Soltanto un graffio
-Sapere che ti amo ti
imbarazzerebbe?-
Scritta in occasione dei 20 anni dal
‘The Freddie Mercury Tribute’
20 aprile 1992, Wembley Stadium, Londra.
Pubblicata solo oggi per ragioni di
pudore.
Fan fiction iscritta al contest “Funny how Love is everywhere” indetto da DazedAndConfused.
Il
pubblico nello stadio è in delirio, l’entusiasmo della folla contagioso. Mette
piede sul palco sicuro di sé, ma allo stesso tempo incerto su quali saranno le
sorti della serata. Le dita muovono il suo ‘plettro’, ma in realtà questo ormai
si muove da solo, tanta è l’esperienza. La musica vibra nell’aria e la fa
vibrare. Che inizi lo spettacolo.
‘Fingi
di essere disinvolto’ si dice. Nessuno lo sa. Nessuno lo saprà mai. ‘Imita
Roger’, lui nonostante le disavventure della sua vita sentimentale si presenta
ancora in pubblico con una notevole faccia tosta.
Soltanto
un graffio.
Non
è lo smacco in sé, piuttosto il parallelismo. Voglio dire, possibile che lui
possa essere soltanto un graffio? D’accordo, ammettiamo pure che realmente lo
sia. Gode o no della nomea di ‘rocker gentile’? Sì, ok, ma ‘soltanto un
graffio’ pare eccessivo anche per lui. Non così in fretta! Come ha fatto a
dimenticarsi di lui in neanche un battito di ciglia? È comunque uno che non si
può dimenticare così, schioccando le dita – rocker gentile o no, lui è pur
sempre un’esperienza memorabile. Lui è pur sempre Brian May.
š ›
È seduto al piano, unica momentanea
spalla su cui piangere, sfogo perfetto. Inizia a suonare ‘Too much Love will
kill you’. Strana scelta per quella serata, ma quale canzone lo lega a Freddie
in modo migliore? Cosa se non l’amore l’ha ucciso? Beh, per un’altra via, di
certo più dolorosa e non proprio in attinenza con il testo della canzone, ma
sempre amore è. Una conseguenza. Evviva la malinconia, Brian, questa
depressione ti ucciderà, altro che l’amore!
«Too much love
will kill you... in the end.[1]»
Ma
Brian non è solo: si è accorto che lei, alla coda del piano, lo sta guardando,
con un sorriso dolcissimo scolpito sulla faccia. Liza trasuda amore da ogni
riflesso di glitter sulle sue labbra e da ogni minuscolo spazio tra dente e
dente.
«Ecco
che fine avevi fatto. Stiamo andando tutti a mangiare, ti unisci a noi, vero?»
esordisce la donna.
«Peccato
che non sarò al vero piano, stasera...» si lamenta il chitarrista, cercando una
buona motivazione per cui il suo umore debba apparire così nero. Non molto
convincente, per la verità, anzi, per niente. Di fatti lei alza le sopracciglia
mostrando un visibile dubbio.
«Ma
guardati, hai una faccia terribile, il dolore è scritto in ogni piccola piega,
sembra che ogni tua cellula stia implorando pietà. Hai proprio l’aria di uno
che ha bisogno di un abbraccio» asserisce, aggirando l’ostacolo nero.
Sono
uno di fronte all’altra adesso, lui si alza dal panchetto e apre le braccia,
storcendo la bocca, pronto a ricevere quanto più amore possibile. Cede. Il
profumo della donna gli riempie i polmoni fino a non lasciare spazio per aria
incontaminata. Si ritrova a stringere quel piccolo corpo come se fosse l’unico
scoglio a cui appigliarsi nel bel mezzo della tempesta, ma ecco che l’unica
speranza si trasforma, come Scilla, in qualcosa di tremendamente insidioso.
