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Autore: Roxar    19/12/2012    13 recensioni
Lui sa che lei non sa.
«Orsù, compari, dovrete convenire con me che gli scrittori avevano un certo culo nelle faccende amorose».
Lei non sa che lui sa.
«Chi mai potrebbe mandarti questi telegrafici post-it anonimi, Lily? Sicura che non sia una trovata di “Vanity Witch”?»
Lui sa e non ci sta.
«Violeresti la legge numero 15: Uso improprio dei gufi».
Lui sa ma non ce la fa.
«Compare, tu stai cercando di dirmi che tenterai di conquistare la Bertuccia con biglietti anonimi? Ti prego, ti prego, lasciami qui a morire dal ridere fino a che non mi si torceranno le budella in gola».
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Dal capitolo 2: PS: La tua fantasia è come te: imbarazzante.
Dal capitolo 4: «Il prezzo. Ho scordato di staccare il cartellino col prezzo dal regalo per Evans».
Dal capitolo 5: Da quel giorno, la sessualità di Sirius Black venne ampiamente messa in discussione.
Dal capitolo 8: «Puoi evitare di svenire? Ho bisogno di conforto».
Dal capitolo 9: «Vuoi complimentarti per la mia ragazza-procione?»
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wolfstar'
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1. Prologo.

Al peggio non c’è mai limite. A James Potter neppure.

 

 

 

 

 

 

Il settimo anno iniziò tra i più spiacevoli auspici.

Quel primo settembre del ’77 – in un lasso di tempo che i lettori stabiliranno a loro discrezione e piacimento – accaddero contemporaneamente tre cose: James Potter diede accidentalmente fuoco ad un vagone colmo di giovani Serpeverde, il treno si presentò al capolinea con quaranta minuti netti di ritardo e Lily Evans sottrasse – tra Grifondoro e Serpeverde – complessivamente ben ottantacinque punti.

 

Vedete, il fatto è che James Potter non voleva affatto dar fuoco al vagone.

Ingenuo ragazzo, quel Potter; credeva fermamente che le lamiere d’acciaio si sarebbero solo lasciate carezzare dalle fiamme.

Peccato avesse trascurato il mobilio interno e la presenza della pelle marrone altamente infiammabile che, di fatto, avvampò, emanando esalazioni scure come di gomma bruciata.

 

Il Ministero della Magia – intervenuto più che celermente e incarnato da un giovane, pigro mago – non prestò la dovuta attenzione all’incidente e lo declassò ad uno spiacevole incidente di percorso.

Inteso in tutte le sue possibili accezioni, probabilmente.

Sirius, d’altra parte, trascorse la metà del suo tempo a cercare di convincere i suoi compagni di vagone della possibilissima intromissione di Silente e di un suo Imperius ben piazzato.

 

E se il Ministero se ne era lavato le mani in quattro e quattr’otto – là fuori c’era una guerra, per le sottane di Merlino!, non potevano certo dedicarsi alle malefatte di un burlone qualsiasi – Lily Evans – Caposcuola tutta d’un pezzo – non era minimante intenzionata a gettare la spugna.

Vestì perciò i panni di un improvvisato Sherlock Holmes e si mise in testa di indagare per il tratto che rimaneva da percorrere, ignorando le lamentele collettive.

 

Così, tra una confessione e l’altra – e i punti che calavano vertiginosamente, saltò fuori il nome di Potter.

Chissà perché, Lily non ne fu assolutamente sorpresa; tutt’al più si limitò al più sconfitto e desolato e abbattuto – sì insomma, i lettori avranno colto succo – dei respiri e per tutto il tempo rimuginò silenziosamente sull’ipotesi di consegnare o meno Potter, ignorando le occhiate bieche e velenose degli studenti che avevano fatto perdere punti alla propria Casa ancor prima di essere nelle mura di Hogwarts.

Qualcuno disse che non era legale,  altri dissero che sì, purtroppo lo era, perché oramai erano entrati nelle vaste proprietà di Hogwarts e le regole valevano tutte, una ad una.

 

Su due cose, però, si era unanimi.

Primo: non si era mai visto un Caposcuola togliere punti ancor prima di varcare la soglia del grandioso castello della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Secondo: non si era mai visto un Caposcuola tanto stronzo.

 

Se Lily avesse fiutato il clima cupo e ostile, avrebbe realizzato che molti guai erano in indesiderato arrivo.

 

 

 

 

°          °          °

 

 

 

 

Come da copione, non appena gli studenti intirizziti e dal viso sciupato dal freddo varcarono la soglia della Sala d’Ingresso, la professoressa McGranitt, in tutta la sua ostentata severità, ghermì i due Caposcuola di Grifondoro per scortarli personalmente – con incedere tamburellante e quasi militare – in una piccola camera adiacente alla Sala Grande.

 

Il fuoco di fila di domande previde ripetute risposte negative da parte di lui e incerti tentennamenti da parte da lei.

James Potter, dal canto suo, pensò a più riprese che Minerva McGranitt fosse la donna più cazzuta su cui si fossero mai posati i suoi occhi e i suoi occhiali.

Ciononostante, continuò ad allontanare da sé qualsiasi responsabilità circa lo spiacevole incidente.

Lily Evans tacque, stringendo impercettibilmente le labbra in una smorfia molto alla McGranitt.

 

«Professoressa», iniziò, «le prometto, in quanto Caposcuola, che tali, spiacevoli episodi non si verificheranno mai più. Glielo giuro sul mio amico Sirius Black».

Azzardò perfino una piccola pacca sul braccio della donna e girò i tacchi, sfregandosi la pancia con aspettativa. Le sue burlonerie mettevano sempre una certa fame.

