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Autore: Beauty    12/12/2012    3 recensioni
E' la vigilia di Natale, ma a causa di sua madre e di una grande malinconia, Regina non riesce a godersi la festa. Ma un po' di polvere di stelle e una persona speciale l'aiuteranno a ritrovare la serenità...
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daniel, Regina Mills
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Polvere di stelle

 

Le girava la testa. Regina si chiese se avesse bevuto troppo, ma subito rispose alla sua stessa domanda dicendosi che non aveva toccato né cibo né bevanda per tutta la serata. Forse, realizzò, era solo l’atmosfera che la faceva stare male.

Da che aveva memoria, ogni Natale era sempre stato uguale all’altro, sin da quando era bambina. Il grande salone della dimora dei suoi genitori era ghermito di gente e colmo di decorazioni, le finestre ornate con cristalli luccicanti che si riflettevano sul pavimento di marmo bianco, dagli alti soffitti pendevano fiocchi di neve in vetro, quasi a voler sostituire la mancanza di neve con quegli oggetti finti, finti com’era tutto il resto.

Il brusio era assordante. Regina riusciva a malapena a distinguere nella sua mente le voci ovattate degli ospiti che si confondevano con il tintinnio dei bicchieri e con qualche rara risata. La luce fioca delle candele le faceva male agli occhi. Regina volse lo sguardo verso una delle ampie vetrate del salone, guardando il cielo notturno contro cui si stagliavano migliaia e migliaia di stelle. Ricordò che da piccola cercava sempre di contarle, e una volta, vedendo una stella cadente, aveva alzato lo sguardo su suo padre e gli aveva domandato che cosa fosse. Lui le aveva sorriso bonariamente e le aveva spiegato che, quando vedeva una stella cadente, questa spargeva la sua polvere di stelle, e aveva il potere di esaudire ogni desiderio. Sua madre, naturalmente, l’aveva immediatamente rimbrottato dicendogli di non riempire la testa di sua figlia con simili sciocchezze sentimentali. Le stelle cadenti non esaudivano i desideri. Se davvero Regina voleva qualcosa, allora solo il potere poteva fargliela avere.

Regina lasciò per un istante l’angolo semibuio in cui si era rifugiata, muovendo qualche passo verso il centro del salone in cui alcune coppie avevano appena iniziato a danzare sulle note di un valzer che aveva già sentito, ma di cui non ricordava il nome. Vide suo padre in piedi all’altro lato della stanza: Henry era rigido, quasi immobile, e il suo sorriso aveva un che di forzato. Era chiaramente a disagio, e Regina non ne era stupita. Suo padre aveva sempre avuto un carattere timido e riservato, e stare in mezzo a così tante persone – fra cui, realizzò Regina, non riusciva a individuare neppure un volto amico, o almeno conosciuto – lo rendeva nervoso, ma cercava di darsi un contegno, di vestire meglio che poteva i panni del padrone di casa e fingere di divertirsi per non contrariare la moglie. Regina si chiese come suo padre fosse stato ridotto in quel modo, completamente succube delle prepotenze della sua consorte, cosa gli avesse fatto sua madre per renderlo così schiavo della sua volontà. Se mai si fosse sposata, non avrebbe voluto che suo marito la temesse come Henry. Ma, ormai ne era certa, lei e sua madre avevano idee diverse su tutto, e il rapporto che desideravano con la persona con cui dividere la propria vita non faceva eccezione.

Regina fece vagare lo sguardo per tutto il salone, finché non riuscì a scorgere il volto di sua madre, stupendosi ancora una volta di quanto l’espressione di Cora apparisse dura e fredda anche quando sorrideva. La padrona di casa si mostrava gentile e affabile con tutti quegli ospiti di alto lignaggio solo per convenienza, quando invece dentro di sé disprezzava profondamente tutto ciò che le stava intorno.

A Cora non piaceva nemmeno, il Natale. L’aveva sempre definita una ricorrenza sciocca e priva di significato, e solo pochi anni prima Regina aveva compreso che, se si ostinava a volerla festeggiare sempre con un grande e sontuoso ballo, era solo per accattivarsi la nobiltà locale e, chi poteva saperlo, magari trovare qualche danaroso proprietario terriero disposto a prendere sulle proprie spalle il peso di quell’impiastro di sua figlia.

