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Autore: LemonKing    13/12/2012    1 recensioni
Se avesse cancellato la sua esistenza, la sua vita sarebbe stata migliore?
Un mostro rimane un mostro, non diventa un eroe.
[...]
Shizuo tremò, reprimendo un pugno violento e indirizzato al suo viso.
Il ragazzo sotto di lui allungò le braccia e posò le mani bianchissime sul volto deformato dall’ira e dalla frustrazione.
Il ‘mostro di Ikebukuro’ si irrigidì quando le dita sottili dell’altro gli sfiorarono le guance e arrossì per quel gesto che voleva sembrar gentile –ma che non era altro che un modo di divertirsi di Izaya.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nemesi

 

Shizuo non aveva mai toccato Izaya neanche con un dito, ma ora le mani stringevano in modo possessivo il suo collo. Provava tanta, tanta rabbia.
Izaya boccheggiò più volte e colpì il braccio della ‘bestia’ con il coltello, ma non sembrava fargli male.

Shizuo non lo avrebbe mai fatto se Izaya non gli avesse mostrato di possedere la testa di Celty. Lo aveva fatto entrare nello studio al fine di esibirla e farlo arrabbiare: ci era riuscito benissimo.
Shizuo aveva visto il capo fragile e addormentato della Dullahan e un fremito di rabbia era corso lungo la spina dorsale.
“Finché è nelle mie mani è al sicuro”, gli aveva detto Izaya.
Cazzate.
Ciò che Izaya toccava cadeva in pezzi: Ikebukuro bruciava, come la dannata scacchiera alle sue spalle.
Pazzia. Cattiveria.
Questo aveva pensato Shizuo guardando l’ufficio dell’informatore, il suo ghigno e ‘lei’ addormentata tra le sue mani.

Con Shizuo in quelle condizioni, Izaya non era riuscito a fuggire. Forse non ne aveva nemmeno l’intenzione.
Tutto quello che Shizuo provava nei suoi confronti era odio.
Izaya Orihara era una fottuta ossessione.
Se avesse cancellato la sua esistenza, la sua vita sarebbe stata migliore?
Un mostro rimane un mostro, non diventa un eroe.
Se avesse distrutto lui e tutti i suoi piani, avrebbe finalmente vissuto normalmente?
Normalmente no, ma in modo tranquillo sì.

La presa al collo si allentò, le minuscole pupille ripresero pian piano la loro grandezza naturale.
No, non lo avrebbe ucciso. Non oggi, almeno.
Nonostante il male recato a Celty e a tutti i fottuti abitanti della città – e a lui stesso in prima persona… Shizuo Heiwajima non l’avrebbe ucciso. Per bontà. Per pietà. Sapeva che Izaya era solo e che non riempiva la sua vita con rapporti e persone reali, piuttosto con giochi e bambole.
No, che diamine… Izaya non era solo. Izaya colmava la sua esistenza con lui, anche se in modo contorto e totalmente folle. Incomprensibile alla mente umana. E senza esserne mai sazio.
Izaya rimase immobile, sdraiato sotto Shizuo che ormai non forzava più il collo sottile.
Riprese pian piano a respirare e coprì il dolore con un sorrisetto forzato.
Sapeva che Shizuo non l’avrebbe mai fatto, ma ci aveva provato – per questo si era spinto a mostrargli la testa di Celty.

“Hai paura di perdere chi ti ricorda ogni volta chi e cosa sei?
Shizu-chan, perché hai esitato?
C’eri così vicino.”

“Taci!”

Shizuo tremò, reprimendo un pugno violento e indirizzato al suo viso.
Il ragazzo sotto di lui allungò le braccia e posò le mani bianchissime sul volto deformato dall’ira e dalla frustrazione.
Il ‘mostro di Ikebukuro’ si irrigidì quando le dita sottili dell’altro gli sfiorarono le guance e arrossì per quel gesto che voleva sembrar gentile –ma che non era altro che un modo di divertirsi di Izaya.

