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Autore: stephany    03/07/2007    5 recensioni
"Questo è un semplice prologo. Qualcosa che sta all’inizio, prima della fine di una narrazione. Di quale narrazione si stia parlando, è ancora tutto da decidere."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte è il momento che preferisco per camminare.
Il buio sembra ovattare i suoni. Nulla è più reale.
Come se voi foste uno spirito, immaginate di essere in una strada buia. Solo voi. Nessun altro.
Non voglio spaventarvi. Perché ciò a cui andate incontro sono solo una bambina e un vecchio. Un dialogo nella notte, che spezza la cristallina perfezione del silenzio nero del buio.
Queste sono memorie di una bambina mai nata e mai vissuta. È una bambina, come un albero non è altro che un albero. La bambina e il vecchio si collocano in uno spazio che non è, in una notte di luna piena i cui raggi sono troppo pallidi per scoprire l’identità dei protagonisti.
Questo è un semplice prologo. Qualcosa che sta all’inizio, prima della fine di una narrazione.
Di quale narrazione si stia parlando, è ancora tutto da decidere.

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Se camminate lungo una strada, potrebbe capitarvi di incontrare qualcuno. Specialmente di notte. Le possibilità che qualcun altro cammini solo per il gusto di farlo a mezzanotte sono quasi nulle, ma quell’uno su un milione è pur sempre una speranza.
“Io ho sempre sperato”
La Luna osserva la Bambina che cammina lungo il viale. La segue. I lampioni sono spenti, lei è l’unica fonte di luce e vuole accompagnare quella bambina nel suo cammino.
La Bambina si ferma. Paura. Davanti a lei c’è un uomo. È lungo e curvo, magro e con il viso triangolare sottolineato da una barbetta agentea a punta. Lunghe dita simili a ragni.
Stava seduto su una panchina.
La Bambina guardò fisso il Vecchio. Piccolo, secco, con grandi occhi a palla e due folte sopracciglia. Indossava un frac con un farfallino rosso e il suo aspetto era reso più inquietante da un cilindro che poggiava di sbieco sulla testa ossuta dell’omino.
Il terrore che aveva sopraffatto la Bambina non era l’unica sensazione che si stava insinuando in lei: attrazione, curiosità. Quell’omino seduto aveva qualcosa di speciale, qualcosa che solo chi è ancora troppo innocente per capire che il mondo sta sanguinando riesce a comprendere.
La Bambina si avvicinò al Vecchio. Il Vecchio spostò i suoi occhi a palla sulla Bambina.
Ferma, immobile.
La bocca del Vecchio era una semplice linea. L’idea che subito colpì la Bambina fu che il viso del Vecchio fosse stato intagliato nel legno.
“Hai salutato la Luna, Bambina?”
La voce del Vecchio era roca. I suoni raschiavano il terreno e risalivano il corpo della Bambina, fino alle sue orecchie.
“…La Luna?”
“Sì, la Luna, Bambina” disse ancora il Vecchio. La sua voce roca raggiunse ancora la Bambina, che tentennante in un primo tempo respingeva le parole quando erano a un metro da lei, ma quando vedeva che queste le si avvicinavano fluttuanti e luminose, decideva di accettarle.
“Perchè devo salutare la Luna?” chiese sconcertata la Bambina. Il Vecchio volse lo sguardo dei suoi occhi a palla ad un essere ormai abituato alla sua presenza: dall’alto, la Luna parve farsi più luminosa per qualche secondo: sembrava avesse voluto avvicinarsi al Vecchio.
“Ti ha accompagnato fin qui, Bambina. È stata gentile con te stanotte, è giusto ringraziare” continuò il Vecchio con quella sua voce roca.
La Bambina volse a sua volta lo sguardo alla pallida Luna. Le fece un segno, un piccolo sorriso che la Luna accettò allungandò un flebile raggio argenteo verso di lei. Il raggio rimase intrecciato tra i capelli della Bambina.
“E’ un regalo– spiegò il Vecchio alla Bambina, quando vide che ella teneva fra le mani un barlume d’argento –La Luna ti è grata. Sii gentile con lei. Potrebbe deciderti di riaccompagnarti a casa”
La Bambina si volse verso quella Luna bella e pallida. Più pallida rispetto a prima. Sembrava che piano piano la Luna venisse inglobata nel cielo nero.
“Perché la Luna è diventata così nera?” chiese la Bambina, lo sguardo fisso alla Luna, le orecchie tese alla risposta del Vecchio.
“Sta soffrendo” rispose dopo qualche minuto di silenzio, durante il quale la Luna era diventata più scura.
“La Luna soffre? Come noi?”
La Bambina spalancò gli occhi e spostò il suo sguardo innocente sul Vecchio, che a sua volta teneva i suoi occhi a palla fissi sulla Bambina.
“Oh, soffre molto più di noi, Bambina. Il mondo sanguina, e la Luna non vuole vedere”. La voce roca del Vecchio sembrava cullare il continuo spegnersi della Luna.
