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Autore: Writer96    11/12/2012    7 recensioni
"L’aveva sognata di nuovo.
C’erano tre cose sbagliate in quella frase, tre cose che stavano dove non avrebbero dovuto stare."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Elle apostrofata.








L’aveva sognata di nuovo.

C’erano tre cose sbagliate in quella frase, tre cose che stavano dove non avrebbero dovuto stare.

Quella elle apostrofata, che stava ad indicare un “lei” che aveva perso la sua generalità, un lei che avrebbe potuto riferirsi solo ad una persona, un lei che accompagnava un mal di testa fastidioso e male, male ovunque, al petto, alla pancia, alla schiena, alla faccia, ai muscoli tirati in quel sorriso che non andava via neanche a forza quando ci pensava.

Quel sognata che faceva capire che lei, quella solita lei, che tanto non c’era verso di cambiarla, gli stava rompendo le scatole anche lì, anche nel momento del riposo. Dicono tutti che dormire ah, dormire è riposante. Balle. Dovevano ancora chiederglielo a lui, evidentemente, se dormire riposava. Non riposava per niente, era tutto un susseguirsi di immagini frenetiche, di rimpianti, di bisogni nuovi, di bisogni vecchi, di emozioni, sensazioni, lacrime –oh, una volta aveva pianto. Poco virile, ma così dannatamente vero, lì, con le guance incrostate di lacrime e il sorriso che faceva più male del solito- e tutta quella roba che i sogni faticosi si portano sempre appresso.

Quel di nuovo che voleva dire che era proprio uno scemo, lui, perché non aveva ancora capito come togliersela dalla testa, come mandarla via e come prendere il controllo della propria vita. Era un di nuovo, quello, che sapeva di rassegnazione mischiata a quella trepidante attesa che metti nelle cose masochistiche, nel dire “soffrirò di nuovo, ma sarà per una buona causa”.

Ecco, in sostanza, l’aveva sognata di nuovo.
E non era un bene.

Nel sogno, Giulia rideva. Così forte che faceva male alle orecchie. Poi si zittiva e lo guardava, sfidandolo da sopra il fumo di una sigaretta nascosta tra le dita lunghe e le maniche tenute giù a proteggere le mani dal freddo. Apriva la bocca e non usciva fumo, ma solo parole, tante parole, che se lo portavano via e lui non ci capiva niente. Francesco la lasciava fare, nel sogno, perché poi sapeva che alla fine era solo un sogno e dunque che cosa ci perdeva tempo a fare, lui, nel dirle che fumare fa male?
Scivolava tra le parole di Giulia, che erano stralci di dialoghi che si erano scambiati, tirandoseli fuori dalla bocca con tenaglie di fuoco.

“Come stai?” “Male. Mi aiuti a portare lo zaino?” “Dovresti smettere di fumare.” “Lo so, ma aiuta quando uno è nervoso”.
“Che mi racconti, Fra?” “Io? E che posso raccontare? Quella che scrive qui sei tu...” “Dai, non essere idiota, qualcosa ti sarà successo, o no?” “Sì, beh. Mi hanno quasi preso sotto alla fermata, oggi.” “Ah, gente maldestra. Però stai bene, sì?” “Sì, sì. Grazie comunque”.
“Oggi sono di fretta.” “Ma ci sei stasera alla festa, sì?” “Sì, certo. E’ ovvio.” “Allora ci vediamo lì”.

Francesco nel sogno se li rigirava tra le mani fino a quando Giulia non ricominciava a ridere, a risucchio. Ed ogni risata era un dialogo che spariva e andava via, fino a quando Francesco non restava da solo, lì, nel nulla, insieme alla sua risata.

Quando si era svegliato, aveva pensato le tre cose sbagliate. Poi aveva buttato i piedi giù dal letto, ignorando il cuscino caduto da una parte, ed era corso davanti allo specchio, le guance scavate e gli occhi grigio-verdi che si studiavano, ancora gonfi e appannati.
Il sorriso c’era, sempre.

Ecco. Dicono che quando uno è innamorato sorride ed è contento.
Balle, tutte balle.

Quando uno è innamorato sorride, la faccia contratta, i muscoli del corpo che chiedono pietà, e non può fare altro che sorridere, perché dovrebbe essere una gioia amare e invece fa solo male, scava solchi dentro, e in questi ci butta le parole, una per una, quelle parole scambiate e lasciate in aria.
L’aveva sognata di nuovo, Francesco.
E nonostante tutto, sorrideva ancora.











Writ's Corner
Questa storia non ha un vero e proprio senso. Nè un gran legame con chissà quale esperienza.
Mettiamo a nudo le emozioni, gente. Facciamo prendere loro freddo, rendiamole cattive e infreddolite.
E poi lasciamo che qualcuno le raccolga.
   
 
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