- THE
LAST DAY ON EARTH.
- “Se domani finisse il mondo, da chi correresti?
- Se davvero fosse
l’ultimo giorno
della nostra vita, della vita di tutti, da chi andresti?
- Se non ci fossero più primavere, se non cadesse più la neve, se tutto sparisse,
- se
non potessi ascoltare canzoni d’amore, se non potessi
più baciare, se non
potessi più dire ciao.
- Se
non potessi più sorridere, con chi sorrideresti per
l’ultima volta?”
- (#1. The Album Leaf - The Light)
- E
se domani finisse il mondo, da chi
correrei io?
- Non
avevo mai pensato di pormi davvero
quella domanda e di dovermi trovare a darvi una risposta concreta, ma
la vita è
così, no? Si prende gioco di noi, ci stuzzica, ci provoca e
alla fine tutti i
suoi ostacoli non sono altro che piccoli scherzi, in attesa del round
finale,
quello in cui davvero devi affrontare te stesso e chiederti chi sei e
cosa
vuoi.
- Ci
sono persone che capiscono, o dicono di
capire, tutto dalla vita mentre la stanno ancora vivendo; io penso che
si
prendano solo in giro. Non puoi capire tutto di qualcosa che non hai
ancora assaporato
in pieno. Come puoi parlare di un tutto che non hai ancora visto,
né sentito,
né toccato, né sfiorato…?
- La
verità è che davvero capisci tutto
quando l’hai perso, quando dal tutto che era resta solo un
vuoto, un enorme
pugno nel petto, un buco nero nell’anima.
- È
solo in quel momento che ti rendi conto:
di quello che hai avuto e poi perso, di quello che non hai fatto e
avresti
potuto o dovuto fare, delle occasioni mancate, dei momenti felici, del
dolore
che hai provato, delle lacrime che hai pianto, dei sorrisi che hai
regalato, di
quelli che hai sprecato per chi non li meritava, delle corse che non
hai corso quando
ne sarebbe valsa la pena, delle parole che non hai detto al momento
giusto, delle
lettere che non hai mai spedito, delle persone che non hai fermato, di
quelle a
cui non hai mai detto cosa provavi perché temevi un rifiuto.
E allora?
- Quale
cazzo è l’importanza di questa vita
se non dire alle persone che amiamo, che le amiamo?
- E
se ci respingono, chi se ne fotte; meglio
un buco nel petto che un’illusione nel cuore, meglio
rischiare che piangersi
addosso. Le ferite passano, si curano, migliorano. I rimorsi sono
sempre lì,
insieme ai rimpianti.
- È
come quando vedi un film e hai la
sensazione che vada a finire male, che non vada niente per il verso
giusto, che
non finisca come tu vorresti, e hai due possibilità: premi
stop e vivi il tuo
immaginario lieto fine o vai avanti e guardi fino alla fine, fino ai
titoli di
coda, fino all’ultima parola che esce sullo schermo per
renderti conto che è
davvero finita, ed è finita così.
- Noi
diciamo, parliamo, blateriamo, facciamo
piani e progetti, ci creiamo propositi e propositi ogni anno che viene,
ma non
facciamo mai nulla; una volta ho sentito una bambina dire
“Siamo ciò che facciamo, non ciò che
diciamo”, e aveva ragione.
- Ma
cosa facciamo?
- Siamo
uno stop perpetuo, in bilico tra
l’inizio e la fine.
- Beh,
ora siamo davvero alla fine e io
voglio fare qualcosa: qualcosa per me stessa, qualcosa per la gente che
muore
portandosi tutti i propri segreti e i propri sentimenti mai espressi,
qualcosa
per chi scappa via dalla persona che ama perché
“è meglio così”.
- E
se è vero che tutto si riduce all’ultima
persona a cui pensi la notte, se è vero che è
lì che è il tuo cuore, allora lo
sto seguendo. Forse in ritardo, forse per nulla, ma lo sto seguendo.