 

«Potter, giusto perché lei lo sappia: io ero assolutamente contraria alla sua nomina da Caposcuola; non mi dia validi motivi per declassarla».

«Professoressa, onestamente, così mi offende».

«Ah, Potter, ci vuole ben altro per offenderti».

«Signora», mugolò con fare lamentoso, «sta continuando ad offendermi!»

 

La docente strinse le palpebre, in un tacito monito; c’erano confini che agli studenti era proibito oltrepassare, fisici e metaforici.

 

«Signorina Evans», volse lo sguardo alla ragazza, «lei è assolutamente certa che si sia trattato di un incidente

 

«Certo», replicò lestamente, «d’altra parte, anche il Ministero ha detto che—»

«Quel che dice il Ministero, in fatto di Hogwarts, conta ben poco, signorina Evans».

 

Lily stava per attaccare con una sua personalissima considerazione circa l’eterna diatriba tra Ministero e Hogwarts, quando James si schiarì eloquentemente la gola e il gorgoglio imbarazzante del suo stomaco fu provvidenziale.

 

«Professoressa, io avrei una certa fame».

 

La donna soppesò un vasto campionario di richiami e rimproveri, salvo poi abbandonarlo subito.

Ruppe la sua rigida immobilità con un cenno vago della mano.

 

«Andate a cena, ma sappiate che la questione non termina qui. Questa sera ne parlerò al Preside; mi auguro, nel frattempo, che potrete ragionare sulla pericolosità di questo incidente, per dirla a modo vostro, che avrebbe potuto ferire qualcuno. O peggio» aggiunse cupamente, voltando quindi le spalle.

 

Lily aprì la porta e fece cenno all’altro di uscire.

Lo sguardo che passò tra i due fu tra i più ostili mai visti da quelle antiche mura.

 

 

 

 

°          °          °

 

 

 

 

«Che ti è preso? Dare fuoco al vagone, ma ti rendi conto—»

James interruppe il predicozzo di rito di Remus Lupin – zelante studente dai pelosi e lunari segreti – con un versetto stridulo che voleva essere la sua maldestra imitazione.

 

«La situazione mi è un po’ sfuggita di mano, Remus. Andiamo, non penserai davvero che volevo fare di quel vagone la pira di numerosi, disgustosi Serpeverde?»

 

Remus Lupin boccheggiò incredulo, il maglioncino nero che pendeva floscio intorno al collo.

 

«Tu hai dei problemi» dichiarò attonito, continuando a spogliarsi rinchiuso in quel suo inespugnabile silenzio ermetico.

 

«Tirerò ad indovinare», esordì un Sirius Black piuttosto umido e piuttosto nudo, «Remus ti ha appena propinato il suo tradizionale cazziatone da bravo ragazzo, al quale tu hai risposto con una sua goffa imitazione e lui, tradito e offeso, si è chiuso in quel suo infantile silenzio».

 

James gli indirizzò un largo sorriso divertito.

«Ottima mira, compare. Per favore, vuoi dirglielo anche tu che volevo solo spaventarli e bruciare un po’ di quella loro insopportabile boria?»

 

«Ha ragione» convenne seriamente Sirius, col tono di uno che si accingeva a pronunciare un Voto Infrangibile.

James diede le spalle a Remus solo per sorridere scioccamente all’altro, i pollici alzati.

 

«Parlando di cose più importanti, dove sono Peter e il buon vecchio Frank?»

 

Remus, dimentico del proprio voto di silenzio, ruppe il guscio solo per esclamare che i loro comportamento aveva sfiorato i massimi storici in fatto di idiozia, ignoranza e irresponsabilità.

 

«Taci» lo liquidò spassionatamente Sirius, che stava ascoltando il vago resoconto di James, secondo cui i due erano ancora in Sala Grande, sotto il torchio della tenace professoressa McGranitt.

 

«Sì, be’, finirai nuovamente in punizione, allora e mi lascerai solo con questi tre idioti. Fanculo» si congedò Sirius, mostrandosi debitamente – fintamente – offeso e recalcitrante ad abbandonare il suo linguaggio molto poco forbito.

 

«Non è colpa mia se quei due non coltivano la sottile arte della menzogna».

 

«Te lo meriti stavolta, sai? Non che le altre volte non te lo meritassi, comunque» e con ciò, Remus tirò le tende e le coperte frusciarono, facendosi quindi immobili.

 

«Remus, esattamente, perché sei così acidamente stronzo, stasera? La luna gira particolarmente storta?» domandò Potter, senza però ricevere risposta, salvo la soffocata risata complice di Sirius.

 

Sirius, comunque, ci vide giusto.

L’indomani mattina Potter finì in punizione, a sturare i cessi otturati dei bagni comuni.

 

 

 

 

 


 

 

NdA: Amen.

Lo so, spesso sono di un'incoerenza spaventosa, già.

Ma questa idea mi ha solleticato così tanto che ho dovuto scriverci qualcosa su.

E ne è venuta fuori una long, pensa un po'.

Il linguaggio è volutamente altisonante, in certi tratti, perché marca meglio l'ironia e il sarcasmo di cui questa storia è satura.

Vi avverto già da ora: gli aggiornamenti saranno imprevedibili. Nel senso che i capitoli li scrivo volta per volta, quindi non assicuro la costanza settimanale.

Bon, se questo prologo vi è piaciuto, non vi è piaciuto, vi fa pena, vi ha fatto sorridere e quant'altro, sentitevi pure liberi di farmelo sapere (non fatevi pregare e siate buoni, su, che è Natale; prometto di rispondere in tempi brevissimi :3).

 

 

Passo e  chiudo.

   
 
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