“Shizu-chan, così non va bene.
Sapevo che mi avresti risparmiato, ma contavo comunque su di te.”

“Che stai dicendo?”, urlò, ringhiando sulle sue labbra socchiuse.

“Volevo porre fine a tutto questo, dandoti la soddisfazione di avermi finalmente ucciso.
Ma allo stesso tempo avrei vinto io, condannando la tua vita con la mia morte.”

“… Eh?”

Era disposto a morire pur di rovinare la sua esistenza?
Loro non erano amici, ma erano comunque legati, anche se da un rapporto ‘anormale’.
Per questo Shizuo aveva scelto di salvarlo da se stesso e il mostro che era.

“Tu sei l’unico che può uccidermi.
Io ho paura di morire, ma a volte sento di desiderarlo. Mi sento attratto da un mistero grande quanto la vita nell'aldilà.
Non credi sia una cosa comune ad un essere umano?”
Dopo qualche secondo in silenzio, continuò:
“Le mie mani non sarebbero fatali.
Per questo toccava a te farlo. Avevi questa opportunità e l’hai sprecata.
Complimenti, sei sempre più in gamba.”

Rise in modo derisorio, ma quella risata non provocò alcun sentimento d’ira in Shizuo, che piuttosto, in quel momento, si calmò.
Lo guardò attentamente, scorgendo un’espressione bugiarda che celava i sentimenti della verità espressa dalla bocca.
Non l’aveva affatto salvato: l’aveva condannato -lasciandolo vivere.
Aveva vinto sulla pulce –gli stava facendo male con la sua premura, ma la cosa non gli piaceva affatto.
Fanculo, fanculo, fanculo.
Si sentiva impotente: non poteva fare nulla che facesse del bene a qualcuno.

“Ti ucciderò. Non oggi, ma lo farò.”

Fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Forse continuare quel gioco avrebbe tenuto Izaya appeso a un filo tanto quanto Shizuo.
Ma l’informatore aveva capito benissimo, per questo scosse il capo:

“Non lo farai, ma l’idea mi piace.”

Dopo quelle parole rimasero un momento a guardarsi, sentendo l’odio trasformarsi in una sorta di complicità.
Tra loro era stato così fin dall’inizio – ne erano sempre stati consapevoli, ma non lo avevano mai espresso a parole.
Izaya alzò un po’ il capo e premette appena le labbra sulle sue, come a suggellare quella che sembrava una promessa.
E Shizuo arrossì, trovandosi in imbarazzo per quella posizione, quegli occhi sottili così familiari e vicini, e quella situazione ‘particolare’.
Si alzò in fretta e raccolse gli occhiali da terra, indossandoli.
Alla fine, qualsiasi cosa che lo portasse a maturare, riflettere, scoprire qualcosa di sé, era sempre quella dannatissima pulce.
E ora gli aveva regalato una scarica piacevole in tutto il corpo con un gesto semplice e fottutamente provocatorio.

“E se volessi farti rendere conto di essere umano, così da poterti amare?”

Izaya restò lì sdraiato e lo guardò insistentemente. Il suo viso diceva chiaramente che lo stava prendendo in giro.

“Stronzate”, gli rispose Shizuo, girando appena il volto di lato.

“Hai ragione. Io amo tutti gli umani allo stesso modo, tranne Shinra – che considero ‘mio amico’, e te, la mia nemesi.”

“Nemici…”, borbottò.

“No. ‘Nemesi’ è anche ‘castigo’ o ‘giustizia’.”

Era ‘nemesi’ – in tutti i suoi significati - la sintesi del loro rapporto.
Shizuo non rispose e decise di andarsene.
Era ancora imbarazzato e gli occhi cadevano sulle labbra dell’informatore - ora chiuse.
Doveva andarsene o avrebbe perso il controllo in qualcosa di ancora più pericoloso e vergognoso della rabbia.

  
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