- Guardo
fuori dal finestrino dell’aereo e
ripenso a ciò che ho lasciato e a quello a cui sto andando
incontro.
- C’è
un detto che recita “Non lasciare la
strada vecchia per la nuova” o ancora “Sai cosa
lasci ma non sai cosa trovi” e
mi chiedo se sia davvero giusto.
- Tecnicamente
lo è. So molto di cosa ho
lasciato e niente di quello che troverò, ma se questa
ignoranza è il prezzo da
pagare per aver trovato me stessa, che sia.
- Voglio
essere ignorante, voglio essere
impavida, voglio smettere di avere paura, anche se dovessi morire in
questo
istante.
- D’altronde
non ha senso vivere per se
stessi se nemmeno sai chi sei.
- Me
lo ripeteva sempre, lui.
- Cerca
te stessa, Kristen. Cerca te stessa e poi torna da me.
- Ho
ripensato a quelle parole ogni giorno
della mia vita ma mai erano apparse così chiare come in quel
momento; quel
momento in cui sei messa con le spalle al muro e devi scegliere per
forza
altrimenti muori.
- E
ho cercato me stessa per così tanto tempo
che l’unica cosa che posso chiedermi adesso è se
sia troppo tardi.
- Ripenso
agli ultimi anni della mia vita,
anni senza di lui, anni passati a chiedermi cosa sarebbe stato diverso
se
avessi avuto il coraggio di cadere con lui dentro quel burrone, se
avessi avuto
la forza di prenderlo per mano e imboccare la strada più
difficile, se avessi
avuto la consapevolezza che l’amavo già allora.
- Ma
ero piccola e troppo spaventata per
prendere una decisione, troppo presa da lui per buttarmici davvero
dentro,
troppo terrorizzata all’idea di rimanere scottata o farmi
male o rompermi il
cuore.
- Così
gli avevo semplicemente detto di no.
Lo avevo guardato negli occhi e gli avevo detto che non me la sentivo,
non
ancora almeno.
- Il
suo ultimatum non aveva avuto l’effetto
sperato e il flop che il film era stato non aveva fatto altro che
accumularsi
ai segni che puntavano tutti alla stessa direzione, quella che portava
a un
cartello enorme su cui sembrava essere scritto “Non ne vale
la pena. Meglio
così.”
- Così,
alla fine del 2008 ci eravamo
separati, eravamo andati avanti, ognuno per la sua strada, senza
più sapere
nulla l’uno sull’altra, con in rubrica un numero di
telefono che probabilmente
non è nemmeno più quello giusto.
- In
fondo, è così che si fanno gli errori
più grandi della vita, dopo tutto: la paura. È
quella che ti blocca e non ti fa
andare avanti.
- Essere
più coraggiosi, meno orgogliosi,
meno fragili e dire quello che davvero proviamo invece di tirarci
indietro, ci
renderebbe forse meno umani?
- No,
ora l’ho capito.
- Meglio
tardi che mai, sorrido amara a me
stessa chinando la testa contro il finestrino dell’aereo.
- Vedo
il suo viso, ovunque.
- Riascolto
le nostre conversazione in quelle
della gente che si chiede che ne sarà di noi.
- Quante
volte ce lo eravamo chiesto anche
noi stessi quattro anni prima.
- Sento
chiamare il suo nome e mi volto nella
fragile speranza che, per qualche strano scherzo del destino che con
noi si è
sempre divertito, anche lui sia lì, su quell’aereo
con me, ma non c’è e io
torno a concentrarmi alla stretta al cuore che sento ogni volta che
penso alla
possibilità di averlo davvero accanto a me.
- E
penso alla mia famiglia, ai loro volti
quando troveranno la lettera che ho lasciato sul letto, e posso solo
sperare che
capiscano e siano felici per me; per quanto macabro, triste e osceno
possa
essere il pensiero, posso solo sperare che muoiano felici come lo sono
io,
adesso, dopo tanto tempo.
