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Autore: MkBDiapason    19/12/2012    3 recensioni
L’esperienza della sopravvivenza era l’anatema che ogni sera tentava di affogare in qualche drink.
Prendeva posto in un bar lontano e quando ordinava un drink era come se ordinasse una decollazione. Il bicchiere arrivava e lui vi perdeva dentro la testa, lentamente, poi con un sorso violento il liquido gli scorreva dentro, burrascoso e graffiante. Sospirava mentre il petto bruciava, ed era questo il modo in cui si perdeva, si puniva e si ritrovava.In quel bicchiere egli moriva, ogni notte, sempre più spesso, ma se lo era scelto da solo quel posto. Il luogo delle sue solitarie condanne.
Quando arrivò l’altro bicchiere, e si sentì toccare una spalla da una mano, sussultò drizzandosi sul posto con l’aria colpevole e l’anima nuda.
Si voltò di scatto, pronto ad incrociare lo sguardo di un boia, ma quando si ritrovò davanti agli occhi gentili di Maes Hughes, non poté fare altro che sorridere genuinamente...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maes Hughes, Roy Mustang | Coppie: Hughes/Roy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi di nuovo qui in questo fandom.
È da molto tempo che non posto qualcosa e considerato che siamo in periodo natalizio, mi è sembrato doveroso fare questo regalino ad una persona in particolare <3 Purtroppo non sono riuscita a scrivere quello che mi ero prefissata :( La storia doveva essere un'altra, con un altro titolo, un altro plot e addirittura un' altra pairing, ma non so perché questa sera è uscito questo. La naturalezza con la quale l'ho scritta mi ha un po' spiazzata, ma sono contenta del risultato e del fatto che alla fine ho scritto su Roy e Hughes <3

Finn! Questa fic è per te, e te la dedico con tutta...l'anima. <3




SOULS




“The experience of survival
is the key to the gravity of soul ”





L’esperienza della sopravvivenza era l’anatema che ogni sera tentava di affogare in qualche drink.
Prendeva posto in un bar lontano, uno di quei posti ai limiti della città, laddove non batteva la luce ipocrita dei locali d’alto borgo, dove spesso si riunivano i burattinai della società.
Si sedeva e sanguinava.
Quando ordinava un drink era come se ordinasse una decollazione. Il bicchiere arrivava e lui vi perdeva dentro la testa, lentamente.
Prima rendeva torbido il contenuto, con un movimento veloce, in modo tale da violentare la sua anima riflessa e poi, come sollevato dal fatto di non poterla vedere oltre, la reintegrava in sé con un sorso violento.
Il liquido gli scorreva dentro, burrascoso e graffiante. Sospirava mentre il petto bruciava, ed era questo il modo in cui si perdeva, si puniva e si ritrovava.
In quel bicchiere egli moriva, ogni notte, sempre più spesso, ma se lo era scelto da solo quel posto. Il luogo delle sue solitarie condanne.
Lì arrivavano i rumori sinceri dell’insoddisfazione, ed era quello il posto adatto al suicidio di ogni ideale. Il posto giusto per chi come lui desiderava lasciarsi andare alla vergogna.
Ordinò un altro giro, con un tono stupidamente imperioso con il quale, sui campi di battaglia, impartiva gli ordini ai sottoposti.
Sorrise amaramente. Nonostante tutto voleva ancora una sua dignità.

“Quante contraddizioni...”


Quando arrivò l’altro bicchiere, e si sentì toccare una spalla da una mano, sussultò drizzandosi sul posto con l’aria colpevole e l’anima nuda.
Si voltò di scatto, pronto ad incrociare lo sguardo di un boia, ma quando si ritrovò davanti agli occhi gentili di Maes Hughes, non poté fare altro che sorridere genuinamente.
L’amico prese una sedia e si sedette subito accanto a lui.
“Finalmente ti ho trovato. Ti ho cercato dappertutto. Pensavo fossi ancora in caserma considerato il tuo zelo, o al massimo nel locale di tua madre, ma non pensavo che proprio questo posto potesse essere il tuo piccolo quartier generale della depressione.” ridacchiò.
Roy si sentì subito investito di una nuova colpa “Mi dispiace. Scusa se non ti ho avvisato. Volevo restare solo.”
“Sono diverse sere che oramai sei solo, hai intenzione di continuare così a lungo?” lo rimproverò, mentre le labbra si assottigliavano e le sopracciglia si aggrottavano.
L’altro si oscurò in volto e si chiuse nel silenzio. La stessa mano di prima tornò a carezzargli una spalla ed i suoi occhi in lutto si alzarono nuovamente per incontrare quelli carcerieri dell’amico. Si sentì braccato e incatenato a lui, ma non era una sensazione spiacevole, quanto una giusta sensazione, come quelle che si provano quando si viene puniti giustamente.
Sapeva di aver commesso un errore, come tanti in quel periodo.
“Potevi dirmelo. Saremmo potuti stare insieme. Soli ed insieme. Così te ne saresti stato nella tua solitudine ed io ti sarei potuto stare accanto.”
Roy sospirò profondamente e distolse l’attenzione dall’amico per incontrare il  nuovo drink. Lo prese e cominciò di nuovo il rituale. Hughes l’osservò per un po’, prima di lasciare la presa e rilassarsi sulla sedia rasserenato.
Avevano appena stipulato un muto accordo, ed in quella complicità rinnovata, si erano ritrovati quella sera.
Maes era lì accanto, e Roy aveva ricominciato a perdersi nel bicchiere, ma questa volta non avrebbe rovinato l’immagine che avrebbe visto.
Lo portò all’altezza dell’occhio e si voltò verso l’amico distratto.
In questo modo iniziò ad osservarlo attraverso il vetro.
Il liquore aveva un colore così caldo che si trovò a pensare a quanto effettivamente gli donasse. Rigirò nelle mani il bicchiere, curioso. Il liquido ondeggiava placido e quando la luce del locale lo trapassò, lo vide brillare.
Era bello e sorrise.
Hughes si sentì osservato e tornò a guardare l’altro.
“Che stai facendo?” domandò perplesso.
Roy posò il bicchiere sul tavolo e tornò ad osservarne il liquido ora scuro.
Era la disposizione della luce a conferire a quel drink significati diversi, ed era sostanzialmente colpa sua se aveva scelto di riflettersi all’ombra di se stesso.
Al contrario Hughes si trovava in direzione della luce, ed il bicchiere gliel’aveva mostrato. Aveva mostrato un’anima brillante, proprio perché egli era il prodotto di una scelta precisa, ovvero quella di restare sotto la luce.
Rialzò il drink sotto lo sguardo di un amico confuso, ma tanto paziente.
Lo riportò all’altezza dell’occhio e tornò ad osservare l’amico. Voleva intrappolarne l’immagine, afferrarne l’anima e dissetarsi.


“Sei la parte migliore di me.”
Gli confessò.


Hughes rimase attonito.
Roy accennò ad un brindisi e l’amico impacciato ricercò celermente il suo bicchiere per incontrare quello dell’altro.


“A cosa brindiamo?”
“Alla nostra anima naufragata?”


Risero dolorosamente.
I drink s’incontrarono ed i due poterono, in quell’attimo d’unione, annegare complici l’uno nell’anima dell’altro.




-Fine-

   
 
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