Come il canto della sirena, tanto meraviglioso quanto pericoloso, l’abbraccio
inizia a bruciare di una necessità insopportabile: se il corpo non chiede il
permesso alla testa, figuriamoci il cuore, ah, quello non lo fa mai. Si stanno
baciando, ma quando Brian se ne accorge è già troppo tardi. Perché il cuore ha
già preso più di quanto potesse avere. La guarda e capisce che è esattamente
quello di cui lui ha bisogno: il panico lo invade, lei?! Il dubbio lo pervade,
può davvero tutto quell’amore uccidere? Se fa stare così bene, come può poi
ferire a morte? Cosa consiglia l’esperto? Godere della felicità finché c’è
oppure rimanere all’oscuro di quella conoscenza per poi non soffrirne la
mancanza? Sentimento rischioso, l’amore.
Brian
la osserva: pare che tutti quei tormenti siano lontani anni luce dalla mente
della sua amica dalla voce prorompente. Liza si limita a sorridere, poi fa
l’occhiolino e lo prende per mano:
«Andiamo,
non vorrei che troppo amore ti uccidesse...»
š ›
È il suo momento. Stavolta non ci
sarà nessuno ad accompagnarlo, nessuno che non lo faccia sentire solo con
Freddie. Magari avrà un’esperienza sovrannaturale, magari Freddie si metterà in
contatto con lui.
Poggia
le dita lunghe e ossute sui tasti bianchi e freddi. Non è esattamente come con
una chitarra. Dà il benvenuto al vecchio amico Spike Edney come si fa di solito
ai concerti, mostrando una certa padronanza del palco, che del resto,
nonostante tutto, gli appartiene.
Convinto
che qualcosa succederà, inizia a suonare. E cantare. Se Liza è un segno che
Freddie gli ha mandato, beh, Brian spera proprio che Freddie gli mandi anche la
soluzione per il casino che ha combinato. Perché se lui è soltanto un graffio,
la ferita che Liza gli ha inferto, invece, è uno sfregio che lascerà il segno
per sempre.
š ›
Cammina avanti e indietro di fronte
alla colonna di acciaio su cui è attaccata una quantità indefinita di poster
del ‘The Freddie Mercury Tribute’. Legge per l’ennesima volta tutti i dettagli,
come se non li sapesse. L’ha organizzato lui, il Freddie Mercury Tribute,
conosce alla perfezione gli orari, gli artisti, la scaletta e, soprattutto, è
già a Wembley.
Brian
è disperato. Sospettosamente disperato. Insomma... questo è prima di tutto il
suo show! Lui deve essere a suo agio, o perlomeno sembrarlo. L’unica cosa che
sembra, invece, è un pivellino alle prese con il primo soundcheck.
A
proposito.
Deve
dirglielo prima o dopo essere salito sul palco? Prima. Assolutamente prima. Non
può andare in scena con quest’ansia. Sì, ma se lei lo rifiuta? Allora con che
faccia starebbero sul palco insieme? Non può rovinare quello che ha organizzato
per una delle persone più importanti della sua vita.
È
sbagliato cercare di andare avanti? Non vuole dimenticarlo, per carità, no! Non
sia mai detto! E anche volendo non ci riuscirebbe mai. Forse è proprio Freddie
che oggi ha deciso di mandargli un dono, un segno, un motivo per cui la vita
riprenda ad andare avanti.
Bene,
il quando è deciso. Il chi già si sa. Ora la domanda essenziale.
Come?
Come
fa a spiegarglielo? Le dichiarazioni d’amore sono già abbastanza complicate
quando frequenti una donna da mesi. Con che faccia andrà da lei a confessarle i
suoi sentimenti, dopo un semplice bacio? Si sente un coglione e se quello non
basta, non trova neanche le parole, come quando hai scritto una melodia
meravigliosa, tanto quanto lo è il sentimento che prova, ma non riesci a
scrivere il testo per la canzone. Ti mancano le parole. Fastidioso...
Si
piazza davanti allo specchio e si decide a provare una discorso per dimostrare
una parvenza di spavalderia o perlomeno di sicurezza in se stesso tale da
dimostrare che è uomo. Come se Liza non lo sapesse.
«Il
fatto è che... lo so, magari è successo tutto troppo in fretta, ma io ho
provato delle cose, non so se le hai provate anche te, però non voglio
lasciarle correre.»