- Ho
lasciato Los Angeles senza avvisare
nessuno, se non me stessa. L’ho lasciata che ancora la gente
camminava per
strada, qualcuno correva, altri erano semplicemente seduti sul ciglio
del
marciapiede come ad aspettare che la terra li inghiottisse e ponesse
fine a
tutte le sofferenze del mondo.
- (#2. Roger Subirana - Between worlds)
- Forse,
chi non ha nulla da perdere, ne è
anche sollevato. Chi ha sofferto come un cane senza ricevere mai
compassione
starà pensando “Era ora che toccasse anche a
voi”, ma la verità è che tutti
abbiamo da perdere qualcosa. L’unico pensiero che mi consola
è che perderemo
insieme. Per una volta in questa vita, saremo davvero uniti da un unico
sentimento che accumunerà ogni singola anima del mondo: la
paura di perdere
qualcuno.
- Che
possa essere la persona amata, un cane
o se stessi, sarà l’unica cosa che ci
legherà al nostro finalmente comune destino.
- Uno
scossone mi ridesta dai miei pensieri
proprio quando si iniziano a intravedere le luci fioche della
città di New
York, così spenta rispetto alle altre volte in cui mi era
capitato di
atterrarvi di notte e inizio a credere che quella sarà la
mia ultima tappa e
che questo sia l’ultimo aereo su cui sia riuscita a salire
all’ultimo momento.
- Tutto
ciò che, in effetti, illumina la
città e che noto man mano che ci avviciniamo sempre di
più, sono bolle di fuoco
e fiamme. Diverse nubi di fumo coprono parti della città
dandomi un senso di
soffocamento già da ora.
- L’aereo
continua a ballare durante la
discesa e, nonostante le urla spaventate dei passeggeri e quelle degli
altoparlanti che cercano di calmarli, non riesco a concentrare il
pensiero
sulla consapevolezza che sto per morire, ma sulla delusione che provo
perché lo
farò senza che lui lo sappia, senza averlo rivisto
un’ultima volta, senza
avergli detto quello che provo.
- L‘atterraggio
si può dire che avvenga quasi
per miracolo. Si sente la terra mancare sotto le ruote
dell’aereo che si muove
e salta più volte rispetto a un solito atterraggio. Ho
chiuso il finestrino,
tengo la testa bassa cercando di non pensare ai pianti delle persone
accanto a
me.
- Non
voglio sapere cosa troverò fuori di qui
prima di trovarmelo sotto gli occhi.
- E
pensare che fino a pochi giorni prima
ridevamo tutti al pensiero della fine del mondo; beh, la fine del mondo
è
davvero qui e ci ha fottuti in pieno e ora ci fa piangere, correre di
qua e di
là e saltare sul primo aereo che da Los Angeles ti porti a
Londra.
- Ma
quando le porte si aprono e mi trovo
davanti l’inquietante e devastante inferno che è
diventato il JFK Airport, so
con certezza che a Londra non ci arriverò mai.
- Mai
un aereo si è svuotato più velocemente
e con più tanta confusione come in quel momento. Mi chiedo
cosa abbia
intenzione di fare tutta questa gente, se abbiano chi li aspetta, se
abbiano un
modo per andare dai loro cari, se stiano solo cercando di volare da un
posto
all’altro per fuggire alla morte e all’apocalisse.
- Ho
quasi pena per loro. Sono così in ansia,
avidi della loro meta, senza sapere se la raggiungeranno mai.
- La
mia anima, invece, è già in pace e
l’unica
cosa che mi fa muovere d’istinto è una crepa che
si fa spazio lungo la pista
iniziando a dividerla a metà.
- Inizio
a correre, giusto per seguire la
massa, e mi trovo nel terminal dell’aeroporto ma non riesco a
riconoscere né
capire dove mi trovi esattamente.
- C’è
troppa gente, troppo caos, troppo
rumore, troppi respiri tutti insieme, troppe urla…
c’è troppo di tutto.
- Mi
guardo in giro e alzo lo sguardo giusto
in tempo per vedere gli schermi che annunciano che ogni volo
è stato
cancellato, un secondo prima che i monitor si spengano definitivamente.
