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Autore: M e g a m i    16/12/2012    2 recensioni
« Come... come la vuoi chiamare?», chiese, e ancora faticò a riconoscere il tono disperato impresso nella sua voce. Aveva posto quella domanda nonostante conoscesse già la risposta. L’aveva saputa nello stesso momento in cui quella creatura indifesa era venuta al mondo. Julieth capì che il suo era solo un vano tentativo di rubare tempo che non gli era concesso, e sorrise ancora, guardando con amore sia lui che quella che era la sua unica e sola figlia.
« Lo sai... » sussurrò sfiorandogli una guancia, talmente delicatamente che quel tocco gli parve carezzevole e ormai immateriale come l’aria. « E fai in modo... che sia per sempre. So... che puoi farlo. È l’ultimo... è l’ultimo favore che ti chiedo ».
Un brivido gli percorse la schiena, a lui che non conosceva né il freddo né la paura. Per la prima volta in vita sua, si sentì smarrito. Piccolo, come quell’essere fragile e delicato che Julieth gli stava ponendo gentilmente tra le braccia. Il calore che emanava quell’esile corpo, era tipico degli umani. Qualcosa in grado di scaldare pure il più glaciale e immortale dei cuori.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NDA: Avrei voluto parlare di Annika in questo capitolo, ma altrimenti sarebbe diventato troppo lungo. ;A;
Rimando quindi la riunione tra sorelle al prossimo aggiornamento, così come l’introduzione di “quell’uomo” con cui Ann è sposata. /comincia a sbavare/ -scusate, io sono di parte.
In questo capitolo, invece, abbiamo una visione più ampia di quella che è la famiglia Hegertal, con qualche accenno di più alla famosa Julieth della prefazione, e anche al padre di Lilyan, di cui vorrei tanto sapere cosa ne pensate.
Poooi, come mi è stato suggerito, ho deciso di inserire alla fine di ogni capitolo un glossario -con tanto di spiegazione dei nomi e la loro pronuncia- che procedendo con la storia verrà sempre più ampliato, in modo che non vi confondiate con tutti questi nomi che mi rendo conto siano un po’ ostici!
Per ultima cosa, se vi incuriosisce come mi immagino fisicamente i personaggi, ecco sul mio profilo di facebook l’elenco degli attori/modelli/quelchel’è che più o meno corrispondo a quella che è l’idea di loro nella mia testa! -> http://www.facebook.com/media/set/?set=a.444676705592017.101491.100001490736642&type=3 [e sentitevi liberi di mandarmi una richiesta di amicizia, se volete.]



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CAPITOLO 3: Ricordi
 
 
 
Lilyan Hegertal alzò una mano guantata a schermarsi gli occhi dalla luce sole, mentre osservava avanzare verso di lei la sua puledra di razza color palomino, come tutti i cavalli della casata imperiale, guidata dal giovane e nobile scudiero di suo padre. Appena le fu accanto, con un sorriso le accarezzò il muso screziato di bianco, che Gemma dell’Aria aveva sollevato nella sua direzione con uno sbuffo compiaciuto.
   « Ruffiana... », mormorò ridacchiando, mentre passava le dita tra la sua criniera dorata. Non era molto che la possedeva, le era stata donata per il compimento dei suoi sedici anni, la sua maturità, ma nei suoi confronti aveva sviluppato un affetto senza pari. Libera come il vento, Gemma era il cavallo più indomito con il quale si era trovata ad aver a che fare in tutti gli anni in cui aveva praticato equitazione, e scherzando, il Mastro delle stalle le aveva ripetuto più volte che aveva imparato a cavalcare ancor prima di saper camminare. Eppure Gemma era stata una sfida per lei, sfida che il suo carattere ostinato e irrequieto non aveva chiesto altro che poter affrontare. E forse era proprio considerando questo che suo padre gliel’aveva regalata, provocando un lei un misto di rabbia e commozione, al pensiero di quanto bene la conoscesse. Nonostante tutto.
   Loro due erano così simili.
   « Se non ci affrettiamo, rischiamo di arrivare in ritardo, mia signora. », la richiamò alla realtà lo scudiero Bart Keetan, porgendole una mano per aiutarla a montare in sella.
La principessa si costrinse a trattenere un sospiro davanti a quel gesto che il più delle nobili fanciulle avrebbe giudicato gentile e cavalleresco, e, ignorandolo completamente, si issò con le sue sole forze sulla staffa. Lilyan cavalcava almeno dieci volte con più polso ed eleganza di quanto Bart Keetan e tutti gli altri giovani ser della corte reale avessero mai fatto nella loro breve vita priva dell’esperienza di vere battaglie, ma questo ovviamente nessuno l’avrebbe mai ammesso.
