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Autore: Sandra_Rossi    14/12/2012    3 recensioni
"Chi che salirà su quel fottuto palco, tra poco, eh? Chi è? I fottuti Green Day, cazzo!"
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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"Ti portano a toccare il cielo con un dito, i sogni, per poi scoppiare come bolle di sapone e scaraventarti sottoterra."

 

Era tanto che aspettavo di vederli.
Ok, probabilmente non tanto come certa gente, probabilmente non da sei anni, ma mi pare che due siano già qualcosa, no?
Sentivo il cuore scalpitarmi nel petto, probabilmente cercava di uscire, di farsi strada attraverso la carne per poi correre sul palco, o, forse, direttamente in quel maledetto ospedale, dove in ogni caso sarebbe stato al sicuro, nel posto giusto, con loro.
Là in mezzo, tra il sudore, il caldo insopportabile, a urlare, ridere, cercare di allentare la tensione, parlare con gente mai vista prima.
Là in mezzo, sentivo di essere finalmente a casa, per la prima volta non mi sono sentita fuori posto e strana con addosso una maglietta dei Green Day, per una volta non ho visto occhiate piene di disprezzo e di schifo.

 

"Chi che salirà su quel fottuto palco, tra poco, eh? Chi è? I fottuti Green Day, cazzo!"
Sorrido, guardando in faccia il mio amico, lasciando che il suo sorriso mi contagi.
I Social Distortion mi stanno letteralmente spaccando i timpani, ma non posso fare a meno di sorridere, guardandoli, pensando che tra poco ci saranno loro, là sopra.
E, per loro, sopporterei ben di peggio che la rottura dei timpani, poco ma sicuro.

Cazzo, i Social hanno finito di suonare.

Dio, adesso, i Kooks e poi... Poi, cazzo, vedrò la mia fottuta vita su quel palco.

