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Autore: Layla    17/12/2012    1 recensioni
Alla fine del video di "Josie" viene lasciato intendere che Mark e Josie saranno una coppia.
Il formarsi di questa coppia ferisce una ragazza che si considera la migliore amica di Mark e che è innamorata di lui e che da lui viene improvvisamente ignorata senza un motivo. è qui che interviene Tom.
Tom che si interessa a lei e che le dimostra che non tutti sono come Mark e che alla fine andrà tutto bene.
Per tutti.
"Ricado pesantemente sulla panchina con le lacrime agli occhi, spero vivamente che non mi vedano, ma sembrano decisi a venire da questa parte.
Che faccio?
Ci pensa Tom a risolvere a modo suo la situazione prendendomi in contropiede.
Con una mossa rapida fa in modo che io vada dietro di lui e poi mi attira a sé e mi bacia.
Non un bacio a stampo, un bacio di quelli con la lingua.
Un bacio di quelli che non ti scordi.
Un bacio a cui io rispondo.
Che cazzo sto facendo?"
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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5)Everything is gonna be fine.

 

Il tempo passa veloce da quando sto con lui.
Non siamo una coppia di quelle smielate, siamo una di quelle che continuano a punzecchiarsi e poi fanno pace, a ogni modo riusciamo a fare più scandalo persino di Josie e Mark.
Boh.
Non mi interessa molto, mi interessano di più le passeggiate e i lunghi pomeriggi trascorsi con lui a tentare di imparare a fare skate e baciarsi.
Mi interessano di più le serate trascorse a guardare film abbracciati e quelle al Soma a sentire i gruppi che piacciono a lui e a farmi una cultura sul punk e sullo skate punk.
Ha anche tentato di trascinarmi alle prove della band – trovando in me una vittima consenziente – ma la presenza di Mark e quella saltuaria di Josie le hanno rovinate.
Così io e Tom abbiamo convenuto a malincuore che è meglio che io non mi presenti alle prove dei blink.
Stupido Mark! Da quando mi sono messa con Tom mi odia e io non so perché e non si accorge che Tom ci sta male. Dal divorzio dei suoi Mark è diventato la figura di riferimento di Tom – quasi come un padre – e lo fa soffrire vederlo comportarsi così, senza contare che vedendo il mio malumore inizia a pensare cose che non dovrebbe.
Del tipo che io non lo voglia, che stia con lui solo per fare un dispetto a Mark, che non lo ami.
Mi maledico perché non sono capace di fare la persona dolce e perché sono stata cotta dell’Hoppus e lui lo sa e maledico Mark.
In ogni caso Natale è ormai alle porte, siamo all’otto di dicembre e io – come da tradizione – inizio a decorare la casa, poi farò l’albero.
Sono l’unica in famiglia a interessarsi di queste cose, i miei sono troppo impegnati con il lavoro e forse troppo disincantati per crederci.
Sto appendendo un festone in salotto – in precario equilibrio su una delle sedie – quando suona il campanello e io cado a terra rovinosamente.
Porca puttana! Devo essermi presa una storta alla caviglia perché fa un male boia!
Sento dei rumori: qualcuno si è precipitato dentro casa mia.
Quel qualcuno è l’ultimo che mi aspetto di vedere: è Mark Hoppus in persona.
Dal mio personale e basso punto di vista vedo la sua faccia preoccupata scrutarmi.
“Tutto bene, Jen?”
“No, credo di essermi slogata una caviglia. Non riesco ad alzarmi.”
Lui scuote la testa e mi dà una mano ad arrivare sul divano, lì appoggio il mio piede – libero dalla ciabatta e dal calzino – su un cuscino e tasto la caviglia. È gonfia – fa male – ma non sembra rotta: con una madre infermiera e un padre dottore i rudimenti del pronto soccorso non mi sono estranei.
“Mark, visto che sei qui, mi faresti un favore?
Vai in bagno, nell’armadietto in basso a destra c’è la borsa del ghiaccio, la prenderesti e la riempiresti?”
“Agli ordini, signorina Jenkins.”
“Fai poco lo spiritoso. Se sono caduta da quella sedia sfasciandomi una caviglia è perché tu hai suonato il campanello, quindi è tuo dovere rimediare.
Lui sogghigna e se ne va a fare quello che gli ho chiesto.
Perché è qui?
Non mi sopporta, diventa di malumore ogni volta che mi vede, perché si è infilato nella tana del nemico?
