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Autore: yuki013    15/12/2012    4 recensioni
"Il portatile si spegne con un ronzio, silenzioso e rapido. Spera a volte di fare lo stesso, di spegnersi come un elettrodomestico, ma non è così nella vita reale. Non è così che funziona fuori dal gioco."
[Kirigaya Suguha/Lyfa]
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incest
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Titolo: Someone's bound to get burned
Wordcount: 1007 (w/lyrics)
Personaggi: Kirigaya Suguha
Rating: verde - PG
Generi: sentimentale, triste
Avvertimenti: oneshot, angst a livelli epici, future!verse, het, incest, one!sided love, songfic
NdA: partecipante alla IV Maritombola @ Mari di challenge, prompt #28 // prompt "Sword Art Online, Suguha, Je me lève jour après jour / c'est un jour ordinaire /j'en connais déjà le cours {trad. Io mi alzo giorno dopo giorno/ è un giorno ordinario/ di cui conosco già il corso } [Être à la hauteur – Le Roi Soleil OST]" @ Piscina di prompt / Per la Staffetta in Piscina di Tuffi in piscina- Squadra Calzelunghe




Viene svegliata dal vicino di casa che tosa il prato, facendo un chiasso assurdo nonostante sia domenica mattina. Meccanicamente si alza dal letto, infilandosi i pantaloni del pigiama che ha tolto durante la notte per il caldo, e scende in cucina con lo stomaco che le brontola. Ad aspettarla trova soltanto qualche rimasuglio della sera prima cucinato da Nagata, che ingurgita mentre aspetta che il caffè sia pronto ed il solito notiziario delle otto tuona preoccupanti news sull’economia nazionale.
Non fa nemmeno caso a quanto sia amaro il liquido nella tazza, impegnata ad osservare due uccellini che si beccano su un filo della luce. Si è sempre domandata come facciano a star lì senza finire arrostiti – senza nemmeno scottarsi, tranquilli e beati nella luce tenue del mattino.
Ma d’altronde Suguha si domanda spesso tante cose, per la maggior parte delle quali non ha alcuna risposta. Rimane poggiata contro il piano cottura a bere il suo caffè senza zucchero, con gli occhi vuoti di chi non crede più in niente, nemmeno in quello che può vedere e toccare.
 

Ever wonder about what he’s doing
How it all turned to lies
Sometimes I think that it’s better to never ask why

 
La pagina del calendario si stacca facilmente, lasciando il posto ad un altro mese. Settembre, legge Suguha con la penna in mano, mentre si appresta a segnare le date degli allenamenti di kendo. Alla quinta crocetta sul 14 la biro inizia a tremarle tra le dita, le ginocchia a non reggere più il peso dei pensieri e dei rimpianti, la testa a girare ed i conati di vomito ad oltrepassare la bocca dello stomaco.
Semplicemente si lascia scivolare a terra, troppo distrutta per fingere che la sua vita prosegua nella più totale normalità.


Where there is desire
There is gonna be a flame
Where there is a flame
Someone’s bound to get burned

 
Il gabinetto le fa sempre una gran compagnia, quando ne ha davvero bisogno. Come una discarica si riempie di tutto, dal caffè alle omelette al riso in bianco, poi li ingoia e non rimane più nulla. Suguha rimane ad osservare l’acqua che vortica all’interno quasi ipnotizzata, vorrebbe metterci la mano ma qualcosa nella sua testa le dice che sarebbe un gesto molto sdegnoso da compiere, perciò rimane ferma con la guancia sulla tavolozza e gli occhi persi a contemplare il flacone azzurro del bagnoschiuma sul bordo della vasca da bagno.
Il telefono di casa squilla insistentemente, ma lei non riesce a sentirlo. Ha aperto il rubinetto del lavabo per non sentire altro, neanche il ritmo fastidioso del suo stesso cuore che non vuole saperne di placarsi.
 

