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Autore: nes_sie    14/12/2012    7 recensioni
«Prego...» Anche questa era uscita come una domanda. E dire che aveva fatto di tutto per sembrare il più possibile padrona della situazione. Certo, fino a quel momento, non aveva avuto a che fare con l'uomo che avrebbe messo fine ai suoi giorni con... una cassetta degli attrezzi. Perché aveva una dannatissima cassetta degli attrezzi?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Fandom: Arrow
Titolo: L'idraulico suona sempre due volte
Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Rating: Verde
Genere: Commedia
Avvertimenti: One Shot; ad alto contenuto di fanservice e fangirling
Presentazione: Scritta e riscritta più volte, questo è il risultato finale che spero possa piacervi. Come ho detto nel rigo sopra, è ad alto contenuto di fanservice, quindi lettore avvisato... xD Buona lettura, si spera!



L'idraulico suona sempre due volte

 

Ancora una volta, Felicity si rigirava tra le mani la sua gonna preferita, quella che era riuscita a comprare con i saldi, ma che le era costata un capitale per il suo modesto stipendio. Perché sì, aveva fatto la cazzata: quando l'aveva comprata, non aveva pensato a quel piccolo particolare, e un giorno, facendo il punto della situazione nel suo guardaroba, aveva concluso che una suora sarebbe risultata meno castigata. E poi, si era detta, avrebbe fatto un figurone in ufficio e magari Dean della Contabilità si sarebbe deciso a chiederle di uscire (certo, contando che nel suo reparto non c'era anima viva e l'unico che avrebbe potuto rimirare la sua gonna scozzese di Fred Perry – lo aveva detto, che le era costata mezzo stipendio! – era Benny, l'omaccione della macchinetta del caffè che veniva una volta alla settimana e solo a guardarlo le metteva ansia, nessuno se ne sarebbe accorto. Beh, si disse ancora, l'aveva fatto per se stessa e che diamine!), quindi aveva chiuso un occhio e con ragionevolezza si era detta avrebbe comprato quelle decoltè nere, con un tacco sul quale non sarebbe mai riuscita a camminare, viste in centro, il mese prossimo. Perché va bene che in ufficio indossava le ballerine – molto più comode, soprattutto quando dovevi inseguire il Capo per aggiornarlo sugli sviluppi delle sue ricerche –, ma era scientificamente provato che gli uomini fossero sensibili al fascino di un tacco dodici. Peccato che la gonna, in quel momento tra le sue mani, non assomigliasse affatto ad una gonna; piuttosto avrebbe potuto usarla come straccio per togliere i peli di King, il suo gattone nero, dalla stoffa del divano in salotto. Perché Felicity poteva essere sveglia e infallibile nel suo lavoro, ma non si poteva dire altrettanto per quel che riguardava la manutenzione della casa e i lavori domestici: se fosse stata più attenta, infatti, avrebbe notato quello strano e fastidioso mormorio proveniente dalla lavatrice, che altro non era che un avvertimento del disastro che si sarebbe abbattuto su di lei. E sulla sua gonna irrimediabilmente rovinata. Dannazione!

Felicity non credeva al destino, né al karma, e ascoltava nolente ciò che diceva il suo oroscopo da Emily del reparto Risorse Umane durante la pausa pranzo, nella mensa aziendale (chi non la sentiva, l'oca starnazzante, che pensava di avere Oliver Queen in pugno - o tra le sue tette quarta coppa C e silicone), tuttavia era convinta che la sfiga esistesse eccome. E non ci voleva. Si morse il labbro ancora rosso del suo rossetto messo la mattina, scalciò in malo modo King che, da quando era riaccasata, le si era arpionato al polpaccio desideroso sicuramente sei suoi grattini serali (gattaccio viziato!), e si diresse verso la camera da letto, mentre borbottava tra sé e sé imprecazioni.

Gettò la gonna sul bracciolo della poltroncina accanto alla porta e si lasciò cadere sul letto, pancia in su e braccia spalancate; i piedi sfilarono le ballerine, prima una, poi l'altra. Tump tump sulla moquette.