Sul viso di Regina si dipinse una smorfia di dolore, allorché si ritrovò a doversi sostenere con una mano poggiata alla parete a causa delle sue scarpe troppo strette e dal tacco troppo alto per poterle permettere anche solo di camminare, figurarsi di ballare. Quando sua madre aveva consegnato alle cameriere l’abito con cui vestirla, aveva protestato su quanto le sarebbe stato impossibile muoversi, infagottata in quel tripudio di pizzi e perline, ma Cora non aveva voluto sentire ragioni, e lei non aveva insistito. Ricordava fin troppo bene l’ultima punizione inflittale da sua madre per avere il coraggio di ribellarsi.

Regina gettò un’occhiata al vecchio orologio a pendolo tirato a lucido per l’occasione: mancava mezz’ora a mezzanotte. Mezz’ora al giorno di Natale.

Sospirò: era riuscita a liberarsi di sua madre solo pochi minuti prima, dopo che Cora l’aveva trascinata in lungo e in largo per il salone costringendola a sorrisi e riverenze, presentandola a tutti gli scapoli facoltosi dei dintorni e non, ordinandole con lo sguardo di mostrarsi amabile. Regina, come sempre, non aveva obiettato, odiandosi profondamente per la sua totale mancanza di coraggio.

Sospirò nuovamente, rendendosi conto di come sua madre riuscisse a trasformare anche qualcosa di piacevole in un vero inferno. Quand’era piccola, a Regina piaceva il Natale, lo aspettava tutto l’anno, quasi con più ansia del suo compleanno. Allora non si rendeva ancora conto del potere che sua madre aveva su di lei, di come ogni suo gesto, parola o sorriso fosse finalizzato a manipolarla a suo piacimento, di quanto, in realtà, lei non contasse nulla per Cora, di quanto non significasse niente per lei se non uno strumento utile ad assicurarle la sua infinita scalata al potere.

Regina era nata e cresciuta in mezzo alla falsità, figlia di due genitori il cui amore – se mai era esistito – era scomparso molto tempo addietro, e la sua esistenza era stata costellata da regole e doveri, dall’infinita ricerca della perfezione impostale dalla madre e dagli innumerevoli tentativi di guadagnarsi il suo affetto, perennemente falliti. Ogni suo gesto, ogni sua parola, tutto era calcolato. Non c’era nulla di spontaneo, non più. Nemmeno una piccola gioia, nemmeno il piacere di godersi la sera della vigilia insieme alle persone che amava, dovendosi invece preoccupare di non apparire ridicola in un corsetto troppo stretto che la soffocava, o troppo stupida a causa della musica che la confondeva.

Quest’ultimo pensiero le fece salire le lacrime agli occhi, ma non poteva scoppiare a piangere in mezzo a tutte quelle persone. Si sarebbe vergognata fino alla morte, e Cora non gliel’avrebbe fatta pagare liscia.

Regina si assicurò che sua madre fosse lontana e che nessuno badasse a lei, quindi si diresse in fretta verso l’uscita del salone, allontanandosi lungo il corridoio. Spalancò senza esitare il portone d’ingresso, precipitandosi nel grande giardino della tenuta, quella sera ingombro di tante carrozze. L’aria invernale la colpì in pieno volto, pizzicandole le spalle nude a causa dell’abito bianco senza spalline e scompigliandole i capelli, ma Regina non se ne curò, godendo anzi di quella freschezza che parve come risvegliarla da un sogno. Inspirò a pieni polmoni l’aria della notte, percorrendo senza fretta lo stretto sentiero che costeggiava la tenuta e le scuderie. Nessuno avrebbe notato la sua assenza, in mezzo a tutta quella confusione; doveva solo stare attenta e tornare in tempo per mezzanotte, l’ora del brindisi e degli auguri, in cui certamente l’occhio di falco di Cora avrebbe compreso che qualcuno non era presente al suo perfetto disegno.

Regina si avvicinò sempre più ai confini del giardino, dove erano situate le scuderie. Fece per tornare indietro, ma incespicò, e un’altra smorfia di dolore si dipinse sul suo volto. Sbuffò, esasperata, sedendosi su una delle balle di fieno appena fuori dall’entrata delle stalle, e si tolse le scarpe con un gesto liberatorio. Le avrebbe rimesse quando fosse giunta l’ora di rientrare, ma per almeno dieci minuti non avrebbe dovuto sopportarle.

