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Autore: Ella_Sella_Lella    16/12/2012    4 recensioni
Percy viene "incastrato" in una "misteriosa" (Anche per lui) missione dalla Divina Artemide.
Aiutato da una profezia, come sempre poco chiara.
Una fidanzata "troppo" sveglia, un cugino con un "Pass" per l'oltretomba.
Quattro abigue divinità minori.
Una sala da tè, nel cui retro c'è il Servizio Cliente dell'Ermes Express.
Sogni che riguardano un gigante ed un cane splendente.
Ed una costellazione che ha la forma di una macchina per il caffè. Che nasconde in realtà un "tragico(mico fore un po')" amore.
Ma perchè?
*
Buona lettura
Baci baci
EsL
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[(11 pagine buone)]








Allora sono ben 4 mesi e 3 giorni. Si odiatemi. Dovete farlo. Avrei potuto pubblicare metà di questo capitolo una vita fa, ma volevo che fosse intero. Comunque be, l’ultima parte è pessima e sbrigativa, la verità e che non vedevo l’ora di pubblicare. Per il prossimo capitolo vi prometto : Meno tempo, anche perché sarà una cosa fluff osa al massimo.




Bene questo è il terzultimo capitolo. Ergo -2 alla fine :D



Allora vorrei dedicare questo capitolo ad una mia amica, ieri ha compiuto gli anni e so che è stato particolarmente difficile quest’anno.




Alla mia ex-vicina di banco, wrtltwtwd. Sostanzialmente perché esiste e mi aiuta sempre.


E a St_Rebel che qualche giorno fa ha anche fatto il compleanno. Ancora auguri dolcezza.


Allora adoro ogni singola persona che legge.

Quelli che hanno recensito il precedente capitolo :
Dandelion to dream
saritacelinebowel
Jishiku
Hp PJ RG E 4ever



Gli 8 che preferiscono, i 2 che ricordano e i 17 che seguono.





Grazie mille.



Bene, buona lettura

EsL























Come in cielo …






































Percy aveva aperto gli occhi con la dolce fragranza delle frittelle blu che preparava Sally Jackson ed aveva creduto di essere nella casa in cui viveva assieme alla sua normale famiglia, invece nel momento in cui si era arrotolato meglio nelle coperte era scivolato e caduto su un pavimento freddo, ottenendo un crudo e ruvido risveglio. Era in una stanza spoglia con il pavimento di marmo bianco, le pareti di calcestruzzo ed accostate alle pareti c'erano delle semi colonne, lui stava dormendo su una specie di divanetto antico in stoffa rossa. "Un brutto modo per svegliarsi" aveva sentito un commento sarcastico, appena alzati gli occhi aveva visto un Nico Di Angelo, vestito con un toga di stoffa chiarissima, i capelli intrecciati, che mangiava i pancake alla nocciola. Percy aveva tenuto per se qualche male commento ed aveva addentato un pezzo di frittella senza neanche preoccuparsi di non avere posate.








"Perchè sei vestito come Seneca?" domandò alla fine il figlio di Poseidone, "Non pretendevi che restassi con gli stessi vestiti per tre giorni, compreso la notte. Dunque mi hanno dato questo" aveva risposto con semplicità il figlio di Ade, tagliuzzando un altro pezzo di cibo. Percy aveva gettato un'occhiata a se stesso, erano forse più di ventiquattro ore che indossava gli stessi vestiti, dalla fuga da casa di sua madre o forse era sprofondato così subito nel sonno dopo essersi rimpinzato di dolci da non aver avuto neanche il tempo di cambiarsi. In tutto quello strano posto, le memorie cominciavano a ingarbugliarsi, forse era un po' per il tè drogato del pomeriggio prima o forse perchè lì non erano solo i sapori a mischiarsi e confondersi. Nico aveva guardato il cugino in silenzio per un po', notando decisamente in lui un comportamento anomale, era stranamente calmo e frastornato, con onestà il figlio del dio dei morti si rifiutava di credere fosse solo lo sbigottimento perchè si era appena svegliato con un urto.







Quando scesero al piano di sotto la vita in quel luogo sembrava essere ripresa alla sua naturale frequenza di strane creature, dei di qualunque genere e umani totalmente accecati che ingurgitavano dolci dalla dubbia provenienza, serviti dalle più svariate divinità minori, forse non esattamente amichevoli. Grover era venuto verso di loro zampettando e belando abbastanza felice, "Peeercy" aveva urlando, emettendo anche un versetto decisamente caprino, "Amico mio" aveva risposto il figlio di Poseidone stringendo in un abbraccio il sue ex-guardiano ed il suo migliore amico. Si erano accomodati tutti e tre al tavolo con Juniper, che continuava a mescolare con movimenti mesti un tè bollente, in uno stato di sonnolenza acuta, con i capelli biondi e sfibrati, gli occhi stanchi e le vene belle evidenti verdi luccicanti, non doveva aver dormito poi molto in quelle notti e gli occhi erano così affaticati.







Annabeth era scesa subito dopo che continuava ad odorarsi i vestiti e con i capelli annodati, con lei c'erano Phoebe e Thalia, con i vestiti sgualciti ed i capelli arruffati, si erano seduti con loro, la figlia di Zeus aveva strangolato in un abbraccio suo cugino, che la figlia di Apollo aveva definito decisamente troppo affettuoso, erano arrivati anche Clarisse e Chris, spossati ed affamati, particolarmente lei, così si erano buttati sui dolci e poi le cose erano continuate in quel modo, in una sorta di fin troppo costruita spensieratezza. Ma come ogni fiaba, si era interrotta nel momento in cui una dea aveva fatto il suo ingresso: una ragazza dai capelli castani ed irti, gli occhi verdi ed il sorriso più cattivo che avessero mai potuto ricordare, Heather. Rimasero tutti in silenzio a fissarla, "Sono desolata" aveva cominciato lei, ma dal suo tono mellifluo non lo pareva affatto, "Di interrompere la vostra felice riunione di famiglia. Ma ci serve il nostro caro Pesciolino" aveva terminato la dea della discordia, con il sorriso più irto del mondo stampato sulle piccole labbra sottile.







La prima cosa che Percy aveva dovuto fare dopo aver seguito la dea minore era stato sostanzialmente un bagno, "Non ti mandiamo tra gli Eroi più gloriosi in uno stato così pietoso" era stato l'unico commento di Cher, prima di spingerlo in una sorta di terma romana, che l'aveva tenuto bloccato lì per qualche ora. Quando era uscito però aveva notato con orrore che le ore erano corse fuori molto più velocemente, era stato Sam a spiegarglielo, quando l'aveva affiancato fumando sigarette di uno strano colore dorato, "Quel bagno funziona un po' come il labirinto. Ricordi? Lo ha progettato Dendalo un mucchio di anni - secoli - fa" aveva risposto con quel sorriso così spigliato ed innocuo. Qualcosa che lui non era minimamente. Il Dio per eccellenza poi l'aveva spedito dentro l'Assistenza Clienti dell'Ermes Express e lì aveva trovato di nuovo la dea Heather ad attenderlo, vestita di rosso sangue con la dentatura seghettata, non diversa di una virgola dalla prima volta che l'aveva incontrata, ancor prima di avere idea di cosa lo aspettasse, con Thanatos al suo fianco e Philotes dall'altro, alle loro spalle a posto del solito alate su cui la dea della discordia posava tutte le sue scartoffie, c'erano altre cose.