Un sospiro rassegnato e il miagolio di King, che nel frattempo era salito sul letto e la fissava con i suoi occhi gialli, la distolsero dai suoi istinti suicidi; prese così King e se lo mise in grembo. Come se non bastasse, poi, c'era ancora quel pensiero fisso e insistente che la martoriava da giorni, se non settimane, e non sapeva come venirne a capo.

Glielo faccio capire, che ho fatto due più due, oppure continuo a farmi i fatti miei e chi se ne frega, ci tengo alla mia pelle e a quella della mio gatto? E se dovesse prendersela con King? Oppure no. Insomma, è stato su un'isola per cinque anni e lì, okay, non ci saranno stati i gatti, ma una pantera, una tigre, un pappagallo? Avrà sicuramente coltivato l'amore per gli animali, no?

Erano queste le domande che si poneva e alle quali non aveva trovato risposta – le risposte le aveva trovate, in verità, ma non era del tutto sicura fossero quelle esatte, ecco. La prima volta che Oliver Queen le si era parato davanti con quel computer in mano che assomigliava più ad un pezzo di Groviera e una richiesta insolita e piuttosto sospetta, aggiungerebbe, non si era fatta molti problemi: era il suo capo e le pagava lo stipendio che in fin dei conti non era così male, se pensava a quanto percepiva un anno fa, quando lavorava per conto di una ditta informatica. Il passo che aveva fatto era stato notevole e si poteva dire soddisfatta del suo lavoro. Anche perché, oltre ad essere una impiegata modello per la Queen Consolidated, aveva lavorato in gran segreto per Walter Queen, e lui aveva avuto la massima fiducia in Felicity. Ecco, forse avrebbe dovuto lasciar perdere la questione “Oliver-tanto-ho-capito-che-ti-piace-tirare-con-l'arco-Queen” e darsi una pacca sulla spalla per la missione compiuta fino a quel momento (anche se moriva dalla voglia di conoscere fino in fondo i segreti celati su quel libretto). E poi non era del tutto sicura sarebbe venuto a cercarla per minacciarla o chi sa cos'altro, e lei non aveva paura. Solo non avrebbe sopportato di venir messa alla porta e perdere il suo prezioso impiego, quello mai.

Alla fine, complici le fusa di King, che ormai se ne stava comodo sul suo grembo, anche Felicity si era rilassata e si godeva il riposo di cui si era privata in quei giorni per lavorare al meglio, mentre appuntava mentalmente di chiamare l'idraulico quanto prima. Ancora un altro grattino, dietro l'orecchio destro – proprio dove piaceva a King (l'aveva detto, che era una gattaccio viziato?) –, e il campanello cominciò a trillare. Erano solo le sette di sera, ma di solito nessuno veniva a farle visita e lei non aspettava ospiti, per cui, mentre si alzava dal letto e King miagolava disappunto per essere rotolato fino alla moquette a causa dello scatto improvviso di Felicity appena sentito il campanello, si chiese chi cavolo fosse e che cavolo volesse da lei. Non aveva nemmeno cenato e se si fosse trattato di qualche venditore porta a porta, non sarebbe riuscita a toglierselo di torno tanto presto. Soprattutto perché la sua porta d'ingresso non era accessoriata di spioncino, che il quel momento tanto rimpiangeva (altro appunto mentale: fare quattro chiacchiere con il padrone di casa. La criminalità a Starling City non era da sottovalutare). Il campanello suonò una seconda volta.

Un colpo di reni e fu subito in piedi; raggiunse la porta, mentre saltellava su un piede e poi sull'altro per indossare di nuovo le ballerine. Aprì la porta e rimase imbambolata per qualche secondo, il tempo di far arrivare l'immagine di Oliver-sono-l'incappucciato-e-non-ho-pietà-di-nessuno-Queen alle sinapsi.

«Buonasera, Felicity.» Eccolo lì, il sorriso aperto e un po' ammiccante. Anche gli occhi sorridevano e la fissavano impazienti.

