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Autore: Angel666    18/12/2012    3 recensioni
Durante una gelida notte invernale una bambina viene ritrovata nei pressi dell'orfanotrofio Wammy's House. Chi è? Quali terribili segreti sembra nascondere, e perché vuole scappare ad ogni costo dal suo passato? In questa storia, dove niente è come sembra e tutto è indissolubilmente legato, i nostri protagonisti indagano per scoprire la verità in un percorso che li condurrà fino al caso Kira. Please R&R!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mello, Near, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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“Insomma hai rimorchiato.” Lo salutò Matt, con la voce impastata dai cereali.
Mello lo guardò disgustato “Non ti hanno insegnato che non si parla con la bocca piena? Anzi, sarebbe meglio che non l’aprissi proprio quella fogna. Lo sai vero, che se qualcuno lo scopre finisco nei guai?”
“Secondo me sono i capelli.” Disse l’altro dubbioso “Sul serio quel caschetto biondo che fa tanto angioletto attira le ragazze…comunque buongiorno anche a te, raggio di sole!”
A volte Mello si chiedeva come mai quell’imbecille fosse proprio il suo migliore amico. E per quale assurdo  motivo tirava fuori la sua brillante intelligenza solo ed esclusivamente durante i compiti in classe.
“Non è da tutti svegliarsi con una femmina nel letto appiccicata a te.”
“Matt! Quella bambina avrà si e no 5 anni…inoltre ti farei notare che tra di noi due c’era il suo orsacchiotto di pezza.” Sbottò afferrando una fetta di pane e imburrandola con rabbia.
“Stai tranquillo amico, non ho intenzione di spifferare niente a nessuno.” Matt si fece serio di colpo “E’ solo che da quando è apparsa quella bambina tu sei più strano del solito.”
“Ho le mie ragioni. Tranquillo, è tutto sotto controllo.”
L’amico lo fissò con intensità “Sarà, se lo dici tu.”
Mentre Mello si incamminava verso lo studio di Roger, pregustava già il dolce sapore della vittoria. Si immaginava acclamato da L, il quale si congratulava con lui per aver risolto il suo primo difficile caso; mentre Near lo fissava rannicchiato in un angolo, per la prima volta con un’espressione sconfitta sul viso. Ridacchiò tra sé e sé, prima di entrare nella stanza del Direttore.
La piccola era già lì, esattamente nella stessa sedia della sera precedente, con in braccio il suo cencioso orso di pezza. Le avevano trovato dei vestiti adatti alla sua taglia per fortuna; si guardava intorno con aria circospetta.
“Chissà se manterrà la promessa che mi ha fatto.” Pensò Mello.
“Dunque.” Esordì Roger. “A quanto pare sei riuscito a convincere la nostra ospite a parlare.”
Sembrava scettico.
“Si.” Affermò il ragazzo con sicurezza. “Penso che abbia capito l’importanza di fidarsi di noi, dal momento che le abbiamo salvato la vita.”
“Allora piccola, come ti chiami?” chiese gentilmente Roger.
Lei per tutta risposta si limitò a fissarlo in silenzio. “Cominciamo bene.” Il ragazzino stava per perdere la pazienza, ma si impose la calma. Non poteva fallire stavolta, cedendo al suo carattere impulsivo.
“Hai promesso.” Sussurrò a denti stretti.
“Lo so. Sono disposta a rispondere a qualsiasi vostra domanda; ma una cosa non posso dirvi ed è il mio nome.” Aveva parlato in modo tranquillo e distaccato, guardando Roger in faccia con espressione seria.
“Perché?”
“Perché l’ho promesso. E poi loro potrebbero trovarmi.” Rispose.
“Loro?” chiese Roger.
“Gli uomini che hanno ucciso la mia mamma.” Le sue manine strinsero impercettibilmente il peluche, ma il tono rimase fermo.
Nonostante quel ragazzino biondo le avesse salvato la vita, e quell’uomo si fosse dimostrato buono con lei, non poteva fidarsi fino in fondo di loro; anche se in fondo un po’ avrebbe voluto.
Roger assottigliò lo sguardo.
“Uccisa? Ne sei davvero sicura? E’ un’accusa molto grave.”
“Si, lo hanno fatto davanti ai miei occhi.”
Il vecchio si tolse gli occhiali e si asciugò la fronte con un fazzoletto.
“Forse è meglio partire dall’inizio. Se non vuoi dirmi il tuo nome d’accordo; in fondo avresti potuto benissimo inventartene uno, ma non lo hai fatto. Hai scelto di dire la verità e questo lo apprezzo molto, voglio che tu lo sappia. Hai la mia parola che quello che dirai oggi non uscirà mai da questa stanza da parte mia o di Mello, quindi sentiti libera di dirci tutto quello che vuoi. Noi vogliamo solo aiutarti. Credi alle mie parole?” Roger non era mai stato tanto serio in vita sua.
“Si.”
“Bene. Se non te la senti di parlarmi di qualcosa basta che tu resti in silenzio; io non insisterò. Vuoi che Mello rimanga qui?”
La bambina annuì.
“D’accordo. Siediti.” Disse rivolto al ragazzo, che  non se lo fece ripetere due volte; aveva la sensazione che le gambe non avrebbero retto ancora per molto per la tensione.
“Quanti anni hai?”
“Ne ho compiuti 7 il 9 Settembre.”