Un auriga d’ossidiana nere, intarsiata di ghirigori d'avorio luccicante, nel suo centro vi era incastonata una sorta di pietra nera, che sembrava risplendere di un calore quasi bollente ed una luce ombrosa e sinistra, era come una stella luccicante di una luce oscura, doveva essere l'astro preso dalla notte immortale del cielo d'Erebo. Poi c'era un'armatura da legionario romano, di bronzo celeste e ferro stellato, una tintura di bronzo e celeste brillante, contornato di un mantello composto da una stoffa leggerissima e setosa blu scuro, lo stesso manto di cui era fatta la fascia che Nyx aveva annodato sul suo corpo pallido, la coltre della notte e sulla pettorina era incastonata una pietra levigata chiara dall'aspetto di un qualche luccicante gioiello, era luminescente e calorosa, Percy aveva ridestato dalla sua memoria la luminescente stella che le aveva donato la signora della notte mortale, infuocata e brillante. "Indossa l'armatura, Eroe, e la cintura con le tre stelle" aveva detto Philotes con un sorriso così amichevole ed amorevole, indicando appunto la vicina corazza.







Macaria era venuta a passo cadenzato verso il suo fratellastro Nico, i capelli lucenti castani erano avvolti sotto la bandana, il volto pallido era disteso in un bel sorriso e gli occhi neri come chicchi di caffè erano luccicanti, tenendo le redini fatte con una catena di ferro di un mastino infernale, Mrs O'Leary (rivedere nome), "C'è stato comunicato che il Posdoneide avrebbe trovato la cosa adatta" aveva spiegato la dea della morte beata, lasciando le redine al fratello che con una certa titubanza le aveva prese. "Ma cosa per il Tartaro state macchinando?" domandò Chris Rodriguez decisamente sconvolto, aveva compreso dall'inizio di quella giornata che le cose erano abbastanza strane, in realtà era stato da quando avevano ricevuto la visita di una ragazza che puzzava come una pescheria che le cose erano diventate ambigue, poi era stato terminale come idea quando la sosia di Evanna Lynch li aveva mandati fuori con poche e semplici parole, lì poi avevano visto la dea della morte beata venire verso di loro.






Apollo era seduto accanto a sua sorella e con loro c'erano anche Edmund semisvetito che cercava di prendere i primi raggi del sole della primavera, del tutto disinteressato al fatto che il clima fosse ancora abbastanza gelato, accanto a lui c'era la sua bella sposa Penny, con i capelli scuri e gonfi, con delle sfumature violacee e gli occhi lucenti colore del ghiaccio affilato, era oltremodo a parere di tutti la mortale più bella che potesse esistere. Usava lanciare sguardi scettici al suo ragazzo che rimaneva del tutto interessato a prendere il sole. "Tu quindi vuoi mandare all'altro paese secoli di castità, il tuo voto e mandare alle ninfe tutte le prediche sulla moralità per una sola notte di lussuria" aveva commentato Apollo ombroso e così melodrammaticamente serioso, "Primo: Detto da te non potrò mai prenderlo sul serio. Secondo: Nessuna lussuria, solo una notte in compagnia" aveva risposto con scettica Artemide. Le sue cacciatrice avevano appeso l'arco a chiodo e seppellito la freccia, ovviamente a patto che la dea non mancasse al suo voto. "Te lo ricordi quella strana sensazione che si prova, quel senso di calore" aveva squittito la dea, per la prima volta non pensando al Cacciatore ma quei sentimenti che solo quel figlio di Poseidone li aveva scatenato, "Si" aveva risposto semplicemente il dio del sole. Nella sua memoria comparse il volto sfuggevole e carezzevole di Giacinto e gli occhi grandi di Melissa, poi aveva sentito il vuoto assoluto; così aveva allungato un braccio verso sua sorella ed aveva circondato le sue spalle chiare con il braccio e poi le aveva baciato la tempia, "Se resta più di una notte lo uccido di nuovo" aveva sibilato quest'ultimo divertito, portando anche la sorella a ridacchiare.






Selene si era fatta viva al Chaos Ton Gefson una cosa che non faceva praticamente mai, vestita da fantina con i capelli raccolti in una coda, aveva salutato brevemente la dea della Luna con un sorriso abbastanza freddo, ma non c'era da stupirsi la greca non era assolutamente una persona di molta compagnia, al di là del fatto che non aveva mai imparato il greco classico e tutte quelle lingue che erano venute dopo di quella, passava tutto il suo tempo da sola ad Ellis Island con il suo amato dormiente ad occhi aperti ed era uscita esclusivamente in sporadiche volte, in cui una volta aveva incrociato un figlio di Atena che era uscito pazzo di lei. Era comunque diventata più calorosa quando la figlia di Leta le aveva ridato la sua vecchia slitta trainata da cervi che un tempo le era appartenuta, "Thaymasios*" aveva gracchiato Selene, biascicando quelle poche parole che sapeva in greco antico, abbracciando la sua sostituta.







Percy aveva indossato l'armatura e legato la cinta d'Orione al busto, poi assieme agli altri tre aveva spinto fuori l'auriga per portarla sul terrazzo nel retro del locale, dove sembrava essersi riunito un bazar di strane creature e personaggi ambigui. Li altri erano rimasti indietro, ma Annabeth era immediatamente corsa verso di lui, ma prima che potesse esprimere un qualunque commento era rimasta silenziosa davanti a lui e alla sua bellezza, perchè vestito ed adornato in quel modo il suo ragazzo possedeva quella rara ed etera graziosità tipica delle bellezze divine, in quel momento pareva più regale ed alto di qualunque dio, anche più del padre degli dei e dopo averlo pensato sperò che Zeus non la folgorasse. Quest'ultimo si limitò solo a far tuonare il cielo di un forte boato.