"Ma che cazzo, stanno togliendo tutto, ma perchè?" 
Guardo verso il palco, che cazzo succede?
Chi quel tizio che salito sul palco, che vuole?
"Alcuni di voi già lo sanno, in ogni caso, i Green Day hanno preparato un annuncio in Inglese."
Porca vacca, lo sapevo, ritardano. Saliranno sul palco con due ore di ritardo. Va beh, li aspetterò, che importa?
"I Green Day non suoneranno stasera."
Ah, bella battuta, sul serio. E, sentiamo, quale sarebbe il motivo?
"Billie Joe è in ospedale."
Cazzo. Porca puttana, scherzi, vero? Vaffanculo, io... No. 
Ma no, dai. Adesso, saliranno sul palco e ci prenderanno per il culo perchè ce l'hanno fatta fare sotto.
Dai, Armstrong, esci su quel cazzo di palco. Dai, Billie. Lo so che ci siete, ci state facendo un cazzo di scherzo, lo so...
"We apologize profusely but Billie got to rush to the hospital last night due to illness... The doctors don't think it's a good idea for him to play this evening." 
Cazzo, questo... Questo Mike, porca puttana.
Cerco conferma negli occhi del mio amico, che mi restituisce uno sguardo confuso, ma terribilmente consapevole.
No, vi prego, non è possibile.
"We are beyond devastated, we're as sad as you guys, Billie's extremely upset about it."
Trè? Con quella voce così... Così terribilmente seria.
Sento qualcosa premere agli angoli degli occhi.
No, ti prego, no.
"Yeah, we apologize but... We love you guys. We'll be back as soon as we can."
Ancora Mike. Ancora quel tono che si riserva quando si parla di un morto, porca puttana.
Non un tremolio nella voce, non un accenno di risata, nulla che faccia presagire un "vaffanculo, vi stiamo prendendo per il culo, un'ora e saliamo su quel fottuto palco!". 
"Li avete sentiti, ragazzi. Il festival si chiude qui. L'uscita è a destra."
Lascio che le lacrime comincino a sgorgare, afferro il mio amico per un braccio.
"Ma che cazzo è successo a Billie Joe? Perchè è in un cazzo di ospedale, porca puttana?", urlo.
Quasi mi spavento nel sentire la mia voce, trema, come avrebbe dovuto fare il mio cuore nel vederli su quel palco.
Mi guardo intorno, vedo gente piangere, gente imprecare, gente urlare, gente abbracciarsi, tutti dirigersi verso l'uscita.
"Porco Dio, vaffanculo!"
Sono queste le parole che mi fanno crollare. Cado in ginocchio, lo sguardo fisso davanti a me, le lacrime che scorrono, un nome ripetuto sulle labbra, "Billie, Billie, Billie...".
Sento la gente gridare "Vaffanculo, Billie Joe!" e mi verrebbe voglia di prenderli a calci, fino a far finire loro in un letto d'ospedale, al posto di Billie Joe.
"Porca puttana, lui è in ospedale, sta male, fottuti stronzi!", esclamo tra le lacrime, senza riuscire a trattenermi.
Mi alzo e mi allontano a grandi passi. Non so nemmeno io dove abbia trovato la forza per farlo, pensavo che sarei rimasta inginocchiata tra la sabbia e i sassi per sempre. 
Mi faccio strada attraverso le magliette dei Green Day, cercando allo stesso tempo di guardare in faccia tutti e nessuno.
Vedo solo lacrime e dolore, preoccupazione e paura, mi sento capita da un lato, ma ciò non fa altro che aumentare la mia angoscia. 
"Mi dispiace...", mio padre che cerca inutilmente di consolarmi. 
"Papà, che cosa gli successo?", gli chiedo, la voce che trema, le lacrime che ricominciano a scendere. 
Mio padre mi guarda incredulo, come se fosse una cosa stupida e folle preoccuparsi per un coglione che ha dato buca a tutti e non per il concerto annullato.
E' uno sguardo che fa male, quello che mi rivolge, mi ricorda che, al di fuori di quel mondo, al di fuori di quel parco, non ho nessuno che mi capisca. 
"Davvero ti stai preoccupando per quello lì? Ma non avrà avuto voglia di suonare e ha fatto finta di star male per tirarci il bidone, su!"
Apro la bocca per controbattere, ma so che non servirebbe a nulla.
So che, se mai provassi a difenderlo, a dire "No, lui non è così, per lui noi siamo importanti, mi fido di lui", mi prenderebbe ancora di più per il culo.
E' assurdo, però. Ti dicono che a loro puoi dire tutto, ti dicono che ti sosterranno sempre, i tuoi genitori, ma nel momento del bisogno, dove sono? 
E' uno sguardo di compassione quello che mio padre mi lancia, uno sguardo accondiscendete, a dire "Poverina, lei è davvero convinta che lui sia una persona onesta". 
E io odio essere compatita. 
Lancio un'ultima occhiata al palco, ancora con un piccolo barlume di speranza, aspettandomi sul serio di vederli salire sul palco e cominciare a far casino.
Ma il palco è fottutamente vuoto.
Saluto il mio amico, lo abbraccio, stringendolo, e sento lui fare lo stesso, perchè lui sa, lui capisce. 
"Fatti forza, starà bene, è Billie Joe, lui", sembra voglia dire quell'abbraccio. So che anche lui non sta pensando al concerto annullato, ma al suo frontman in un letto d'ospedale.