L’aeroporto è ancora illuminato ma le luci bianche
cigolano e ballano come
quelle di una discoteca e so che non resisteranno ancora molto prima di
lasciarci all’illuminazione delle spie di emergenza.
- Stringo
le labbra in un sorriso amaro,
incurante dell’inferno attorno a me, ma felice di averci
almeno provato.
- Lui
non lo saprà mai ma, in fondo, tra non
molto saremo morti entrambi, tutti, dovunque siamo.
- Avrei
semplicemente voluto vederlo
un’ultima volta, essere insieme un’ultima volta.
- Ma
ho girato troppi film per credere che
anche la vita possa esserne uno.
- La
vita non è come nei film. Non c’è
nessun
estraneo che ti sorride in metropolitana, nessun migliore amico
abbandonato
dopo le elementari e ritrovato al college, nessun sconosciuto pronto a
prenderti la mano e fermarti prima che possa buttarti giù da
un grattacielo;
non ci sono odio e amore uno dietro l’altro, non ci sono
corse sotto la pioggia
e telefonate di persone ormai dimenticate da tempo. Non ci sono salti
da un
treno in corsa, voli lasciati andare all’ultimo momento, o
navi che affondano
insieme ad un amore segreto.
- Eppure
arriva. Arriva quel momento in cui
la folla si apre davanti a te e la vedi: la persona che ami, quella per
cui
stai correndo durante l’ultimo giorno sulla terra, quella con
cui vuoi
condividere l’ultimo sorriso mentre il mondo finisce e pensi
“Non ho capito un
cazzo della vita fino ad ora.”
- E
davvero non ho capito niente, niente ha
avuto senso fino a questo momento in cui mi chiedo se sono sveglia o
sto
sognando, se sono già morta senza accorgermene e sono finita
in paradiso con
lui, se sia solo qualcuno che gli somiglia moltissimo, o se –
sfioro la
possibilità con il pugno di speranza che ancora mi
è rimasto in mano – è
davvero lui, lì, a cinquanta metri da me, che mi fissa con
quella che,
immagino, sia la mia stessa espressione.
- Ci
guardiamo per un minuto infinito, anche
se il tempo è prezioso e, insieme, iniziamo a camminare
l’uno verso l’altra,
proprio come una perfetta epica scena da commedia romantica americana;
forse
andiamo anche a rallenty, chissà. So che mi sembra di aver
camminato una vita
intera prima di poter sentire di nuovo il suo odore a due passi da me e
gettarmi tra le sue braccia.
- Trema,
come me, insieme a me. Stiamo tremando
come due fragili foglie esposte al vento freddo delle regioni polari ci
reggiamo così saldamente l’uno all’altro
che niente potrebbe staccarci adesso
se non la nostra stessa volontà.
- Ho
voglia di piangere, ho voglia di alzare
gli occhi per assicurarmi che sia effettivamente lui e che non abbia
preso una
svista ma non riesco a farlo. Non riesco a lasciar andare nemmeno un
centimetro
di quel contatto, ma quando sento la sua voce sussurrare il mio nome
all’orecchio, ogni minima paura mi abbandona e so per certo
che è lui perché
nessun altro al mondo l’ha mai pronunciato così
dolcemente, come solo lui
faceva.
- È
un suono così melodioso che mi fa
rabbrividire e mi porta a stringerlo ancora di più,
così tanto da far male
anche a me.
- «Kristen…»
sussurra ancora. «Dio, quanto ti
ho cercata…»
- E
so benissimo cosa vuole dire, so bene che
quelle parole significano che tutta la sua vita l’ha vissuta
in funzione di
questo momento perfetto in cui sarei stata di nuovo tra le sue braccia,
con me
stessa.
- «Rob…»
riesco finalmente a sussurrare anche
io, contro il suo petto, ma con voce così flebile che non
sono nemmeno sicura
che mi abbia sentito.
- Lui
cerca di lasciarmi andare ma gli ci
vuole un po’ prima che io mi stacchi.