Il figlio di Poseidone rimase qualche istante in silenzio, roteando gli occhi verdeacqua verso il cielo, chiedendosi perchè suo zio fosse irritato, anche perchè per lui il cielo era un posto decisamente vietato, ma per sua incredibile sfortuna era lì che stava andando. "Di qualcosa sapientona" aveva detto alla fine esasperato Percy davanti allo sguardo silenzioso della sua fidanzata, "Qualsiasi cosa" aveva rimarcato, la bionda aveva sorriso appena, "Non posso testa d'alghe o risulterei stucchevole" aveva risposto alla fine, con un sorriso sornione. L'Eroe si protese verso la sua ragazza e la strinse in un abbraccio ampiamente ricambiato, "Vedi di tornare tutto intero" aveva bisbigliato lei, con la testa nascosta nell'incavo del collo del ragazzo, con il mento che urtava la cicatrice rossastra che aveva inciso Eris come patto a lungo termine. Percy le aveva accarezzato i capelli biondi e pagliosi, non importava quanti occhi erano su di loro, si allontanò appena da lei, lasciandola per qualche istante confusa, "Sono tornato sempre da te" aveva esclamato alla fine, dandole un bacio sulla fronte ed uno sulle labbra. L'idillio era stato ovviamente spezzato da Heather che aveva trovato quella situazione al limite dello stomachevole. Il che detto da lei, era stato definito da tutti, decisamente ipocrita, cosa che l'aveva mandata su tutte le furie ed aveva portato la cicatrice del veto di del semidio a bruciare.












Quando il tardo pomeriggio cominciò a venire, Percy era seduto su una delle panchine sul retro della sala da tè, accanto a Nico, Grover e Sam, che mangiucchiava ali di pollo, del tutto indifferente a tutto quello. Una persona arrivò. Era la dea Eos, probabilmente, anche se pareva più umana di quanto non fosse mai stata, vestita come una certa elegante sobrietà, i capelli rossi raccolti in uno chignone e li occhi coperti dietro li occhiali scuri da sole, "Divina Eos" aveva biascicato il figlio di Poseidone. Nico aveva guardato la dea con una certa curiosità, così anche Grover, che si era lasciato sfuggire un belato; Sam si era alzato ed aveva abbracciato la dea in modo alquanto affettuoso, "Cos'è successo al dio burbero e cattivo?" aveva domandato confusa la dea dell'aurora, "E' una cosa su cui sto lavorando" aveva detto semplicemente il dio, prima di specificare che stava cercando di tornare ad essere cattivo.







A Percy non era stato più concesso di indugiare ancora, era stato costretto a salire nella carrozza di Thanatos con Artemide ed Eos, le due dee si erano salutate freddamente. "L'auriga e Mrs O'Leary?" aveva domandato, legittimamente, il figlio di Poseidone, ma come ogni volta li Dei avevano arbitrato di non rispondergli. Il ragazzo aveva cercato di guardare lo scorrere frettoloso del panorama per comprendere dove fosse, ma lo spostamento d'ombra, rendeva tutto solo una gran confusione. Si erano arrestati soltanto quando erano giunti alla prossimità di una spiaggia. Erano scesi tutti e tre, l'Auriga era già lì legata alla sua cucciola infernale. Com'era cominciata a scendere la notte, che la dea dalle rosee dita aveva cominciato a camminare verso il mare con uno sguardo assente e quando l'acqua aveva raggiunto i polpacci aveva alzato le braccia al cielo. Forse era stata l'acqua stessa a sollevarsi, insieme alla sabbia e forti raggi di sole brucianti, si erano annodati insieme come stringhe, in quella che sembrava un freccia rossastra tricolore, che piano piano era diventata dell'arancione infuocato del tramonto. La stessa Eos sembrava essere arroventata, con le dita arrossate, Artemide aveva afferrato Percy per le braccia e l'aveva girato di forza, premendosi a lui, obbligandolo a rivolgere lo sguardo alla città alle spalle del mare. "Divina ..." aveva biascicato l'eroe imbarazzato, "Potresti esplodere se la vedessi" aveva risposto solamente la dea della caccia.







Quando li era stato concesso di voltarsi di nuovo, Eos era tornata nel suo sobrio abbigliamento scuro ed i capelli raccolti, era pallida e quasi spenta, sembrava che tutta l'energia iridescente che le era brillata dentro fino a pochi attimi prima si fosse spenta, ma davanti a lei c'era una lungo sentiero in salita composto da mattoncini rossi. "Eroe, durerà il tempo di permettere al sole di sparire dietro il mare" aveva detto solamente la dea, volgendosi verso di loro, il sorriso era aperto sul volto e gli occhi non erano più nascosti dagli occhiali; per la prima volta erano di un colore vero, ardente e violento rosso scarlatto. Artemide aveva stretto ancora il ragazzino a se prima di aiutarlo a salire sull'auriga costruita da Eris, "Grazie, grazie ancora" aveva sussurrato davvero grata la dea della caccia, Percy aveva annuito prima di tirare le redini e far partire il segugio lungo la strada di mattoncini rossi.





La fine giunse dopo molti metri, forse un chilometro, quando il sentiero ne aveva trovato un altro. Un grosso arco azzurrino e sbiadito a distanza. Ai suoi fianchi era pieno di nuvole rosse e oscure stelle lucenti, così il figlio di Poseidone seppe di essere giunto ancora una volta nell'altro mondo. Quando l'arco azzurro si era fatto più vicino, aveva notato che era composto da una sorta di polvere turchese lucente, mischiato a stelle bianche luminose e vive. La strada era percorsa da esseri, indefiniti ed opalescenti, emanavano una leggera fluorescenza turchese ed alcune parti del loro corpo erano composte di stelle chiara e splendenti. Orione l'aspettava al varco, con i ricci e gli occhi mare, vestito di pelle e con la mazza chiodata, quindici stelle, alcune minuscole, altre enormi, brillavano sul suo corpo rendendolo luminoso, così Percy aveva compreso che davanti a se c'erano costellazioni.






"Vi sarò eternamente debitore di questo, mio caro fratello" aveva detto Orione, con un sorriso sincero, come quello che aveva mostrato nei suoi sogni. Percy aveva sorriso imbarazzato ed aveva balbettato un prego, poi era sceso dall'auriga ritrovandosi così a confronto del mezzo-fratello, che pareva superarlo di molto in altezza. "Un nuovo sentiero alla fine del bacio della notte apparirà al fondo dell'arco ed io sarò lì ad aspettarti" aveva detto il mezzogigante, facendo un passo in avanti sul sentiero di mattoncini rossi ed abbandonato la volta celesta, la pelle era tornata compatta e lattea, gli occhi accessi ed i capelli scuri, le stelle si erano spente. Il fratellastro fece un passò nella via delle stelle e la sua stessa pelle divenne di un celestino opalescente, astri roventi erano nati dalla sua pelle negli stessi punti in cui si erano oscurate all'altro. Le tre pietre della cintura brillavano più di tutto. Percy fu per un attimo disorientato, "Se tu non dovessi tornare, io resterei qui per sempre?" aveva chiesto retorico. Orione era salito sull'auriga, mentre il mastino infernale strusciava il suo enorme muso sulla corazza dura dell'altro figlio di Poseidone, "Io tornerò, fratello. Il tuo è un favore immenso di cui non intendo abusare" aveva esordito il figlio del dio del mare, "Da quando sono morto, non ha fatto altro che guardare Artemide e sperare di poterla incontrare ancora e non limitarmi a guardarla dal cielo. Ma la vita non mi appartiene più da molto" aveva terminato, con un sorriso docile e sincero. Tirate le redini, Mrs O'Leary aveva inforcato la strada inversa e l'auriga con il suo ospite erano scomparsi in fretta all'orizzonte, lasciando Percy all'angolo della volta celeste.