“Sei nata in Inghilterra?”
“Si, a Londra.”
“Eppure vivevi qui con la tua famiglia.”
La bambina si mosse nervosamente sulla sedia.
“Eravamo solo io e mia madre.” Adesso sono solo io.
“Dov’è tuo padre?”
“Non lo so; non l ho mai conosciuto.”
“E tua madre non te ne ha mai parlato?” chiese Roger curioso.
“No.”
Gli sudavano i palmi delle mani: lui non era un assistente sociale;  neppure amava così tanto i bambini! Doveva stare molto attento a come poneva le domande…se solo L fosse stato lì in quel momento sarebbe stato tutto più facile: lui era bravo a trattare con i più piccoli. Lanciò uno sguardo furtivo a Mello. Il biondino aveva gli occhi fissi sulla piccola e tratteneva il respiro.
 “Che lavoro faceva la tua mamma?”
“Lavorava in un ospedale. Come assistente sociale.”
“Quale ospedale?”
Nessuna risposta.
“Ci sono persone in quell’ospedale che conosci che potrebbero prendersi cura di te?”
“No. Non sono mai andata al lavoro con lei, e lei non ha mai portato colleghi a casa.”
Certo, gli ospedali non erano bei posti per portare la figlia.
“Tua madre aveva qualche amico che badava a te mentre lei era al lavoro? Non so, un vicino di casa…”
“No, nessuno. Eravamo solo io e mia madre.” Il suo tono era fermo, senza alcuna alterazione che indicasse il minimo stato d’animo. Sembrava che stesse rispondendo ad un quiz in televisione.
“Chi badava a te durante il giorno?”
“Nessuno.”
“E’ impossibile! Qualcuno quando eri più piccola ti avrà tenuto mentre tua madre lavorava.”
“Mia madre non lavorava spesso. La chiamavano a seconda dei periodi, se doveva seguire un paziente, altrimenti stava a casa con me. Quando usciva mi lasciava le cose pronte da mangiare e tornava sempre verso sera.”
“E tu che cosa facevi mentre lei era assente?”
“Leggevo. Mi piace molto leggere. Oppure guardavo la tv o coloravo dei disegni.”
Le piaceva leggere… “Sei mai andata a scuola?”
“No.”
“Tua madre ti ha insegnato a leggere?”
“Si. Mia madre mi ha insegnato tutto quello che so. Diceva che avrei dovevo imparare in fretta a diventare una persona indipendente.”
“Ti ha detto il perché?”
“Immagino che sapesse di avere poco tempo a disposizione.” Quella risposta era insolita.
“Quindi ricapitolando: non hai parenti o amici che possano prendersi cura di te in alcun modo e non sei mai andata a scuola. Inoltre hai detto che sei nata a Londra. Da quanto tempo ti sei trasferita qui?”
“Quasi subito dopo la mia nascita, per il lavoro di mia madre.”
“Se tua madre stava spesso con te, e non aveva amici, tu non riesci a immaginare chi avrebbe potuto farle del male?”
 “No. La mamma era una brava persona.” La piccola strinse ancora di più il peluche, come a cercare un po’ di conforto.
“Sapresti riconoscere chi l’ha uccisa se li vedessi in fotografia?”
“Si.”
“Bene questo è già qualcosa.”
“Puoi dirci l’indirizzo di dove abitavi?”
Lei scosse la testa.
“Quegli uomini potrebbero tornare a cercarti e trovare elementi che li riconducano a te: come vecchie fotografie o disegni.”
“Impossibile. La mamma era molto attenta a queste cose.”
Era chiaro che questa storia nascondeva più di quanto avessero immaginato all’inizio; dovevano agire con la massima cautela. Roger sospirò, esausto.
“Come avrai capito questo posto è un orfanotrofio. All’interno di queste mura dovresti essere al sicuro, quindi la cosa più saggia sarebbe che tu rimanessi con noi, dal momento che non hai nessun’altro che possa occuparsi di te. La prima cosa da fare è darti una nuova identità, e procurarti dei documenti falsi. Di questo ci occuperemo noi, stai tranquilla. Dovrai fare solo una cosa: sarai sottoposta ad un test che ci permetterà di conoscere il tuo livello di preparazione al fine di assegnarti ad una classe dovrei potrai seguire le lezioni. Ti verrà data una stanza, che condividerai con un’altra bambina dell’istituto, e tutti i beni di prima necessità saranno a nostro carico. So che per una persona come te, che non è mai stata abituata ad avere gente intorno, all’inizio potrà essere un pochino traumatico; ma spero sinceramente che riuscirai ad ambientarti e a trovarti bene con noi.”
La bambina aveva annuito senza mostrare alcuna emozione in particolare, come se avesse già accettato quel destino da tempo.
Mello aveva ascoltato in silenzio fino a quel momento, ma il suo cervello lavorava freneticamente per trovare un piano che gli permettesse di scoprire di più sul passato della nuova compagna. Era chiaro che al momento la piccola non aveva intenzione di spingersi oltre con le spiegazioni, ma lui aveva una cosa che Roger non era riuscito ad ottenere fino in fondo: la sua fiducia. Avrebbe provato a parlarle da solo.
“Mello, puoi farle fare un giro dell’istituto e presentarle gli altri ragazzi?” chiese Roger, riportandolo alla realtà.
“Certo. Vieni con me.”
 

   
 
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