But just because it burns
Doesn’t mean you’re gonna die
You’ve gotta get up and try, try, try

 
L’orologio sulla parete della cucina segna mezzogiorno passato, anche se non capisce come abbia potuto passare tre ore in bagno a vomitare e darsi dell’incoerente per il proprio contraddittorio comportamento. Il tempo passa sempre troppo rapidamente, le sfugge, come acqua non riesce a trattenerlo fra le dita – e se questo da un lato è meglio, da un lato la consola, dall’altro è certa che una volta avrebbe dato l’anima pur di fermarlo a momenti ben precisi, attimi che sarebbe stato meraviglioso cristallizzare per riviverli all’infinito. Una realtà statica fatta di menzogne forse, ma nella quale non doveva abbandonare l’unica sottile speranza che le aveva permesso di affrontare quei lunghissimi due anni.
Due anni che erano diventati quattro, e poi una vita. Una vita in cui quei miseri, patetici due anni di sogni e desideri non valevano assolutamente nulla.
E solo la forza d’inerzia la tiene in piedi, non il comune stimolo di andare avanti e vivere perché è l’unica cosa da fare. Soltanto forza d’inerzia.
 

Funny how the heart can be deceiving
More than just a couple times
Why do we fall in love so easy
Even when it’s not right

 
Le è rimasta l’ultima pila di scartoffie da controllare, prima di far ritorno a casa. Fuori non è ancora del tutto buio, ma il sole ha smesso di picchiare impietoso sulla città.
Un collega le domanda se vuole preso qualcosa da mangiare nella gastronomia poco lontano dall’ufficio, ma lei declina con gentilezza, dicendogli di aver già prenotato una cena da asporto. Il timbro dell’azienda si muove veloce tra le sue mani, mentre appunta sul computer cifre e nomi che non gli dicono nulla di rilevante. Fa una pausa solo per sistemarsi meglio sulla poltrona da ufficio, poi rivede tutto l’ordine e invia la mail al destinatario.
Il portatile si spegne con un ronzio, silenzioso e rapido. Spera a volte di fare lo stesso, di spegnersi come un elettrodomestico, ma non è così nella vita reale. Non è così che funziona fuori dal gioco.
 

Ever worried that it might be ruined
And does it make you wanna cry?
When you’re out there doing what you’re doing
Are you just getting by?

 
Al rientro a casa è costretta a far loro una telefonata. Le risponde lei, con il suo tono allegro e soddisfatto di chi non domanda nulla di superfluo perché possiede già l’essenziale per la propria felicità. Le parla del clima nell’Hōkkaido, del sukiyaki che sta cucinando e dei fiori che ha piantato per abbellire il balcone; le racconta di un paio di scarpe che deve assolutamente prestarle e del fatto che devono vedersi il prima possibile perché Suguha deve raccontarle di quell’addetto alla contabilità che le va dappresso.
Ma è quando Asuna le passa Kazuto che si sente davvero, davvero male – il suo tono sinceramente felice, la voce che rimane calma quando la chiama “Sugu” ma che sembra esplodere quando parla della sua fidanzata e della bambina che stanno crescendo, l’imbarazzo ingenuo che trapela dalle sue parole nel dirle che le manca vederla ogni giorno sono troppo tutto insieme.
Con la scusa della cena che si brucia Suguha riattacca gentilmente, con un sorriso amaro come il caffè del mattino sulle labbra e nessuna forza a reggerla sulle proprie gambe. Arriva a malapena al divano, poi scoppia a piangere a singhiozzo, raggomitolandosi su se stessa.
 

You gotta get up and try, try, try

 
Il giorno arriva impietoso, cogliendola raffreddata e ancora vestita sul divano del soggiorno. Non prova nemmeno a guardarsi allo specchio, sa di non essersi struccata e probabilmente è uno spettacolo ben più pietoso di quel che immagina.
Controlla il cellulare, giusto per fare qualcosa, e un messaggio di Shinichi le comunica che se lo ritroverà davanti casa alle cinque per andare al cinema a vedere un nuovo film d’animazione. Porta anche gli snack, per cui non riesce proprio a trattenere un mezzo sorriso e rispondergli di no.
Anche se le fa male tutto e non ritiene se stessa capace di tornare a quella che era, può sempre rialzarsi e provarci. Perlomeno, finché non smette di provare, non potrà dire di non avercela fatta.

   
 
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