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Autore: Satyros_    15/12/2012    1 recensioni
(Het, con un pizzico di Slash e FemSlash.)
Le stelle erano infinite. Eppurre volevo contarle. Tutte, dalla prima all’ultima.[...]Sentii dei rumori, attorno a me. Non ebbi paura, erano i rumori della natura. Ma tutto peggiorò, quandi concepii che si trattava di passi.[...]
Se c’era davvero qualcosa di cui avere paura non era Madre Terra, ma L’uomo. Spalancai gli occhi, e mi sedetti sulle ginocchia, allerta. Sperai fosse qualche forestiero, nulla di chè.
«Ciao!» Sentii alle mie spalle.[...]Mi voltai, e lo vidi. Un ragazzo alto, snello, in una improbabile tenuta da Smoking.
« Ero al Bar, dovevo andare in bagno…ma c’era troppa coda, così sono passato per il retro, per addentrarmi nel bosco, ma cedo di essermi perso…»
Genere: Drammatico, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Another Part Of me ( canzone del re del pop, Michael Jackson)
Autore: Little Girl Blue
Rating: Arancione
Avvisi: Lime, slash, femslash
Genere: drammatico, Erotico, fluff
Avviso: John W. Lennon non mi appartiene,nemmeno Sir James Paul, neppure George e Mr. Starkey, e tutti gli altri.
Paring: Het/Slash/Femslash.
Side paring: //
Riassunto:

Note dell’autrice: eccomi con un'altra storia sui Fab. Lo so, non vi piaccio. Faccio davvero schifo come scrittrice, e poi sono insistente. Lo so. Però, davvero, mi farebbe piacere avere un vostro parere..
P.s. Audrey Tatou interpreta Melissa Bandinelli.

In The Evening -

In the evening
When the day is done
I'm looking for a woman
Oh, but the girl don't come
So don't let her
{Led Zeppelin.}

 


 