Non era rimasto lì allungo, aveva cominciato a dare un occhiata in giro, una serie di creature, tal volta umane, tal volta no, percorrevano quella via urtandolo e scusandosi, dirigendosi tutti alla fine dell'arco. Aveva intravisto molti dei celebri personaggi conosciuti da tutti e quelli di cui i quadri erano appesi nel corridoio di Eos. "Tu devi essere il famosissimo Percy Jackson" aveva detto una voce curiosa ed il ragazzo si era voltato, incontrando un centauro luminoso, armato d'arco, sulla cotta di ferro, che usava come maglia, vi era una freccia obliqua che andava vero l'alto con la punta a destra. "Si, si" aveva bisbigliato il ragazzo a disaggio, guardando la creatura davanti a lui, "E' Lui! E' Lui!" avevano squittito due bambini, uguali l'un l'altro, che si tenevano a braccetto, indossavano due chitoni greci, su cui in giallo erano dipinta una sorta di due romano con le strisce orizzontali più arcuate. L'avevano circondato e li giravano intorno saltellanti, rischiando di far venire al ragazzo il mal di testa. Era scappato ai tre, solo a causa di una maliziosa ragazzetta della sua età che l'aveva guardata in modo molto zuccheroso. Vestita con abito da dama d'antichità, i capelli lisci ed un espressione divertita, i suoi tratti somatici erano leggermente confusi, assomigliava leggermente ad Annabeth, però aveva il naso di sua madre e le labbra di Thalia, forse c'era anche un po' di Clarisse dentro. Sul corpetto aveva scritto in grigio una specie di m minuscola con un rivolto che sembrava un pesce molto stilizzato.






Il centauro si era fatto avanti ed aveva strappato l'eroe dalle grinfie della giovane pulzella, "Perdonate i miei fratelli. Sono spesso invadenti" aveva detto quello, ammonendo gli altri, mentre un enorme granchio con una sorta di sessantanove orizzontale sul guscio, che aveva scrocchiato le chele verso di loro. "Sono abituato" aveva risposto semplicemente Percy cercando di mantenere la calma, ma era sempre a disaggio sentirsi al centro dell'attenzione, "Io sono Sagittario, loro sono i gemelli e lei è Vergine" aveva presentato il centauro, indicando gli altri due. I Gemelli avevano quasi saltellato per la gioia al sentirsi presentati, la fanciulla aveva ammiccato seducentemente. Non era certo così che si immaginava il segno della Vergine. Era stato poi dopo quella breve presentazione sommersa da una serie di altre costellazioni decisamente curiose ed invadenti, non abituate alle nuove presenze. Quello strazio gli era stato risparmiato nel momento che una mano aveva afferrato il mantello di coltre notturna e l'aveva strattonato via, facendolo scivolare lontano dagli altri membri del corpo celeste in un posto meno soffocante e più tranquillo.







"Grazie, grazie tante" aveva biascicato il ragazzo, riprendendo fiato e cercando di comprendere dove si trovasse, senza voltarsi verso il suo salvatore, "Mi parea che il mio prezioso sodale necessitasse del mio ausilio" aveva risposto quest'ultimo, svelando un altolocata parlata ed una voce femminile e Percy pensava di sapere chi fosse senza doversi voltare a guardarla, sebbene fossero passati più di tre anni dall'ultima volta che avevano parlato. Zoe, la cacciatrice di Artemide, era luminosa e meravigliosa al suo fianco, il volto serio disteso in un sorriso lieve. Non ci aveva neanche pensato ed immediatamente si era lanciato verso la costellazione stringendola in un abbraccio, senza curarsi del fatto che avesse stretto una cacciatrice di Artemide. Quando si era staccato aveva ricevuto un buffetto sul collo, "Perchè?" aveva gracchiato Percy, "Per mia sorella, le amazzoni, l'arseide, l'oracolo ed Annabeth" aveva tenuto a precisare l'altra, "Dall'ultima volta che ci siamo veduti non hai mantenuto un atteggiamento virtuoso" aveva aggiunto. "Ho salvato il mondo" si era difeso l'eroe. La costellazione aveva accennato un sorriso, poi li aveva tirato un altro buffetto, "Per avermi cinto" aveva aggiunto, il bruno l'aveva guardata in malo modo, prima di ricevere l'ennesimo schiaffetto, "E questo?" aveva domandato adirato, "Per lavorare a favore dell'amore di ciò che io ho tentato di demolire" aveva terminato. Percy era rimasto sbigottito, "Ma sono lieta che tu lo stia facendo" aveva detto, con un sorriso soddisfatto.






Prima però di proseguire lungo la strada turchese della volta celeste. Zoe Nightshade si era prodigata per convincere il figlio del mare a seguirla all'inverso, "Non potrebbe essere sbagliato?" aveva domandato di rimando il ragazzo, "I mortali non si preoccupano più del cielo e per chi lo fa ancora parremo comete" aveva risposto semplicemente la semititanta, "Ho speso la mia intera vita nella virtù e nel valore, sempre ligia, ora che la mia anima vaga nella volta, mi piacerebbe trarre della gioia prava" aveva bisbigliato quest'ultima, portandolo ai confini dell'arco celeste. Dove delle anime grigiastre ed opalescenti guardavano i loro compagni a cui era permesso lasciare l'orcio. Percy aveva intravisto Ethan e Lee, c'erano anche Castore e Michael, Silena si era sbracciata per farsi vedere, così come Beckendorf che aveva alzato una mano per farsi vedere.






Però il figlio di Poseidone aveva visto una sola anima salutarlo, Luke Castellan, il vero eroe, con il volto sfigurato. Sembrava oltremodo più solare di quanto non fosse mai stato da vivo; "Sono felice di rivederti e sapere che hai mantenuto la parola data" aveva detto il figlio di Ermes. Percy aveva sorriso ed aveva parlato brevemente con il suo vecchio arcinemico. Era stato strano parlare con Luke come se tutto ciò che fosse accaduto non fosse mai successo, avevano conversato come due vecchi amici e come avevano fatto quando erano ancora amici al campo. Si era parlato di Annabeth e di Thalia, anche di Grover ed un po' di tutti. Si erano uniti a loro anche Silena che aveva preso a cinguettare di Clarisse e poi c'erano tutti gli altri. Bianca Di Angelo li aveva tirato un buffetto sul braccio, protestando che il suo caro cugino non era venuto a salutarla, aveva anche enunciato che non sapeva se ridere o piangere del fatto che suo fratello fosse innamorato. Percy l'aveva stritolata in un abraccio. Castore aveva domandato come stava suo fratello e tutti si erano impicciati nelle vite altrui.