Impazienti per cos-

Quel pensiero venne interrotto bruscamente, perché il suo sguardo dagli occhi di Mr. Queen si era spostato alle labbra, poi più in basso: un giubbotto nero di pelle sopra la maglietta bianca che gli copriva il torace ampio e muscoloso e jeans sdrucititi impilati alla bell'e meglio dentro stivaletti scamosciati chiari. Quello che però l'aveva lasciata perplessa (perché pure un cieco avrebbe visto la figaggine dell'uomo di fronte a lei) era la cassetta degli attrezzi – ed era sicura al cento per cento fosse una cassetta degli attrezzi – che teneva nella mano sinistra.

«Ahem, Mr Queen.» Sembrava più una domanda che un saluto. Felicity si ripromise di mantenere la calma, la prossima volta, e tornò alla carica.

«Quindi... A cosa devo la sua visita?» Ecco, ora si ragionava. Chiara e concisa.

«Vuoi lasciarmi davanti alla porta o mi fai entrare? Vorrei finire la questione alla svelta.»

Oh. Felicity si trovava di fronte ad un bivio, una decisione che con molta probabilità avrebbe inciso inesorabilmente sulla sua vita. Deglutì.

«Prego...» Anche questa era uscita come una domanda. E dire che aveva fatto di tutto per sembrare il più possibile padrona della situazione. Certo, fino a quel momento, non aveva avuto a che fare con l'uomo che avrebbe messo fine ai suoi giorni con... una cassetta degli attrezzi. Perché aveva una dannatissima cassetta degli attrezzi?

Gli rivolse uno sguardo esitante e poi si fece da parte. Mr Queen nel frattempo era entrato, ma non staccava gli occhi da lei, anzi, aspettava gli facesse segno di un qualcosa che Felicity non riusciva proprio ad afferrare.

«Ahem... quindi. Uhm. Vuole posare la sua cassetta degli attrezzi? Sarà pesante. Cioè, non voglio dire che un uomo come lei, con quei bicipiti... No. Non sto parlando di quanto debbano sembrare sodi i suoi bicipiti, sotto il suo giubbotto di pelle...» Si schiarì la voce. «Le posso offrire qualcosa?» Magari non la sua vita, grazie, perché di quella proprio non poteva farne a meno, e insomma lei era ancora giovane e doveva assolutamente scoprire il segreto di quel libretto!

«Come le ho detto prima, non ho molto tempo e voglio finire in fretta.» Pausa di tensione, tanto per rendere ancora più nervosa Felicity. «Dov'è?»

Ecco, lo sapeva. Parlava di King. Cinque anni su un'isola non erano serviti ad accendere il suo spirito animalista. E Felicity si ritrovò a cercare con gli occhi il suo gatto, con la speranza che questo fosse rimasto in camera da letto. Un miagolino, però, e lo zampettare sulla moquette la avvertirono dell'entrata nella scena del delitto (un momento, doveva tenere duro e rimanere lucida. Era una professionista, anche se a quel punto non sapeva più di cosa) del suo gatto, che era andato a fare le fusa a Mr-ora-vi-prendo-a-cassettate-Queen. E Mr Queen un attimo dopo era accucciato e accarezzava King. Ruffiano!

«Hai una bel gatto.»

«King. Si chiama King,» disse prontamente.

«King?» ridacchiò.

«Eh già. Sa, il Maestro... Stephen.» Alzò gli occhi al cielo e sorrise tanto da mettere da parte il nervosismo che la stava logorando.

«Allora?» Ancora in attesa.

«Allora... cosa?» King era lì, a pochi centimetri da lui, era in trappola, che altro voleva? Forse darle il tempo di spiegarsi, di farle giurare di non rivelare a nessuno la sua identità. Il tempo di recitare le sue ultime preghiere, perché no?

«La lavanderia. Non hai un problema con la lavatrice?»

STUMP! Se si fosse trattato di un cartone animato, a quel punto Felicity sarebbe caduta a gambe all'aria. Invece, aveva un sopracciglio inarcato e una voglia irrefrenabile di bestemmiare come mai aveva fatto prima di allora.

«Giusto, la lavatrice,» sorrise. Annuì, e si sistemò gli occhiali sul naso. «Da questa parte. Certo, chi si immaginava che oltre al resto si desse all'idraulica,» borbottò.