***

Iniziai col contare tutte le stelle che dipingevano la volta celeste. 20… 22… 23… 100.
Era un’impresa impossibile, ma lo avrei fatto in ogni caso. Ero testarda, lo sapevano tutti. E così, ero li, ero sola.
Distesa su di un prato d’erba che di verde non aveva più nulla. Tutto campiava, al calar del sole. Allora ciò che sembrava un dolce cespuglio di mirtilli, si trasformava nella più cupa ed inquietante creatura.
Tutto mutava, cambiava forma. Ed il celo prendeva a tinteggiarsi di blu, ma quel blu talmente intenso da sembrar quasi…nero. Ed eccoli, i piccoli punti di luce, che rendevano quell’inferno più sopportabile: le stelle.
180… 199... 200. Le stelle erano infinite. Eppurre volevo contarle. Tutte, dalla prima all’ultima. Tutte.
L’erba era umida, sentivo il freddo penetrarmi le ossa, eppure restavo li. Non m’importava più di nulla. Non mi importava della gente, di mia madre, mio padre, della vita, dei cibi, i grassi i vestiti.
487… 488… 499… 499… 486... avevo perso il conto. Chiusi gli occhi, e mi arresi. Non c’era più nulla da fare. Mi abbandonai al ghiaccio di un Aprile freddo ed uggioso.
Sentii dei rumori, attorno a me. Non ebbi paura, erano i rumori della natura. Ma tutto peggiorò, quandi concepii che si trattava di passi. Passi mozzati dal vento, e dalla coltre nebbiosa, ma pur sempre passi. Se c’era davvero qualcosa di cui avere paura non era Madre Terra, ma L’uomo. Spalancai gli occhi, e mi sedetti sulle ginocchia, all’erta. Sperai fosse qualche forestiero, nulla di chè.
«Ciao!» Sentii alle mie spalle. Presi un’infarto, anzi, infarto fu dir poco.
Mi voltai, e lo vidi. Un ragazzo alto, snello, in una improbabile tenuta da Smoking.
« Ero al Bar, dovevo andare in bagno…ma c’era troppa coda, così sono passato per il retro, per addentrarmi nel bosco, ma cedo di essermi perso…» Disse grattandosi la nuca, imbarazzato. Guardai i suoi lineamenti, deformati dal buio. Non sembrava avere cattive intenzioni.
« Oh, certo, ti sei perso!» dissi confusa, non volevo velare d’ironia ciò che avevo detto, ma lo feci comunque. Il ragazzo sembrò…imbarazzato.
« Io…non riesco a vederci bene, e per un attimo mi sono preoccupato, ma poi ho visto te, e mi sono detto:  “ forse quella ragazza può aiutarmi! ” Sai, ho bevuto un po’, e mi gira tutto.» Lo vidi, sedersi accanto a me, a fissare le stelle.
« Io sono Paul! E tu?» chiese. Mi convinsi che tutto ciò era decisamente insolito. Doveva aver bevuto parecchio, eppure non emanava alcun odore.
« Melissa, ma puoi chiamarmi Mel!» sorrisi, per quanto si potesse vedere, al buio di quella notte senza luna.
«Mel, eh? Non sei di qui, vero?» abbassai lo sguardo. Mi sentii esplorata dai suoi occhi, lievemente curvati e confusi.
« A dire il vero, no. Sono qui per mio padre…» Ammisi. Non capii perché lo avessi detto. Non sapevo nulla di quel…Paul, non riuscivo nemmeno a vederlo, eppure era il primo a cui avevo detto il motivo del mio arrivo.
« Sta male?» mi chiese, accendendosi una sigaretta. Forse anche per illuminare un po’ di più. Me ne porse una, ma rifiutai.
« No, si è semplicemente separato da Mia Madre, due mesi fa, ed adesso sono qui, a passare il mio mese con lui. Dovrò dividermi da uno stato all’altro, all’infinito.» Tossicchiai, per l’umidità.
« Cosa intendi, Mel?» chiese come se ci conoscessimo da una vita, come se fossi l’unica persona sulla faccia della terra, e potsse chiedermi qualunque cosa.
« Vengo dall’Italia!» Lo sentii tossire. Non capii se fu per la mia risposta schietta, o per via del malsano fumo, mescolpato all’umidità uggiosa di quella serata.
« Italia hai detto? Conosco un mio amico, che pagherebbe per mangiare italiano tutta la vita…» ridacchiò divertito da quel pensiero.
« E così ti tocca fare una lunga traversata dall’italia alla Gran Bretagna due volte al mese, eh? Brutta storia!» commentò. Già, davvero brutta; pensai.
«sei taciturna..» disse voltando il viso verso il cielo, e buttando fuori gli ultimi spifferi di fumo, dal mozzicone rimanente.
« Che ne dici, di riaccompagnarmi verso casa, visto che non ho la più pallida idea di dove  mi trovo?» domandò, tentando di alzarsi in piedi, ma cadde bruscamente. Mi preoccupai, e lo accorsi
« Sean, hey Sean, stai bene?» domandai schiaffeggiandogli lievemente il volto, che, a vederlo da vicino, pareva quasi angelico.
« Paul..» tossì; «Mi chiamo Paul, non Sean!» si schiarì la voce. Solo allora mi resi conto di come fosse peggiorata la situazione. Solo allora iniziai a sentire l’odore dell’Alchool, prendersi redini delle mie narici.
Lo feci alzare, e portai il suo braccio a contornarmi la spalla, con l’altra mano, stringevo il suo fianco destro. Quest’ultima azione mi permise di percepire il suo respiro irregolare. La cosa mi imbarazzo enormemente, nonostante non ci fosse nulla d’imbarazzante.
« Vieni, andiamo a casa!» esclamai. Il ragazzo annuì prepotentemente. A quanto pare la sbornia aveva avuto un effetto tardivo sull’ragazzo, che iniziò a perdere conoscenza.
« Hey! Hey, non svenire, sù! Ti porto a casa!» esclamai, cercando di “tenerlo in vita”.
« Come hai detto di chiamarti?» chiesi per tenerlo sveglio, ma allo stesso tempo per accertarmi che non avesse perso conoscenza seriamente.
«Paul, ti ho detto che sono Paul, Paul McCartney!» aggiunse con voce assonnata.
Lo trascinai fino a casa mia, a due passi dal boschetto di Liverpool. Mio padre non c’era, era dovuto partire tre giorni per Salisburgo.
Feci accomodare il ragazzo sul divano, allora accesi tutte le luci possibili. Lo sentii lamentarsi prepotentemente, e portarsi una mano a gli occhi.
Solo allora mi resi conto di quanto fosse bello e…maledettamente più grande di me.
«Quanti anni hai?» Chiesi, ma questa volta senza l’intento di tenerlo sveglio.
« Diciotto appena compiuti! Più o meno…» disse senza distaccare il braccio da gli occhi. Diciotto, bene! Io ero solo un’insignificante sedicenne, lui era maggiorenne però!
Andai in cucina, e mi misi a preparare un Tea ai frutti di bosco.
« Tieni, sarà un toccasana per il tuo cervello annebbiato!» dissi porgendogli la tazza, che avevo attentamente raffreddato con dei cubetti di ghiaccio, per accertarmi che non si scottasse la lingua.
« Grazie Melissa, sei gentile!» disse bevendo tutto d’un sorso. Melissa, mi aveva chiamata col mio nome intero. Quanto m’infastidiva, ma chiusi un’occhio per la sua tragica situazione.
Tornai in cucina, per sistemare ciò che avevo tirato fuori, ma quando tornai, trovai Paul, completamente addormentato sul mio divano. Sbuffai tra me e me. Tutto ciò puzzava di sbaglio gigantesco.
   
 
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