Silena aveva detto a Charlie che era certa che la figlia di Ares avrebbe dato a sua figlia il suo nome. Il figlio di Poseidone era rimasto quasi sconvolto dal non aver notato che il motivo del tanto splendore di Clarisse fosse la dolce attesa in cui era costretta. Michael li aveva battuto il cinque, "Mi Dispiace" aveva detto Percy, ricordando il ragazzo che era semplicemente scomparso, ma il figlio di Apollo aveva ridacchiato "Dovresti smetterla di sentirti in colpa per tutti" aveva detto il ragazzo e Bianca li aveva dato man forte. Aveva poi il vivente ringraziato sia Beckendorf, che aveva risolto tutto con una scrollata di spalle ed anche Ethan Nakamura che si era auto-elogiato dopo aver ricevuto il ringraziamento.






Luke l'aveva poi preso in disparte, "Per quanto bello possa essere Percy, devi andare" aveva detto l'eroe, allungando il braccio verso l'orizzonte, dove l'arco azzurro si estendeva, percorso da oscure figure. "Ti prego di portare ad Annabeth e Thalia i miei saluti e di dire ad entrambe che le voglio molto bene" aveva detto il biondo e senza mali pensieri, il figlio di Poseidone aveva annuito, prima di esser costretto a lasciare i suoi amici per incamminarsi ancora con la cacciatrice lungo la strada azzurra.






"Bene, ora in questa lunga notte, Zoe ho ancora bisogno di te" aveva detto l'eroe, evitando un enorme scorpione che correva a destra e a manca, prima di scivolare in una matassa lunga di capelli lisci, "Se è del mio ausilio che necessiti, ragazzo lo avrai" aveva risposto la cacciatrice, afferrandolo per un braccio e tirandolo su. Il figlio di Poseidone si era rimesso su sulle sue gambe ed aveva afferrato i lunghi capelli su cui era scivolato e li aveva tirati. "Attento alla chioma" aveva trillato una donna calva, che teneva tra le mani una cascata di capelli splendidi che si estendeva fino oltre i piedi. "Perdonalo Berenice" aveva detto semplicemente Zoe, facendo superare a Percy la donna.





"Devi aiutarmi a trovare un certo numero di persone" aveva esclamato Percy e la costellazione aveva annuito, "Il mio ausilio ti è concesso eroe" aveva squittito lei, mentre percorrevano lungo sentiero azzurro. "Achille, Teseo, Eracle ed Ippolito" aveva immediatamente chiarito, sul volto semi-opalescente era sparita l'espressione rilassata sostituitasi con quella seriosa, che aveva sempre da viva. "Mi permetterei di enunciare, che con l'esclusione del Virbo, il trio da tre sopracitato sia composto da sconsiderati viziosi. Con una nota di demerito nella figura del Tebano" aveva esordito la semititana, il figlio di Poseidone aveva fatto finto di aver capito di cosa stesse parlando la costellazione.






I due continuarono a camminare lungo l'arco azzurro, Zoe aveva proposto di cominciare la ricerca da Achille, non era una persona particolarmente a modo, ma avrebbe sprecato volentieri qualche parola con qualche viso nuovo. "Tecnicamente già ho avuto l'onore di conoscerlo" aveva detto Percy, ma la cacciatrice aveva non era stata neanche sfiorata da quelle parole. Scivolava tra le costellazioni con maestria che Percy quasi temeva di perderla da vista a volte. Mentre scivolava tra le folla di pellegrini, gli occhi del ragazzo avevano guardato il suolo ed era stato come vedere Annabeth sotto di lui, stesa su un asdraio con gli occhi tempestosi rivolti verso il ragazzo. Era stato come se lei lo guardasse dritto negli occhi, era come se fossero ad una distanza minima, quasi che potessero toccarsi, così il ragazzo si era genuflesso ed aveva allungato la mano verso la coltre azzurrina, oltre quella, la mano era scivolata oltre il confine del cielo e si era tesa verso la figlia di Atena che sembrava ora così distante. Senza rendersene conto stava cominciando a scivolare oltre per protrarsi verso di lei, due robuste braccia l'avevano afferrato, riportandolo con i piedi per terra.







"Dal cielo al tartaro è un bel volo" aveva constato una voce burbera e Percy voltandosi aveva incontrato lo stesso spirito che due anni prima aveva cercato di farlo desistere dall'immergersi nello stinge al suo fianco c'era una Zoe molto irritata. "Eccoti, mio solidale alleato, questo è il Pelide" aveva spiegato, indicando la costellazione al suo fianco. Alla fine il figlio di Poseidone aveva riferito imbarazzato il messaggio che li era stato commissionato dalla fredda Lea; aveva pensato che Achille non avrebbe apprezzato tale mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma era rimasto sconvolto quando l'eroe aveva messo su un sorriso sornione, "L'avevo detto io che quella Pantasilea aveva carattere. Non se ne trovano più di donne che picchiano a quel modo" aveva detto con un certo orgoglio. La cacciatrice defunta non aveva apprezzato, scoccando uno sguardo gelido all'altro, "Vero" aveva bisbigliato Percy, rimembrando la finta-pacifista figlia di Ares.







Preso a camminare lungo la via. Incontrando la regina Cassiopeia che aveva costretto Percy a bere con lei del sidro sospetto, era una bella donna dai ricci indomabili e decisamente affascinante. Aveva grandi labbra carnose ed occhi penetranti, incorniciate da ciglia spesse; la regina era vestita di gemme lucenti d'orate, che brillavano quasi quanto le cinque stelle ad eme che bruciavano dal petto. Era ingioiellata e diversa, pareva essere su un altro livello di grazia. "Io te dovremmo andar d'accordo" aveva detto, sorseggiando il suo bicchiere di cristallo lucente, con le labbra spiegate in un sorriso malizioso. "La tua cara matrigna, voleva che sacrificassimo la nostra bambina" aveva detto suo marito Cefeo risentito, le stelle di cui erano composte brillavano lucentissime. Lui era un uomo di bell'aspetto dai capelli fluenti e li occhi scuri, ancora irritato. Era d'aspetto gradevole come uomo ma non quanto la donna che aveva scelto come sua consorte. Il figlio di Poseidone mandò giù il sidro, aveva un sapore strano menta ed orzo; "Kikeon**, Percy, una delle più gradevoli delizie del mondo antico" aveva aggiunto la cacciatrice al suo orecchio, tracannando la bevanda come se fosse ambrosia mischiata a nettare, per il ragazzo la sostanza aveva un sapore decisamente ambiguo. Ma il sorriso di Zoe era lezioso e divertito, l'euforia stava attraversando il suo corpo con più velocità che a lui, doveva essere diverso il metabolismo dei morti, pensò."Comunque quella delizia della dea Anfitrite non ama molto neanche me" aveva aggiunto Percy, quando era riuscito a concentrarsi nuovamente. Rimembrava bene lo sguardo gelido che la donna li aveva lanciato quell'unica volta che si erano incontrati. Poi il vino nel Kikeon l'aveva comunque cominciato ad regalarsi un euforica leggerezza.