Oliver Queen la seguiva in silenzio, con il sorriso ormai diventato inquietante, mentre lei gli faceva strada e lo controllava con la coda dell'occhio. Spalancò la porta e tastò con la sinistra l'interruttore della luce. Mr Queen si fece avanti e Felicity per farlo passare si spalmò sull'infisso della porta. E poi si era imbambolata, senza rendersene conto: il signor Queen trafficava con la cassetta, a quel punto non più arma del delitto (avevamo detto niente delitti qui!), e lei poteva godere tranquillamente della vista del posteriore del suo idraulico – meglio che in quel telefilm con le casalinghe fighe!

Queen se ne stava ancora accucciato sulla cassetta, un paio di volte si era alzato per dare un'occhiata al tubo di scarico e mai le aveva rivolto la parola. Felicity, invece, se ne stava appoggiata al mobiletto vicino alla porta – meglio avere la via di fuga ben in vista –, le dita delle mani che tamburellavano sulla superficie liscia del legno e le gambe incrociate. Non aveva alcuna intenzione di distoglierlo dal suo lavoro, eppure moriva dalla voglia di parlare, di sparare qualunque cazzata, perché quel silenzio era diventato troppo fastidioso. Come se l'avesse letta nel pensiero, Mr Queen parlò.

«Il problema non è grave,» certo, lo dicesse alla sua gonna da un mucchio di dollari!, «e dovrei avere tutti i pezzi di ricambio con me.» Sorrise.

Felicity annuì. «Oh, bene. Lei è un portento!»

Si chiese se il signor Queen sorridesse sempre, cosa che non credeva perché, dai, chi è che sorrideva durante uno scontro con il nemico... Joker?, quindi era lei ad avere l'esclusiva. E da una parte ne era lusingata; quasi sentì le guance arrossarsi un po', a quel pensiero. Scosse la testa, per seppellirlo nell'angolo più remoto del suo cervello, prima che le procurasse degli inutili imbaraz- Oh. Perché ora se ne stava in piedi, bagnato e con la maglietta bianca che gli faceva da seconda pelle e non nascondeva praticamente nulla? Era un tatuaggio, quello?

Non ci volle molto, perché la sua domanda fosse soddisfatta con una risposta adeguata: Mr Queen si era tolto la maglietta fradicia, mentre borbottava un «Mi dispiace, l'acqua ancora rimasta nel tubo dello scarico è schizzata fuori, è tutto sotto controllo», e metteva in mostra il suo torace umido evidenziato sotto la luce della lampada al neon, su cui svettavano un numero indefinito di cicatrici più o meno profonde e due tatuaggi il cui significato le era sconosciuto. Uno si trovava sul petto, a sinistra, ed era una strana stella che non aveva mai visto – forse su Google avrebbe trovato qualcosa –; l'altro era a destra lungo il fianco e si trattava di ideogrammi cinesi, o giapponesi, insomma non aveva studiato lingue orientali, lei, ed era troppo occupata a tenere il conto degli sfregi che deturpavano il corpo dell'uomo che le stava di fronte. Checché l'oca giuliva di Emily delle Risorse Umane quarta coppa C e silicone affermasse il contrario, Felicity aveva avuto una vita sentimentale dignitosa, se non si badava al palco di corna che le aveva regalato il suo ultimo ex ragazzo, e con essa una più che accettabile vita attiva sotto le lenzuola, e di certo non era il primo uomo che vedeva mezzo nudo. Era sicuramente la prima volta, però, che si ritrovava Oliver Queen mezzo nudo e bagnato, in casa sua. Per un attimo, si soffermò sul pensiero di cosa avesse dovuto affrontare e sulle torture che aveva subito, perché quelle cicatrici così profonde e evidenti non poteva essersele procurate durante le notti da Vigilante a Starling City, e dovevano averlo segnato in un modo o nell'altro: forse erano quelle il motivo per cui aveva deciso di improvvisarsi a Robin Hood del XXI secolo. O forse no, e lei non aveva alcuna intenzione di chiederglielo, soprattutto non quando di tanto in tanto, mentre tirava fuori dalla cassetta prima un arnese, poi un altro, le rivolgeva un sorriso e lei si ritrovava a sorridere a sua volta.