Per questo ser Keetan si limitò ad accigliarsi senza proferire parola, anche di fronte al modo in cui Lilyan si era seduta, non all’amazzone come l’appartenenza al suo sesso le avrebbe imposto. Normalmente, di fronte a una ricorrenza come la celebrazione di un Equinozio o di un Solstizio, la principessa non avrebbe fatto troppe storie e si sarebbe attenuta alle tacite regole che l’avrebbero relegata “al proprio posto” nella processione verso il tempio. Ma normalmente Lilyan non era così furiosa.
Con un secco colpo di redini, la ragazza drizzò la schiena e si diresse a testa alta verso la Porta dell’Imperatore, che separava il fortino con gli alloggi imperiali da tutto il resto di Rykfort. Superando le guardie senza la minima esitazione, si rese conto che con tutta probabilità il suo nuovo vestito celeste era stato intaccato dalla polvere e dalla terra che aveva sollevato in quello slancio, ma non le sarebbe potuto importare di meno. Per quanto la riguardava, quel vestito come la ricorrenza per la quale era stato confezionato, potevano anche finire in fiamme.
Superata la Porta e giunta infine davanti alla grata sollevata dell’arco d’ingresso al castello, fu costretta a rallentare fino a fermarsi. Nel frattempo, dietro di lei, ser Keetan che aveva distanziato senza molti riguardi, l’aveva raggiunta con aria impettita, tentando in tutti i modi di non mostrarsi offeso di fronte al resto della corte che sostava nei pressi del ponte levatoio abbassato. Calmandosi con un profondo respiro, Lilyan si ricompose e fece un cenno di saluto nei riguardi dei presenti, che risposero chinando il capo, e incontrò per una breve frazione di secondo l’ampio sorriso di Larry Malgar, il veterano Primo Cavaliere della Guardia Imperiale, divertito come sempre dalle sue manifestazione di insofferenza nei confronti del buon costume.
Suo padre, invece, la degnò solo di uno sguardo inespressivo.
   « Procediamo. », asserì quindi ad alta voce, ponendosi a capo della parata, subito affiancato da ser Malgar e dai paggi coi vessilli imperiali.
Dietro di lui, Lilyan strinse con forza le redini nei pugni e regolò al passo l’andatura di Gemma dell’Aria, non riuscendo a fare a meno di abbassare lo sguardo. Criticata dal suo silenzio colmo di disapprovazione, le era sembrato come se mantenere una posizione fiera ed eretta le fosse diventato improvvisamente impossibile.
Era questo l’effetto che ogni volta gli occhi scuri di Raleigh Hegertal le facevano. Avevano il potere di farla sentire niente più che una bambina, infantile e capricciosa, ottenendo solo di farla infuriare di più. Non riusciva a perdonargli il modo in cui si permettesse di giudicarla con sprezzante freddezza, quando mai, invece, si azzardava ad elogiarla, o più in generale anche solo ad interessarsi a lei. A comportarsi come  un vero padre, insomma.
Lilyan non riusciva a ricordare neanche una sola volta in cui l’avesse sentito dirle che le voleva bene.
   « La mia incantevole nipote si diletta come al solito a sfidare le leggi dell’universo, vedo. », un commento pungente le giunse all’orecchio, distraendola dai suoi pensieri, mentre si voltava ad incontrare lo sguardo vivace di Josev Hegertal, accostatosi al suo fianco.
   « E il mio venerabile zio si diletta come al solito a canzonarmi. », replicò tornando a guardare di fronte a sé, senza riuscire a nascondere l’accenno di un sorriso, a sentire la risata compiaciuta che le arrivò in risposta.
   « Oserei quasi dire che la tua irriverenza l’hai presa da questo ramo della famiglia. », lo sentì battere sulla cotta di maglia della sua armatura, con un pugno ricoperto dal guanto di ferro.
   « Molti dicono che invece sia un lascito di mia madre. », obiettò, provocando un altro sorriso che infuse di calore il tono di Josev. Ma anche di una malinconia da cui non poté non sentirsi toccata.
   « Allora lascia che aggiunga a questa leggenda che sono stato io ad insegnarle i trucchi del mestiere, quando non era niente più che una fanciulla coi fiori nei capelli, come la dea della fertilità Yvebloom ne La Ballata della Primavera... che credo proprio saremo costretti a sorbirci anche quest’anno. »
Non riuscendo a trattenere una risata, Lilyan tornò a voltarsi verso di lui, e incontrando nuovamente i suoi occhi di un vivo castano scuro, i suoi lineamenti duri e affilati, i suoi capelli e la sua barba nera brizzolata, non poté fare a meno di cercare e trovare un’incredibile somiglianza con suo padre. L’unica e cruciale differenza, però, stava proprio nel sorriso gentile e quasi immaturo che Josev Hegertal, secondogenito in linea di successione e cavaliere ormai congedato della Guardia Imperiale, le stava rivolgendo. Non avrebbe mai visto qualcosa del genere distendere le rughe di espressione di Raleigh.