Una ragazzina era venuta verso di loro, con indosso stoffe e sete, bella, nei morbidi capelli mossi ed il volto sorridente, lui la conosceva; aveva visto una sua statua urlante come polena di una nave, la Principessa Andromeda. D'aspetto grazioso e delicato, ma neanche la metà bella di sua madre. Quattro grosse stelle erano affilate in trasversale dal petto al basso ventre "E' un onore conoscerti, Perseus" aveva squittito la donna, baciandoli la guancia, "Dovete conoscere il mio adorato marito" aveva aggiunto, rubando la coppa dalle mani di Percy e bevendola lei d'un sorso solo, prima di prenderlo per mano e condurlo altrove, Zoe li aveva seguiti.






Un pegaso luminoso li era sfilato accanto, quando trovarono un uomo semi trasparente, con quasi nove stelle lucentissime, capelli chiari ed occhi profondi ed intensi, ricordava un po' Thalia per il modo di sorridere e di porsi, era un figlio di Zeus dal modo in cui splendeva si notava, luminoso come un fulmine di notte. "Mai stato più orgoglioso, che qualcuno avesse il mio nome" aveva detto, stringendo in un abbraccio amichevole l'omonimo, Percy aveva sorriso imbarazzato, "Forse avere il tuo nome mi ha portato fortuna" aveva squittito il ragazzo. Zoe aveva ridacchiato, "Mio Sodale, non è mai stato il caso a governare li eventi che hai passato" aveva detto la cacciatrice, prima di afferrarli il braccio e trascinarlo via. La notte non era per sempre giovane ed altri tre eroi erano destinatari di un messaggio, così aveva detto.






Avevano incontrato il figlio di Teseo che dibatteva con una piccola ragazzetta, perchè l'aveva riconosciuta dalla disposizione di stelle che brillavano sulla sua pelle, il grande carro, dunque quella era l'orsa maggiore. Una piccoletta dai capelli ispidi e gli occhi grandi come lune lucenti, ricordava Artemide per certi versi. Si era voltato verso di lui e si era limitato a arricciare le labbra in un sorriso prima di afferrare un bambino che era al loro fianco, l'aveva caricato sulle braccia fini ed era arrivata a poche falcate dai due, "Sono pervasa dalla gioia di vederti Zoe, onorata di conoscere voi eroe" aveva detto la ragazzina tenendo il bambino tra le braccia, poi si erano come gonfiati in una massa di pelo e Percy aveva trovato di fronte lui una luminosa orsa con un cuccioletto appeso alla schiena ed era andata via, "Callisto" aveva detto l'altra cacciatrice spiegando al semidio chi fosse quella strana ragazza.







Teseo li aveva attesi in silenzio, era immobile con un sorriso tirato, uguale a come Percy l'aveva visto quando aveva visitato il corridoio di Eos e quando Nico aveva richiamato il suo passato; un ragazzo alto, dai capelli scuri e gli occhi brillanti e verdi, somigliava terribilmente a se stesso, il figlio di Poseidone lo sapeva bene. Le stelle era luminose sul suo ventre e sul suo petto. "Illo è l'eroe Teseo" aveva espresso Zoe, quando furono di fronte l'eroe.





Parlare con il principe di Atene era stato diverso da quello che si era prefigurato il fratellastro, aveva sempre avuto una diversa concezione dell'eroe, da un lato vedeva il prode guerriero acheo che aveva collezionato sulle sue spalle avventure e glorie pari a quelle di Ercole e dall'altro lato vedeva in lui un uomo che aveva arrecato più dolori che gioie, che era morto di una morta ignobile pagando il prezzo delle sue malefatte. Parlarono di tutte le avventure, "Sono così felicitato all'idea di sapere che anche tu hai affrontato il labirinto" aveva detto l'eroe, con un sorriso amichevole sul viso. Avevano parlato anche di donne, particolarmente di quelle, visto che Percy doveva portare all'altro le parole dell'Amazzone Francobollo-Ope. Alla fine l'uomo aveva deciso che Teseo non era male come sembrava.



Lungo il sentiero aveva visto Rachel affacciata ad una finestra scrutando le stelle, anche Nico guardava il cielo, mano nella mano con la dea della discordia; Eris aveva sollevato la mano e l'aveva addirittura salutato. "Può vedermi?" domandò Percy, "Appartiene alla stirpe degli immortali e come tale lei può fare ciò che desidera" aveva sussurrato la cacciatrice, forzando un sorriso di circostanza. Nessuno doveva amare troppo Eris, con l'unica eccezione di Nico.






Incontrarono il Viburno poco più in la. Era un ragazzo carino, molto alto e sorridente, nei suoi lineamenti si mischiavano il volto di Ippolita con quello di Teseo. Era uno dei volti che aveva visto nel corridoio per la casa di Eos. Non stava facendo nulla di che, se non brillare, semplicemente era lì e li aspettava, "Vi ho visto parlare con mio padre" aveva detto quest'ultimo con un sorriso dolce, del tutto incurante che suo padre l'aveva ucciso per la prima volta. Ippolito l'aveva perdonato. "La tua deliziosa metà dove l'hai lasciata?" aveva domandata la cacciatrice, l'uomo aveva spiegato che la sua dolce mogliettina si era fermata altrove a conversare con alcune compagne.




Ippolito però non si era tenuto molto a sollazzarsi con i due, portando Percy altrove; il semidio perse la cacciatrice tra una moltitudine di teste semitrasparenti. "E' un piacere conoscerti zio" aveva detto quel con ammirazione, "Credo che tu sia effettivamente l'eroe più glorioso di tutti i tempi" aveva detto lui, posando le mani sulle spalle. Aveva un bel sorriso ed i suoi occhi erano adoranti, il figlio di Poseidone aveva ringraziato suo nipote. "Mi ha mandato tua madre" aveva commentato Percy, cercando di ignorare nella sua mente il bacio della bionda sulla porta della sala da te di Eos. Ipolito sorrise con dolcezza, "Sai che quasi non me la ricordo?" aveva domandato retorico, "Ero piccolo quando lei era morta. In un certo senso Fedra è stata la mia mamma. Ma poi ci siamo incrociati là sul palatino" aveva detto, prima di raccontare come fosse avvenuta la storia. Si erano rincontrati sul monte laziale dopo che erano tornati invita tutti e due la seconda volta. Per Ippolito non era stato facile capire chi fosse l'amazzone vestita d'oro lucido, ma aveva scavato nella sua memoria trovando quel viso marmoreo in qualche modo famigliare. Lei lo aveva chiamato Teseo, sebbene differenziasse abbastanza da suo padre, con le mani posate sul suo volto, così Ippolito aveva capito di avere di fronte lui la regina delle amazzoni.