Regina chiuse gli occhi, iniziando ad avvertire un certo freddo. La musica giungeva anche fino a lì, realizzò. Si appoggiò con il dorso alla parete esterna della scuderia, guardando le stelle.

- Buona sera, milady - fece una voce. Regina sobbalzò, scattando in piedi. Si voltò, e il suo sguardo incontrò quello di Daniel, il nuovo stalliere.

- Perdonatemi, non intendevo spaventarvi… - si scusò il giovane, lievemente sconcertato dalla sua reazione. Regina arrossì un poco, sistemandosi le pieghe dell’abito.

- Non fa niente…- borbottò, sperando che il rossore svanisse in fretta. Non avrebbe dovuto sentirsi imbarazzata, specie di fronte a un uomo che era a tutti gli effetti un servitore, ma così non era mai stato.

Daniel era il nuovo stalliere della tenuta di suo padre; Henry l’aveva assunto dopo la morte del vecchio addetto ai cavalli, un anziano contadino che aveva sempre servito in casa loro sin da prima della nascita di Regina. Daniel era al loro servizio solo da un paio di mesi, ma fin da subito Regina si era trovata a disagio, quasi in imbarazzo, in sua presenza. Si era detta che era solo questione di tempo, doveva abituarsi a un volto nuovo, ma ancora adesso si sentiva profondamente a disagio durante le lezioni di equitazione con lui. Daniel era un bravo stalliere e un bravo insegnante, e lei era sempre stata una cavallerizza modello, ma da quando cavalcava con lui le pareva quasi di essere peggiorata. Continuava a fare errori, sbagliava le posture e una volta era perfino caduta da cavallo nel tentativo di montare in sella!

E ora era da sola in di fronte a lui, la sera di Natale, scarmigliata, i capelli arruffati, e senza scarpe!

- Cosa fate qui fuori?

Regina sollevò lo sguardo, cercando di assumere l’atteggiamento deciso e superiore di sua madre quando parlava con la servitù. Peccato che lei non fosse Cora e che non avesse nemmeno le sue stesse idee su come si trattassero i domestici.

- Una passeggiata. E’ forse proibito?- gracchiò, sperando che questo bastasse a dissuaderlo dal parlarle ancora e non notasse la sua mano nascosta dietro la schiena che reggeva i lacci delle scarpe. Daniel inclinò lievemente il capo di lato, scoccando un’occhiata prima all’orlo del suo abito, quindi alla mano nascosta dietro il dorso.

Regina trattenne un gemito.

L’aveva notato!

- Certo che no, milady. Mi stavo solo domandando come mai aveste deciso di uscire senza neppure prendere con voi un mantello, con questo gelo.

In quel momento, il vento si fece più intenso e Regina avvertì un brivido correrle lungo la colonna vertebrale.

- Non sento freddo - mentì.

Daniel distolse brevemente lo sguardo, trattenendo a stento un sorriso.

- Perdonatemi, ma mi sentirei più tranquillo se vi copriste un poco - la guardò.- Venite dentro, non vorrei che vi prendeste un’influenza…

Regina esitò, cercando di trovare la forza necessaria per rifiutare, ma bastò un’altra folata di vento per farle cambiare idea. Annuì, affrettandosi a seguire lo stalliere all’interno delle scuderie.

Regina si strinse nelle spalle; alla luce, il suo rossore era evidente. Daniel si chinò, recuperando un vecchio mantello da sopra una cassapanca e porgendoglielo gentilmente.

- So che non è adatto al vostro rango, ma spero che vi tenga al caldo…

Regina se lo avvolse intorno alle spalle, sentendosi improvvisamente meglio.

- E’ perfetto, grazie.

Daniel sorrise brevemente, quindi si diresse verso uno dei cavalli, sistemandogli le briglie. Regina rimase in silenzio per qualche istante, osservando l’interno della scuderia.

- Credevo che non ci fosse più nessuno qui, a quest’ora…- mormorò.- Come mai sei ancora al lavoro?

- Gli ospiti di vostro padre hanno richiesto che mi occupassi dei loro cavalli, per questo ho fatto tardi.