«Ora sai che puoi fidarti di me. Cosa ti dicevo? Tutto sotto controllo,» la rassicurò. In una mano aveva una chiave inglese e nell'altra teneva un pezzo non identificato della sua lavatrice.

No, non era tutto sotto controllo, perché Felicity aveva perso il controllo della situazione dall'istante in cui lui si era presentato davanti alla porta di casa sua.


 

L'eco di un miagolio le arrivò alle orecchie e l'immagine di Oliver Queen si fece sempre più sbiadita fino a lasciare spazio al musone nero di King che la fissava attento. Strizzò gli occhi e si rese conto di trovarsi sdraiata sul suo letto (per poco aveva rischiato di battere la testa sullo spigolo del comodino).

Si guardò intorno disorientata, le sfuggiva qualcosa e ogni volta cercava di scavare nella sua mente, ecco che questa le chiudeva la porta in faccia. Doveva fare il punto della situazione: King era di fianco a lei e si leccava il pelo, fuori era buio, poteva vederlo dalla finestra oltre le tendine accostate; quel che rimaneva della sua gonna era ancora sul bracciolo della poltrona accanto alla porta, il libro che le aveva passato la sua vicina di casa Wanda era abbandonato sul comodino – non era mai riuscita a finirlo – e il suo Galaxy Tablet lo nascondeva per metà. Tutto era al suo posto, eppure...

Un momento, che fine ha fatto Mr Queen?

Si alzò con uno scatto degno del miglior velocista di tutti i tempi e allo stesso modo si fiondò all'ingresso, non senza inciampare lungo il tragitto sulle cianfrusaglie che ancora si ostinava a tenere in giro (da qualche parte dovevano pur restare e lo spazio in quella casa scarseggiava così come il suo tempo lì dentro). Aprì la porta e si affacciò al pianerottolo in cui era situato il suo appartamento da Giovane Donna Single Troppo Impegnata: era deserto. Non si sentiva nemmeno il brusio della TV di Wanda accesa ventiquattro ore su ventiquattro, perché lei aveva bisogno di sentire parlare qualcuno o sarebbe impazzita e poi era un ottimo – forse solo per Wanda – diversivo per sviare eventuali ladri che avrebbero potuto pensarla da sola e indifesa, e Felicity faceva di tutto per non fare da rimpiazzo ai protagonisti di Clistere d'Amore.

Tornò dentro, chiuse la porta a chiave e si appoggiò su di essa. Non era possibile che si fosse immaginata tutto, perché Oliver Queen era a casa sua, aveva accarezzato il suo gatto, le aveva sorriso in continuazione, si era bagnato e aveva tolto la maglietta nella sua lavanderia!

Si diede una spinta e corse verso la parte opposta dell'ingresso; la luce della lavanderia era accesa, ma non si sentiva alcun rumore, né l'ombra di qualcuno che trafficava lì dentro. Era vuota, come il cervello di Felicity che era andato momentaneamente in stand-by. Possibile si fosse sognata tutto? Che fosse stato frutto della sua immaginazione, tanto aveva rimuginato? Felicity era arrivata alla conclusione che le vacanze natalizie le sarebbero servite come non mai, poiché non riusciva davvero a spiegarsi come quello che era appurato fosse stato solo un sogno fosse stato così vivido e “reale”. E oltre le vacanze natalizie chiederò le ferie di cui ancora non ho goduto, ecco! Era del tutto consapevole del fatto che si sarebbe trattata di un'affermazione temporanea, aveva una missione e non poteva di certo poltrire su un divano con della cioccolata in mano e King sulle gambe avvolte da una coperta, quando il signor Steele le aveva affidato qualcosa che andava ben oltre le sue mansioni, ma che metteva molto di più in gioco e valeva la pena correre qualche rischio.

Si mise l'anima in pace definitivamente con un sospiro e si sistemò gli occhiali sul naso.

Ricordassi qualcosa di più, oltre ad Oliver Queen mezzo nudo nella lavanderia! Del sogno appena fatto, si rese conto, non rimaneva che qualche frammento sbiadito.

Balls!

***


 

 

«E Buon Natale.»

«Sono ebrea.»