- Quando
riesce a guardarmi in viso, lo
afferra tra le sue mani e prende ad accarezzarlo come alla ricerca di
ferite o
dei segni del tempo che mi hanno fatta crescere, cambiare, capire.
- «Cosa…
cosa ci fai qui?» la sua voce
trepida.
- «Io…
venivo da te» la mia trema. «E… e
tu?»
- Mi
guarda con gli occhi più innamorati che
gli abbia mai visto in mesi passati insieme, anni fa. «Anche
io venivo da te.
Dove altro sarei potuto andare?»
- Porto
le mani sulle sue, poi sul suo viso,
poi di nuovo sulle sue mani per intrecciarle alle mie, e di nuovo al
suo viso e
ad ogni parte del suo corpo, giusto per essere sicuro che sia tutto
intero lì
con me.
- Infine
le fermo sulle sue labbra e lascio
che i miei occhi ondeggino tra la sua bocca e i suoi occhi prima di
alzarmi
sulle punte e baciarlo.
- La
sue braccia mi stringono in vita per poi
salire alla nuca e insinuarsi tra i miei capelli, mentre le mia mani si
alternano dal viso al collo, ai capelli, alle mani, a tutto.
- Ci
stacchiamo solo per riprendere fiato e
stringerci ancora, ma quando voglio posare di nuovo le mie labbra sulle
sue, un
boato assurdo proveniente da fuori ci scuote inevitabilmente,
l’intera vetrata che
separa l’interno dall’esterno va in frantumi ed
è di nuovo il caos, è di nuovo
l’inferno.
- Il
paradiso all’inferno, per me.
- Ormai
posso anche morire in questo momento
e sarebbe la morte più dolce del mondo perché
sarebbe tra le sue braccia.
- «Andiamo!»
esclama, e io mi aggrappo a lui
e lo seguo senza nemmeno pensarci, finalmente senza paura.
- Rob
mi stringe la vita mentre inizia a
correre tra la gente, in cerca di… non so cosa, in
realtà.
- Io
non ho bisogno di cercare altro. Ho già
trovato quello di cui avevo bisogno e non mi serve altro se non sentire
la sua
stretta sulla mia vita.
- Sento
la terrà tremare potentemente sotto
di noi, la scale di fronte ai nostri occhi iniziano a crollare e lui fa
appena
in tempo a tirarmi via e imprigionarmi tra una trave e il suo corpo.
China il
viso e sento il suo respiro affannato sul mio collo, prima che alzi gli
occhi e
mi fissi con estrema intensità.
- Non
riesco nemmeno a concedermi il lusso di
una sua carezza perché quando la sua mano è a un
centimetro dallo sfiorare il
mio viso, la scossa si addensa rendendo impossibile ignorarla, anche
con le
migliori intenzioni di morire sotto le macerie.
- È
istinto di sopravvivenza, non se ne può
fare a meno.
- Le
mura iniziano a crollare, i vetri
rimasti vanno in frantumi, il pavimento inizia ad alzarsi ed aprirsi
sotto i
nostri piedi.
- «Dobbiamo
andare via da qui!» urla Rob e
ancora una volta lo seguo senza esitazioni quando afferra la mia mano a
prende
a correre di nuovo, verso la prima via d’uscita disponibile.
- Siamo
appena usciti attraverso una delle
vetrate ormai rotte quando l’edificio, in tutta la sua
imminenza, inizia a
sgretolarsi, come fosse fatto di creta, fino a cadere totalmente a
terra e
alzare un enorme nuvolone di polvere che resterà
lì per molto tempo.
- Io
e Rob, increduli e provati, guardiamo la
scena da lontano. Sono stretta tra le sue braccia e osservo la fine del
mondo
avverarsi a un passo da me.
- «Vieni»
ancora una volta è Rob a parlare e
impormi di camminare perché, fosse per me, sarei
già morta da un quarto d’ora
buono.