- Anche la sera di Natale?

- Oh, sì. E credo che sarà una nottata lunga.

Regina si sentì stranamente in colpa.

- Non…non ti dispiace?- balbettò.

- Lavorare? Certo che no, come vivrei, altrimenti?

- No, intendevo…E la tua famiglia?- chiese Regina.- Non ti dispiace di non poter festeggiare con loro?

Daniel le sorrise, stringendosi nelle spalle.

- I miei genitori sono scomparsi dieci anni fa, e non ho né fratelli né altri parenti. Non avrei nessuno con cui festeggiare.

Regina ammutolì, arrossendo ancora di più. Era incredibile, pensò. Daniel non aveva nessuno, lavorava nelle stalle per sopravvivere, eppure sembrava essere molto più felice di lei, lei che aveva tutto e una famiglia con cui stare.

- Volete che mandi qualcuno a prendervi delle scarpe?- Daniel soffocò una piccola risata.- Quelle devono essere terribili, se ve le siete tolte…

Regina sospirò, rassegnata, abbandonando le calzature in un angolo.

- Sono una tortura - borbottò.- Come anche questo - indicò l’abito.- Odio tutto questo. Odio dover far finta di essere felice, odio dover sorridere a degli estranei, odio dover…

Regina s’interruppe, vergognosa. Daniel la stava guardando, serio. Improvvisamente, si sentì come una bambina viziata.

- Perdonami…- sussurrò.- So cosa stai pensando: povera ragazzina ricca che non ne sa niente della miseria…

- A dire il vero - l’interruppe Daniel, gentilmente, - mi stavo chiedendo cosa possa avervi spinta ad allontanarvi da tutto e da tutti e a trascorrere la vigilia di Natale in compagnia di uno stalliere…

Regina sospirò.

- Il punto è che…non lo so…mi sembra di recitare una parte in un teatro. Mi sembra che tutto intorno a me sia finto, che io sia finta. Sai, ho sempre pensato che il Natale andasse festeggiato con le persone che ami…e che ti amano…- aggiunse a mezza voce, imponendosi di non pensare a sua madre.- Non con chi t’impone la propria volontà senza chiederti nulla, ed essere costretta a startene immobile tutta la sera a causa di un abito con cui non puoi nemmeno ballare…

- Ballare?- fece Daniel d’un tratto.

Regina arrossì nuovamente, imbarazzata.

- Non che io consideri il Natale solo come un ballo, naturalmente…- cercò di rimediare.

- Certo che no. Ma può essere fatto anche di quello, no?

Regina lo guardò.

- Voglio dire, il Natale è ciò che ognuno sente dentro. Può essere una festa, un momento da trascorrere insieme ai propri cari, o anche un ballo, se lo si pensa così.

- Per me è solo una ricorrenza senza senso!- borbottò Regina.

- Ahi! Questa è proprio l’unica cosa che non dovrebbe essere…- rise Daniel.

Regina s’imbronciò, anche se non avrebbe saputo dire perché. Forse perché ormai quella serata era segnata dal malumore e non c’era più niente da fare per migliorarla. Forse perché si era appena resa conto di essere andata a piagnucolare sulla spalla di uno stalliere – e non uno stalliere qualsiasi, Daniel – ed era innervosita con se stessa, o forse semplicemente l’aura di sua madre si estendeva su di lei anche in assenza di Cora. Regina sbuffò, sedendosi malamente su una balla di fieno e scacciando la voce nella sua testa che la rimproverava per come stava trattando l’abito.

Prese a fissare fuori dal portone delle scuderie, lo sguardo puntato verso il cielo stellato un po’ per distrarsi da brutti pensieri e un po’ per non essere costretta a guardare Daniel.

All’improvviso, una stella in cielo brillò più luminosa delle altre, quindi si staccò dalla distesa blu scuro e iniziò a cadere in lontananza, spargendo la sua scia.

- Una stella cadente!- esclamò, prima che potesse trattenersi.

Daniel sorrise, avvicinandosi alla porta della scuderia e fissando il cielo.

- Davvero strano. Non se ne vedono mai, in questa stagione.

- Quand’ero piccola, mio padre mi raccontava sempre che, quando una stella cadente sparge la sua polvere, può avverare qualunque desiderio - spiegò Regina, entusiasta come una bambina.

