jikarn, in attesa dell’inevitabile esecuzione… Improvvisamente dai cunicoli che portavano alle miniere si udirono delle urla agghiaccianti che riscossero il negromante dai suoi oscuri pensieri… le guardie si risvegliarono dal loro sonno con un sussulto, impugnando istintivamente le loro pesanti asce bifronti, ma quello che ben presto si trovarono  ad affrontare non poteva essere sopraffatto da nessuna arma mortale, per quanto potente… in una sola fiammata tutte le guardie furono consumate… Reldar, a quello spettacolo, si portò istintivamente la mano verso il fianco sinistro, ma si ricordò ben presto che la sua mitica spada, Machagistia, giaceva nella griglia di armi vicino alla postazione delle guardie, quindi ben al di fuori della portata del prigioniero. Lo scheletro di drago avanzò verso la cella, ma in quel preciso istante Reldar comprese con chi aveva realmente a che fare –Salute a voi mia immensa maestà- disse il negromante inchinandosi con ossequioso rispetto, vedendo ciò il drago fu molto impressionato e compiaciuto, decise quindi di risparmiare quell’inutile mortale per ascoltare i suoi smielati omaggi, lo avrebbe comunque ucciso più tardi…

-Cosa desideri dire alla mia possente maestà? Parla in fretta umano, giacché per quanto sia buono e magnanimo gli dèi non mi omaggiarono del dono della pazienza!- disse il drago sdraiandosi con grazia -Sappiate mio signore che non è mio desiderio esservi nemico, tutt’altro… noi due ricerchiamo la stessa cosa… il potere! Quindi, se la vostra divina maestà lo desidera, sarà per me un immenso onore aiutarvi a raggiungere questo obbiettivo-; udendo queste parole il drago scoppiò in una cupa risata –Credi davvero, misero mortale, che abbia bisogno del tuo aiuto? Sciocco! Ora osserva tutta la mia potenza e trema innanzi al mio immenso potere!-, detto questo il drago alzò il capo preparandosi ad avvolgere il malcapitato Reldar tra le sue fiamme, ma si arrestò quando vide che il volto del negromante non era sconvolto dal terrore, anzi, sorrideva beffardamente, -Sappiate, mio signore, che voi mi sottovalutate, io conosco assai più di quanto non sembra… io conosco bene cosa brama il vostro cuore… io posso aiutarvi a ottenerlo-, il drago chinò il capo –Ti ascolto…

 

La luce lunare filtrava con difficoltà attraverso le finestre di cristallo di Dracora, la grande città dei Draghi, nella stanza, a malapena illuminata, stava una donna alta ed esile, avvolta in un mantello di porpora con cappuccio, i lunghi capelli rossi come il fuoco ricadevano dolcemente sulle spalle, portava un vestito viola, la pelle era di un rosa quasi violaceo e i penetranti occhi gialli fissavano le immagini confuse di fuoco, morte, terrore e distruzione che si accalcavano rapidamente sulla superficie semi-trasparente della Pietra dei Re –Ciò che vedo m’inquieta enormemente- sussurrò con un filo di voce Draganta Faranis, regina dei Draghi –Mio sposo, accorrete, presto…-. A quelle parole comparve un uomo che sembrava comparso dal nulla, avvolto anch’esso da un mantello nero vestiva una corazza rosso acceso, i capelli e la barba rossi come la luce del sole morente mettevano in risalto il volto sottile e aguzzo, pelle e occhi erano identici a quelli della consorte. Draganto Faranis si fermò innanzi alla moglie, i pugni piantati sui fianchi –Che succede amor mio?- chiese lui con evidente preoccupazione –Tristi nuove- rispose lei amaramente –Il Nemico è tornato nuovamente- -COSA?! Ancora una volta l’Ombra è tornata su noi! Fate chiamare Garroath!- disse il Re rivolgendosi ad una guardia nei pressi –Che mio figlio venga subito qui!-

  
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