- La
terra non si è ancora stabilizzata. La
scossa principale è terminata ma si riesce a sentire la
debolezza sotto le
scarpe, l’insicurezza nel camminare, il terrore che il
terreno possa aprirsi e
mangiarti da un secondo all’altro.
- Non
ci sono mezzi di trasporto funzionanti
in giro e, anche se ve ne fossero, le strade sono diventate ormai
impraticabili
in quella minuscola parte di mondo; non abbiamo molta scelta se non
quella di
dirigerci alla torretta di controllo a qualche centinaio di metri da
noi.
- Quando
siamo dentro, non siamo soli ma con
almeno una decina di persone, alcune da sole, altre riunite in gruppi
di due o
tre.
- Ci
guardiamo tutti negli occhi, consci che
saremo le ultime persone le vedremo.
- Rob
mi afferra la vita e mi stringe a sé,
senza guardarmi. Io allungo una mano al suo petto e stringo forte il
suo
giubbino in un pugno.
- Senza
dire nulla mi trascina con sé e mi
ritrovo a salire le scale che portano a quello che deve essere il
centro di
controllo o roba del genere.
- Tecnicamente
sarebbe pericoloso essere qui
in una situazione del genere, ma ormai ogni dispositivo elettronico
è fuori uso
quindi di certo non moriremo fulminati
dall’elettricità.
- «Volevo
stare da solo con te» sussurra Rob
quando siamo al centro della stanza.
- Mi
volto in un secondo e diventiamo una
cosa sola mentre le sue braccia mi tirano leggermente su e io mi
stringo a lui
più forte che posso.
- «È
tutto così assurdo…» dico quando, non
so
quanto tempo dopo, siamo seduti a terra. Io tra le sue gambe e lui con
le
braccia attorno alla mia vita e la testa china nell’incavo
del mio collo.
- «Magari
stiamo sognando. Magari tra poco ci
sveglieremo e si rivelerà essere solo un orribile
incubo.»
- «Se
questo è un incubo, non voglio
svegliarmi. Non senza di te. Non se volesse dire non essere qui con te
e non
svegliarmi tra le tue braccia.»
- Mi
da un dolce bacio tra i capelli. «Non
dobbiamo pensarci adesso, sai. Se stiamo sognando, si
vedrà.»
- Sorrido.
«Intanto è un gran bel sogno.»
- «Già,
la fine del mondo, direi.»
- Sorrido
ancora, ironicamente divertita
dalla leggerezza con cui stiamo affrontando la fine.
- Come
possiamo essere consci della nostra
morte imminente eppure essere così tranquilli?
- «Non
pensavo che le avrei riviste più,
queste…» Rob ha abbassato la spallina della maglia
lasciando la mia spalla nuda
sotto la sua bocca.
- «Cosa?»
- «Queste
lentiggini che hai qui. Le ho
sempre adorate. Non pensavo che le avrei riviste un’ultima
volta.»
- Quelle
parole bastano a darmi molte
risposte e dar voce a pensieri che non avrei più potuto
tacere.
- Ora
o mai più, nel vero senso
del detto.
- (#3. Jonsi - Sun)
- «Rob,
io…» mi volto verso di lui per
guardarlo meglio in faccia. «Io volevo dirti che mi
dispiace» inizio, con voce
tremante. «Mi dispiace di averti preso in giro, mi dispiace
di averti lasciato
in bilico così tanto tempo prima di scegliere, e mi dispiace
di aver scelto
male. Mi dispiace di non essermi data una svegliata, che tu
non mi abbia dato due schiaffi, mi dispiace di non averti corso
dietro quando avrei dovuto farlo. Mi dispiace di non averti cercato, di
averti
lasciato andare così, senza lottare. Mi dispiace di non aver
seguito il cuore
quando ogni sua parte mi conduceva a te.»
- Ecco,
l'ho detto: quello che mi sono tenuta
dentro per anni, e l'ho fatto guardandolo negli occhi lucidi e mi
dispiace più
che di ogni altra cosa di essere stata così stupida e non
averlo fatto prima
perché… perché dire a qualcuno che lo
ami è la cosa più semplice del mondo e
dopo ti senti subito bene; non importa quale sarà la sua
reazione perché vale
il senso di immenso che ti riempie anima e corpo, totalmente, come se
avessi
appena scoperto il segreto della vita.