   « Mi siete mancato, zio. », mormorò con voce più esitante di quanto avrebbe voluto. Davanti a quell’uomo che rappresentava la così palese possibilità di come le cose sarebbero potute essere se solo suo padre avesse saputo ancora come fare a sorridere, la sua rabbia si era sciolta, lasciando posto a un’incredibile senso di nostalgia per l’infanzia piena di amore che non aveva avuto, e di timore per il futuro altrettanto grigio e vuoto che l’aspettava.
Semplicemente guardandola, Josev sembrò intuire i pensieri che le stavano passando per la testa. Lilyan per lui era come un libro aperto, nonostante i momenti passati con lei negli ultimi anni si fossero ridotti drasticamente. Ormai la poteva incontrare solo quattro volte l’anno, nelle celebrazioni degli Equinozi e dei Solstizi, e il giorno del suo compleanno, al quale cercava di essere sempre presente. Di lei, aveva il vivido ricordo di quando non era niente più che una bambina, che inizialmente l’aveva temuto a causa della sua somiglianza con quel padre che non le aveva mai dimostrato il minimo affetto. Col tempo, però, aveva conquistato il suo amore e la sua fiducia, così come quella bambina dalla mente brillante, irriverente più del lecito, e orgogliosa dei suoi venerabili tre anni di età, aveva completamente conquistato lui. Tanto da spingerlo ad affrontare più volte la freddezza dell’Imperatore Raleigh, tentando di fargli capire quanto Lilyan avesse bisogno di lui. E tanto da spingerlo a sorpassare il limite del rispetto e del buonsenso, arrivando a puntargli la spada contro quando lo aveva visto darle uno schiaffo per farla smettere di piangere, un episodio di violenza ingiustificata nei confronti della figlia, che non aveva chiesto e continuava a chiedeva altro che la sua attenzione e il suo affetto. Il risultato era stato un tacito esilio, che lo aveva relegato a Brimstone, la fortezza che si levava a dominare l’arcipelago delle isole Vulkaan e l’esiguo numero dei suoi abitanti, ai margini dell’Impero.
Eppure, sebbene ormai fosse ammesso a corte e non potesse vedere Lilyan che cinque sole volte l’anno, conosceva sua nipote come il palmo delle proprie mani callose, che per tanti anni avevano impugnato una spada come comandante in seconda della Guardia Imperiale, al fianco di ser Malgar. La conosceva bene quanto aveva conosciuto suo fratello maggiore, quando ancora era un ragazzino schietto dalla risata facile e spontanea, innamorato come lo è l’Astro che insegue eternamente la Stella, di quella fanciulla coi fiori nei capelli ramati, che era stata l’ultima discendente della casata Robyn, e che aveva sposato nonostante la sua ormai estinta famiglia non avesse più niente da offrire se non l’onore della sua antica stirpe. Julieth Robyn, che in Hegertal aveva sopperito diventando la più grande Imperatrice che Ryk aveva visto dopo gli anni di reggenza di Martha la Serena, passando alla storia come l’ambasciatrice di pace per eccellenza per essere riuscita a firmare un gran numero di alleanze in tutto il Mondo Conosciuto, con regni e popoli di culture diverse, con i quali l’Impero di Ryk era stato in guerra da tempo immemore. Senza contare il fatto che aveva regalato all’Imperatore tre figli in ottima salute, il primo dei quali maschio.
Josev Hegertal chiuse gli occhi al ricordo di Julieth, che aveva amato come una sorella, e di Mark, che aveva amato come un figlio, e si costrinse ad ignorare la fitta al petto che avvertì, e che quasi gli fece mancare il fiato. Quel dolore non era niente in confronto a quello che aveva ormai corroso irrimediabilmente il cuore di Raleigh. Con l’ennesimo sorriso, allungò la mano a stringere quella di Lilyan, ancora serrata sulle redini di Gemma dell’Aria. Per quel poco che avrebbe potuto stare in sua compagnia, avrebbe dovuto essere forte, anche per lei, per quella nipote che ne aveva viste e sofferte tante, ma che nonostante tutto ancora aveva un futuro da vivere davanti a sé.
   « Anche tu mi sei mancata, bambina. Avevo proprio bisogno di una boccata d’aria fresca dopo tutto quel puzzo di zolfo di Vulkaan. », e non ebbe bisogno di specificare che per quell’aria fresca intendeva proprio lei, né che a Brimstone l’odore di solfuri non si avvertisse più da secoli di inattività del vulcano dell’isola principale, ma che per lui rimanesse come un veleno ristagnante nell’aria, che lo stava lentamente intossicando.