"E' forte" aveva commentato Percy, riferendosi al carattere prorompente della donna, che alla fine tra le quattro sorelle era la meno peggio, certo era di molto meno compagnia di Ope-francollo o la perfida-Melanippa, ma era decisamente più amichevole di Lea-un-mostro-mi-ha-avvelenato-ma-sto-bene. Certo il fatto che l'avesse baciato lo confondeva abbastanza, ma non certo la persona più strana con cui avesse avuto a che fare nell'ultima settimana, decisamente non lo era. "Mi è stato detto" aveva detto quello, "Anche mio padre, lo pensava" aveva aggiunto, richiamando alla sua memoria quella vecchia storia, ricordando quando suo padre li raccontava dell'amazzone che era stata sua madre. Prima del giuramento di Artemide, che Afrodite cercasse di ucciderlo, che Fedra si suicidasse e che suo padre lo maledisse. Ma Ippolito era buono, aveva perdonato suo padre per ogni cosa.






Aveva abbracciato il suo piccolo zio e li aveva permesso di andare avanti e continuare per la loro strada. "Quando Teseo seppe di essere stato fraudato dalla dea dell'amore" aveva commentato con amarezza la cacciatrice, "Pianse lacrime dolenti per suo figlio, ma ciò non li purgava le mani sporche di sangue" aveva aggiunto con amarezza. Percy aveva cercato parole da dire, ma la lingua si era come annodata davanti alla titanide, "Ippolito era un fanciullo virtuoso ed innocente, davvero pochi ne erano come lui" aveva aggiunto la cacciatrice.






Continuarono a camminare per il sentiero celeste, di tanto in tanto il guerriero gettava sguardi per terra per vedere cosa stesse succedendo. Vide i fratelli Stoll, erano in una strada buia di non sapeva esattamente dove, che cercavano di aprire una macchina evidentemente non loro, visto che erano armati di un piede di porco ed una lamina sottile di ferro. "Pazzi" aveva commentato tra se e se, "Quando miro le mie sorelle, vedo l'Apollonide Apollo continuare a tediarsi per uno di quei due. Ancora le brucia quella volta che l'avvelenarono" aveva commentato il precedente luogotenente di Artemide, "Ricordo" bisbiglio Percy. Era una storia che sembrava appartenere ad un tempo così lontano. Zoe e Luke erano ancora vivi, Thalia non era ancora una cacciatrice e lui ed Annabeth non erano ancora fidanzati, non ancora conosceva Rachel, Grover cercava Pan e Crono era ancora una minaccia costante.





Stava guardando Seattle, quello che sembrava l'ingresso di una discoteca, c'era una folla che cercava di entrare, ma tutto quello che Percy aveva notato era una ragazza che guardava verso di loro, come se le stelle la stregassero, era la fanciulla più bella che potesse esistere, aveva i capelli scuri e lucidi, intecciati su una spalla, aveva gli occhi lievemente a mandorla luminosi. Era vestita di colori brillanti e la primavera sembrava esserle esplosa addosso, se tanto tardava ad arrivare nel mondo esterno in lei era già fiorita."Calypso" sembrò così strano dirlo. La titanide sorrise alle stelle, come se potesse vederlo. L'avevano liberata, come lui aveva chiesto, le avevano permesso di abbandonare Ogigia e tornare al mondo comune. Aveva avuto ancora quel desiderio di chinarsi e raggiungerla, come era successo con Annabeth. Ma anche questa volta si era frenato, solo che non era stato a causa di un qualche mitologico eroe, era stato lui a frenarsi. Se fosse stata la figlia di Athena non ci sarebbe mai riuscito, ne era certo.





Continuarono a camminare senza parlarsi di nulla di serio. Poi Zoe si arrestò, un uomo veniva verso di loro, aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri come due fulmini tempestosi, più delle stelle che brillavano sul petto scultoreo ed era regale e maestoso quanto Thalia, brillava di quella vivissima luce divina che solo i figli di Zeus parevano avere. "Isto è l'Eroe per eccellenza, fanciullo, ma in tua fronte non hai altro che un becero uomo" aveva bisbigliato la cacciatrice serpentina, con la bocca stretta, gli occhi vulcanici ardevano di un rancore così bruciante che Percy temé che avrebbe preso fuoco. Ercole si erigeva maestoso di fronte loro, "Mia bella" disse con una voce gutturale ed un sorriso arrogante, guardando Zoe come se l'altro ragazzo non fosse lì, "Vi attendo oltre, mio prode sodale" aveva aggiunto quest'ultima, rivolgendosi al figlio di Poseidone. Poi era scivolata via, incamminandosi nel sentiero, sparendo dietro un enorme flusso di creature opalescenti spillate di lucenti stelle.




"Quando la conobbi era si un insulsa esperide, ma avrei dovuto comprendere quanto gloriosa fosse già allora" aveva commentato l'eroe per eccellenza, "La bella spada che cingi, fu forgiata da lei e mai possedei lama migliore" aveva aggiunto, Percy giurò di aver visto uno strano luccichio nei suoi occhi quando aveva sussurrato tali parole. "Lei era il mio eroe preferito, prima che faceste a Zoe tale affronto" mormorò il figlio di Poseidone, guardando il figlio di Zeus. "Riconosco di non essermi comportato in maniera esimia" aveva detto Eracle, con un espressione cupa, "Ma perchè volevi parlare con me?" domandò invece l'eroe dopo essersi ripreso dalla sua confusione. Percy rimase in silenzio per qualche istante, "L'Amazzone Deianira" aveva esposto, il volto dell'altro si incupì, al ricordo dell'amazzone. "Gelosa, molto gelosa" aveva mormorato, "Mi ha avvelenato con una dose massiccia di veleno di Centauro" aveva aggiunto, rimembrando con glacialità quel momento.





"Rimango dell'idea, che forse dopo tutte quelle gloriose battaglie e cattive azione, io mi sia meritato di morire per mano di una donna, giocata dall'amore" aveva aggiunto Eracle, addolcendo la sua espressione. Percy aveva pensato alla ragazza che indossava tutte quelle borchie ricolme di veleno, con un sorriso così amichevole, che li aveva raccomandato di annunciare al suo amore di essere pentita di quell'azione, di essersi sentita così stupida. "E' il mio perdono che vuole?" aveva domandato basito, "L'avevo già perdonata" aveva detto l'eroe con un sorriso onesto, "Infonda la sua unica colpa e stata amarmi troppo e come darle torto" aveva scherzato quello. Erano rimasti a parlare per altro tempo fino a che Zoe non era arrivata a prenderlo facendoli ben notare che la mattina stava giungendo.