- «Kristen…»
la sua voce rauca mi riporta
indietro di quattro anni, quando abbiamo fatto l’amore per la
prima volta, la
mia prima volta, e un groppo alla gola mi rende impossibile emettere
una sola
sillaba. «Anche io ho le mie colpe. Avrei dovuto insistere,
avrei dovuto darti
tempo, farti capire cosa provavi davvero invece di metterti alle
strette e
costringerti a scegliere. Avrei dovuto tornare indietro e dire che non
importava, che ti avrei aspettata quando saresti stata pronta, quando
avresti
capito cosa volevi…»
- «L’hai
fatto.»
- Sorride.
«Sì, è vero. Ma le parole sono
parole. Volano via presto, si dimenticano col tempo se non sono nero su
bianco.»
- «Io
le ricordo. Le ho sempre ricordate. Ero
semplicemente troppo codarda per venire a bussare alla tua
porta… E ora è tardi,
ora è la fine e…»
- «Hey!»
mi alza il viso con un dito sotto il
mio mento e avvicina la sua fronte alla mia. «Siamo qui ora.
E finché siamo qui
insieme, non è mai tardi.Fine e inizio non hanno
più tempo. Non è la fine. È il
nostro inizio…ed è esattamente dove vorrei essere
alla fine di tutto:
all’inizio con te.»
- I
suoi occhi scivolano su di me e non posso
fare a meno di chiedermi quanto manchi per l’alba.
- Restiamo
a fissarci per un tempo
indefinibile, un immenso che dura tutta una vita; un solo minuto
così e non
riesco più a parlare.
- Passiamo
le ore successive a stringerci,
baciarci, parlare, scherzare, piangere e ridere.
- Un
oceano di emozioni si alza in un’onda
anomala che mi travolge come niente e nessuno è riuscito a
fare negli ultimi
anni, continua a tenermi stretta e vicina più di come possa
ricordarmi in vita
mia e per la prima volta non ho paura di addormentarmi e vedere
l’ultimo
pensiero della notte svanire insieme ai miei sogni. Il mio ultimo
pensiero è
lì, ormai.
- Manca
poco più di un minuto alla
mezzanotte, poco più di una manciata di secondi prima di
entrare nel 21 dicembre
2012, ma noi continuiamo a parlare come se nulla fosse, semplicemente
di noi.
- «Hai
mai pensato a come sarebbero andate le
cose se… se fosse andato tutto diversamente?» gli
chiedo curiosa di sentire la
risposta a una delle domande che mi hanno maggiormente tormentato negli
ultimi
tempi.
- «Oh,
sì, ci ho pensato molto spesso.»
- «E…?»
- Sospira
ma sento l’ombra di un suo sorriso
sul viso non appena lo china sulla mia guancia per lasciarvi un bacio
delicato.
«E non lo so. Magari avremmo avuto una famiglia, una casa,
dei cani o magari
non saremmo durati due anni, chi lo sa. Ma so che, qualunque cosa
sarebbe
successa, saremmo stati come qui, comunque insieme.» Fa una
pausa per avvertire
le mie mani che stringono forti le sue perché lo penso anche
io.
- «Come
fai a saperlo?» chiedo, genuinamente
curiosa di conoscere la sua di
risposta.
- «Credevi
davvero che
mi sarei perso una fine del mondo con te?» scherza,
strappandomi un sorriso,
per poi diventare serio e carezzarmi il viso con gentilezza.
«Dovevo esserci
per la fine del mondo, solo per amarti di
più…»
- Una
lacrima calda scende rapida sul viso e
non faccio nulla per bloccarla, così come lui non blocca la
sua. Abbiamo
bisogno di vederle, quelle lacrime tenute nascoste per troppo tempo.