Lo osservo andare in cucina poco dopo e lo sento riempire la borsa di ghiaccio, poi arriva reggendola in mano e me la porge. Il piacere che provo per il contatto freddo sulla mia caviglia malandata è incredibile: mi sembra di stare meglio.
Ora posso occuparmi di lui senza altri pensieri che mi disturbino.
“Come mai sei qui, Hoppus? Pensavo non mi sopportassi da quando sono la ragazza di DeLonge.”
Lui sembra arrossire.
“Ok, dopo questo potrai insultarmi: pensavo che per lui fossi solo una scopata.
Mi sono sbagliato, passano i mesi e voi siete effettivamente una coppia e lui non mi ha mai detto niente che mi facesse pensare a quello che ho detto prima.”
“Praticamente tu mi hai tenuto il broncio solo per non ammettere che ti sei sbagliato?”
Lo guardo incredula, lui annuisce.
“Tu devi ringraziare Gesù che non posso muovermi o ti avrei menato, non solo insultato, Hoppus!
Tom ci è rimasto di merda per questo tuo atteggiamento!”
“Lo so e per questo oggi mi sono deciso a venire da te. Volevo, voglio, chiederti scusa per tutte le volte in cui ti ho trattato male senza un motivo.
Non te lo meritavi, sia io che Josie siamo molto dispiaciuti.”
“E allora perché la tua dolce metà non è qui?”
“Jen, se accetti le nostre scuse ti giuro che anche lei cambierà atteggiamento, finalmente conoscerai il suo lato migliore.”
Woah, mi sento onorata, ma purtroppo o accetto le scuse di tutti e due o sarò io la responsabile del continuare di questa brutta situazione e questa brutta situazione deve finire.
“Ok, scuse accettate, Mark.
Possiamo provare a tornare ad essere amici.”
Lui sorride felice.
“Come va con Tom?”
“Bene, se si esclude il fatto che lui ha paura che io sia ancora innamorata di te, cosa che non sta né in cielo né in terra.
Non so cosa fare per fargli capire che amo solo lui e nessun altro.”
Lui si gratta il mento pensoso e fissa con attenzione – ma senza vederlo davvero – il vaso di fiori secchi che c’è in salotto.
“Prova con qualcosa di eclatante. Io per diventare suo amico l’ho impressionato salendo su un palo della luce davanti a casa e rompendomi le anche.
Per due settimane ho girato con le stampelle.”
Io sospiro, non muoio dalla voglia di rompermi qualche arto.
“Grazie del consiglio.”
Parliamo per un altro po’, poi lui se ne va e io rimugino sulle parole che mi ha detto. Cosa potrei fare per impressionarlo?
L’idea arriva all’improvviso e qualcosa mi fa credere che sia quella giusta.
Bene, bene, bene.
Dovrò aspettare qualche giorno per via del piede, ma ne varrà la pena.

 

Alla sera – l’ennesima da sola – arriva Tom a farmi visita. Non appena vede il piede chiede cosa diavolo ho fatto, io gli dico che sono caduta mentre appendevo un festone, lui scuote la testa.
“Natale non è poi una gran festa, non vale il rischio di rompersi un piede.”
“Parla per te o baciami, a te la scelta.”
Lui mi mostra il suo famoso ghigno e mi attira a sé, dandomi un bacio violento ed impetuoso.
“Devo dirti una cosa!”
Esclamiamo insieme mentre ci stacchiamo, scoppiamo entrambi a ridere e lui mi fa cenno di parlare.
“Oggi è venuto Mark da me e mi ha chiesto scusa, abbiamo fatto pace.”
“Io volevo dirti che Mark ha detto che puoi venire alle prove quando vuoi.”
Io sorrido.
“Bello! Sono tanto felice, mi piace vederti suonare!”
“Ma se come chitarrista faccio schifo.”
Lui scuote le spalle.
“Io non capisco niente di musica, ma vedo come ti trasformi quando suoni. Ci metti tutto te stesso e sei felice e mi piace vederti felice.
E poi mi piace la vostra musica. Punto, signor DeLonge.”
Lui ride.
“Ottima argomentazione, signorina Jenkins. Si merita una ricompensa.”
Ci baciamo ancora e finiamo per guardare un film insieme, l’argomento Mark è archiviato.
Rimaniamo a lungo abbracciati anche dopo che il film è finito e lui non ci prova. Non lo fa mai e io non oso chiedergli perché, per non passare per una troia malata di sesso.