Brian
si accorge che sta guardando i suoi piedi. Prova a ricominciare guardandosi
allo specchio, ma... pessima idea. Riprende a camminare avanti e indietro: se
continua ancora per qualche minuto dimagrirà. Come se non fosse già abbastanza
magro.
«E
se tu, se non hai provato niente, io... io ti capisco. Non vorrei che quello
che sto per dirti cambi le cose tra noi. Il punto è che... sapere che ti amo ti
imbarazzerebbe?»
«Eh,
un pochino sì. Ora, è anche vero che ho ricevuto proposte indecenti
praticamente da chiunque, ma te... io e te siamo... non costringermi a
rifiutarti, ti prego.» Roger Taylor è appena entrato nel camerino e lo
interrompe nel bel mezzo del suo monologo interiore che, a quanto pare è, in
realtà, esteriore.
Il
batterista si piazza di fronte a uno specchio e si scruta una guancia
preoccupato, forse alla ricerca di qualche imperfezione.
«No,
no. Non dicevo a te, scusami...» cerca di giustificarsi May, arrossendo come un
peperone e arrestando immediatamente la sua folle camminata avanti e indietro
di fronte allo specchio.
«Beh,
però è stato divertente. Ti sei imbarazzato tu, a quanto pare.» ride il
batterista con quella voce mezza roca, mezza sorniona, che lo caratterizza.
Brian continua a fissare per terra. «Insomma, chi è che dovrebbe imbarazzarsi
sapendo del tuo amore? Qualche sventola che non mi hai presentato?» nel caso
che veramente Brian non gliel’avesse presentata, avrebbe avuto i suoi buoni
motivi.
«Nessuno.
Cancella dalla tua mente quello che hai sentito» replica il chitarrista,
restio.
«D’accordo
grande capo. Però bella frase, a effetto, perfetta per rimorchiare.» Roger dice
questo ed esce, lasciando Brian ai suoi tormenti interiori. Incrementati. «Oh,
guarda chi abbiamo qui. Liza, sei uno schianto stasera!»
Ah,
che importa se Roger è al corrente?
«Grazie
tesoro» risponde lei, facendo l’occhiolino.
Il
batterista sparisce, evidentemente anche lui alle strette con il tempo e
affaccendato a portare a termine chissà quale impresa.
«Hey,
come va? Un po’ meglio spero...» tenta la donna. Mette le mani sui fianchi e i
suoi gioielli tintinnano come l’argenteria che cade a terra.
Brian
la guarda con una faccia da pesce lesso, non riesce a spiccicare una parola.
Meglio abbassare la testa, tanto la sua espressione non comunica molto. Di
tutto quello che si è preparato non ricorda niente: un classico. L’unica cosa
che affiora alla sua mente è il commento di Roger quindi, tutto d’un fiato,
senza mai scollare gli occhi dalle punte bianche delle sue scarpe, domanda:
«Sapere
che ti amo ti imbarazzerebbe?» Pausa. Timidamente lascia che un sopracciglio si
erga e che la cascata di riccioli si alzi per scrutare il viso di Liza. Ha
un’espressione sorpresa, gli occhi brillano di una luce strana. «Scusa,» cerca
di mettere le mani avanti, prima che sia troppo tardi, prima che la situazione
sfugga al suo controllo più di quanto non lo sia già. «Mi dispiace, non volevo
ferirti, non volevo rovinare tutto. Dimentica quello che ho detto.»
Incredibile.
Roger aveva ragione: l’unico a uscirne imbarazzato è stato lui.
Brian
si volta rapidamente, pronto a scappare via dal camerino a gambe levate, ma lei
lo inchioda al terreno, semplicemente battendo i piedi per terra, come se con
le scarpe avesse pestato e trattenuto la sua ombra.
«Sai,
non è il tuo sentimento che non accetto. È il fatto che te lo rimangi...
Freddie ti ha insegnato questo? Buono a sapersi. Non mi avevi ferita, dicendomi
che mi ami, ma vuoi sapere una cosa? Non mi hai ferito neanche adesso, tu... tu
non sei una ferita, quella è troppo profonda, quella ci vuole del tempo a farla
richiudere, tempo e dolore. Tu sei soltanto un graffio.» e detto questo gira i
tacchi e se ne va.