Lilyan sapeva bene quanto la vita di corte mancasse a suo zio, e quanto l’isolamento dal resto dell’Impero fosse per lui una condanna. Aveva passato la sua infanzia a Rykstad, era cresciuto tra le mura di Rykfort, e aveva combattuto all’interno e all’esterno di esse come cavaliere investito, eppure uno sbaglio, un solo sbaglio, l’aveva confinato dall’altra parte del mondo. In un certo senso, si sentiva responsabile perché quell’errore Josev l’aveva commesso per proteggere lei. Eppure non poteva che essergli grata, e provare ancora più affetto nei suoi confronti. Per Lilyan sarebbe stato il più grande motivo di gioia andare a vivere con lui nella solitudine di Vulkaan, piuttosto che diventare la nuova Lady Cattleback, signora di Groenwoud.
   « Pensate che abiti verdi e smeraldi mi donerebbero, zio? », gli chiese di punto in bianco, con tono indifferente.
   « Qualsiasi cosa di qualsiasi colore ti donerebbe, mia cara. Perché me lo chiedi? Trovo difficile immaginare che in te si sia svegliata un’improvvisa passione per vestiti e gioielli. », replicò lui, divertito. Ma nella sua testa aveva già cercato e trovato il collegamento più ovvio che si potesse fare con il colore verde. Il verde dei boschi e degli stendardi di Groenwoud.
   « Pensavo solo che quest’anno potreste anche essere invitato una sesta volta a Rykstad. », continuò Lilyan. La sua voce era talmente atona da risultare agghiacciante. E Josev Hegertal si rese conto con nauseante certezza che il matrimonio che l’Imperatore Raleigh stava pianificando da anni, era stato definitivamente combinato.
   « Spero vivamente di no. », riuscì solo a dire in risposta, desiderando di poter infondere in qualche modo una dolce illusione in sua nipote. Avrebbe voluto prendere nuovamente la sua mano in modo da trasmetterle tutta la sua solidarietà, ma Lilyan fu più veloce. Con un secco colpo di redini, fece in modo di accelerare il passo di Gemma dell’Aria, e si distanziò da lui.
   « Ormai non c’è più niente da sperare. », Josev Hegertal poté solo udirla dire in un sibilo.
 
 
 
Lilyan avanzò tra i destrieri e gli stendardi della parata imperiale proseguendo in disparte, fermandosi giusto a scambiare un saluto con i ser, i lord e le lady che le rivolgevano la parola. Aveva bisogno di rimanere in solitudine coi propri pensieri, o altrimenti avrebbe finito per rispondere seccamente anche alle persone per cui provava affetto o rispetto, come aveva appena fatto con suo zio Josev. Già si era pentita e si sentiva in colpa per averlo lasciato così, senza spiegazioni di sorta, ma sapeva anche che lui avrebbe capito. Probabilmente anche perché era a conoscenza dei progetti che suo fratello, l’Imperatore, aveva in serbo per lei. Guardandosi intorno e incontrato visi di nobili sconosciuti e non, si chiese quanti di loro fossero consapevoli che Lilyan Hegertal presto sarebbe diventata Lilyan Hegertal Cattleback, e sentì inaspettatamente salirle un nodo alla gola, che ricacciò indietro a forza, insieme alle lacrime che aveva portato con sé.
Eppure non riuscì a scacciare dalla testa le parole di suo padre, né il macigno che ora le pesava sul petto, rendendole quasi difficile respirare. Avrebbe voluto lanciare nuovamente la sua puledra al galoppo, correre nel vento e lasciarsi tutto e tutti alle spalle, ma quel peso la teneva ancorata ai suoi doveri di figlia e principessa. E quasi il cadenzato battito degli zoccoli di Gemma sul viale pavimentato che conduceva verso il tempio, le ricordò il suo stesso incedere mentre era avanzata lungo la sala del trono per affrontare suo padre.
 
Era da almeno un mese che non veniva convocata ufficialmente al cospetto dell’Imperatore e non camminava su quel pavimento di marmo grigio venato del nero più buio e del bianco più puro, alla luce delle grandi vetrate che ricoprivano entrambi i lati del salone. Ogni volta, il ritmico eco prodotto dai suoi passi che si andava a smorzare contro le pareti affrescate e decorate, le sembrava il conto alla rovescia che precedeva la fine, di neanche lei sapeva cosa. Per un attimo, la sua risoluzione aveva vacillato, ed era stata rimpiazzata dalla soggezione che quel luogo le incuteva. Se solo ripensava alle volte in cui sua sorella Annika le aveva raccontato che prima della sua nascita, lei e Mark da bambini erano stati soliti giocare spensieratamente a rincorrersi e a nascondersi dietro le file delle colonne di sostegno, a Lilyan quasi veniva da sorridere. Ora neanche le risa di un esercito di infanti avrebbe saputo rallegrare l’atmosfera cupa che aleggiava in quell’ampia sala, perché l’unico esercito presente era formato dalle Guardie Imperiali, che avevano preso il posto dei suoi fratelli, nascondendosi dietro l’ombra delle colonne col palmo della mano sull’elsa della spada.