Un emù luccicante comparve al loro fianco e corse via, uno scorpione lo inseguiva. "Immagino che questo posto sia sempre una festa" aveva commentato il mezzosangue, ripensando alla cena della dea Cassiopeia e a tutta quell'altra gente che aveva incontrato in quella singola notte. "Ammetto che è al quanto sollazzevole impiegare il tempo in esto loco" aveva bibigliato Zoe, lasciando che sul suo viso sorgesse un sorriso. Guardarla in quel momento pareva così dolce ed il semidio si chiese perchè di recente tutte le donne forti della sua vita li sembravano così maledettamente fragile. Eppure la Titanide non lo pareva così tanto, non era debole, era più che altro rilassata, contenta ed abbastanza felice; Zoe percepì il suo sguardo curioso addosso e li domandò: "Cosa turba le tue facoltà, mio prode sodale?", "Sembra come che la morte ti abbia fatto bene" aveva risposto quella, la cacciatrice lo aveva guardato in silenzio per qualche attimo, "Potrebbe parre ambiguo, ma la mia essenza risiedente in chiesto loco è di gran lunga più gradevole" aveva aggiunto alla fine.





"Quindi la morte non è così spettrale?" aveva domandato il fanciullo, "No, Percy non lo è. Ma non fraudarti, al principio nulla può parere più indicibile" aveva esordito Zoe, "Particolarmente se il fato abbia voluto che perissi per mano del mio genitore" aveva continuato la cacciatrice, prima di voltarsi verso l'eroe, "Ma in seguito il dolore scema, così come la dissennatezza e qui sulla volta le situazioni si sono impregnate di tranquillità e placidità" aveva aggiunto con dolcezza, il figlio di Poseidone aveva abbozzato anche lui un sorriso. Non era male pensare che la morte non fosse così tragica come appariva, era rincuorante visto che fosse un mezzosangue e la morte li fosse sempre a braccetto - e con Cher come amica si era fatta molto più amichevole - ed anche per tutti gli amici che aveva perso, che aveva ritrovato per poco tempo in quella dimensione.





"Dimenticavo Zoe di avere un messaggio anche per te" aveva detto il ragazzo, mentre si muovevano continuamente lungo il sentiero azzurro, "Non mi doli eroe? Qualcuno desidera comunicare con me? E chi mai? La frizzante Thalia o la forte Phoebe?" aveva chiesto con curiosità la titanide, cercando di ipotizzare chi mai avrebbe potuto scriverle, "Lily l'amazzone" aveva risposto lui, "Liliana" era stata la risposta di Zoe, capendo a chi si riferisse, "Una ragazza alquanto divertente" aveva detto la cacciatrice prima di rivelare un divertente aneddoto che riguardava l'amazzone che non era mai morta. Percy aveva sorriso.







Quando arrivarono al fondo del sentiero delle stelle, un'altro ponte, come quello che aveva portato l'eroe su, fatto di mattoncini rossi ed arancio, come se fossero il contorno del sole che sorgeva. Intorno a loro il blu scuro del cielo cominciava a schiarirsi, così come gli abitanti del cielo cominciavano a farsi più opalescenti, la stessa Zoe non aveva più una luminosità azzurrina, ma era un fievole bianco che cominciava ad ingrigirsi, così come la luce delle stelle era sempre più fine, alcune si erano anche spente. Le anime stavano tornando spettri dell'orco. "Apollo sta per cominciare la sua corsa, dove è situato il cacciatore?" aveva domandato nervosa la cacciatrice, "Starà arrivando" commentò il semidio. La sua pelle stava tornando ad indursi e colorarsi, così come le stesse stavano cessando di bruciare, solo quella della sua armatura luccicava ancora con ardore. "Il sentierò è destinato per resistere alla durata di un'alba" aveva cominciato Zoe, "Se Orione non sarà qui, sarai bloccato tra i morti. E per tornare dovresti aspettare un'altro anniversario delle morte di Orione in cui si ripresentino quelle precise condizioni metereologiche aveva detto la ragazza con un leggero timore nella voce. Percy deglutì pesantemente. La luna nuova, aveva pensato il figlio del mare, l'intera storia era ruotata intorno a quella fatidica notte. "Lui tornerà" commentò alla fine il ragazzo. Forse il suo fratellastro non aveva mantenuto la sua parola con Eos, ma se era a parere di tutti un uomo onesto sarebbe tornato, lo avrebbe fatto per lui e perchè era giusto. Lo aveva promesso e questo li bastava; “Tornerà” pronunciò di nuovo con più sicurezza.





L'azzurro cominciava a colorarsi di arancio, un colore brillante e caldo. E all'orizzonte era apparsa Miss O'Leary guidando l'auriga con la stella nera, Orione aveva le redini ed ogni momento che si avvicinava la sua pelle sbiadiva nel grigio uggioso della morte. Quando fu davanti loro, scivolò via dall'auriga, le pietre del cinto erano lucidi come il chiarore delle stelle lontane. "Grazie" disse il semititano, "Grazie Fratello" aveva detto, battendoli le mani sulle spalle; la sua pelle era gelida e inconsistente, "Devi andare, prima che il sentiero scompaia" aveva commentato il ragazzo. Percy si era liberato del cinto per restituirlo al legittimo proprietario. Orione aveva sorriso, guardando le tre lucenti pietre della cintura, il fratellastro aveva visto nei suoi occhi azzurri qualcosa, come un ricordo. “Tienila tu” aveva detto il cacciatore, ricacciandola al fratellastro. Percy aveva annuito, si era allacciato alla vita la cintura, mentre il mastino infernale li leccava una guancia in segno d'affetto. Le tre pietre erano accecanti e chiare come raggi del sole.





Era stato costretto con i tempi ad andare via in fretta. Cercando di tenere a mente il più possibile di quell'esperienza. La bizzarra gente che aveva incontrato e gli amici che pensava di aver perduto per sempre; doveva ad Annabeth e a Thalia le parole del figlio di Ermes, il vero eroe delle loro vita. L'ultimo sguardo che aveva rivolto alla volta celeste, aveva visto, ormai del tutto ingrigiti il cacciatore e la cacciatrice parlare. In vita non si erano amati. Lei l'aveva condotto alla morte con un inganno, ma forse dopo due mila anni la rabbia del figlio di Poseidone poteva essersi chetata, sperava che con la morte gli animi inquieti si fossero assopito. Ma dopo aver conosciuto Minosse, forse abbandonando il mondo dei vivi lo spirito del giudice si era infervorato maggiormente.





Voltò lo sguardo al mondo dei vivi. Era così distante e lui non sembrava essere avvicinarsi neanche un po', nonostante l'incredibile velocità del mastino. Il cielo si era schiarito, le lingue rosse si erano sbiadite ed il cielo era diventato di un pallido celeste. Il sole era quasi totalmente sorto. Il color corallo del sentiero cominciava a sbiadirsi, impallidendo sotto le ruote del carro. Percy guardò il sentiero, timoroso del fatto che cominciasse a schiarirsi troppo. Poi si ritrovò a correre con l'auriga sull'aria.









E a cadere.

























*Meraviglioso


**kikeon ed era a base di farina d'orzo, semi di coriandolo e lino, vino, formaggio grattugiato e foglioline di menta

















Per la durata di una notte,
due amanti sono destinati a rincontrarsi.
Ma un voto va mantenuto.
E per i mortali il tempo è spesso troppo rapido.
   
 
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