š ›
Le disgrazie non vengono mai da
sole. Non solo è giunta l’ora di accogliere Liza sul palco, ma il discorso che
Brian si è preparato (e che stavolta spera di riuscire a riesumare dai cassetti
impolverati del suo cervello) è piuttosto commovente. La voce trema mentre la
introduce. Freddie sarebbe fiero davvero. Certo che lo sarebbe. Per questo
hanno scelto lei per la chiusura. Per questo lei ha accettato volentieri. Si
spezza il fiato, poi pronuncia il nome, ad alta voce, ma non riesce
probabilmente a toccare il picco che vorrebbe:
«Liza!»
La
donna esce, quasi in ritardo, dal backstage con passo svelto, fin troppo.
Tradisce emozione. Si guardano. Sta facendo finta? Oppure no? Dopotutto, lui è
soltanto un graffio. Lei non deve recitare come lui, a che pro? Lei non sta
soffrendo, sente al massimo un lieve prurito che le intima di grattar via la
crosta. Lui indietreggia, lei avanza. Lo stringe e lo abbraccia, con il sorriso
sulle labbra sussurra divertita:
«Sei
un cretino, Brian May,» fa una pausa veloce, fallendo nel tentativo di smettere
di ridere «sapere che ti amo...» si stacca e lo guarda negli occhi, afferrando
la sua testa e i suoi riccioli tra le mani «ti imbarazzerebbe?»
Il
chitarrista rimane basito. Muove la testa e continua a guardare dove è lei,
mentre lei non c’è già più. È andata a cantare. Che la fine abbia inizio, si
suol dire.
«I’ve paid my dues...
time after time. I’ve done my sentence, but committed no crime. And bad mistakes...[2]» fa una pausa.
Pensa a Brian.
Lo nega.
Sa che è vero.
Sa che non è
soltanto un graffio, ma può solo lasciarselo andare alle spalle. Dopo quello
che gli ha detto, dopo quello che l’orgoglio le ha fatto sputare.
Guarda in basso.
Il sorriso è
sulle sue labbra, ma la luce negli occhi è triste. Aria di sufficienza, aria di
una che la sa lunga, aria di una che ha già sbagliato tante volte e sa che l’ha
appena fatto di nuovo. Aria di una che è pentita, dispiaciuta, ma non può, non
deve farlo vedere. Aria di una che non può tornare indietro. E lui non deve
saperlo: glielo permetterebbe.
Riparte un po’
più tardi.
«I've made a
few.[3]»
›
ndAutore:
Nick (sul forum e su EFP): la Cath.; Snafu
(prima laCath; _Mayhem_)
Titolo: Soltanto un graffio – sapere che ti amo ti imbarazzerebbe?
Pairing: May/Minnelli
Rating: Verde
Warnings: Flashback (in corsivo)
Battuta scelta: Sapere che ti amo ti imbarazzerebbe?
Prompt scelto: Graffio
Desclaimers: i Queen e Liza Minnelli non mi
appartengono. Le canzoni citate non mi appartengono. Il Freddie Mercury Tribute
è realmente avvenuto, ma gli altri avvenimenti sono frutto della mia
immaginazione.
Special
thanks to:
@ DazedAndConfused, organizzatrice del contest, per avermi
dato l’occasione di mettermi in gioco e per le belle parole che ha speso per
questa storia;
@ Midori e Frankie, per essere state due ottime amiche/nemiche,
fonti preziose di spunto e confronto durante la stesura del lavoro; Shun e Blue
Drake per gli altri due lavori in gara;
@ _Havoc_, Joe Elliott, Duff McKagan e Gilby Clarke,
per il supporto morale.
[1] ‘Too much Love will kill you’, scritta da Brian May, Frank Musker ed Elizabeth Lamers. Eseguita per la prima volta al ‘The Freddie Mercury Tribute Concert’ a Wembley nel 1992 da Brian May. La versione dei Queen rimase inedita fino al 1995, quando fu inserita in Made in Heaven. Prodotta dai Queen e David Richards.
[2] ‘We are the champions’, scritta da Freddie Mercury, prodotta dai Queen e Mike Stone.
[3] Vedere nota 2.