Non capisco se lo fa per rispettarmi, per dimostrarmi che non è come tutti gli altri oppure è perché non mi trova attraente o se ha paura che io ami ancora Mark.
Rimaniamo in silenzio, lui gioca con i miei capelli, io disegno cerchi sul suo petto.
“Sei bella, Jen.”
Io sto per dire qualcosa, ma lui prosegue.
“E si è fatto tardi. Devo andare a casa o mia madre mi ammazza.”
Ci salutiamo con un altro bacio, poi lui se ne va e io ancora una volta mi chiedo perché sia così cauto nei miei confronti.
Spero che l’idea che ho avuto sblocchi un po’ la situazione.
Ci vogliono tre giorni per far tornare la mia caviglia normale.
Il terzo giorno – un venerdì freddo di dicembre – dopo scuola vado a casa di Tom e ci trovo la band al gran completo, Josie compresa.
Ci salutiamo in modo un po’ freddo, poi mi siedo accanto a lei. I ragazzi sono impegnati con i loro strumenti e non badano a noi.
“Ciao, Jenkins. Allora con DeLonge è davvero una cosa seria?”
“Cosa pensavi che fosse? Noi due che ci incontriamo ogni tanto per giocare a canasta?”
Lei ride.
“Tom ha il soprannome di HotPants, con le ragazze non ci sta più di tanto.”
Io scrollo le spalle, la cosa mi giunge nuova, ma in un certo senso mi rassicura.
“E tu? Passata la grande paura?”
“Oh, sì. Non sei una minaccia per me.”
“Sono troppo insignificante, vero?”
Lei ride di gusto.
“Jenkins, jenkins, Jenkins. Non è per quello. Non sei affatto brutta come credi, non sei una minaccia perché a Mark non piacciono le ragazze deboluccie come te.”
Deboluccia io? Non mi conosce.
“Chissà cosa ci ha visto in me Tom?”
“Non so. Credo che siano stati gli occhioni blu a fregarlo, a volte fai delle facce da cucciolo spaventato e non te ne accorgi nemmeno e Tom è sensibile su queste cose.
Sono il suo tallone d’Achille, in fondo a tutti i ragazzi piace essere il principe di qualche ragazza.”
Io non dico nulla, credo che Josie non mi conosca per niente e che dietro la facciata di ragazza indipendente non ci sia altro che una piccola sputasentenze che lavora per pregiudizi.
Io decido di lasciarla perdere e di godermi le prove dei blink. Tom dà il meglio di sé, si trasforma nel cazzone comico che tutti amano, che fa sorridere persino me e che nasconde il fatto che non sia una cima con la chitarra.
Adoro vederlo così.
È una cosa che non riesco a spiegare, vederlo felice mi rende felice per contagio.
Le canzoni non parlano di chi sa quali argomenti, ma per un pubblico adolescente sono  perfette: parlano il nostro stesso linguaggio e affrontano i nostri stessi problemi.
Quando finisce di suonare non gli lascio nemmeno appoggiare a terra la chitarra che gli salto in braccio, facendolo sorridere.
“Ehi, baby, lo so che sono irresistibile, ma…”
Io strofino il naso contro il suo.
“Scusa, ma sono felice di vederti finalmente felice.”
Ci baciamo tra i fischi e gli ululati di Mark e Scott.
“Ehi, non sapevo ti chiamassero HotPants!”
Lui fa una strana smorfia imbarazzata, come se quel soprannome sulle mie labbra non gli piacesse molto.
“Beh sì.”
“Vieni a casa con me dopo?”
“No, devo lavorare. Mi dispiace.”
Io gli accarezzo i capelli.
“Non fa niente, è ok. Vai pure.”
Vai, tranquillo, tesoro. Mentre tu lavori io attuo il mio piano.
Finite le prove, una volta smontato tutto, ci salutiamo tutti e io me ne vado per la mia strada, diretta verso il centro di Poway.
Vado dal fiorista in piazza e ordino dodici rose rosse, lui mi guarda perplesso.
“Ai miei tempi erano i ragazzi a regalare le rose alle ragazze. O  non sarai una di quelle?”
“Sono per il mio ragazzo. E immagino che ai suoi tempi i fioristi non fossero così indiscreti.”
Lui arrossisce e finisce di confezionarle borbottando.
“Arrivederci!”
Lo saluto flautata.