Tenendo lo sguardo fisso sui propri piedi, che spuntavano dall’orlo della gonna del suo vestito, aveva percorso l’intera navata che l’aveva condotta dritta davanti a una fila di gradini, oltre ai quali, su un piano rialzato, erano posizionati due troni in legno finemente lavorato e decorati d’oro, che al solo vederli sembravano il massimo della scomodità. Annika le aveva anche raccontato di tutte le volte che Mark era salito in piedi sul trono del loro padre e che, brandendo la sua spada di legno da allenamento, aveva dato vita ad epiche battaglie completamente da solo, battaglie che finivano immancabilmente con la sua auto proclamazione come “sovrano del mondo”. Quello forse non sarebbe stato il ruolo che avrebbe ricoperto, ma in futuro, lui era destinato a diventare l’Imperatore di Ryk. O almeno, così era come sarebbe dovuta andare.
Lilyan, non aveva mai conosciuto bene Mark. Fin da piccoli, erano stati separati ancor prima che potessero instaurare qualcosa di più del legame di nascita tra fratello e sorella, con la scusa che dovessero venir educati in discipline differenti. Tra i vaghi ricordi che Lilyan aveva di lui, più vividamente la ragazza poteva rammentare solo la volta in cui, tra lacrime di rabbia causate da qualcosa di cui lei non era a conoscenza, Mark l’aveva accusata di essere responsabile, con la sua nascita, della morte della loro madre, al pari degli Assassini, gli Elfi. Lilyan aveva sei anni, Mark quasi undici. E l’aveva odiato con tutta sé stessa per quella affermazione ingiusta, arrivando ad urlargli contro davanti a tutta la corte imperiale che se non l’avesse lasciata in pace, avrebbe causato anche la sua, di morte. Da quel momento erano diventati ancora più estranei l’uno all’altra, non tanto per il rancore che presto li aveva abbandonati, ma per il senso di colpa reciproco, e soprattutto, per il comune ferreo orgoglio, che gli aveva impedito di tentare nuovamente di intavolare un dialogo. Ricordava anche quanto questo avesse fatto soffrire la dolce Annika, che voleva incredibilmente bene ad entrambi, e come sua sorella, nonostante tutto, si fosse posta in sua difesa quando poi, due anni dopo, Mark era scomparso in un tragico incidente a bordo de La Gloria, una delle navi di testa della flotta imperiale, e solo successivamente ad estenuanti operazioni di ricerca era stato dato per morto, nonostante il suo corpo non fosse mai stato ritrovato. Silenziosamente, Lilyan aveva avvertito il peso anche di quella colpa caderle sulle spalle, insieme agli sguardi turbati e incredibilmente superstiziosi di tutti i cortigiani, e primo tra tutti, quello pieno di rancore di Raleigh.
Infondo, lei era nata maledetta. Era venuta al mondo tra gli Elfi, quel popolo di assassini famosi per le loro arti magiche.
Per un attimo, si chiese come sarebbe stato se quel fratello sconosciuto, per il quale non aveva mai provato un vero attaccamento, fosse stato ancora vivo. Forse il cuore di suo padre non si sarebbe indurito così tanto. Forse non si sarebbe chiuso così irrimediabilmente in sé stesso, al punto di arrivare a voler allontanare entrambe le sue figlie da Rykfort con dei matrimoni combinati, per rimanere da solo con il suo dolore.
Era questo che aveva pensato trovandosi al cospetto dell’Imperatore, austero e composto nella sua veste blu notte e oro, con in capo la corona piena di gemme preziose. I capelli e la barba, un tempo neri e ricci come quelli di lei, ormai tendevano al grigio, e le rughe gli contornavano gli occhi intensi e severi color nocciola, così come la bocca, che ormai da tanto, troppo tempo non vedeva più neanche l’ombra di un sorriso.
Quando, dopo essersi inchinata, Lilyan aveva trovato finalmente il coraggio di incontrare lo sguardo duro di Raleigh Hegertal, con un fremito aveva capito che la decisione era già stata presa, e che niente l’avrebbe più fatto cambiare idea.
   « Principessa, quale onore. »
Lilyan non aveva neanche fatto in tempo ad aprire la bocca per parlare e porgere i suoi saluti al padre, che un suono stridente come vetro le aveva ferito le orecchie.