- «Qualunque
forza ci dividerà…»
- «…sarà
la stessa che ci riporterà insieme»
completo la sua frase.
- «Esatto,
amore mio. Esatto…»
- Chiudiamo
entrambi gli occhi, mi lascio
cullare dalla sua voce che mi sussurra la nostra canzone
all’orecchio e nessuno
dei due si accorge delle forti e abbaglianti luci fuori provenienti dal
fuoco
che prende sempre più spazio o delle stelle che esplodono
sopra di noi finché
la terra non riprende a tremare, ma non importa.
- Noi
continuiamo a stringerci, totalmente
indisturbati, perché quando la fine ci
raggiungerà, ci prenderà finalmente
insieme e vivremo, vivremo, vivremo…
- Abbiamo
vinto noi; noi che ci guardiamo e
sorridiamo insieme per l’ultima volta.
______________________________________
Beh, non so bene cosa dire... Probabilmente questa è l'ultima cosa che, singolarmente almeno, scrivo su Robert e Kristen; è tempo di andare avanti e staccarsi un pò da tutto questo, sento che è giusto così, proprio come sentivo che fosse giusto scrivere questa anche perché l'idea mi balenava nella testa già da tempo ma non avrei potuto postarla in un giorno diverso.
Non so se si sia capito bene quello che è sucesso qui, soprattutto nel passato... Io mi sono mantenuta piuttosto vaga perché altrimenti avrei perso il ritmo. Se non fosse chiaro, in pratica ho immaginato che Twilight fosse stato un flop, quindi senza seguito, che Kristen fosse stata troppo indecisa e che Rob l'avesse quindi messa alle strette con un ultimatum dopo la premiere di Twilight e prima di fare ritorno in Inghilterra.
Ovviamente non penso che srebbe mai successa una cosa simile; sono sicura che se anche il film fosse andato male, lei lo avrebbe comunque raggiunte quel gennaio del 2009, non avrebbero rinunciato e avrebbero trovato una via, come fanno da sempre d'altronde....
Se due persone sono destinate a stare insieme, si ritroveranno sempre, anche se fosse l'ultimo giorno sulla terra. Ecco un pò la morale di questa shot. E io sono sempre stata convinta che quei due si sarebbero trovati in ogni caso, prima o poi, con o senza Twilight...
Alcune note:
1. Spero avvero che abbiate letto il capitolo con le canzoni perchè secondo me ci stavano davvero bene ç_ç Anche se il titolo e l'ispirazione sono nate da un'altra canzone, "Last day on earth" di Kate Miller Heidke.
2. La citazione iniziale non è farina del mio sacco, per questo è tra virgolette. L'ho vista in giro ma non sono riuscita a trovare l'autore.
3. La citazione "Siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo" invece esiste davvero e l'ha davvero detta una bambina. Per la precisione Severn Suzuki, in un discorso alle Nazioni Unite nel 1992. Se non l'avete mai visto, ve lo consiglio davvero. Vi lascio il link.
4. Io e Cloe abbiamo iniziato la solita mini-ff natalizia, passateci se vi va -> "Hope never leaves"
Okay, penso sia tutto... lol
Ringrazio Riy per aver fatto da cavia e avermi rassicurato sul postare! <3
E ringrazio tutte le persone che hanno contribuito a rendere questo 2012 diverso e migliore del previsto...
Loro sanno chi sono...
E ringrazio chiunque legga questa roba... lol
Avrei dovuto postarla domani ma se davvero finisse il mondo, poi me la sarei presa troppo a male... AHAHA e poi devo laurearmi un secondo quindi non so se avrei avuto tempo hahaha
I know, I know... Laurearsi il giorno della fine del mondo!? o_o Ancora non so se esserne lusingata o prenderla come un insulto... -.-'
Aaaaaanyway, i Maya stev'n for e cap, secondo me u.u
Quindi ci sentiamo! LOL
*mo arriva un fulmine e mi ammazza AHAHAHA*
Beh, niente...
Buon Natale e Buone feste a tutti! <3
Un bacio!
Fio xx