Rientro a casa mia – vuota come al solito  - e metto le rose in un vaso e qualcosa in forno per la cena. Che vita triste! Ogni tanto mi piacerebbe vederli i miei.
All’improvviso le decorazioni che ho messo con tanto sforzo non mi sembrano più tanto belle, mi sembrano un orpello – una decorazione inutile – alla mia solitudine.
Aspetto fino alle undici e mezza, poi esco di casa per andare verso quella di Tom. Mi ci vuole un po’ per raggiungerla, ma so di essere in tempo per quando arriverà a casa dal lavoro. A dieci a mezzanotte lascio il mio mazzo sulla veranda dei DeLonge e poi mi nascondo in giardino, trepidante, chiedendomi che reazione avrà Tom: gli piaceranno o li troverà una grande cazzata?
Lo vedo arrivare dieci minuti dopo con un’aria stanca e abbattuta, borbotta frasi a mezza voce su quanto il lavoro faccia schifo. Si fruga le tasche alla ricerca delle chiavi senza alzare il volto da terra, sale i due scalini del portico e le vede.
Dalla mia postazione riesco a vederlo in faccia, è perplesso e li raccoglie rigirandoseli tra le mani alla ricerca di un biglietto. Poi inizia a sorridere, trova il biglietto e lo legge, il suo sorriso si allarga ancora di più.
“Jen.”
Mormora con un tono neutro, la voce leggermente incrinata.
Non riesco a trattenere un verso indefinito e lui si gira verso di me, sgamando subito il mio nascondiglio in mezzo alle rose.
Io inizio ad agitarmi, preparandomi mentalmente a scusarmi o a dire qualcosa che giustifichi il mio gesto da pazza, ma lui non mi lascia il tempo di parlare. Mi stritola in un abbraccio muto e appoggia la testa sulla mia spalla, lo sento sorridere sul mio collo.
Rimaniamo per un po’ così.
“Grazie, nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me.”
Io vorrei rispondere di nuovo, ma al sua irruenza ha la meglio.
Alza il volto per poi accarezzarmi dolcemente le guance – con la fronte appoggiata alla mia – e baciarmi con passione.
Le nostre lingue si accarezzano, giocano. Le sue mani si infilano sotto la mia maglia e accarezzano  avidamente la mia pelle.
Di solito a questo punto qualcosa lo blocca, ma questa sera va avanti e io gli salto in braccio, mentre continuiamo a baciarci. Solo nelle rare pause noto che ha un sorriso che va da un orecchio all’altro e una luce diversa negli occhi.
Procediamo a gambero, lui mi passa in qualche modo le chiavi ed entriamo. Ci pensa lui poi a chiuderla con un calcio che ci fa traballare e ridere allo stesso tempo.
Arriviamo al divano e lui si avventa sul mio collo, riempiendolo di baci e succhiotti e facendomi gemere con le mani sepolte tra i suoi capelli. Glieli tiro persino un po’, ma non sembra importargli molto.
Io invece – dopo la mia iniziale paralisi – gli tolgo la maglia, perdendomi un attimo ad ammirare i suoi addominali, cosa per la quale ride, e seguendo con le dita il contorno del tatuaggio.
“San Diego.”
“San Diego.”
“Bello.”
“Anche tu sei bella.”
Mi toglie la mano e mi accarezza la pancia piano: ha una mano calda, grande e un po’ ruvida che mi fa rabbrividire.
“Jen, mi vuoi?”
“No, l’hobby di denudarmi davanti alle persone, così, a caso.”
“Sii seria, mi vuoi davvero?”
Io lo faccio alzare gentilmente, lo prendo per mano e lo porto in camera sua. Mi sento un po’ in imbarazzo mentre si stendo sul letto, invitandolo a raggiungermi, ma credo sia la cosa giusta.
Lui chiude la porta a chiave e mi raggiunge, io gli accarezzo piano i capelli.
“Sì, ti voglio Thomas DeLonge.”
Lui sorride e riprende a baciarmi, questa volta è più deciso, ma riesce a mantenere lo stesso una certa dolcezza. Non mi stancherei mai di baciarlo.
In breve tempo il mio reggiseno vola via e lui si dedica con passione alle mie tette: ci gioca, le bacia, le morde.
Io ormai ansimo e gemo senza ritegno e non lo fermo nemmeno quando mi toglie i pantaloni e mi accarezza piano le cosce.
“È la tua ultima occasione per fermarmi.”
“Non voglio fermarti. Voglio che la mia prima volta sia con te perché amo te. Te e solo te.”