Immediatamente, la ragazza si era voltata nella direzione di quella voce, imponendosi di trattenere un sussulto quando aveva riconosciuto il suo proprietario. Dalla penombra creata da una colonna di sostegno, aveva visto avanzare il Cancelliere, curvo e vecchio più di quanto fosse capace di immaginare un uomo, coi capelli bianchi come la neve, e piccoli occhi neri, guizzanti come carboni ardenti, quasi nascosti sotto la pelle rugosa e coperta di macchie. La sua voce era rauca e dal tono modulato con una strada cadenza, che la faceva risultare quasi melliflua, strisciante, terribilmente fastidiosa da udire, e il suo sguardo sembrava penetrare l’anima. Sguardo che si era data della stupida per aver incrociato, perché se quello di suo padre le metteva soggezione, quello del Cancelliere Ygard era capace di instillare in lei il timore più puro. Deglutendo, si era imposta di rispondere al suo saluto in modo cortese, e poi era tornata a concentrarsi su suo padre, cercando di calmare il battito del suo cuore improvvisamente imbizzarritosi. Non riusciva a capire perché mai avesse quella reazione ogni volta che si trovava dinnanzi a quel vecchio canuto, ma dentro di sé era in qualche modo convinta che ci fosse qualcosa di incredibilmente e profondamente malvagio in quell’uomo, e non poteva concepire come suo padre si potesse fidare di lui tanto da eleggerlo al rango di suo primo consigliere. Per questo aveva esitato un attimo prima di avanzare ancora, sollecitata da un cenno della mano di Raleigh, aspettandosi quasi che da un momento all’altro il Cancelliere si allontanasse per lasciarla parlare da sola col padre. Invece l’uomo era rimasto al suo posto al fianco dell’Imperatore, al di sotto dei gradini che innalzavano la piattaforma, e aveva fissato su di lei i suoi occhi indagatori, con un sorriso appena accennato sul volto segnato.
Maledicendo il corpetto che indossava e che le impediva di fare respiri profondi per tranquillizzarsi, Lilyan si era fermata esattamente di fronte a Raleigh. La luce del sole pomeridiano arrivava a malapena a colpire il suo viso, e creava su di esso ombre che gli davano un’aria ancora più austera, quanto stanca.
Impassibile come sempre, Raleigh si era informato della salute e dell’istruzione della figlia. Lei aveva risposto educatamente e con molta calma a ogni domanda del padre, anche se dentro di sé non aveva fatto che fremere dal desiderio di allontanarsi da quella sala e da quei due uomini che insieme avevano il potere di farla sentire indifesa. Ma non poteva permettersi di lasciarsi soggiogare così, quel giorno lei si era recata alla sua udienza con l’intenzione di far valere la sua voce, nonché il suo diritto di scegliere da sé il suo destino.
Dopo che aveva finito di rispondere, nella sala era caduto un lungo silenzio, cosa che l’aveva fatta ancor più innervosire. In quella pausa, aveva avvertito gli occhi di Ygard scrutarla attentamente, e si era sentita quasi come se fosse nuda, esposta, come se lui potesse leggere quello che le passava per la testa. Non era riuscita a sopportarlo. E quando la sua pazienza aveva raggiunto il culmine, si era decisa a chiedere:
   « Padre, per quale motivo mi avete fatta chiamare? Non per sapere che materia ho studiato ieri, suppongo. »
Forse aveva parlato con un tono più tagliente di quanto avrebbe dovuto, perché lo sguardo di suo padre si era improvvisamente fatto più affilato. Lilyan si era sentita esaminata anche da lui, e aveva dovuto compiere un enorme sforzo per non cedere alla tentazione di fare un passo indietro.
   « Supponi bene, figlia mia. Ma non essere impaziente. », aveva replicato infine lui con severità.
Tanto valeva che le avesse chiesto di non respirare, aveva pensato Lilyan, la cui inquietudine non aveva fatto che crescere ogni secondo di più. In quel momento, avrebbe voluto solo poter esprimere a gran voce tutta la sua rabbia, ma sapeva che così avrebbe solo peggiorato le cose. Sì, doveva essere paziente.
Ed erano passati altri minuti in cui la principessa era stata costretta a rimanere in silenzio a sopportare gli sguardi penetranti dell’Imperatore e del Cancelliere, prima che Raleigh Hegertal si decidesse finalmente a parlare. Col cuore in gola, Lilyan lo aveva osservato chiudere gli occhi e poggiare i gomiti sulle braccia del trono, intrecciando le mani davanti al proprio viso.
   « Quanto in là credi si debba spingere un imperatore per garantire la pace e la prosperità dell’impero che governa? »
A quelle parole, Lilyan era rimasta interdetta, la domanda l’aveva colta completamente alla sprovvista. Aveva sbattuto le palpebre, aggrottando le sopracciglia, riflettendo su quale potesse essere la risposta adatta, ma soprattutto, sul perché mai suo padre le avesse chiesto una cosa del genere. Ma ben presto le era stato chiaro, fin troppo chiaro, ed era stata obbligata a mordersi con forza il labbro inferiore per impedirsi di esternare la collera che le era montata dentro in un istante.
   « Ti ho fatto una domanda. », l’aveva quindi richiamata all’attenzione Raleigh, sentendosi ignorato dalla figlia che aveva abbassato lo sguardo.