- Sì, conosco questa leggenda. E, per vostra informazione, ho già espresso il mio desiderio.

- Ehi, ma…- protestò Regina.- No, non puoi! L’ho vista prima io, tocca a me esprimere il desiderio!

- Come fate a essere certa di averla vista per prima?- ridacchiò Daniel.- E in ogni caso, ormai quel che è fatto è fatto: ho espresso il mio desiderio, non posso più ritirarlo.

Regina inarcò un sopracciglio.

- E cosa avresti desiderato, se posso chiedere?

Daniel le prese una mano, facendo in modo che Regina si alzasse e lo seguisse al centro della scuderia.

- Ho desiderato che milady mi concedesse l’onore di questo ballo…

- Ancora con questa storia?!- fece Regina.

Daniel si finse dispiaciuto.

- Non vorrete sprecare tanta preziosa polvere di stelle, vero?

Regina roteò gli occhi, ma acconsentì.

Sollevò un lembo della gonna e posò una mano sulla spalla dello stalliere, mentre Daniel le prendeva la destra nella sua. Il valzer del salone giungeva fino alle scuderie; Regina si stupì di quanto Daniel fosse bravo. Lei prendeva lezioni di danza sin da quando aveva sei anni, ma non avrebbe mai sospettato che uno stalliere sapesse ballare, non così bene, almeno.

Quando Daniel le fece fare una giravolta, Regina si ritrovò con il viso vicinissimo al suo.

- Mi pare che abbiate ritrovato un po’ di buon umore, milady. O mi sbaglio?- chiese Daniel.

- Diciamo che non hai del tutto torto…- concesse Regina.- Era questo il tuo obiettivo, vero?

- A essere sincero, sì. E posso affermare senza ombra di modestia di esserci riuscito.

Regina rise, facendo un’altra giravolta.

- Grazie, Daniel - sussurrò poi, seria.

- Per cosa?

- Beh, per questo. Il ballo e…beh, essere riuscito a farmi sorridere. A nessuno era mai importato che io fossi triste o no.

- Non dovreste esserlo mai…- disse Daniel, guardandola.- Ora che sorridete, i vostri occhi sembrano ancora più belli…

Regina distolse lo sguardo, arrossendo e sorridendo imbarazzata. D’un tratto, si udirono in lontananza i rintocchi della mezzanotte. Era Natale.

Regina sentì levarsi in lontananza il suono degli applausi e delle risate, e si allontanò da Daniel.

- Oh, no…!- fece, togliendosi il mantello dalle spalle.- Mi spiace…Scusami, ma a quest’ora mia madre mi starà già cercando, se non mi sbrigo rischio di…

Daniel sorrise, facendo un lieve inchino.

- E’ stato un piacere danzare con voi, milady.

Regina rise, esibendosi a sua volta in una riverenza. Gli rivolse un ultimo sorriso, raccogliendo da terra le scarpe e affrettandosi verso la porta della scuderia ma appena prima di uscire si voltò a guardare lo stalliere.

- Buon Natale, Daniel!

- Buon Natale, milady…- rispose Daniel, con un sorriso.

Regina uscì, correndo verso la tenuta, pronta a sgattaiolare nel salone da ballo senza essere vista, quando, d’un tratto, il suo sguardo tornò a puntarsi verso il cielo, appena in tempo per vedere una seconda stella cadente spargere la sua scia.

Regina sorrise istintivamente, riprendendo a camminare velocemente verso casa.

Non lo sapeva ancora, ma il suo desiderio si era già avverato.

 

FINE

 

Angolo Autrice: Questa ff è dedicata a syriana94, per ringraziarla dei suoi fotomontaggi, e a LadyAndromeda, per compensare in qualche modo la mancanza di Daniel nella mia long. Spero che vi piaccia :). Forse Regina nell’ultima parte può risultare un po’ OOC, ma credo che da ragazza fosse un po’ diversa che da adulta, specie con il suo stalliere…

Spero che vi sia piaciuta, le recensioni sono sempre graditissime, positive ma anche negative e critiche, d’altronde dopo tutto questo tempo che rompo le scatole a voi del fandom dovreste sapere che ho la pellaccia dura XD.

Ciao!

  
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