“Perché il mondo sanguina?” domandò la Bambina.
Improvvisamente alla Bambina sembrò che gli alberi fossero diventati rossi, come bagnati da una pioggia di sangue.
“Il mondo sanguina perché l’uomo non è in grado di amare profondamente” questo disse il Vecchio, e nella sua voce roca l’animo bensì innocente della Bambina riuscì a scorgere una nota di rammarico e trsitezza e rimpianto nelle sue parole, e alla Bambina bruciarono gli occhi.
La Bambina era curiosa.
“Cosa vuol dire amare profondamente?” chiese con dolcezza e consolazione al Vecchio che, curvo, fissava il terreno.
Il Vecchio raddrizzò la schiena e poggiò la mano dalle lunghe dita sul suo bastone ricurvo, rivelando anelli in oro e argento incastonati di rubini e giade.
“Vuol dire provare un profondo senso di completamento con l’altra persona, vuol dire essere partecipi in tutto ciò che si compie con questa persona. Sorridere di ogni suo più piccolo gesto nei tuoi confronti e ricavare gratitudine da un semplice sguardo; carpire ogni suo pensiero e desiderio, inerpretare correttamente tutte le sue espressioni. Amare profondamente significa vivere un sogno” e il Vecchio continuò a guardare la Luna mentre parlava e alla Bambina sorse l’idea che quel magnifico omino seduto sulla panchina di fronte a lei altro non fosse che un tessitore di trame d’amore, un cantastorie che girava di notte con l’inseparabile compagnia dell’amica Luna.
“Ed è bello questo sogno?” la domanda sorse spontanea alla Bambina, incuriosita dal mistero che quella parola dall’altisonante suono nascondeva dietro le sue misere tre sillabe: amore.
La linea del Vecchio, che pareva fosse la sua bocca, s’incurvo appena verso l’alto.
“Se mai qualcuno ti augurerà di avere il sogno dell’amore, puoi essere sicura che questa persona ti vuole molto bene” disse lentamente il Vecchio.
Ci furono alcune manciate di secondi durante i quali la Bambina e il Vecchio fissarono entrambi la Luna e questa a sua volta dava la sensazione ai due contemplatori di restituire il loro carezzevole sguardo.
Fors’anche commiserevole nei confronti di quell’argentea spettatrice alla degradazione incessante di un modno corrotto.
“..E se fossimo solo sogni?” chiese allora la Bambina, perché quella notte di luna piena chiudeva in sé i protagonisti di una sogno lucido e dalle sfumature color dell’argento, interrotta da sprazzi di luce abbagliante.
“Bè… sarebbe tutto semplice come in una favola” rispose il Vecchio, alzandosi con l’aiuto del suo bastone nodoso dalla panchina. Il Vecchio rivolse uno sguardo complice alla Luna.
“Và, Bambina” disse lui, con un tono di comando reso vago dalla sua voce roca, che s’insinuò prepotente nei ricordi della Bambina.
“La Luna vuole riaccompagnarti a casa, ma potrà farlo solamente adesso: più tardi la Luna dovrà accompagnare il suo menestrello nella Città dei Sogni” sospirò con quella sua voce particolare il Vecchio, allungando una di quelle sue mani nodose verso il cielo, come ad accarezzare la dolce Luna.
La Bambina annuì.
“Mi raccomando Vecchio, regala bei sogni ai bambini che incontrerai” acconsentì la Bambina, dondolandosi sui talloni nella sua più completa innocenza.
La bocca del Vecchio allora s’incrinò in uno spicchio di Luna adagiato per terra, in un sorriso dolce e cullante.
La Bambina guardò la Luna, che comnciò a muoversi nel cielo, accompagnando la Bambina sulla strada di casa sua.
A qualche passo dal Vecchio, la Bambina si voltò a guardare per l’ultima volta il Vecchio: era ancora lì, poggiato al suo bastone. La figura dell’omino sembrava luccicare. La Bambina gli rivolse un ultimo sorriso, poi si girò. Allora il Vecchio la guardò per qualche secondo ancora, mentre con quella sua camicia da notte bianca e pura tornava a vivere la sua ingenuità di angelo.
E solo quando la Luna non regalava altro che un piccolo raggio argenteo al Vecchio, la Bambina si girò di nuovo e vide l’omino farsi sempre più trasparente, fino a quando non esplose in un bagliore di luce argentea, che volò verso l’alto e si dispose nel cielo.
“Dì addio al Vecchio, Bambina…” sentì dire lei. E quando si volse in direzione della Luna, per un istante vide il viso di una donna splendida rivolgerle un sorriso.
“Sì” rispose a comando. Si girò verso il gruppo di stelle che più brillava in cielo:
“Addio, Vecchio…” sussurrò e di nuovo guardò la Luna, che ora era la solita splendia sfera d’argento.


NOTA DELL'AUTRICE---
E' solo un'esperimento, e sicneramente non sapevo nemmeno dove metterla ç____ç però mi piaceva, e volevo i pareri di qualcuno... ^^''' commmentiniiii! eheheh
  
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