   « Di cui non conosco la risposta. Mi manca la saggezza per avere anche solo l’ardire di esprimere la mia opinione in merito. Perché non me lo dite voi, padre? », Lilyan aveva sibilato tra i denti con l’intenzione di provocarlo, mentre era tornata a fissare i suoi glaciali occhi azzurri nei suoi. « Cosa siete disposto a sacrificare per il bene del vostro impero? »
   « Ryk non è mio. Io non lo posseggo, quanto non l’hanno posseduto gli Imperatori che mi hanno preceduto. »
   « Che gli dei abbiano in gloria la loro anima. », aveva aggiunto in un sussurro Ygard, a cui Raleigh aveva rivolto un cenno d’assenso prima di continuare, serrando la stretta sulle proprie mani.
   « L’Imperatore è solo una figura, un simbolo che riunifica in sé potere, sacralità e giustizia, culture differenti e terre lontane le une dalle altre quanto il giorno e la notte, l’Astro e la Stella. Ma le città e i popoli che su cui estende il suo dominio non gli appartengono, non possono essere considerati una sua proprietà materiale e personale. Ciò non di meno, deve fare di essi il significato della sua intera esistenza. »
Prendendosi altro tempo prima di continuare, Raleigh aveva sciolto le dita e appoggiato le mani sul legno di cedro del suo trono, distendendo la spalle contro lo schienale. Nonostante fosse seduto, a Lilyan era sembrato immenso.
   « Non esiste un limite davanti al quale un imperatore debba fermarsi, né sacrifici che non debba essere più che disposto a compiere. È questa la mia risposta. L’intera vita di quel singolo individuo è in funzione di un bene più grande, il bene del suo popolo. »
   « Devo... devo dunque concludere che mi avete chiamata per farmi una lezione di filosofia? », a quel punto Lilyan aveva sorriso ironicamente, per mascherare l’esitazione nella sua voce. Per un attimo, si era sentita come vacillare, di fronte all’inflessibilità nel tono di suo padre.
   « Siamo ben lontani dalla conclusione di questo discorso. »
   « Perché non arrivate al punto, allora? », lo aveva rimbeccato, con più arroganza di quella che avrebbe dovuto. « Di grazia. »
Di fronte a quella dimostrazione di irriverenza, Raleigh si era limitato a stringere con forza il legno dei braccioli.
   « Volevo solo che ti fosse chiaro cosa sia o non sia in mio potere. Ma visto che con questi giri di parole ti risulta così difficile capire, mi spiegherò meglio. Quello che voglio che tu comprenda è molto semplice. », e con la coda dell’occhio, Lilyan aveva potuto osservare il sorriso del Cancelliere Ygard distendersi, mentre lei aveva potuto solo serrare i denti.
   « Non possiederò Ryk... però, in quanto mia figlia, posseggo te. »
Questo era stato troppo. La principessa aveva perso la sua compostezza, e la sua espressione si era tramutata in una smorfia del disprezzo più puro. Il suo orgoglio, ora ferito, non poteva sopportare un affronto del genere. Lei non apparteneva a nessuno, se non a sé stessa.
   « Forse non sai quali siano i doveri di un imperatore, ma quelli di una principessa dovrebbero esserti più che chiari. », aveva aggiunto Raleigh, senza mostrare il minimo turbamento davanti alla sua reazione.
   « E i vostri doveri di padre vi sono chiari?! », la giovane era sbottata al culmine della rabbia, urlando il proprio risentimento. Era stanca di tenere controllata la voce. Era stanca di non mostrare mai i suoi veri sentimenti. Era stanca, maledettamente stanca di rimanere sempre in-...
   « Silenzio. »
Lilyan si era come pietrificata, il senso di soggezione che suo padre le incuteva era tornato a pesare su di lei insieme al suo sguardo carico di risentimento e rancore, che le aveva ricordato lo stesso che le aveva rivolto il giorno dell’incidente in cui Mark era scomparso. L’Imperatore si era alzato in piedi, ergendosi in tutta la sua statura. E Lilyan era tornata ad essere la bambina che di notte piangeva premendo il viso contro il cuscino per soffocare i singhiozzi.
   « Sono un Imperatore prima che un padre. », Raleigh aveva asserito a quel punto, chiarendo ancora di più quanto fosse disposto a sacrificare.
   « Prima che un uomo, vorrete dire... », lei aveva mormorato tra i denti, prima di riuscire a trattenersi. Nel frattempo suo padre era tornato a sedersi, e per un attimo la giovane aveva sperato che avrebbe ignorato le sue parole. Ma non era stato così.
   « Prima che un uomo, sì. »
E Lilyan si era sentita perduta.
   « Tra due cicli esatti della Stella, a due mesi a partire dal Solstizio, andrai in sposa al, confido, l’allora Lord Gellert Cattleback e diventerai la signora di Groenwoud. Le nozze si celebreranno nel tempio di Hemel, sotto la benedizione del dio Padre del Cielo e di tutti gli dei-... »
   « ... No. », aveva potuto solo negare con orgogliosa veemenza, analogamente a quando Nania le aveva dato per la prima volta la notizia.