Lui sorride felice – quasi timido, strano per uno come lui – e mi accarezza di nuovo la pancia e poi scende.
“Ora proverò a fare una cosa, fermami se non vuoi.”
Io inizio ad avere un po’ paura – normale, essendo la prima volta – e annuisco.
Piano introduce un dito nella mia femminilità, mi irrigidisco d’istinto e lui mi accarezza il volto e strofina il suo naso contro il mio.
“Tranquillizzati, non farà male.
Ti fidi di me?”
Io annuisco e cerco di calmarmi e ci riesco anche perché lui inizia a riempirmi di piccoli baci.
Poi lo sento muoversi lì dentro, non credevo fosse così piacevole!
Lui sorride e aumenta le dita: ora provo solo piacere.
Mossa dopo mossa arrivo al primo orgasmo della mia vita:  è come se mi scoppiasse una bomba nella testa perché vedo tante lucine e mi sento incredibilmente bene.
“Wow!”
Mormoro senza fiato.
Lui mi bacia piano e sento che si sta togliendo i pantaloni.
“Jen, vuoi?”
“Sì.”
Lui si toglie anche i boxer, è già bello eccitato e sembra ehm..grande.
“Non farmi male.”
Lui annuisce, trattenendo una risata e si mette il preservativo.
Io sospiro, distogliendo lo sguardo, mi sembra di spiare. Lui si stende su di me poco dopo, a giudicare da quello che preme sulla mia coscia non ho sbagliato la mia diagnosi.
Lui prende le mie mani e le porta ai lati della testa e mi accarezza le guance dolcemente, strofinando di nuovo il suo naso contro il mio: inizio ad amare questo gesto, sembra un gatto quando lo fa.
“Adesso entro, se ti faccio male stringimi le mani.”
Io annuisco, lui entra in me con una prima spinta decisa, mi fa talmente male che non riesco a fare quello che mi ha detto e lui spinge ancora.
Questa volta gli stritolo la mano, con le lacrime agli occhi. Lui se ne accorge e le asciuga dispiaciuto e mortificato.
“Scusa, io non volevo. Io non sono abituato.
Non voglio farti del male, vuoi che continui?”
“Sì, ma piano. Ti prego.”
Lui entra più piano e intanto cerca di coccolarmi e farfugliare parole di scusa nello stesso momento. Questa volta sento un misto di piacere e dolore: ho smesso di essere vergine.
Una volta trovato il nostro ritmo – fatto di spinte lunghe e dolci – penso che questa sia la strada per il paradiso. Gemo ed ansimo senza ritegno e lui fa lo stesso.
Arriviamo insieme all’orgasmo e questa volta non vedo solo le stelle, vedo l’intera galassia.
Sono così imbambolata da non accorgermi che lui si è alzato ed ha buttato via il preservativo e poi mi ha attirato sul suo petto.
Me ne accorgo solo quando sento una mano timida accarezzarmi i capelli e una coperta sulle mie spalle nude.
“Te ne sei pentita?”
“Ma sei fuori?
Assolutamente no! Era così che sognavo la mia prima volta, con un ragazzo che amavo!”
“Ma ti ho fatto male…”
“E poi mi hai dato un orgasmo meraviglioso.”
Arrossisco.
“Forse avresti voluto farlo con Mark, lui …”
Gli metto un dito sulla bocca e appoggio i gomiti sul suo petto.
“Non me ne frega niente di come potrebbe essere Mark a letto, sei tu il mio ragazzo, quello che amo e… mi piace come sei a letto.”
Arrossisco del tutto e mi blocco, ma lui sorride lo stesso e io mi stendo di nuovo.
Lui gioca con i miei capelli, io mi diverto a seguire le linee del suo tatuaggio.
“Perché non mi hai detto che ti chiamano HotPants?”
Lui arrossisce leggermente.
"Beh, ecco perché non volevo che pensassi che ti volessi solo scopare e perché eri l’unica a non conoscerlo e mi piaceva. Le ragazze che lo conoscono hanno due atteggiamenti: o vogliono solo scopare oppure ne sono troppo spaventate e non mi credono quando faccio sul serio.
Adesso che lo sai credi ancora che io faccia sul serio?”
Sotto questa luce e alle parole di prima capisco perché non abbia voluto approfondire più di tanto la nostra conoscenza carnale e ne sono onorata.
“Certo che ti credo, in questi mesi sei stato solo con me e mi hai rispettata.