 
Tengo lo sguardo fisso sulle punte logorate delle mie Converse, mentre cammino fuori da quell'incubo.
Sento mio padre che mi dice di rallentare il passo, ma io sono troppo impegnata a guardare lo "you know" e il "F.O.D." scritti sulle mie scarpe. 
Nella mia testa continuano a comparire le immagini del palco vuoto, le urla, i pianti, le voci devastate di Trè e Mike. 
"Hey, stai attenta!", esclama una signora che devo avere accidentalmente urtato.
Normalmente, mi sarei imposta di voltarmi e chiedere scusa, ma sinceramente l'unica cosa che riesco a fare è impormi di non voltarmi, o la manderei a 'fanculo.
Ho addosso una voglia irrefrenabile ti prendere tutto a calci, fino a sentire il dolore alla gamba sovrastare quello che ho nel cuore.
Cosa praticamente impossibile.
"Sasso del cazzo", sbotto, tirando un calcio a una pietra per terra e facendola rimbalzare cinque metri più avanti. 
E' pieno di gente intorno a me, musica e voci riempiono l'aria, ma a me sembra di camminare da sola.
"I walk a lonely road, the only one that I have ever known...", no, ti prego, la mia mente non può essere così bastarda da mandare nella mia testa la voce di Billie Joe che canta. 
Oltretutto, proprio quella canzone.
"I walk this empty street on the Boulevard of Broken Dreams, where the city sleeps and I'm the only one and I walk alone".
Sorrido mestamente. Nel bene o nel male, trovo sempre una loro canzone adatta a ciò che sto passando. 
Avrebbe dovuto essere nella scaletta del concerto quella canzone, oltretutto.
Di male in peggio. E io che pensavo di aver toccato il fondo.
Senza neanche accorgermene, mi ritrovo seduta in macchina. 
Sento Hold On uscire da uno stereo lì vicino e, mio malgrado, mi ritrovo a cantarla. 
You gotta hold on, hold on to yourself.
"Trattieniti", mi dico, "trattieniti, passerà". 
Sento un urlo salirmi su per le corde vocali, ma lo mando a farsi fottere senza troppi complimenti. 
Altre lacrime scendono dai miei occhi, the mascara tears from my getaway.
Sto scappando? Forse si. Ma si potrà scappare da qualcosa che fa parte di te stessa, del tuo essere?
Ho paura della risposta, sinceramente. 
Per un attimo, il mio sguardo si posa sul navigatore, per voi voltarsi verso l'orizzonte, dove si scorgono le luci di Bologna. 
Inutile mentire, si, sto cercando l'ospedale, come se potesse comparire una freccia luminosa nel cielo ad indicarmi la sua posizione. 
"Chissà come sta, chissà che cos'ha", mi domando, angosciata. 
Accendo il cellulare, i loro volti mi colpiscono come un pugno nello stomaco. 
Ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, mi ripeto che sarebbe impossibile scappare da loro. Come se lo potessi mai desiderare, comunque. 
Ho bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarmi con qualcuno. 
Digito senza pensarci il numero della mia migliore amica, così, d'impulso. Mentre sento il telefono squillare, mi dico che sto facendo la figura della stupida, che cazzo le dico? 
"Pronto?"
"Hey, io...", mi blocco, la mia voce trema da fare schifo.
"Come stai?"
Apro la bocca, confusa. Non è un "Come stai?" eccitato, non vuole sapere com'è andato il concerto. E' un "Come stai?" che significa "So che stai male, ma non suicidarti".
Lei sa.
Crollo.
"Ma che cazzo gli è successo, eh? Ma ti pare, porca puttana? Dio santo, in ospedale, in ospedale! Vaffanculo!"
"Lo so, su Facebook non si parla d'altro, perlomeno nelle pagine di musica. Dio, non sai quanto mi dispiace."
"E' finito in ospedale, il bastardo!"
"Woah, addirittura 'bastardo' lo chiami, adesso?"
Sento che cerca di sdrammatizzare e di strapparmi un sorriso. Le do corda, per un secondo.
"Si, ma lo sai che gli voglio un bene dell'anima lo stesso."
"Si, lo so. Dai, tranquilla, eh? Vedrai che sta bene."
Tranquilla? Certo, come no. Il mio sogno è appena andato a farsi fottere, una delle persone più importanti della mia vita è ricoverata in ospedale e io devo stare tranquilla.
"Si, certo. Grazie, ti voglio bene.", dico con un groppo in gola.
"Anche io, tanto. Buonanotte."
Riattacco, gettando il cellulare nel sedile posteriore con un gesto di stizza.
Mio padre mi guarda, a metà tra il dispiaciuto e l'esasperato.
Ovvio, è pur sempre mio padre, gli dispiace che io stia male. Ma ancora non riesce a capire come io possa essere preoccupata per lui.
Quindi, a che pro spiegargli che per me è importante, che loro tre contano più di me stessa?
Mette in moto, la città comincia a scorrere davanti ai miei occhi. 
Mi volto a guardare un'ultima volta il parco, si vede la parte superiore del palco, da qui. 
Abbasso gli occhi, sconsolata. 
"Questa ci vorrà un bel po' a mandarla giù", penso. 
Ma torneranno, lo so, l'hanno detto. Ce lo devono, cazzo, e loro mantengono sempre le promesse. 
Chiudo gli occhi, pur sapendo di non riuscire certamente ad addormentarmi. 
Sorrido, pensando a quanto sia stupido, in effetti, il fatto che sentire le voci di Mike e Trè parlare anche a me sia stato comunque il momento più emozionante della giornata.
Cazzo, sono proprio messa male. 
Già mi vedo, a ottant'anni, sdraiata su un letto, mentre chiudo gli occhi e vedo i loro visi sorridenti comparirmi davanti. Saranno l'ultimo pensiero che avrò, loro tre.
Lo so, è una cosa folle, ma come potrei dimenticare le persone a cui devo tutto ciò che sono?
Semplice, non potrei affatto. 
In mezzo a quei pensieri, mi soffermo su una frase di Mike.

"We love you, guys." Hey, Mike. Si, vi amiamo anche noi.

  
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