Mr Queen fece un verso buffo e tornò indietro.

«Felice Hannukkah.»

Se ne era andato, alla fine, le aveva sorriso e lei era stata impeccabile, come sempre del resto – era o non era la migliore impiegata del Reparto Informatico della Qeen Consolidated? E poi Mr Queen era tornato per la seconda volta da lei, per la terza aveva chiesto il suo aiuto (certo, con tutto il gran da fare che aveva, poteva capire che sarebbe stato un po' impegnativo inventare una balla più convincente dell'amico Steve...), si fidava di lei e Felicity promise a se stessa che mai avrebbe tradito la sua fiducia, perché ne valeva la pena.

Si concesse un sorriso, si sistemò gli occhiali sul naso e tornò a quello che stava facendo prima dell'arrivo del signor Queen: aprendo di nuovo l'interfaccia del suo Tablet, si concentrò sul file che stava studiando, La Lista.


 


 


 

Note:

Evviva! Ce l'ho fatta e solo dopo una settimana! Un record per me, dato che pure i sassi sono a conoscenza del mio stato permanente di bradipo.
Se siete arrivati fin qui, innanzitutto grazie e tutti i miei complimenti per essere sopravvissuti a questa cavolata. xD
La storia è stata partorita ripensando a tutte le chattate con la Famigghia (IoNarrante, _Caline, SYLPHIDE88), quindi scriverla è stato un vero piacere e io mi sono divertita da morire. Infatti, questa è tutta per loro e per il nostro fanghèrlaggio sfrenato! È anche per vannagio, perché anche lei aspettava che pubblicassi: spero ti piaccia almeno un millesimo di quanto a me è piaciuta la tua! A proposito, il “due più due” è riferito alla sua carinissima flashfic su Felicity.
E dato che ci sono vari riferimenti e citazioni sparsi per il testo (chi me l'ha fatto fa'!), comincio:
- il titolo me l'ha suggerito IoNarrante e riprende quello del film “Il postino suona sempre due volte”
- i nomi Dean e Benny non sono casuali e chi sta seguendo l'ottava stagione di Supernatural lo capirà
- che gli ideatori di Arrow abbiano deciso di vestirla da nerd castigata è una crudeltà – e io sospetto c'entri Laurel in tutto questo – per cui la mia Felicity non ci sta
- che Felicity abbia un gatto non è scritto da nessuna parte, ma per me e le mie amykette ce l'ha!
- Joker sappiamo tutti chi è, no?
- il telefilm sulle “casalinghe fighe” è Desperate Housewives, lì nemmeno una cessa!
- il nome del gatto di Felicity è per IoNarrante e il “suo Maestro”, Stephen King – anche Fel lo legge
- la famoserrima soap
Clistere d'Amore che segue con tanta passione Wanda (mio personaggio mio!) è sempre un omaggio alle amykette
- "Balls!" è un omaggio a Bobby, uno dei personaggi di Supernatural; è praticamente il suo marchio di riconoscimento
- l'ultimo dialogo tra Felicity e Oliver è preso paro paro dalla puntata 1x09 di Arrow
- e qui viene “la nota dolente”, perché mi è stato fatto notare... “Come fa Felicity a sognare le cicatrici e i tatuaggi di Oliver?” Non so come ha fatto, magari l'ha visto paparazzato su una rivista di gossip, oppure mai sentito parlare di sogni premonitori? ;) E poi Felicity non ricorda assolutamente nulla del sogno fatto, se non qualche sprazzo confuso. Come dicevo, questa OS è ad alto contenuto di fanservice e quindi perché omettere le cicatrici e i tatuaggi che rendono ancora più gnoc... ahem, più vero il protagonista? Se la mia risposta non vi soddisfa, mi dispiace per la toppata.

E mi pare abbia detto tutto, se ho scordato qualcosa, pardon!, erano troppe. XD
Grazie ancora e a presto! 

Ps: La Feliver (Oliver/Felcity) ESISTE!
Pps: E sapevo che avrei dimenticato qualcosa! Che Felicity conosca il segreto di Oliver lo pensiamo io e le amykette... ma davvero non ci è arrivata? La 1x09 parla da sé.

   
 
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