Sarai sempre HotPants, ma solo io ne usufruirò… Giusto?”
“Giusto.”
Mi dà un bacio in fronte.
“Rimani tutta la notte.”
“Vorrei, ma alle quattro dovrai riportarmi a casa, altrimenti chi li sente i miei.”
“Va bene così.”
Punta la sveglia e torniamo ad abbracciarci.
Questa è la notte più bella della mia vita.

 

Sono passati molti anni da quella notte, che è stata solo la prima di tante altre.
Negli anni abbiamo litigato spesso – quel “i need a girl that i can train”  non l’ho digerito tanto bene – ma è stato anche il ragazzo che ho sposato e che mi ha donato i due esseri umani a cui tengo di più oltre a lui: Ava e Jonas.
Sono stati anni pieni di tour – quando la band doveva sfondare e quando ha sfondato – e di canzoni.
Con Mark ho fatto pace, forse perché ha mollato Josie e per anni ha cercato una ragazza che facesse per lui. Josie è la famosa ragazza che non voleva che Mark dedicasse troppo tempo ai blink e che gli ha posto un aut-aut da cui è uscita perdente.
Succede.
Se decidi di metterti con un musicista devi avere ben chiaro che è come stare con un bigamo, la musica sarà sempre la sua seconda moglie.
In ogni caso non ha comunque niente di cui lamentarsi la ragazza: Mark le ha pagato un tributo di valore inestimabile con la canzone che porta il suo nome. Ora la Josie che gli porta cibo di Sombrero solo così, perché le va, o che lo porta a casa quando è troppo ubriaco per guidare è nell’immaginario dei fans dei blink. Così come lo è quella “All the small things” che mi è stata dedicata da Tom.
Gli anni non sono sempre stati facili, quando Tom ha iniziato a prendere le medicine per la schiena e a litigare pesantemente con Mark è stato come prendere parte a una guerra.
Fortunatamente alcune guerre finiscono in un armistizio che diventa pace armata e poi pace e basta.
“Jen, ehi Jen!”
La voce di Tom mi riporta alla realtà, siamo davanti alla casa londinese di Mark.
Visto che dopodomani partiremo per il tour europeo Skye – la moglie di Mark, che è una bravissima persona – ha proposto questa cena per rinfrescare i rapporti.
“Arrivo Tom, stavo pensando. Jonas, dammi la mano o vuoi stare un braccio al papà?”
Lui tende la sua manina verso di me, ha una predilezione per me e Ava invece per il padre, infatti si fa accompagnare da lui.
La vedo un po’ eccitata, rivedrà dopo tanto tempo Jack – che adora – e Landon – per cui ha una mezza cotta. Tom non ne sa niente o sarebbe capace di mandarla in un convento: è un padre tenero, ma anche geloso.
Tom suona il campanello ed è Skye a farci gli onori di casa, esauriti quelli tra Tom, Travis e Mark è tutto un giro di pacche sulle spalle e battute.
Mark mi fa un cenno, Travis  mi abbraccia.
Adoro Travis, è un tipo taciturno, ma è anche un buon amico – il mio migliore amico – ed è il collante che tiene insieme quei due pazzi. È stato fondamentale per il ritorno dei blink e dell’amicizia tra Mark e Tom.
Jonas mi tirà una mano.
“Mamma, posso giocare con Alabama?”
“Vai e divertiti.”
Io e Travis guardiamo loro due e poi i più grandi, Ava ricopre di attenzioni Landon che accetta con quella nonchalance mezzo menefreghista tipica del padre e Jack li guarda imbronciato.
Se il mio istinto non mi tradisce, se questa situazione continuerà a protrarsi per altri due o tre anni scoppierà di nuovo la guerra. L’occhiata che ci scambiamo io e Trav indica che come lo so io, lo sa anche lui.
Per ora non fa niente, mi godo questa pace sedendomi a tavola e chiacchierando con gli altri.
Se non avessi accettato di declassificare Tom da rischio biologico a persona degna di stima non avrei tutto questo.
Grazie Tom e in fondo fondo fondo grazie Josie.


Angolo di Layla.

E  così siamo arrivati all'ultimo capitolo, mi mancherà questa storia ç.ç! Fortuna che tra poco arrivera qualcosa di "nuovo"
Grazie a MatyOtaku e _redyragenadlove per le recensioni.
Grazie a: MatyOtaku e a A_Delonge182 per averla messa tra le seguite.

   
 
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