   « No? », suo padre aveva ripetuto, come a sfidarla a ribadirlo un'altra volta.
   « È quello che ho detto... mio Imperatore. », lei aveva sottolineato, come se si trattasse di un insulto.
A quel punto il Cancelliere Ygard si era fatto avanti.
   « Questo è il volere di vostro padre, il volere dell’Imperatore, principessa Lilyan. Dovete comprendere le vostre responsabilità come-... », ma Raleigh l’aveva interrotto con un gesto della mano, potendo vedere che sua figlia aveva ancora da dire. Lilyan si era sentita derisa, perché sapeva bene che suo padre le aveva ceduto la parola solo per farla sfogare, e non perché avesse reale interesse ad ascoltare la sua opinione o a cambiare la propria, ma non per questo scelse di rimanere zitta.
   « Se volete che io comprenda le mie responsabilità, fatemi assistere alle riunioni del Consiglio, rendetemi ambasciatrice, non datemi in sposa a uno sconosciuto solo perché ha le risorse e le ricchezze per aiutarvi nella vostra folle e vana caccia agli Elfi! Credete che sia stupida?! Credete che non mi accorga che i vostri Soldati di Vurige abbiano fatto un fiasco dietro l’altro?! Sono passati diciassette anni, padre! Diciassette! E ancora non una testa di un Elfo è caduta per vendicare mia madre, mentre voi vi ostinate a non-...! »
   « Adesso basta. »
Ancora quel tono, ancora quello sguardo. Odiando sé stessa, Lilyan aveva sentito i propri occhi inumidirsi mentre la voce le era morta in gola.
   « Ho sopportato a sufficienza le tue mancanze di rispetto. », Raleigh si era nuovamente alzato, sistemandosi il lungo mantello blu notte dietro le spalle, per poi scendere con incedere lento ma deciso i gradini che lo sopraelevavano. Prima di ritirarsi dietro un ampio portone che le guardie gli avevano prontamente aperto, si era voltato un ultima volta verso sua figlia, rimanendo a guardarla per una breve frazione di secondo. Poi le aveva dato le spalle. « Ho preso la mia decisione e la rispetterai, che tu sia d’accordo o meno. », ed era sparito nell’ombra.
 
Suo malgrado, Lilyan fu costretta a chiudere gli occhi e a prendere fiato quanto più profondamente i suoi stretti abiti le consentivano, per calmarsi dopo aver rievocato quei ricordi.
Quando infine fu giunta davanti al tempio e fu costretta a smontare dalla sella, per un attimo sentì mancare la terra sotto i propri piedi. Ma si riprese in fretta, serrando con forza i denti.
   « Andrà tutto bene, Gemma. », sussurrò, circondando con le braccia il collo della sua puledra dello stesso colore dell’oro, mentre respirava a fondo il tipico odore del suo pelo. Solo quando si sentì abbastanza forte per farlo, si distaccò da lei, che sbuffò nuovamente, pestando a terra gli zoccoli. Fissando i suoi lucenti occhi scuri, Lilyan lasciò che sulle proprie labbra tremanti di distendesse un sorriso furioso.
   « Ho fatto una promessa a me stessa. E non ho intenzione di infrangerla. »
 
 
-
 
 
 
GLOSSARIO
 
 
 
Astro Infuocato: è come viene chiamato il Sole.
Brimstone: nome del castello che si erge a dominare l’arcipelago delle isole Vulkaan. In inglese, significa “zolfo”.
Gevries: [ghèvries] Dea della Luna, della razionalità, e dell’inverno. Letteralmente, il suo nome significa “congelato”.
Groenwoud: [groenvud] nome del feudo governato dai Cattleback. Letteralmente, significa “bosco verde”.
Hemel: Dio del Cielo, cioè il significato del suo nome. È considerato il padre di tutti gli Dei.
Oëlig: altro nome degli Elfi, che letteralmente significa “occhi lucenti”. Col procedere della storia capirete perché vengono chiamati così.
Ryk: [ric] l’impero in cui è ambientata la vicenda.
Rykfort: nome del palazzo imperiale. Il suffisso “fort” sta ad indicare “fortezza”.
Rykstad: la capitale dell’Impero. Il suffisso “stad” sta ad indicare “città”.
Stella di Ghiaccio: come viene chiamata la Luna.
Vulkaan: arcipelago di isole di origine vulcanica, prima disabitate ma recentemente diventate un feudo.
Vurige: [vùrighe] Dio del Sole, dell’istinto, e dell’estate. Letteralmente, il suo nome significa “ardente”.
Yvebloom: [ìvblum] Dea dei Fiori, della vita/rinascita, e della primavera. “Yve” è una distorsione del nome “Eva” che significa “vita”, mentre “bloom” significa “fiore”.
  
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